Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19830 del 09/08/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 09/08/2017, (ud. 06/03/2017, dep.09/08/2017),  n. 19830

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 7218/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso 12, l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Global Outdoor s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Emanuele

Cervio e Carolina Valenzise, con domicilio eletto in Roma, via Monte

delle Gioie 13, presso lo studio dell’avv. Carolina Valenzise;

– contro ricorrente-

e sul ricorso iscritto al n. 7218/2014 R.G. proposto da:

Global Outdoor s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Emanuele

Cervio e Carolina Valenzise, con domicilio eletto in Roma, via Monte

delle Gioie 13, presso lo studio dell’avv. Carolina Valenzise;

– controricorrente incidentale –

contro

Agenzia delle entrate;

– intimata-

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 102/46/13, depositata il 10 settembre 2013.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 6 marzo 2017 dal

Consigliere Tedesco Giuseppe;

uditi gli avv. Paolo Gentili per l’avvocatura generale dello stato e

Carolina Valenzise, per la s.r.l..

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Soldi Anna Maria, che ha concluso chiedendo l’accoglimento

del ricorso principale e il rigetto del ricorso incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

In esito a verifica condotta nei confronti della Aegis Media S.p.A., i verbalizzanti hanno riscontrato che questa società emetteva nei confronti delle società concessionarie di spazi pubblicitari, tra le quali la Global Outdoor s.r.l., fatture aventi come oggetto “premi impegnativa”, che assoggettava ad iva con l’aliquota del 20% ed a ritenuta fiscale a tiolo di Ires, prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973. Di rimando, le società concessionarie, e quindi anche la Global Outdoor s.r.l., ricevute le fatture, le contabilizzava, detraendo gli importi dell’Iva. L’Ufficio ha qualificato i “premi impegnativa” come cessioni di danaro a titolo gratuito, in quanto tali non assoggettabili ad Iva ed ha per conseguenza rettificato la relativa dichiarazione per l’anno 2005 presentata dall’odierna controricorrente, con recupero a tassazione del maggiore imposto.

La Global Outdoor s.r.l. ha impugnato il relativo avviso di accertamento, ottenendone l’annullamento dalla Commissione tributaria provinciale, con sentenza poi confermata da quella regionale, che condivise la ricostruzione operata dai primi giudici sulla assoggettabilità delle operazioni a Iva, in quanto corrispettivi di prestazioni di servizi e non erogazioni liberali, il tutto dopo avere superato una questione riguardante la regolarità della notificazione dell’atto di appello.

Contro questa sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, che affida a tre motivi, cui la contribuente reagisce con controricorso, contenente ricorso incidentale condizionato.

La controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, insufficiente motivazione su fatto decisivo della controversia, là dove la sentenza aveva ritenuto che il pagamento dei premi fosse da ascrivere a un contratto verbale a titolo oneroso concluso sotto forma di “accordi con lettere scritte”.

Il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., là dove aveva disconosciuto la rilevanza probatoria della dichiarazione raccolta nel corso dell’attività di verifica presso la Agis.

Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 2, comma 3, e art. 3,comma 1 e dell’art. 2697 c.c., per non aver fatto la Ctr corretta applicazione del principio che l’onere della prova della sussistenza del diritto alla detrazione grava sul contribuente.

Il quarto motivo denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 2, comma 3, e art. 3, comma 1, degli artt. 1362 e segg. e dell’art. 2697 c.c.. E’ oggetto di censura la qualificazione del rapporto quale negozio oneroso a prestazioni corrispettive, non esistendo una obbligazione di fare non fare o permettere cui il Centro Media fosse obbligato nei confronti della concessionaria, in quanto a) il Centro Media agiva solo su mandato del cliente inserzionista utilizzatore della pubblicità e non su richiesta dell’impresa concessionaria; b) non esisteva la prestazione di un servizio nei confronti della del concessionario, in quanto il Centro Media facilitava solo l’incontro tra la domanda de cliente inserzionista ed offerta del concessionario; c) non vi era la corresponsione di un corrispettivo, non essendovi prestazione, ma solo un premio, erogato discrezionalmente senza obbligo contrattuale per il vantaggio conseguito dall’impresa concessionaria della pubblicità.

2. Il primo motivo è inammissibile. Nel caso di specie è applicabile, in relazione alla data di pubblicazione della sentenza, la norma del D.L. n. 83 del 2012, art. 54,comma 1, convertito in L. n. 134 del 212, che ha modificato l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, prevedendo, quale motivo di ricorso per cassazione, l'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti”.

Senza che sia necessario indagare sui limiti della cognizione demandabile al giudice di legittimità in forza della nuova previsione (Cass. S.U. n. 8053/2014), è agevole rilevare che la ricorrente non deduce alcun fatto il cui esame fu omesso dalla Ctr, ma denuncia in blocco la valutazione positiva dei fatti operata dalla sentenza, pretendendone una diversa.

3. Degli altri motivi di censura è prioritario l’esame del quarto motivo, il e quale denunci la sentenza per avere riconosciuto la detrazione dell’Iva pagata sui “premi impegnativa” in esito a una ricostruzione inadeguata della fattispecie negoziale, nella quale erano assenti gli elementi essenziali per potersene riconoscere la rilevanza ai fini del tributo.

Il motivo è fondato. L’applicabilità dell’Iva presuppone la sussistenza di un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive intercorrente tra il soggetto erogante e il soggetto beneficiario, nell’ambito del quale la somma versata assume carattere di corrispettivo per una cessione di beni o di una prestazione di servizi. In ambito Iva l’onerosità si identifica con la reciprocità delle prestazioni, sicchè rimangono fuori dal campo di applicazione dell’imposta quei i casi in cui, a fronte del versamento, non è richiesta al destinatario una specifica prestazione nei confronti dell’erogante: in questo caso l’erogazione delle stesse somme si traduce nella messa a disposizione di fondi priva di rilevanza ai fini del tributo.

Il discrimen è stato oggetto di una pluralità di interventi da parte della Corte di Giustizia, la quale ha chiarito che ai fini del riconoscimento della rilevanza Iva della messa a disposizione di una somma versata occorre individuare “un nesso diretto tra il servizio reso e il controvalore ricevuto, ove le somme costituiscano l’effettivo corrispettivo di un servizio individuabile fornito nell’ambito di un rapporto giuridico caratterizzate da prestazioni sinallagmatiche” (Corte di Giustizia C-277/05). In mancanza di tale interrelazione, in cui si risolve lo scambio, non vi è base imponibile e tali prestazioni non sono, quindi, soggette all’Iva. Così, sul tema della tassazione delle sovvenzioni di funzionamento che coprono una quota dei costi si esercizio, la Corte di Giustizia (sentenza C-184/00) ha ritenuto che tali sovvenzioni hanno praticamente sempre influenza sul costo dei beni ceduti o dei servizi forniti dall’organismo sovvenzionato, in quanto potrà normalmente farlo a prezzi che non potrebbe praticare se dovesse nel contempo ripercuotere i suoi costi e realizzare gli utili. Tuttavia, secondo la Corte di Giustizia, “il solo fatto che una sovvenzione possa avere influenza sul prezzo dei beni ceduti o dei servizi forniti dall’organismo sovvenzionato non è sufficiente a rendere tale sovvenzione imponibile. Perchè la sovvenzione sia direttamente connessa con il prezzo di tali operazioni, ai sensi dell’art. 11, parte A della sesta direttiva è importante inoltre (…) che essa sia specificamente versata all’organismo sovvenzionato affinchè fornisca un bene o presti un servizio determinato. Solo in questo caso la sovvenzione può essere considerata un corrispettivo della fornitura di un bene o della prestazione di un servizio ed è pertanto imponibile”.

Secondo la Corte di Giustizia, al fine della imponibilità, occorre il riscontro di un legame diretto e immediato fra la dazione della somma e una prestazione o un complesso di prestazioni suscettibili di generare il diritto a quel compenso già nel momento della loro materiale esecuzione, se è vero che proprio la materiale esecuzione identifica il fatto generatore dell’Iva e, dunque, l’insorgenza della correlativa imponibilità di modo che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, comma 3, a norma del quale “le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo”, va inteso nel senso che il conseguimento del compenso coincide non con l’evento generatore del tributo, bensì, per esigenze di semplificazione funzionali alla riscossione, soltanto con la sua condizione di esigibilità, estremo limite temporale per l’adempimento dell’obbligo di fatturazione (Cass., S.U., n. 8059/2016).

Questa Suprema Corte, in fattispecie analoga a quella presente, ha chiarito che la configurabilità del “legame diretto e immediato” a cui allude la Corte di Giustizia implica che la prestazione a cui riferire il compenso sia “individualizzabile”, non essendo sufficiente l’astratta possibilità di istituire una relazione tra il compenso ed un coacervo di prestazioni “individualizzabili” soltanto per la loro idoneità a raggiungere il fatturato minimo che fa scattare la maturazione del compenso (Cass. n. 14406/2017).

Al contrario l’esistenza di tale legame diretto fra il pagamento del premio e una prestazione “autonoma e individuabile” non emerge dalla sentenza, che ha ritenuto la rilevanza Iva dell’operazione senza identificare uno “scopo” del pagamento nel senso chiarito dalla Corte di Giustizia, quale corrispettivo specificamente correlato a una determinata prestazione reso dal Centro Media a favore della concessionaria.

La causa deve essere pertanto restituita al giudice di merito, in funzione di giudice di rinvio, per un nuovo esame delle censure proposte con l’atto di appello.

Gli altri motivi del ricorso principale sono assorbiti.

4. Il primo motivo del ricorso incidentale, denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione delle norme riguardanti la notificazione dell’atto di appello, in quanto eseguito non ai nuovi difensori della contribuente, ma ai precedenti, uno dei quali era deceduto.

Il motivo è palesemente infondato. A seguito del decesso di uno dei due difensori, la parte aveva rilasciato un nuovo mandato a favore di un nuovo difensore in sostituzione di quello deceduto confermando però la nomina del precedente difensore, con mandato congiunto. Ciò posto la valutazione compiuta al riguardo dalla Ctr costituisce corretta applicazione del principio, applicabile anche al processo tributario, secondo cui qualora la parte abbia rilasciato mandato a più difensori, senza obbligo per gli stessi di agire congiuntamente, la morte di uno dei difensori rimane priva di conseguenze sul processo in corso, essendo l’interesse della parte a fruire di due rappresentanti tecnici essenzialmente privato (cfr. Cass. n. 2002/2577).

Come esattamente ritenuto dalla Ctr l’esistenza di una pluralità di procuratori, ciascuno dotato di piena facoltà di rappresentanza, impedisce che, nel caso di impedimento di uno di essi, la parte resti priva di rappresentanza processuale con pregiudizio per la sua possibilità di difesa, e rende quindi inutile l’intervento degli strumenti processuali predisposti dall’ordinamento per tale evenienza (Cass. 1171/1996).

Il secondo motivo del ricorso incidentale denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.Lgs. n. 427 del 1997, art. 6, e, in subordine, del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 7, comma 4. Il motivo pone la questione dell’applicabilità e della misura delle sanzioni.

Esso è inammissibile, non essendo correlato ad alcuna statuizione che ponesse la contribuente in posizione di soccombenza teorica, per cui la questione andrà riproposta nel giudizio di rinvio, in conformità al principio che esclude che la parte totalmente vittoriosa abbia interesse a proporre ricorso incidentale per sottoporre alla Suprema corte domande o eccezioni che non siano state decise, neppure implicitamente, in quanto assorbite da quelle accolta (Cass. n. 10420/2005).

Il ricorso incidentale, pertanto va rigettato, mentre la sentenza va cassata in relazione al motivo del ricorso principale accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione, che provvederà a nuovo esame attenendosi al principio di cui sopra.

PQM

 

dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso principale; accoglie il quarto motivo; dichiara assorbiti gli altri motivi; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 6 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2017

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