Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1983 del 24/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 24/01/2022, (ud. 17/06/2021, dep. 24/01/2022), n.1983

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 652-2020 proposto da:

E.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VEIO 53,

presso lo studio dell’avvocato GENNARO MAIONE, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ANTONIO MILITE;

– ricorrente –

contro

G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dagli avvocati GIUSEPPE FERA, DANILO MANZI;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 5793/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositato il 30/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 17/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CLOTILDE

PARISE.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La Corte d’appello di Napoli, con decreto n. (OMISSIS) depositato il (OMISSIS), ha accolto il reclamo proposto da G.M. avverso il provvedimento del Tribunale di Nola con il quale, per quanto ancora di interesse, veniva rigettata l’istanza di modifica delle condizioni di divorzio avanzata dallo stesso G., ed in particolare la richiesta di revoca dell’assegno divorzile disposto con la sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio del Tribunale di Nola n. 1376/2006 in favore dell’ex moglie del reclamante E.P., dell’ammontare all’attualità di Euro 940,80 mensili. La Corte di merito ha statuito che nulla era dovuto all’ex moglie a titolo di assegno divorzile, essendo acclarata la stabile convivenza di quest’ultima con il suo compagno ed essendo, invece, irrilevante che detta convivenza fosse o meno nota all’epoca del precedente giudizio di revisione conclusosi nel 2009. I Giudici del reclamo hanno ritenuto che potesse costituire legittima causa di revisione degli accordi il condivisibile nuovo orientamento di questa Corte, secondo il quale non era più considerata necessaria la prova della modifica in melius delle condizioni economiche dell’avente diritto per effetto della convivenza more uxorio, purché quest’ultima fosse caratterizzata da stabilità e continuità, sì da rescindere ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale.

2. Avverso detto provvedimento E.P. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, a cui resiste con controricorso G.M.. Le parti hanno depositato memorie illustrative.

3. I motivi di ricorso sono così rubricati: “1. violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 9, comma 1, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; 2. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5); 3. Omessa pronuncia su motivi di eccezione relativi agli artt. 342 e 345 c.p.c., – violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione al motivo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 4”. Con il primo motivo la ricorrente deduce, richiamando la giurisprudenza di questa Corte, che un nuovo orientamento giurisprudenziale non può costituire un fatto nuovo sopravvenuto L. n. 898 del 1970, ex art. 9, e ricorre la violazione di detta norma, essendo stato accertato che la sua convivenza more uxorio fosse già sussistente all’epoca del primo giudizio di revisione, conclusosi nel 2009. Con il secondo motivo si duole, prospettando il vizio come omesso esame di fatto decisivo, della violazione del giudicato costituito dal decreto del Tribunale del 2009 con il quale, per i medesimi fatti, la richiesta di revisione dell’ex marito era già stata rigettata. Con il terzo motivo lamenta omessa pronuncia sull’eccezione di inammissibilità del reclamo per difetto di specificità e per violazione dell’art. 345 c.p.c., per avere il G. introdotto nel giudizio di reclamo un fatto nuovo, ossia l’asserita falsità delle dichiarazioni della ricorrente in ordine alla stabile e continuativa convivenza già instaurata all’epoca del primo giudizio di revisione, ma a quell’epoca, secondo la propettazione dell’ex marito, riconosciuta dall’ E. solo come una mera relazione sentimentale.

4. Il terzo motivo, da esaminarsi prioritariamente perché concerne la denuncia di un vizio processuale, è infondato.

Secondo il costante orientamento di questa Corte, non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo (Cass. n. 29191 del 2017 in fattispecie analoga alla presente).

Nella specie, l’eccezione di inammissibilità del reclamo è stata implicitamente rigettata, dato che la Corte d’appello ha valutato nel merito i motivi posti a fondamento del gravame, sicché non ricorre il vizio denunciato.

5. Il primo motivo di ricorso è fondato.

5.1. Secondo l’orientamento di questa Corte al quale il Collegio intende dare continuità, il giudice richiesto della revisione dell’assegno divorzile che incida sulla stessa spettanza del relativo diritto (precedentemente riconosciuto), in ragione della sopravvenienza di giustificati motivi dopo la sentenza che abbia pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, deve verificare se tali motivi giustifichino, o meno, la negazione del diritto all’assegno a causa della sopraggiunta “indipendenza o autosufficienza economica” dell’ex coniuge beneficiario, desunta da una serie di indici, tra i quali ben può essere ricompresa anche una stabile convivenza more uxorio. Il tutto sulla base delle pertinenti allegazioni, deduzioni e prove offerte dall’ex coniuge obbligato, sul quale incombe il corrispondente onere probatorio, fermo il diritto all’eccezione ed alla prova contraria dell’ex coniuge beneficiario (Cass. n. 15481 del 2017).

Questa Corte ha altresì chiarito, in tema di revisione dell’assegno divorzile, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 9, che il mutamento sopravvenuto delle condizioni patrimoniali delle parti attiene agli elementi di fatto e rappresenta il presupposto necessario che deve essere accertato dal giudice perché possa procedersi al giudizio di revisione dell’assegno, da rendersi, poi, in applicazione dei principi giurisprudenziali attuali. Ne consegue che consentire l’accesso al rimedio della revisione attribuendo alla formula dei “giustificati motivi” un significato che includa la sopravvenienza di tutti quei motivi che possano far sorgere un interesse ad agire per conseguire la modifica dell’assegno, ricomprendendo tra essi anche una diversa interpretazione delle norme applicabili avallata dal diritto vivente giurisprudenziale, è opzione esegetica non percorribile poiché non considera che la funzione della giurisprudenza è ricognitiva dell’esistenza e del contenuto della “regula iuris”, non già creativa della stessa (Cass. n. 1119 del 2020).

5.2. La Corte d’appello non si è attenuta ai suesposti principi, sia perché ha attribuito rilevanza, quale fatto nuovo sopravvenuto, a diversa interpretazione delle norme applicabili avallata dal diritto vivente giurisprudenziale, sia perché, in base a quanto affermato dalla stessa Corte territoriale, la reclamata aveva dedotto che la relazione sentimentale esisteva già al tempo del divorzio, e quindi non si trattava di un fatto sopravvenuto, laddove il marito, sul quale ricadeva l’onere, non aveva offerto nei giudizi di merito alcuna prova di segno contrario, sotto tale profilo.

A ciò si aggiunga che la convivenza more uxorio non solo preesisteva, ma era anche stata allegata dall’ex marito nel precedente giudizio di revisione L. n. 898 del 1970, ex art. 9 (cfr. Cass. n. 18528 del 2020 in ordine alla preclusione derivante da precedente giudicato rebus sic stantibus relativa a fatti verificatisi anteriormente al giudicato stesso, finanche se non dedotti in giudizio).

Il suddetto giudizio si era concluso nel 2009, come incontroverso tra le parti e accertato dai Giudici di merito, i quali hanno dato atto che la relazione era già esistente a quella data con le connotazioni di famiglia di fatto, hanno affermato, al riguardo, solo che la convivenza more uxorio era stata negata dall’ex moglie per evidente strategia difensiva (cfr. pag. 4 decreto) ed infine, in contrasto con i principi di diritto di cui si è detto, hanno ravvisato ininfluente la suddetta preesistenza ai fini del decidere “in ragione del convisibile nuvum della Suprema Corte” (pag.5 decreto).

6. In conclusione, il primo motivo di ricorso merita accoglimento, restando assorbito il secondo, nonché rigettato il terzo, il decreto impugnato va cassato, nei limiti del motivo accolto, e la causa va rimessa alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del presente giudizio.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigettato il terzo e assorbito il secondo, cassa il decreto impugnato nei limiti del motivo accolto e rimette la causa alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del presente giudizio.

Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2022

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