Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19825 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 19825 Anno 2013
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: D’ANTONIO ENRICA

SENTENZA

sul ricorso 28083-2008 proposto da:
I.N.P.S.

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale
rappresentante pro tempore, in proprio e quale
mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di
Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente
2013
2048

domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso
l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e
difesi dagli avvocati MARITATO LELIO, CALIULO LUIGI,
CORETTI ANTONIETTA, giusta delega in atti;
– ricorrenti –

Data pubblicazione: 28/08/2013

4.

contro

DUO MARZIA DUOMRZ67T43L219M, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA P.L. DA PALESTRINA 47, presso lo studio
dell’avvocato IOSSA FRANCESCO PAOLO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROBERTO
DE GUGLIELMI, giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 768/2008 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 14/07/2008 r.g.n. 1333/07;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/06/2013 dal Consigliere Dott. ENRICA
D’ANTONIO;
udito l’Avvocato D’ALOISIO CARLA per delega MARITATO
LELIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

_

RG n 28083/2008

INPS / Duo Marzia

Svolgimento del processo
Con sentenza del 14/7/2008 la Corte d’Appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del
Tribunale, ha condanna l’INPS a pagare a Marzia Duo € 240,07, oltre rivalutazione ed interessi
dall’11/9/93 al saldo.
Duo Marzia , ex dipendente del Concessionario del Servizio di riscossione Tributi della provincia di
Torino, esponeva di aver chiesto al Fondo in data 8/4/2003 il rimborso ex art 32 della L. n

averne ottenuto il pagamento in datai 0/9/03 senza riconoscimento di interessi e di rivalutazione.
La Duo chiedeva pertanto la condanna dell’INPS a pagare € 240,07, oltre interessi e rivalutazione
successivamente maturati .
Il Tribunale condannava l’Inps a pagare i soli interessi legali a decorrere dal 121 0 giorno successivo
alla domanda e fino al 10/9/03, ritenendo che non si era in presenza di un rimborso ma di una
prestazione previdenziale sostitutiva rispetto alla pensione integrativa.
La Corte territoriale ha, invece, rilevato che l’erogazione in questione aveva in parte natura
restitutoria e, per la parte corrispondente ai versamenti a carico del datore di lavoro, natura di
retribuzione differita . Da tale natura della erogazione in esame discendeva l’applicabilità
429 cpc.
Avverso la sentenza propone ricorso in Cassazione l’Inps formulando un unico motivo.
Si costituisce la Duo depositando controricorso.
Motivi della decisione
L’Inps denuncia violazione dell’art 32 , comma 2°, della L. n 377/1958 e dell’art 7 della L. n
587/1971 ( art 360 n 3 cpc). Osserva che l’affermazione della Corte d’Appello non tiene conto del
disposto normativo: l’art 29 prevede il rimborso dell’intero importo in caso cessazione del rapporto
di lavoro per licenziamento disciplinare; l’art 32 invece, prevede una prestazione previdenziale
sostitutiva rispetto alla corresponsione della pensione integrativa . Ne consegue che potevano essere
riconosciuti solo gli interessi legali dal 121° giorno fino al pagamento .
Il ricorso è fondato.
Questa Corte, con sentenza n 3553/2012 ha affermato il principio secondo cui “il diritto al
pagamento “una tantum” della somma pari al 75 per cento della contribuzione integrativa,
riconosciuto dall’art. 32 della legge n. 377 del 1958 agli iscritti al Fondo di previdenza per gli
impiegati delle esattorie e ricevitorie, ha natura previdenziale, non trattandosi di un vero e proprio
rimborso di contributi inutilizzabili, bensì dell’erogazione “una volta tanto” di una indennità
sostitutiva e anticipatoria del trattamento pensionistico, commisurata ad una parte soltanto dei

377/1958 del 75% dei contributi versati al Fondo per il trattamento integrativo della pensione e di

contributi versati; pertanto, ai sensi dell’art. 16, comma 6, della legge n. 412 del 1991 e dell’art. 22,
comma 36, della legge n. 724 del 1994, sulla “una tantum” è dovuto unicamente il maggior importo
tra interessi legali e rivalutazione monetaria, senza cumulo delle due voci”.
Nella sentenza citata risulta precisato che “Il Fondo di previdenza per gli impiegati delle esattorie e
ricevitorie delle imposte dirette (previsto dalla L. 2 aprile 1958, n. 377, come modificata dalla L. 29
luglio 1971, n. 587) costituisce una gestione autonoma dell’INPS ed ha lo scopo principale di
integrare le pensioni dovute agli iscritti o ai loro superstiti dall’assicurazione generale obbligatoria,

integrazione, anche la pensione dovuta dalla assicurazione obbligatoria in relazione ai contributi per
qualsiasi titolo versati e computati come utili nell’assicurazione stessa, cosicché eroga un’unica
pensione complessiva..”
“La L. 2 aprile 1958, n. 377, art. 32, nel testo originario, attribuiva all’iscritto al Fondo cessato dal
servizio prima di aver raggiunto il requisito minimo di contribuzione per la pensione di vecchiaia la
facoltà (da esercitare non prima di un anno dalla cessazione del rapporto di lavoro o dall’ultimo
versamento e non oltre cinque anni) di chiedere il pagamento, per una volta tanto, di una somma
pari al 75 per cento dell’importo dei contributi versati al Fondo per l’integrazione della pensione
obbligatoria. Con la L. 29 luglio 1971, n. 587, art. 7, la predetta facoltà è stata attribuita anche
all’iscritto il quale, all’atto della cessazione dal servizio presso esattorie e ricevitorie delle imposte
dirette, abbia conseguito il requisito minimo di contribuzione per la pensione di vecchiaia, a
condizione che sia esercitata entro il quinto anno precedente il compimento dell’età pensionabile
secondo le norme del Fondo”.
“Nel riferito quadro normativo, è priva di fondamento la tesi della sentenza impugnata circa la
finalità restitutoria e retributiva del pagamento. Il fondo integrativo in questione non è propriamente
un fondo “interno”, ma anzi esso nasce come sostitutivo e, via via, diviene integrativo e
“obbligatorio”, nel senso che gli iscritti sono inseriti contemporaneamente nell’assicurazione
generale obbligatoria tanto che nel fondo confluiscono anche i contributi a.g.o. e la pensione che
viene liquidata è una pensione “complessiva”.
2.4. Nella fattispecie di cui all’art. 32 in esame si realizza l’intento di assicurare un trattamento
pensionistico sia ai soggetti che cessando dal servizio non possono più maturare il diritto alla
pensione, sia a coloro che lo matureranno solo al compimento di una determinata età anagrafica,
come risulta evidente dall’applicazione della norma, disposta dalla L. n. 587 del 1971, art. 7, a
questi ultimi soggetti.
Non si tratta, tecnicamente, di un vero e proprio rimborso, come nel caso di dipendenti licenziati in
via disciplinare (L. n. 377 del 1958, art. 29), poiché nell’ipotesi dell’art. 32 cit. non vengono
2

cui gli stessi iscritti sono assoggettati, erogando agli aventi diritto, unitamente alla detta

”rimborsati contributi”, ormai inutilizzabili per il fatto che il dipendente sia escluso dal trattamento
integrativo (art. 29 cit.), ma viene disposto il “pagamento, per una volta soltanto”, di una somma
pari al 75% dei contributi versati, su richiesta dell’interessato. Non la contribuzione, quindi, viene
“restituita” o “rimborsata”, ma una diversa somma, commisurata ad una parte dei contributi versati,
viene erogata al dipendente cessato dal servizio. La erogazione, poi, può avvenire “una sola volta” e
la previsione non avrebbe alcun significato se si trattasse del diritto potestativo al rimborso di
contributi inutilizzati, anziché di una indennità sostitutiva del trattamento pensionistico, ovvero, in

previdenziale. Infatti secondo un generale principio del nostro sistema delle assicurazioni sociali,
improntato al criterio solidaristico, non esiste il diritto alla restituzione dei contributi legittimamente
versati, in relazione ai quali non si siano verificati i presupposti per la maturazione del diritto alla
prestazione previdenziale (cfr. Cass. n. 10649 del 1990): quando la legge dispone il pagamento di
contributi versati, o di parte di essi, come nella specie, non si tratta di un diritto potestativo alla
restituzione (poiché questi sono stati versati legittimamente, e non costituiscono un indebito o un
arricchimento senza causa per l’ente previdenziale), ma solo di un beneficio all’interno del rapporto
previdenziale, con intento, dunque, non retribuivo, ne’ restitutorio”.
“La natura previdenziale della prestazione è dimostrata dal fatto che il Fondo eroga un’unica
pensione, composta dalla parte obbligatoria e dalla parte integrativa, nell’ambito di un unico
rapporto di assicurazione obbligatoria, sì che lo stesso pagamento della somma una tantum, nelle
varie vicende del rapporto assicurativo, si colloca comunque nell’ambito di quest’ultimo ed ha una
finalità di tutela previdenziale. Sulla somma perciò è dovuto il maggior importo tra interessi legali e
rivalutazione monetaria ai sensi della L. 30 dicembre 1991, n. 412, art. 16, comma 6, e della L. 23
dicembre 1994, n. 724, art. 22, comma 36, con decorrenza dal 120^ giorno dalla data di
presentazione della domanda amministrativa”
Per le considerazioni che precedono la sentenza impugnata deve essere cassata ed il giudizio
rimesso, anche per la liquidazione delle spese processuali, alla Corte d’Appello di Torino in diversa
composizione che si atterrà al principio di diritto sopra esposto.
PQM
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per la liquidazione delle spese del
presente giudizio, alla Corte d’Appello di Torino in diversa composizione.
Roma 11/6/2013

certa misura, anticipatoria del medesimo trattamento. La modalità è invece significativa in funzione

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