Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19829 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 19829 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: TRIA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso 17122-2009 proposto da:
BASSI ADA ROSINA BSSDSN31A64C435F, domiciliata in
ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocatdOLDRINI ALESSIO, mw FISCO OLDRINI ANNA,
giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
2244

contro

MINISTERO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE
SOCIALI, in persona del Ministro pro tempore,
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

Data pubblicazione: 28/08/2013

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrente nonchè contro

A.S.L. DELLA PROVINCIA DI CREMONA;

avverso la sentenza n. 467/2008 della CORTE D’APPELLO
di BRESCIA, depositata il 05/02/2009 r.g.n. 233/08;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/06/2013 dal Consigliere Dott. LUCIA
TRIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

– intimata –

Udienza del giorno 20 giugno 2013 — Aula B
n. 8 del ruolo — RG n. 17122/09
Presidente: Roselli – Relatore: Tria

1.— La sentenza attualmente impugnata (depositata il 5 febbraio 2009), confermando la
sentenza del Tribunale di Cremona n. 44 del 2008, respinge sia l’appello principale di Ada Rosina
Bassi sia l’appello incidentale della ASL della Provincia di Cremona, proposti avverso la suddetta
sentenza, di rigetto della domanda della Bassi diretta ad ottenere l’indennizzo di cui alla legge n.
210 del 1992 per l’epatite C asseritamente contratta in conseguenza della terapia trasfusionale
subita in occasione del ricovero presso l’Ospedale civile di Cremona, avvenuto nel periodo 20
aprile-2 giugno 1990.
La Corte d’appello di Brescia, per quel che qui interessa, precisa che:
a) dalla ricostruzione del complesso quadro normativo di riferimento si desume con chiarezza
che — tenuto conto della data della domanda amministrativa e del successivo ricorso (depositato il
10 marzo 2007) — la legittimazione passiva nella presente controversia compete all’ASL della
Provincia di Cremona (ente cui spetta l’erogazione della provvidenza) e non al Ministero della
Salute;
b) quanto al merito, occorre rilevare che la relazione del CTU di primo grado — non censurata
sotto il profilo medico-legale — ha spiegato in modo esauriente che è stata accertata la sussistenza
del nesso causale tra le trasfusioni e la patologia diagnosticata di “positività anti HCV”, ma anche
che tale patologia è una “infezione silente”, senza danni a carico del fegato;
c) proprio per tale ultima ragione il primo giudice ha negato l’indennizzo e la decisione merita
integrale conferma in quanto risulta conforme ai principi affermati in materia dalla giurisprudenza
di legittimità che — dopo il superamento del diverso orientamento espresso da Cass. 4 maggio 2007,
n. 12014 — ormai è consolidata nell’escludere l’applicabilità alle “patologie silenti” della disciplina
in materia di indennizzo in favore di soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni
ed emoderivati;
d) in effetti, la suddetta esclusione trova riscontro non solo nel dato testuale della normativa,
ma anche nella sua ratio, agevolmente individuabile nel garantire l’indennizzo non ad una platea
illimitata di destinatari, ma soltanto a coloro che, in ragione della natura dell’infermità e/o della
malattia contratta subiscano — anche se con diversa gradualità — un danno consistente in una
limitazione della capacità lavorativa generica.
2.— Il ricorso di Ada Rosina Bassi domanda la cassazione della sentenza per un unico motivo.

1

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Resiste, con controricorso, il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, mentre la ASL della Provincia di
Cremona non svolge attività difensiva in questa sede.
MOTIVI DELLA DECISIONE

I — Sintesi delle censure
1.— Con l’unico motivo di ricorso — formulato in conformità con le prescrizioni di cui all’art.
art. 366-bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporis si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3,
cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione di norme di diritto.
Nel quesito di diritto, posto a corredo del motivo, si chiede a questa Corte di affermare — sulla
base di una lettura costituzionalmente orientata della legge n. 210 del 1992 (effettuata in relazione
ai parametri generali fissati negli artt. 2 e 32 Cost.) — che l’indennizzo ivi contemplato – avente
carattere assistenziale e non comparabile, perciò, con il risarcimento del danno – è dovuto in tutti i
casi di lesione permanente dell’integrità psico-fisica, cioè della salute come tale, indipendentemente
dall’incidenza sulla capacità di produzione di reddito, con la conseguenza che deve essere
riconosciuto il diritto a percepirlo anche da parte del soggetto affetto da contagio HCV
(comportante sicuramente un danno permanente alla salute), pur senza sintomi e pregiudizi
funzionali attuali, anche ala luce della sua incidenza sulla vita di relazione (controlli ripetuti, stile di
vita, alimentazione particolare, timore di contagiare altri individui), dovendosi intendere il richiamo
alla tabella A annessa al d.P.R. n. 834 del 1981 quale prescrizione dei criteri di massima finalizzati
alla liquidazione, in ordine alla gravità della menomazione.

— Esame delle censure
2.- Il ricorso non merita accoglimento, essendo il dispositivo conforme a diritto, ancorché la
motivazione della sentenza impugnata debba essere corretta (ai sensi dell’art. 384, quarto comma,
cod. proc. civ.) nella parte in cui ha affermato che la legittimazione passiva nella presente
controversia compete all’ASL della Provincia di Cremona e non al Ministero della Salute, poi
confluito nel Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali.
Infatti, in base ad un consolidato e condiviso orientamento di questa Corte nelle controversie
relative all’indennizzo previsto dalla legge 25 febbraio 1992, n. 210 in favore di soggetti che hanno
riportato danni irreversibili a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di
emoderivati, e da questi ultimi proposte per l’accertamento del diritto al beneficio, sussiste la
legittimazione passiva del Ministero della Salute, in quanto soggetto pubblico che, analogamente,
decide in sede amministrativa pronunciandosi sul ricorso di chi chiede la prestazione assistenziale
(Cass. SU 9 giugno 2011, n. 12538; Cass. 27 aprile 2011, n. 9406; Cass. 23 dicembre 2011, n.
28711; Cass. 28 dicembre 2011, n. 29311).
Nella specie, peraltro, tale errore non ha determinato alcun effetto di rilievo, visto che il
ricorso per cassazione è stato proposto nei confronti sia della ASL della Provincia di Cremona sia
del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali e il Ministero stesso si è costituito
proponendo controricorso e nulla eccependo in merito alla propria legittimazione passiva.
2

3.- Nel merito, come si è detto, il ricorso non può essere accolto.

Va però osservato che la suddetta soluzione è stata motivatamente superata dalla concorde
giurisprudenza successiva di questa Corte (vedi, per tutte: Cass. 24 giugno 2008, n. 16158; Cass.
SU 1 aprile 2010, n. 8064; Cass. 8 novembre 2010, n. 22706; Cass. 3 febbraio 2012, n. 1635), nella
quale si è affermato che “in tema di indennizzo in favore di soggetti danneggiati da epatite posttrasfusionale, l’art. 1, comma 3, della legge 25 febbraio 1992, n. 210, letto unitamente al successivo
art. 4, comma 4, deve interpretarsi nel senso che prevede un indennizzo in favore di coloro che
presentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali, sempre che tali danni possano inquadrarsi
— pur alla stregua di un mero canone di equivalenza e non già secondo un criterio di rigida
corrispondenza tabellare in una delle infermità classificate in una delle otto categorie di cui alla
tabella B annessa al testo unico approvato con d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, come sostituita
dalla tabella A allegata al d.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834, rientrando nella discrezionalità del
legislatore, compatibile con il principio di solidarietà (art. 2 Cost.) e con il diritto a misure di
assistenza sociale (art. 38 Cost.), la previsione di una soglia minima di indennizzabilità del danno
permanente alla salute nel caso di trattamenti sanitari non prescritti dalla legge o da provvedimenti
dell’autorità sanitaria”.
In base a tale orientamento è stato, in particolare, precisato che la normativa di tutela dettata
dal combinato disposto dell’art. 2, comma 1, e dall’art. 4, comma 4, della legge n. 210 del 1992
riferita ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati non trova
applicazione nei casi di lesioni pur permanenti dell’integrità psicofisica che non hanno però, in
ragione dello stato “quiescente” della infermità, incidenza alcuna sulla capacità di produzione di
reddito, con la conseguenza che non può essere riconosciuto il diritto a percepire il suddetto
indennizzo da parte del soggetto affetto da contagio HCV che, per non presentare sintomi e
pregiudizi funzionali attuali stante l’assenza di citolisi epatica in atto, è portatore di una infermità
non rientrante in alcuna delle categorie richiamate dalla tabella A annessa al d.P.R. n. 834 del 1981
(Cass. 24 giugno 2008, n. 16158 cit.).
Come risulta, in particolare, da Cass. SU n. 8064 del 2010 cit., alla suddetta conclusione si è
pervenuti in base ai seguenti principali rilievi, del tutto condivisi dal Collegio:
a) la legge n. 210 del 1992 — facendo seguito alla fondamentale sentenza n. 307 del 1990 della
Corte costituzionale dichiarativa dell’illegittimità costituzionale della legge 4 febbraio 1966, n. 51
(sull’obbligatorietà della vaccinazione antipoliomielitica) nella parte in cui non prevedeva, a carico
dello Stato, un’equa indennità per il caso di danno derivante, al di fuori dell’ipotesi di cui all’art.
2043 c.c., da contagio o da altra apprezzabile malattia causalmente riconducibile alla vaccinazione
obbligatoria antipoliomielitica, riportato dal bambino vaccinato o da altro soggetto a causa
dell’assistenza personale diretta prestata al primo — ha introdotto un indennizzo a favore dei soggetti
danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie (ari. 1, comma
3

La ricorrente vorrebbe che la presente controversia fosse decisa in base all’indirizzo
ermeneutico espresso da Cass. 8 maggio 2007, n. 10214, come si rileva dalla stessa lettura del
quesito di diritto posto a corredo delle censure il cui contenuto sostanzialmente coincide con quello
della massima ufficiale di tale sentenza.

b) per il danno da vaccinazioni obbligatorie il fondamento costituzionale è da ricercare
essenzialmente nell’art. 32 Cost. (che tutela il diritto fondamentale alla salute), anche se in
collegamento con l’art. 2 Cost., come rilevato dalla Corte costituzionale nella citata pronuncia,
mentre il fondamento della prevista provvidenza assistenziale in favore dei soggetti danneggiati da
complicanze di tipo irreversibile conseguenti a trattamenti sanitari ordinari, quali emotrasfusioni e
somministrazioni di emoderivati, va ricercato soprattutto nel più ampio dovere di solidarietà sociale
prescritto dall’art. 2 Cost., anche in collegamento con l’art. 38 Cost.; parametri questi che però
lasciano un’ampia discrezionalità al legislatore ordinario — sia sull’an che sul quantum — anche in
ragione della compatibilità con le risorse disponibili (art. 81 Cost.);
c) in un’ottica più avanzata di socializzazione del danno incolpevole alla salute, il legislatore
ordinario — nell’esercizio della propria discrezionalità sia nell’individuazione delle fattispecie
causative del danno sia nella quantificazione dell’indennizzo — può individuare ipotesi,
maggiormente rilevanti o ritenute più meritevoli di partecipazione della collettività;
d) nel complesso quadro normativo di riferimento — che ha visto intrecciarsi interventi del
legislatore e pronunce di incostituzionalità di tipo additivo — il presupposto dell’indennizzo è però
rimasto in sostanza invariato, per essere ancorato alla sussistenza di un danno permanente alla
salute, sicché un danno temporaneo (e come tale reversibile) non da luogo all’indennizzo in esame
né nel caso di trattamenti sanitari prescritti per legge, quali le vaccinazioni obbligatorie, nè in quello
di trattamenti ordinari, quali emotrasfusioni e somministrazione di emoderivati. All’opposto un
danno permanente (e quindi irreversibile) integra un presupposto per l’insorgenza del diritto
all’indennizzo;
e) peraltro, anche per quel che riguarda tale ultimo tipo di danno, non è sufficiente un danno
permanente alla salute, quale esso sia, ma è invece necessario che tale danno permanente presenti
una determinata connotazione quantitativa o qualitativa, in quanto l’art. 4 della legge al comma 4
stabilisce che la commissione medico-ospedaliera ivi prevista (che è quella per le pensioni di guerra
di cui al d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 165) deve formulare un “giudizio di classificazione”
del danno permanente in base alla tabella A annessa al t.u. delle pensioni di guerra (d.P.R. n. 1092
del 1973 cit.);
f) il parametro di valutazione di questa “classificazione” è la suddetta tabella A (come
sostituita dalla corrispondente tabella A allegata al d.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834, di riordino
delle pensioni di guerra) che cataloga le “infermità” in otto categorie, dalla più grave (in particolare,
mulilazioni di arti) a quella meno grave — l’ottava — che comprende anche malattie croniche (del
tipo bronchite o gastrite o cistite);
g) il richiamo della cit. tabella A, fatto nella legge n. 210 del 1992, art. 4, comma 4, trova poi
riscontro anche nel precedente art. 2, comma 2, della legge, che fissa la misura dell’indennizzo
4

1) e contestualmente ha esteso lo stesso beneficio all’ipotesi di danni conseguenti ad emotrasfusioni
e somministrazioni di emoderivati (art. 1, commi 2 e 3); indennizzo che si configura come diritto
soggettivo ad una prestazione economica a carattere assistenziale (Cass., sez. un., 8 maggio 2006, n.
10418);

spettante richiamando la tabella B allegata alla legge 29 aprile 1976, n. 177, come modificata
dall’art. 8 della legge 2 maggio 1984, n. 111, art. 8 sulle pensioni privilegiate ordinarie tabellari per
il personale statale, parimenti articolate in otto categorie;

i) alla medesima tabella A, richiamata dall’art. 4, comma 4, fa poi riferimento anche
l’Accordo in sede di Conferenza permanente Stato- Regioni del 23 settembre 2004, di recepimento
delle linee guida applicative della legge n. 210 del 1992, le quali in particolare, con riferimento al
giudizio medico-legale, richiedono che questo specifichi ascrivibilità tabellare dalla prima all’ottava
categoria in ordine decrescente di gravità della patologia riscontrata oppure l’ascrivibilità in nessuna
categoria;
1) la tabella A è poi ulteriormente richiamata, in epoca ancora più recente, dalla legge n. 229
del 2005, art. 1, che fissa l’ammontare dell’assegno vitalizio in riferimento a ciascuna delle otto
categorie della tabella stessa;
m) muovendosi sul piano degli ordinari canoni interpretativi, è da escludere, ai fini
dell’applicazione della legge n. 210 del 1992, che il fatto che la mancata ricomprensione del danno
permanente in alcuna delle specifiche ipotesi, dalla prima all’ottava categoria, previste dalla tabella
A possa considerarsi, di per sé, preclusivo dell’indennizzo, visto che la richiamata tabella A è
comunque dettata per fattispecie del tutto diverse (quelle riconducibili alle pensioni di guerra),
mentre per le fattispecie di cui alla legge n. 210 del 1992, art. 1 non vi è una necessità di rigido
incasellamento del danno permanente in una delle ipotesi indicate;
n) va applicato, invece, il criterio dell’equivalenza prescritto dal d.P.R. n. 915 del 1978, art.
11 che espressamente prevede che “le infermità non esplicitamente elencate nelle tabelle A e B
debbono ascriversi alle categorie che comprendono infermità equivalenti”; disposizione questa che,
appartenendo al sistema tabellare delle pensioni di guerra, deve ritenersi che integri il rinvio che
l’art. 4, comma 4, fa alla tabella A, rinvio da cui si desume che il sistema della legge n. 210 del
1992 non è un sistema tabellare chiuso, bensì è aperto per il tramite del criterio di equivalenza
dell’art. 11 cit.;
o) tuttavia, non può escludersi, che, pur operando il criterio dell’equivalenza, non sia
indennizzabile — nel sistema di cui alla legge n. 210 del 1992, che richiama solo l’anzidetta tabella
A — il danno permanente che risulti essere al di sotto dell’ottava categoria, perché di gravità non
comparabile con nessuna delle “infermità” catalogate, come meno gravi, nell’ottava categoria,
l’ipotesi tipica è quella della malattia silente o asintomatica;
p) tale tipo di danno, nel sistema degli indennizzi dei danni da eventi bellici è contemplato
nella tabella B di cui al d.P.R. n. 915 del 1978, ma la legge n. 210 del 1992 richiama solo la
suddetta tabella A e ciò comporta, sul piano degli ordinari canoni interpretativi, che c’è una soglia
di danno permanente minimo, al di sotto della quale non c’è l’indennizzo ex legge n. 210 del 1992
5

h) non è invece richiamata, dall’art. 4, comma 4 cit., la tabella B del cit. t.u. delle pensioni di
guerra, che cataloga infermità minori, non rientranti in nessuna delle otto categorie nella tabella A e
non di meno indennizzate (pur non con la pensione di guerra, bensì) con un’indennità una tantum;

fino a quando la malattia, ancora silente ed asintomatica, non si manifesti superando la soglia
suddetta;

r) la suindicata interpretazione degli art. 1, commi 2 e 3, e dell’art. 4 cit., effettuata a mezzo
degli ordinari canoni interpretativi resiste anche alla verifica e al confronto con i parametri
costituzionali degli artt. 2 e 38 Cost., i quali, non richiedono, nella fattispecie, una diversa
“interpretazione adeguatrice”, così come ha già ritenuto Cass. 24 giugno 2008, n. 17158,
discostandosi motivatamente da Cass. 4 maggio 2007, n. 10214, salvo restando che l’affermazione
di una soglia minima di indennizzabilità comporta anche che il termine di decadenza di tre (e dieci)
anni, di cui all’art. 3, comma 1, si sposta in avanti, nel senso che comincia da decorrere dal
momento della consapevolezza, da parte di chi chiede l’indennizzo, del superamento della soglia;
s) a tale ultimo riguardo, va precisato che emotrasfusioni o somministrazione di emoderivati
non possono qualificarsi come trattamenti sanitari prescritti per legge, comunque il legislatore
ordinario — come si è detto – ha ampia discrezionalità, nel rispetto del principio di eguaglianza e di
ragionevolezza, sia per quanto riguarda l’individuazione delle ipotesi nelle quali approntare “misure
di sostegno assistenziale”, sia per la determinazione del dimensionamento quantitativo di simili
provvidenze;
t) ne consegue che la circostanza che, secondo l’interpretazione letterale e sistematica della
legge n. 210 del 1992, artt. 1 e 4 il danno permanente alla salute, non ascrivibile ad alcun
comportamento colpevole e quindi non risarcibile ex art. 2043 cod. civ. comporti l’indennizzo
previsto dalla legge n. 210 del 1992, nel caso di epatite post-trasfusionale o da somministrazione di
emoderivati (dell’art. 1 cit., commi 2 e 3), sempre che superi una soglia minima non fa sorgere
alcun dubbio, non manifestamente infondato, di legittimità costituzionale in riferimento agli artt. 2 e
38 Cost., in quanto le fattispecie di danno che si collocano al di sotto della suddetta soglia sono da
considerare tendenzialmente residuali ed apprezzabili con valutazione medico-legale dalla
Commissione di cui al d.P.R. n. 1092 del 1973, art. 165, sicché non appare irragionevole che il
legislatore, nell’istituire la provvidenza assistenziale dell’indennizzo in oggetto, non ne abbia
previsto l’applicabilità per i danni inferiori a tale soglia, salva restando la sospensione del il termine
di decadenza, di cui si è detto.
III — Conclusioni
4.- In sintesi, il ricorso deve essere respinto. Le spese del presente giudizio di cassazione —
liquidate nella misura indicata in dispositivo — seguono la soccombenza, determinatasi nei confronti
del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali che si è costituito nel presente
giudizio di cassazione. Nulla, invece, va disposto per le spese in favore della ASL della Provincia di
Cremona, che è rimasta intimata.
6

q) in sintonia con tale interpretazione così ricostruita – può notarsi marginalmente – le linee
guida del citato Accorso Stato-Regioni prescrivono che la Commissione medica debba valutare il
danno permanente indicando a quale categoria appartenga ovvero specificando, al contrario, che il
danno non è inquadrabile – può aggiungersi, pur con il predicato criterio dell’equivalenza – in
nessuna di tali categorie, neppure nell’ottava che è quella che elenca i danni meno gravi;

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del Ministero del
Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali delle spese del presente giudizio di cassazione,
liquidate in euro 50,00 (cinquanta/00) per esborsi, euro 3000,00 (tremila/00) per compensi
professionali, oltre accessori come per legge. Nulla spese in favore della ASL della Provincia di
Cremona.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 20 giugno 2013.

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