Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19824 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 19824 Anno 2013
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 28085-2008 proposto da:
I.N.P.S.

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale
rappresentante pro tempore, in proprio e quale
mandatario

della

S.C.C.I.

Società

S.P.A.

di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente
2013
2043

domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso
l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e
difesi dagli avvocati MARITATO LELIO, CALIULO LUIGI,
CORETTI ANTONIETTA, giusta delega in atti;
– ricorrenti –

Data pubblicazione: 28/08/2013

contro
CONFORTI

MICHELE

CNFMHL45A08C722B,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA P.L. DA PALESTRINA 47, presso
lo studio dell’avvocato IOSSA FRANCESCO PAOLO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato DE

controricorrente

avverso la sentenza n. 769/2008 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 14/07/2008 R.G.N. 1334/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/06/2013 dal Consigliere Dott. PIETRO
VENUTI;
udito l’Avvocato D’ALOISIO CARLA per delega MARITATO
LELIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

GUGLIELMI ROBERTO, giusta delega in atti;

R.G. n. 28085/08
Ud. 11.6.2013

La Corte d’Appello di Torino, con sentenza del 17 giugno – 14
luglio 2008, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha
integralmente accolto la domanda proposta da Conforti Michele nei
confronti dell’INPS volta ad ottenere il pagamento della
rivalutazione monetaria e degli interessi legali per il ritardo nella
corresponsione della somma pari al 75% della contribuzione
integrativa versata al Fondo di previdenza degli impiegati
dipendenti delle esattorie e ricevitorie delle imposte dirette, ai sensi
della legge n. 377 del 1958, art. 32, e della legge n. 587/71,6*.-Y.
La decisione ha disatteso la tesi dell’Istituto secondo cui il
rimborso in questione configurerebbe un credito previdenziale,
soggetto alle limitazioni di cui alla legge n. 412 del 1991, art. 16.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’INPS
sulla base di un solo motivo. L’intimato ha resistito con
controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo del ricorso è denunziata violazione
dell’art. 32, comma 2, della legge n. 377/1958 e dell’art. 7 della
legge n. 587/71.
Si sostiene che, avendo il credito per cui è controversia
natura previdenziale, sono dovuti i soli interessi legali, con
esclusione della rivalutazione, ai sensi della legge n. 412/91, att.16.
2. Il ricorso è fondato.
Il Fondo di previdenza per gli impiegati delle esattorie e
ricevitorie delle imposte dirette, previsto dalla legge 2 aprile 1958,
n. 377, come modificata dalla legge 29 luglio 1971, n. 587,
costituisce una gestione autonoma dell’INPS ed ha lo scopo

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

principale di integrare le pensioni dovute agli iscritti o ai loro
superstiti dall’assicurazione generale obbligatoria, cui gli stessi
iscritti sono assoggettati, erogando agli aventi diritto, unitamente
alla detta integrazione, anche la pensione dovuta dalla
assicurazione obbligatoria in relazione ai contributi per qualsiasi

cosicché eroga un’unica pensione complessiva, anche quando per
lo svolgimento del lavoro esattoriale sussistono le condizioni per la
pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria, e non
può attribuire alcun trattamento pensionistico prima che siano
realizzate le condizioni per il trattamento complessivo, con la
perdita della qualità di iscritto al Fondo (vedi Cass. 3 aprile 1986,
n. 2298).
La legge 2 aprile 1958, n. 377, art. 32, nel testo originario,
attribuiva all’iscritto al Fondo cessato dal servizio prima di aver
raggiunto il requisito minimo di contribuzione per la pensione di
vecchiaia la facoltà (da esercitare non prima di un anno dalla
cessazione del rapporto di lavoro o dall’ultimo versamento e non
oltre cinque anni) di chiedere il pagamento, per una volta tanto, di
una somma pari al 75 per cento dell’importo dei contributi versati
al Fondo per l’integrazione della pensione obbligatoria.
Con la legge 29 luglio 1971, n. 587, art. 7, la predetta facoltà
è stata attribuita anche all’iscritto il quale, all’atto della cessazione
dal servizio presso esattorie e ricevitorie delle imposte dirette,
abbia conseguito il requisito minimo di contribuzione per la
pensione di vecchiaia, a condizione che sia esercitata entro il
quinto anno precedente il compimento dell’età pensionabile
secondo le norme del Fondo.
Mette conto rilevare che la disciplina che interessa è
interamente di fonte legale e non è dunque influenzata da istituti e
criteri propri dei fondi integrativi di fonte contrattuale, là dove la
natura di ogni singola prestazione discende da specifici e

titolo versati e computati come utili nell’assicurazione stessa,

particolari intenti negoziali recepiti in regolamenti interni o in
contratti collettivi.
Nel riferito quadro normativo, è priva di fondamento la tesi
della sentenza impugnata circa la finalità restitutoria e retributiva
del pagamento.

“interno”, ma anzi esso nasce come sostitutivo e, via via, diviene
integrativo e “obbligatorio”, nel senso che gli iscritti sono inseriti
contemporaneamente nell’assicurazione generale obbligatoria,
tanto che nel fondo confluiscono anche i contributi a.g.o. e la
pensione che viene liquidata è una pensione “complessiva”.
Nella fattispecie di cui all’art. 32 in esame, si realizza l’intento
di assicurare un trattamento pensionistico sia ai soggetti che
cessando dal servizio non possono più maturare il diritto alla
pensione, sia a coloro che lo matureranno solo al compimento di
una determinata età anagrafica, come risulta evidente
dall’applicazione della norma, disposta dalla legge n. 587 del 1971,
art. 7, a questi ultimi soggetti.
Non si tratta, tecnicamente, di un vero e proprio rimborso,
come nel caso di dipendenti licenziati in via disciplinare (L. n. 377
del 1958, art. 29), poiché nell’ipotesi dell’art. 32 cit. non vengono
“rimborsati contributi”, ormai inutilizzabili per il fatto che il
dipendente viene ad essere escluso dal trattamento integrativo (art.
29 cit.), ma viene disposto il “pagamento, per una volta soltanto”,
di una somma pari al 75 per cento dei contributi versati, su
richiesta dell’interessato. Non la contribuzione, quindi, viene
“restituita” o “rimborsata”, ma una diversa somma, commisurata
ad una parte dei contributi versati, viene erogata al dipendente
cessato dal servizio.
La erogazione, poi, può avvenire “una sola volta” e la
previsione non avrebbe alcun significato se si trattasse del diritto
potestativo al rimborso di contributi inutilizzati, anziché di una

Il fondo integrativo in questione non è propriamente un fondo

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indennità sostitutiva del trattamento pensionistico, ovvero, in certa
misura, anticipatoria del medesimo trattamento.
La modalità è invece significativa di una funzione
previdenziale. Infatti secondo un generale principio del nostro
sistema delle assicurazioni sociali, improntato al criterio
legittimamente versati, in relazione ai quali non si siano verificati i
presupposti per la maturazione del diritto alla prestazione
previdenziale (cfr. Cass. n. 10649 del 1990): per cui, quando la
legge dispone il pagamento di tali contributi, o di una parte di essi,
come nella specie, si è in presenza di un beneficio attribuito
all’interno del rapporto previdenziale, con intento, dunque, non
retributivo, nè restitutorio.
Deve ribadirsi, perciò, in relazione al pagamento in esame,
quanto questa Corte ha già affermato, di recente, in fattispecie
analoghe (vedi Cass. n. 3553/12; Cass. 4698/12; Cass. 9703/12
ed altre conformi) e cioè che la natura previdenziale della
prestazione è dimostrata dal fatto che il Fondo eroga un’unica
pensione, composta dalla parte obbligatoria e dalla parte
integrativa, nell’ambito di un unico rapporto di assicurazione
obbligatoria, sì che lo stesso pagamento della somma una tantum,
nelle varie vicende del rapporto assicurativo, si colloca comunque
nell’ambito di quest’ultimo ed ha una finalità di tutela
previdenziale.
Sulla somma perciò è dovuto il maggior importo tra interessi
legali e rivalutazione monetaria ai sensi della L. 30 dicembre 1991,
n. 412, art. 16, comma 6, e della L. 23 dicembre 1994, n. 724, art.
22, comma 36, con decorrenza dal 120° giorno dalla data di
presentazione della domanda amministrativa.
La sentenza impugnata va perciò cassata con rinvio alla
stessa Corte d’appello, in diversa composizione, per la definizione
della controversia in base ai detti principi, nonché per la pronuncia
sulle spese anche del giudizio di cassazione.

solidaristico, non esiste il diritto alla restituzione dei contributi

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P. Q . M .
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia
alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, anche per le
spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma in data 11 giugno 2013.

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