Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19828 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 19828 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: MAROTTA CATERINA

SENTENZA

sul ricorso 26253-2009 proposto da:
ROSSINI

BRUNO

RSSBRN56C22L188Z,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA POSTUMIA 3, presso lo studio
dell’avvocato MICIONI GIULIO, rappresentato e difeso
dall’avvocato BELLINI ANTONIO, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2013
2195

SECCARONI LUIGI;
– intimato –

avverso la sentenza n. 613/2008 della CORTE D’APPELLO
di PERUGIA, depositata il 24/11/2008 R.G.N. 707/2006;

Data pubblicazione: 28/08/2013

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
. udienza del 19/06/2013 dal Consigliere Dott. CATERINA
MAROTTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso

ricorso.

per l’inammissibilità, in subordine rigetto del

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R. Gen. N. 26253/2009
Udienza 19/6/2013
Rossini Bruno c/ Semaroni Luigi

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di appello, giudice del lavoro, di Perugia, confermava la decisione del
Tribunale di Perugia con la quale era stata rigettata la domanda proposta da Bruno
Rossini nei confronti di Luigi Seccaroni, titolare della ditta individuale FAS, avente

luogo di una mera attività di procacciamento di affari con conseguente insussistenza
del diritto del ricorrente alle provvigioni. Riteneva la Corte territoriale che
l’istruttoria svolta avesse fornito elementi per ritenere che il Rossini aveva svolto
attività anche per altra ditta e che, con riguardo alla FAS, il Rossini si era limitato ad
indirizzare presso quest’ultima clienti che, nell’ambito degli ulteriori rapporti che il
medesimo aveva, avessero manifestato specifiche esigenze. Evidenziava, inoltre, che
per detta attività non era risultata pattuita alcuna provvigione e che la richiesta di
compenso per le prestazioni svolte quale procacciatore di affari era stata avanzata
solo in appello e, dunque, tardivamente.
Per la cassazione di tale sentenza Bruno Rossini propone ricorso affidato a sei
motivi.
E’ rimasto solo intimato Luigi Seccaroni.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia: “Nullità della sentenza per
violazione dell’art. 360, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., in relazione agli artt. 2697 e 2730
cod. civ. e degli artt. 116 e 229 e ss. cod. proc. civ.”. Si duole del fatto che la Corte
territoriale ha posto a base del decisum le dichiarazioni rese dal Seccaroni in sede di
interrogatorio formale laddove tale mezzo istruttorio è finalizzato a provocare la
confessione e dunque non può avere rilievo a vantaggio della parte interrogata.

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ad oggetto il riconoscimento della sussistenza tra le parti di un rapporto di agenzia in

R. Gen. N. 26253/2009
Udienza 19/6/2013
Rossini Bruno c/ Seta:troni Luigi

2. Il motivo non è fondato.
Si rileva innanzitutto che la Corte di merito non ha attribuito esclusiva rilevanza,
ai fini della decisione, alle risposte date dal Seccaroni all’interrogatorio formale,

tali risposte alla luce del complesso degli elementi emersi a seguito della istruttoria
espletata.
Peraltro, come da questa Corte già precisato: “Le risposte date in sede di
interrogatorio formale da una parte la quale non sia portatrice di interessi in conflitto
con quella che glielo ha deferito, possono valere come indizi, concorrendo con altri
elementi alla formazione del convincimento del giudice, dato che tale valenza è
riconosciuta anche per le risposte favorevoli alla stessa parte che ha reso
l’interrogatorio” – cfr. Cass. 3 aprile 2001, n. 4865; id. 24 marzo 1972, n. 916; 19
luglio 1979, n. 2700 -.
3. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia: “Violazione dell’art. 360, n. 5,
cod. proc. civ., omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso
decisivo costituito dall’esistenza degli elementi essenziali del contratto di agenzia”.
Si duole del fatto che la Corte territoriale ha del tutto ignorato le dichiarazioni
testimoniali rese da Carlo Pasqui, Adriano Moschini e Piero Mancini (secondo le
quali il Rossini aveva promosso la conclusione di numerosi affari per la FAS) e la
copiosa documentazione versata in atti.
4. Il motivo presenta profili di inammissibilità ed è comunque infondato.
Il ricorrente che denunci, sotto il profilo di omessa o insufficiente motivazione
su un punto decisivo della controversia, l’omessa o erronea valutazione delle
risultanze istruttorie ha l’onere di indicarne specificamente il contenuto.

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nella parte in cui tali risposte erano favorevoli allo stesso interrogato, ma ha valutato

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Udienza 19/6/2013
Rossini Bruno c/ Seccaroni Luigi

Del tutto insufficiente è, a tal fine, la trascrizione di alcune frasi tratte dalle
deposizioni dei testi Carlo Pasqui, Adriano Moschini e Piero Mancini considerato
che questa Corte non ha accesso diretto agli atti del giudizio di merito e deve essere
in grado di acquisire dalla mera lettura del ricorso una adeguata conoscenza del fatto

ricorrente di trascriverne integralmente il contenuto, in modo di consentire al giudice
di legittimità di valutare immediatamente la ammissibilità e fondatezza del motivo
dedotto e di controllare la decisività dei fatti dal provare (cfr. ex multis Cass. SU 24
settembre 2010 n. 20159).
Peraltro, dalle pur limitate informazioni che si traggono dal ricorso non può non
rilevarsi che i testi in questione hanno deposto con riguardo a singoli affari e cioè su
circostanze di per sé inidonee a fondare l’esistenza di un rapporto con quelle
caratteristiche (stabilità, assegnazione di una zona, assoggettamento alle istruzioni
del preponente) necessarie per individuare, in luogo di un rapporto di
procacciamento di affari, un vero e proprio rapporto di agenzia. Si richiama, sul
punto, Cass. 8 febbraio 1999, n. 1078 secondo cui: “Mentre l’agente è colui che
assume stabilmente l’incarico di promuovere per conto dell’altra parte (preponente o
mandante) la conclusione di contratti in una zona determinata (art. 1742 cod. civ.), il
procacciatore d’affari è colui che raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole
alla ditta da cui ha ricevuto l’incarico di procacciare tali commissioni, senza vincolo
di stabilità (a differenza dell’agente) e in via del tutto occasionale anche se, poi, per
la disciplina del rapporto può farsi ricorso analogico alla normativa concernente il
contratto di agenzia”; si veda in senso conforme Cass. 10 luglio 2001, n. 9327
nonché Cass. 24 giugno 2005, n. 13629 secondo cui: “Caratteri distintivi del

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sostanziale (o processuale) che, se fondato su testimonianze, impone alla parte

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Udienza 19/6/2013
Rossini Bruno c/ Seccaroni Luigi

contratto di agenzia sono la continuità e la stabilità dell’attività dell’agente di
promuovere la conclusione di contratti per conto del preponente nell’ambito di una
determinata sfera territoriale, realizzando in tal modo con quest’ultimo una non
episodica collaborazione professionale autonoma con risultato a proprio rischio e con

ricevute dal preponente medesimo; invece il rapporto di procacciatore d’affari si
concreta nella più limitata attività di chi, senza vincolo di stabilità ed in via del tutto
episodica, raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all’imprenditore da cui
ha ricevuto l’incarico di procurare tali commissioni; mentre la prestazione
dell’agente è stabile, avendo egli l’obbligo di svolgere l’attività di promozione dei
contratti, la prestazione del procacciatore è occasionale nel senso che dipende
esclusivamente dalla sua iniziativa”.
Il motivo è carente sotto il profilo dell’autosufficienza anche nella parte in cui il
ricorrente si duole dell’omessa valutazione della “enorme ed univoca
documentazione versata in atti” dalla quale emergerebbe come, a seguito dei
numerosi contratti procurati dal Rossini, 6 ordini furono effettuati nel 1997, 24 nel
1998, 33 nel 1999, 37 nel 2000 e 6 nel 2001.
Il ricorrente, infatti, non ha provveduto alla trascrizione, quantomeno nelle parti
essenziali, dei documenti asseritamente trascurati dalla Corte territoriale nella propria
valutazione e dunque non ha posto questa Corte nella condizione di valutare la
decisività degli stessi. Né risulta adempiuto l’onere – imposto dall’art. 366, primo
comma, n. 6, cod. proc. civ. e dall’art. 369, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., a
pena di improcedibilità del ricorso – di indicare esattamente nel ricorso in quale fase
processuale ed in quale fascicolo di parte si trovino i documenti in questione.

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l’obbligo naturale di osservare, oltre alle norme di correttezza e di lealtà, le istruzioni

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Rossini Bruno c/ Seccaroni Luigi

La giurisprudenza di questa Corte afferma che, ai fini dell’adempimento
dell’onere di cui art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., è necessario che, in
ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, si provveda alla individuazione
degli atti su cui il ricorso si fonda anche con riferimento alla sequenza di

presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (Cass. 23 marzo
2010 n. 6937; analogamente, Cass. 23 gennaio 2009 n. 1707 secondo cui: “In tema di
ricorso per cassazione, gli elementi dedotti con il ricorso, che non siano rilevabili
d’ufficio, assumono rilievo in quanto siano stati ritualmente acquisiti nel dibattito
processuale nella loro materiale consistenza, nella loro pregressa deduzione e nella
loro processuale rilevanza, quale potenzialità probatoria che consenta di giungere ad
una diversa soluzione, ed in sede di legittimità siano rievocati in modo
autosufficiente”). La giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte ha, poi,
precisato, che l’ulteriore onere di cui all’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 4, deve
ritenersi soddisfatto, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte,
anche mediante la produzione del fascicolo nel quale siano contenuti gli atti e i
documenti su cui il ricorso si fonda, ferma in ogni caso l’esigenza di specifica
indicazione, a pena di inammissibilità ai sensi dell’art. 366 cod. proc. civ., n. 6, degli
atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi (cfr. Cass. S.U. 3
novembre 2011 n. 22726).
Il rilievo è, comunque, nel complesso infondato in quanto sviluppa censure di
merito che tendono ad una rivalutazione del “fatto”, non consentita in questa sede.
Come questa Corte ha più volte affermato (ex multis, Cass. n. 6288 del 18 marzo
2011; id. n. 27162 del 23/12/2009; n. 2272 del 2 febbraio 2007; n. 15355 del 9

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documentazione dello svolgimento del processo nel suo complesso, come pervenuta

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secondo cui la condanna della FAS di Seccaroni al pagamento delle provvigioni a
titolo non di agenzia (come richiesto nell’atto introduttivo) ma di procacciamento di
affari, come accertato in corso di causa e richiesto in sede di appello, costituirebbe
domanda nuova e come tale inammissibile. Rileva che era stato lo stesso convenuto a

procacciamento di affari come ipotesi “attenuata” cui eventualmente fare riferimento,
che nella sentenza di primo grado era stato evidenziato che l’accertamento di un
rapporto (procacciamento di affari) diverso da quello preteso (agenzia) non
precludeva l’esame della relativa domanda, che rientrava nei poteri del giudice
qualificare dal punto giuridico il fatto anche in maniera difforme rispetto a quella
prospettata dalla parte.
6. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia: “Nullità della sentenza per
violazione dell’art. 360, n. 3 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 1742 e ss. cod. civ.
ed in particolare in relazione all’art. 1748 cod. civ.”. Si duole del fatto che la Corte
territoriale, confermando la sentenza di primo grado sul punto in cui era stato
affermato che non vi era alcuna norma che prevedesse il diritto del procacciatore di
affari alle provvigioni ovvero che stabilisse una presunzione di onerosità delle stesse,
sicché un simile diritto poteva affermarsi solo in presenza della prova di una
convenzione stipulata tra le parti, ha violato i principi affermati da questa Corte in
ordine all’applicazione analogica al rapporto di procacciamento di affari delle
disposizioni di legge sul contratto di agenzia.
7. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia: “Nullità della sentenza per
violazione dell’art. 360, nn. 3 e 4, in relazione agli artt. 342, 346 e 112 cod. proc.
civ.”. Si duole della decisione della corte territoriale nella parte in cui ha riformato la

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fare riferimento, nella memoria ai sensi dell’art. 416 cod. proc. civ., al

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Rossini Bruno c/ Seccaroni Luigi

sentenza di primo grado che aveva dichiarato legittima la diversa qualificazione
quale procacciamento di affari della domanda di agenzia proposta dal Rossini senza
che alcuna delle parti avesse censurato con specifico motivo la sentenza di primo
grado ed essendo stata devoluta al giudice del gravame solo la questione della

8. I suddetti motivi terzo, quarto e quinto, da trattarsi congiuntamente in ragione
della intrinseca connessione, sono infondati.
Si osserva, infatti, che la parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado,
difettando di interesse al riguardo, non ha l’onere di proporre, in ipotesi di gravame
formulato dal soccombente, appello incidentale per richiamare in discussione le
eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, da intendersi come quelle che
risultino superate o non esaminate perché assorbite o anche quelle esplicitamente
respinte qualora l’eccezione mirava a paralizzare una domanda comunque respinta
per altre ragioni, ma è soltanto tenuta a riproporle espressamente nel giudizio di
appello in modo tale da manifestare la sua volontà di chiederne il riesame, al fine di
evitare la presunzione di rinuncia derivante da un comportamento omissivo, ai sensi
dell’art. 346 cod. proc. civ. ( cfr. in tal senso ex multis Cass. 23 aprile 2010, n. 7057;
26 novembre 2010, n. 24021; 5 giugno 2007, n. 13082; 19 marzo 2007, n. 6519; 24
marzo 2006, n. 6631; 9 settembre 2004, 18169).
Orbene, nella specie, risulta dallo stesso punto -V- del ricorso per cassazione che
il Seccaroni, costituitosi in appello aveva eccepito l’inammissibilità della domanda
avanzata dal Rossini in via subordinata e diretta ad ottenere il riconoscimento di un
compenso previa qualificazione del rapporto come di procacciamento di affari
evidenziando che si trattava di domanda nuova in ordine alla quale non era stato

lo

gratuità del rapporto di procacciamento di affari.

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Rossini Bruno c/ Seccaroni Luigi

svolto il contraddittorio né espletato il tentativo di conciliazione, con ciò chiaramente
mostrando la volontà di chiedere, sul punto, la revisione del decisum .
Non vi era, dunque, per il giudice di appello alcun limite derivante dalla
posizione espressa dal giudice di primo grado.

domanda nuova.
Il riconoscimento in concreto di un rapporto di agenzia ovvero di un rapporto di
procacciamento di affari comportano un diverso atteggiarsi dei fatti costitutivi
dell’una ovvero dell’altra fattispecie (si vedano le sopra richiamate decisioni di
questa Corte 8 febbraio 1999, n. 1078; 10 luglio 2001, n. 9327; 24 giugno 2005, n.
13629). Su tale diversità (che, nel caso in esame, è stata posta a base della domanda
avanzata in sede di ricorso introduttivo dal Rossini) non incide il fatto che al rapporto
di procacciamento di affari possano applicarsi in via analogica talune disposizioni
relative al contratto di agenzia (come quelle relative alle provvigioni) dovendo anzi
evidenziarsi che tale applicazione, essendo limitata a quelle disposizioni che non
presuppongono un carattere stabile e predeterminato del rapporto (essendo ad
esempio esclusa l’applicazione in via analogica delle disposizioni – di legge o di
contratto – che invece tale stabilità presuppongono, come ad esempio quelle relative
all’indennità di mancato preavviso, all’indennità suppletiva di clientela ed
all’indennità di cessazione del rapporto), tanto più sottolinea la differenza delle due
fattispecie.
Ciò esclude, altresì, che si trattasse di una semplice diversa qualificazione
giuridica, che il giudice di appello poteva effettuare anche di ufficio, in assenza di
specifica domanda.

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Per il resto la Corte territoriale ha correttamente ritenuto che si trattasse di

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Non può ritenersi, in sostanza, che la domanda tesa al riconoscimento di un
compenso per l’attività di procacciatore di affari possa costituire un

“minus”

ricompreso nella (diversa) domanda di riconoscimento delle provvigioni,

ad un preteso rapporto di agenzia.
9. Con il sesto motivo il ricorrente denuncia: “Violazione dell’art. 360, nn. 3 e 4,
cod. proc. civ. in relazione all’art. 115 e 414 cod. proc. Civ. ed all’art. 2697 cod.
civ.”. Si duole della disposta riduzione del numero dei testi indicati in ricorso e della
pronuncia di rigetto della domanda per difetto di prova.
10. Anche tale motivo è infondato.
E’ innanzitutto carente sotto il profilo della decisività atteso che non vengono
indicati i testi asseritamente ancora da assumere in quanto rilevanti né i capitoli di
prova (dal ricorso per cassazione si evince che nell’atto introduttivo del giudizio
erano stati formulati alcuni capitoli di prova ma non vi è traccia della indicazione, già
in tale sede, dei testi da escutere; inoltre si fa riferimento ad una istanza di
ammissione di prova per testi rigettata dal giudice di primo grado ma tale
provvedimento non ha formato oggetto di doglianza in sede di appello – si veda il
punto – IV – del ricorso per cassazione -).
Peraltro la riduzione delle liste testimoniali costituisce un potere tipicamente
discrezionale del giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità, ed
esercitabile anche nel corso dell’espletamento della prova, potendo il giudice non
esaurire l’esame di tutti i testi ammessi qualora, per i risultati raggiunti, ritenga
superflua l’ulteriore assunzione della prova. Tale ultima valutazione non deve essere

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dell’indennità di fine rapporto, di versamento dei contributi previdenziali in relazione

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Udienza 19/6/2013
Rossini Bruno c/ Seccaroni Luigi

necessariamente espressa, potendo desumersi per implicito dal complesso della
motivazione della sentenza (ex aliis, Cass. 22 aprile 2009 n. 9551).
11. Sulla base delle esposte considerazioni, nelle quali tutte le altre eccezioni o

12. Infine, nulla va disposto in ordine alle spese processuali essendo Luigi
Seccaroni rimasto solo intimato.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 19 iugno 2013.

obiezioni devono considerarsi assorbite, in conclusione, il ricorso va rigettato.

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