Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19828 del 12/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 12/07/2021, (ud. 17/03/2021, dep. 12/07/2021), n.19828

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 29719/2018 promosso da:

Comune di Fondi, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, via Giuseppe Gioacchino Belli 96, presso lo

studio dell’avv. Alessandra Abbate, rappresentato e difeso dall’avv.

Franco Bracciale in virtù di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

A.R. e S.A., elettivamente domiciliati in

Ceprano, via Campidoglio 16, presso lo studio dell’avvocato

Gabrielli Antonio, che li rappresenta e difende in virtù di procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1513/19/18 della CTR del Lazio, depositata il

08/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

17/03/2021 dal Consigliere REGGIANI ELEONORA;

letti gli atti del procedimento in epigrafe.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso presentato davanti alla CTP di Latina, A.R. e S.A. hanno impugnato gli avvisi di accertamento ad essi notificati, con i quali veniva richiesto il pagamento dell’ICI non versata (oltre sanzioni e interessi), in relazione a fabbricati, terreni e aree edificabili, siti nel Comune di Fondi. I contribuenti deducevano l’operatività dell’esenzione prevista dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9 (conv. con modif. in L. n. 133 del 1994), la nullità dell’avviso per omessa o insufficiente motivazione e l’erronea indicazione e qualificazione dei cespiti. Instauratosi il contraddittorio con il Comune, la CTP ha accolto il ricorso, ritenendo operante l’esenzione sopra menzionata, in ragione degli effetti retroattivi della domanda di variazione di categoria catastale, presentata dai contribuenti ai sensi del D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2 bis (conv. con modif. in L. n. 106 del 2011), che aveva comportato il classamento dei beni in categoria D/10.

La CTR ha confermato la statuizione di primo grado.

Avverso la sentenza di appello, il Comune ha proposto ricorso per cassazione, formulando tre motivi di impugnazione.

I contribuenti hanno resistito con controricorso, prospettando anche l’inammissibilità dell’impugnazione avversaria.

Le parti hanno depositato memoria illustrativa delle rispettive difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione del combinato disposto del D.L. n. 557 del 1993, art. 9 (conv. con modif. in L. n. 133 del 1994), del D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2 bis (conv. con modif. in L. n. 106 del 2011), del D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 14 bis (conv. con modif. in L. n. 214 del 2011), del D.L. n. 102 del 2013, art. 2, comma 5 ter (aggiunto dalla L. di conversione n. 124 del 2013) e del D.M. 26 luglio 2012, art. 7, comma 2, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto spettante il diritto all’esenzione per ruralità dei beni, consentita dalla legge solo per il caso di presentazione della domanda di voltura catastale entro il 30 settembre 2012, mentre nella specie tale domanda era stata presentata il 23/11/2012.

Con il secondo motivo è dedotta la violazione del combinato disposto del D.L. n. 557 del 1993, art. 9 (conv. con modif. in L. n. 133 del 1994), del D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2 bis (conv. con modif. in L. n. 106 del 2011), del D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 14 bis (conv. con modif. in L. n. 214 del 2011), del D.L. n. 102 del 2013, art. 2, comma 5 ter (aggiunto dalla L. di conversione n. 124 del 2013) e del D.M. 26 luglio 2012, art. 7, comma 2, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto spettante il diritto all’esenzione per ruralità dei beni, senza considerare che i requisiti soggettivi richiesti dalla legge non erano ancora esistenti nell’anno 2010, né che i fabbricati da un atto pubblico di donazione risultavano in pessime condizioni, non potendo quindi essere considerati oggettivamente strumentali all’attività agricola, come pure si evinceva dal fatto che l’Agenzia delle entrate aveva di recente provveduto alla rettifica della categoria catastale di alcune particelle intestate ai contribuenti.

Con il terzo motivo è dedotta la violazione del combinato disposto del D.L. n. 557 del 1993, art. 9 (conv. con modif. in L. n. 133 del 1994), del D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2 bis (conv. con modif. in L. n. 106 del 2011), del D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 14 bis (conv. con modif. in L. n. 214 del 2011), del D.L. n. 102 del 2013, art. 2, comma 5 ter (aggiunto dalla L. di conversione n. 124 del 2013) e del D.M. 26 luglio 2012, art. 7, comma 2, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto spettante il diritto all’esenzione con riferimento all’immobile censito al Catasto Fabbricati del Comune di Fondi, foglio 91, particella 266, sub. 1, che risulta intestato ai contribuenti e che è classificato in categoria C/2, come tale insuscettibile di essere considerato rurale.

2. I controricorrenti, richiamando il disposto dell’art. 372 c.p.c., hanno chiesto, in via preliminare, lo stralcio di tutta la documentazione depositata dal Comune insieme al ricorso.

In assenza di una norma che preveda il richiesto “stralcio”, l’eccezione deve essere intesa come richiesta di dichiarazione di inammissibilità della produzione documentale operata.

Tale richiesta può essere accolta solo in parte.

Tra la documentazione depositata vi sono, infatti, alcuni atti del processo (cfr. docc. 1-4 e docc. A/1, A/2, A/3, A/6, A/7 a p. 21 e 22 del ricorso) e documenti già acquisiti nei gradi di merito (cfr. A/4 e A/5 a p. 22 del ricorso, menzionati a p. 11 dello stesso ricorso).

Si tratta, senza dubbio di documentazione a supporto dell’impugnazione per cassazione, che già faceva parte degli atti e dei documenti della causa e che pertanto è suscettibile di essere prodotta nel giudizio di legittimità.

Risultano prodotti anche documenti relativi a rettifiche di classamento (doc. A/9 e documenti allegati, menzionati a p. 22 del ricorso), nei confronti dei quali non opera il divieto di produzione, perché si tratta di atti sopravvenuti alla decisione impugnata, idonei ad incidere sull’oggetto della causa, che non potevano essere prodotti nei precedenti gradi di merito (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 26757 del 24/11/2020).

E’ stata, infine, allegata una copia del D.M. dell’economia e delle finanze – adottato il 26 luglio 2012, in attuazione del D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 14 bis, (conv. con modif. in L. n. 214 del 2011), per stabilire le modalità per l’inserimento negli atti catastali della sussistenza del requisito di ruralità – la cui violazione, secondo la prospettazione del ricorrente, integra i motivi di ricorso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) (cfr. doc. A/8 a p. 22 del ricorso).

Quest’ultima produzione non può ritenersi consentita.

Com’e’ noto, la natura di atti meramente amministrativi dei decreti ministeriali rende ad essi inapplicabile il principio iura novit curia di cui all’art. 113 c.p.c., da coordinarsi, sul piano ermeneutico, con il disposto dell’art. 1 preleggi (che non comprende, appunto, i detti decreti tra le fonti del diritto), con la conseguenza che, in assenza di qualsivoglia loro produzione nel corso del giudizio di merito, deve ritenersene inammissibile il deposito ex art. 372 c.p.c. in sede di legittimità (cfr. Cass., Sez. U, n. 9941 del 29/04/2009).

Deve pertanto dichiararsi inammissibile la produzione del documento A/8 indicato a p. 22 del ricorso per cassazione.

3. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

3.1. Come appena evidenziato, secondo il Comune la CTR non ha considerato che la richiesta di voltura catastale è stata presentata dai contribuenti il 23/11/2012, successivamente alla scadenza del termine previsto dal D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2 bis (conv. con modif. in L. n. 106 del 2011), poi prorogato al 30/09/2012, e che, per tale motivo, non potevano applicarsi gli effetti retroattivi stabiliti nella disposizione menzionata.

I controricorrenti hanno eccepito l’inammissibilità del motivo, perché di tale doglianza non vi è traccia nelle sentenze di merito e neppure negli atti di parte.

3.2. Com’e’ noto, qualora una questione giuridica – implicante un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la propone in sede di legittimità, per non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito ed anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, in modo tale da consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima ancora di esaminare nel merito la censura stessa (Cass., Sez. 6-5, n. 32804 del 13/12/2019).

Nel caso di specie, tali adempimenti non risultano essere stati compiuti.

Sebbene la questione relativa alla tempestività della presentazione della richiesta di variazione catastale non risulti essere stata esaminata dalla CTR (e neppure dalla CTP, la cui statuizione è interamente riportata nel controricorso), il Comune ha posto a fondamento del motivo di impugnazione il fatto che tale richiesta risultasse presentata il 23/11/2012, quando il termine era già scaduto, ma non ha allegato di avere eccepito quanto appena riportato in un qualche atto dei gradi di merito.

Per i motivi sopra evidenziati, in assenza di tali specificazioni, il motivo è da ritenersi inammissibile.

4. Anche il secondo motivo è inammissibile, sia pure per diverse ragioni.

Secondo parte ricorrente, la CTR ha errato nel ritenere operante l’esenzione prevista dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, in virtù dell’efficacia retroattiva attribuita della legge alla variazione catastale, operata ai sensi del D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2 bis (conv. con modif. in L. n. 106 del 2011), perché vi erano emergenze probatorie, non valutate dal giudice dell’appello, dalle quali si evinceva che non era possibile una continuativa destinazione rurale degli immobili nei cinque anni precedenti alla presentazione della menzionata domanda.

4.1. Com’e’ noto, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili, prevista dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9 (conv. con modif. in L. n. 113 del 1994), il D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2, (conv. con modif. in L. n. 106 del 2011) ha introdotto la possibilità, per i soggetti interessati, di chiedere all’Agenzia del territorio la variazione della categoria catastale dei loro beni, al fine di ottenere l’attribuzione della categoria A/6 per gli immobili rurali ad uso abitativo e della categoria D/10 per gli immobili rurali ad uso strumentale.

Alla domanda, da presentare entro il 30 settembre 2011 (termine poi prorogato), doveva essere allegata un’autocertificazione, ai sensi del D.P.R. n. 445 del 2000, nella quale si dichiarava che l’immobile possedeva in via continuativa, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda, i requisiti di ruralità dell’immobile necessari ai sensi del citato D.L. n. 557 del 1993, art. 9.

Il D.L. n. 201 del 2011 (conv. con modif. in L. n. 214 del 2011) ha poi abrogato la disposizione appena ricordata, ma ha anche stabilito, all’art. 13, comma 14 ter, che le domande di variazione della categoria catastale, presentate dopo la scadenza dei termini originariamente posti e fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione, producessero comunque gli effetti previsti, con riguardo al riconoscimento del requisito di ruralità, fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo.

Il D.L. n. 102 del 2013, art. 2, comma 5 ter, (conv. con modif. in L. n. 124 del 2013) ha poi precisato che la disposizione appena riportata dovesse essere intesa nel senso che le domande di variazione catastale, presentate ai sensi del D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2 bis, (conv. con modif. in L. n. 106 del 2011) e l’inserimento dell’annotazione negli atti catastali producevano gli effetti previsti per il riconoscimento del requisito di ruralità di cui al D.L. n. 557 del 1993, art. 9 (conv. con modif. in L. n. 133 del 1994) a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda.

4.2. Nonostante il riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), in questa sede, non è stata dedotta la contrarietà delle affermazioni in diritto al contenuto precettivo della norme richiamate (violazione di norme di diritto), né è stata prospettata l’erronea sussunzione del fatto, come accertato dal giudice di merito, nell’ipotesi normativa (falsa applicazione delle stesse norme).

Ciò che viene censurato è proprio quell’accertamento in fatto, operata dal giudice, che, secondo il Comune, avrebbe dovuto avere un esito diverso.

Il motivo di impugnazione attiene alla mancata considerazione da parte della CTR di circostanze che, secondo parte ricorrente, avrebbero portato ad escludere l’esistenza continuativa, nei cinque anni precedenti alla presentazione della domanda di variazione, del requisito della destinazione rurale ai terreni (la data di iscrizione nell’elenco degli operatori agrituristici, la data di attribuzione della partita IVA per l’attività di coltivazione ortaggi, la descrizione dei beni in un atto di donazione).

Tale apprezzamento attiene alla valutazione di merito e non è sindacabile in cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 2).

Come più volte affermato da questa Corte, infatti, deve ritenersi inammissibile il motivo di ricorso per cassazione che, come nella specie, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge (come pure di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio) miri in realtà ad una rivalutazione dei fatti storici oggetto del giudizio di merito (Cass.,Sez. U, n. 34476 del 27/12/2019).

5. Per le stesse ragioni, anche il terzo motivo è inammissibile.

Parte ricorrente ha dedotto che la decisione non ha tenuto conto delle caratteristiche di tutti gli immobili posseduti dai contribuenti e menzionati negli avvisi di accertamento impugnati, deducendo, in particolare, che il fabbricato contraddistinto in Catasto al foglio 91, particella 266, sub 1, era stato classificato con la categoria catastale C/2 (e non D/10) e perciò non poteva essere considerato rurale.

Anche in questo caso la censura attiene ad un accertamento operato in fatto, riconducibile alla considerazione della categoria catastale assegnata a uno specifico bene.

6. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

7. La statuizione sulle spese di lite, liquidate in dispositivo, segue la soccombenza.

8. In applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, se dovuto.

PQM

la Corte:

rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite sostenute dai controricorrenti, che liquida in Euro 1,400,00 per compenso, oltre Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese forfettario e accessori di legge;

dà atto, in applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione mediante collegamento “da remoto”, il 17 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2021

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