Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19823 del 23/07/2019

Cassazione civile sez. II, 23/07/2019, (ud. 03/10/2018, dep. 23/07/2019), n.19823

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 14544/2015 R.G. proposto da:

B.G., e B.E., rappresentati e difesi

dall’avv. Maurizio Morini, con domicilio in Ancona, Piazza Cavour n.

17.

– ricorrenti –

contro

Condominio (OMISSIS), in persona dell’amministratore pro tempore,

D.A., P.D., M.F., Br.An.Ma.,

C.C., S.C., Pe.Ma.,

Ma.Ma.Te., G.V., Pa.Ma.,

Sa.Se., rappresentati e difesi dall’avv. Emanuele Cardinali, con

domicilio in Ancona, Via Marsala n. 8;

– controricorrenti –

nonchè

Pe.An.Ro., Pe.Gi., Pe.St., quali eredi

di m.c., rappresentati e difesi dall’avv. Carla

Paciaroni e dall’avv. Piergiorgio Villa, con domicilio eletto presso

quest’ultimo in Roma, alla Via Donatello n. 23.

– controricorrenti –

e

D.M.S. e M.F..

IEM – Impresa Edile Marchigiana s.p.a. in liquidazione, in persona

del legale rappresentante p.t..

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona n. 1036/2014,

depositata in data 11.12.2014.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 3.10.2018 dal

Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. TRONCONE Fulvio, che ha chiesto

di dichiarare l’inammissibilità dei primi due motivi di ricorso,

con assorbimento delle altre censure.

Fatto

FATTI DI CAUSA

m.c. ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Ancona il Condominio (OMISSIS), unitamente a taluni proprietari di singole unità abitative facenti parte dello stabile condominiale, esponendo che i convenuti avevano realizzato un muro di fabbrica in cemento armato lungo tutto il confine delle rispettive proprietà.

Ha chiesto l’arretramento della costruzione fino al rispetto delle distanze legali.

Il Condominio ed i singoli condomini costituiti in giudizio hanno dedotto che la costruzione costituiva un muro di cinta, sottratto alla disciplina dell’art. 873 c.c., ed hanno chiesto di chiamare in causa a titolo di manleva la IME s.p.a., impresa che aveva realizzato l’edificio ed aveva successivamente alienato le singole porzioni.

In corso di giudizio, l’attrice ha inoltre formulato istanza di chiamata in causa di tutti gli altri condomini, ma il contraddittorio è stato integrato nei soli confronti di M.F., Br.An.Ma., Pe.Ma., Ma.Ma.Te., G.V., Pa.Ma., Sa.Se. e D.M.S..

Sono inoltre intervenuti volontariamente B.G. e B.E., quali acquirenti dell’immobile di parte attrice.

Con sentenza non definitiva n. 419/1998 il Tribunale ha respinto l’eccezione di estinzione e ha estromesso dal giudizio l’attrice con successiva sentenza definitiva n. 1245/2001 ha accolto la domanda ed ha ordinato l’arretramento del muro fino al rispetto della distanza legale, respingendo ogni altra richiesta.

Le suddette pronunce sono state appellate e la Corte distrettuale di Ancona, con sentenza n. 765/2003, le ha riformate entrambe, disponendo la rimessione dell’intera causa in primo grado a causa dell’errata l’estromissione dal giudizio di m.c..

Riassunto il giudizio dagli attuali ricorrenti, il Tribunale, con sentenza n. 588/2010, ha dichiarato l’estinzione del giudizio per mancata integrazione del contraddittorio verso i singoli condomini e la tardività della riassunzione nei confronti della IEM s.p.a.; ha estromesso dalla causa Pa.Ma., per aver alienato il proprio immobile prima del giudizio, ed ha condannato gli attori al pagamento delle spese di tutti i precedenti gradi di causa.

L’appello proposto da B.G. ed E. è stato dichiarato inammissibile, avendo la Corte territoriale rilevato che gli appellanti non avevano riproposto le domande di merito formulate in primo grado e non avevano provveduto all’integrazione del contraddittorio nei confronti di m.c., la quale, pur avendo ceduto il proprio immobile in corso di causa, non era stata estromessa dalla causa e doveva partecipare al giudizio di appello.

La sentenza ha rilevato che una prima notifica dell’impugnazione all’indirizzo di (OMISSIS) in data 4.6.2010 non si era perfezionata mentre non era stata provata l’effettuazione di una seconda notifica, eseguita all’indirizzo di (OMISSIS) in data 24.7.2010, avendo gli appellanti prodotto la sola raccomanda informativa attestante il compimento delle formalità di cui alla L. n. 890 del 1982, art. 8, comma 6, ma non anche l’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia dell’atto di appello con indicazione degli adempimenti svolti.

Inoltre, l’ordine di rinnovazione, emesso dal Collegio in data 7.11.2011, non era stato adempiuto.

Per la cassazione di questa pronuncia B.G. e B.E. hanno proposto ricorso in cinque motivi, illustrati con memoria, cui hanno resistito con controricorso Pe.Gi., Pe.St. e Pe.An.Ro., quali eredi di m.c.. Il Condominio (OMISSIS), D.A., P.D., M.F., Br.An.Ma., C.C., S.C., Pe.Ma., Ma.Ma.Te., G.V., Pa.Ma., Sa.Se. hanno depositato controricorso e memoria ex art. 380 bis, c.p.c..

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensive.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Deve esaminarsi anzitutto l’eccezione di inammissibilità del ricorso in quanto rivolto nei confronti di Pe.Gi., Pe.St. e Pe.An.Ro. quali eredi di m.c., deceduta in data (OMISSIS), ma alla cui eredità i resistenti hanno rinunciato in data 14.2.2012 e 18.2.2012.

L’eccezione benchè fondata (avendo i ricorrenti dimostrato di aver rinunciato all’eredità prima del ricevimento della notifica del ricorso, non avendo quindi assunto la qualità di successori di m.c., e non essendo legittimati a contraddire in sede di legittimità), non rende necessaria l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi effettivi, essendo tale adempimento superfluo ed insuscettibile di incidere sull’esito del ricorso, che per quanto si dirà, deve dichiararsi infondato.

2. Il primo motivo denuncia – letteralmente – la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver la sentenza dichiarato l’inammissibilità dell’appello per la mancata notifica dell’impugnazione a m.c., trascurando che detta notifica era stata effettuata in (OMISSIS) in data 22.7.2010 con consegna a mani del plico alla figlia convivente (stante l’assenza della destinataria), come risultava dall’attestazione dell’ufficiale giudiziario procedente e come era comprovato mediante il deposito della relata all’udienza del 11.7.2011, conseguendone che l’ordine di rinnovazione adottato in pari data era illegittimo ed il contraddittorio doveva ritenersi regolarmente instaurato.

Il motivo è infondato.

Non è in discussione che la prima notifica dell’appello nei confronti della m. non sia andata a buon fine e che la Corte distrettuale abbia ordinato una seconda notifica della citazione e del decreto di differimento della prima udienza, effettuata in (OMISSIS).

Gli appellanti hanno depositato la raccomandata informativa diretta alla m. per renderla edotta della consegna dell’atto di appello alla figlia convivente ma il giudice di merito ha ritenuto indispensabile la produzione dell’avviso di ricevimento del plico raccomandato con la copia dell’appello e l’indicazione degli adempimenti svolti, ed ha quindi assegnato un nuovo termine per integrare il contraddittorio con ordinanza del 7.11.2011.

La rinnovazione della notifica dell’impugnazione non è stata effettuata e l’impugnazione è, per tale ragione, stata dichiarata inammissibile dell’art. 331 c.p.c..

Sostengono tuttavia i ricorrenti che la prova di aver ottemperato a quanto disposto con l’ordinanza del 7.11.2011 era data dalla certificazione dell’ufficiale giudiziario attestante l’avvenuta consegna del plico raccomandato a mani della figlia di m.c., ma, come è evidenziato dagli stessi ricorrenti, trattasi della medesima missiva di cui la Corte di cui è dato atto nella sentenza impugnata e quindi della raccomandata informativa di cui della L. n. 890 del 1982, art. 7, u.c., il cui deposito non poteva sopperire alla mancata produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento dell’appello con le annotazioni volte a documentare gli adempimenti prescritti del medesimo art. 7, comma 4.

Detto avviso, quale parte integrante della relata di notifica, costituisce, ai sensi della L. n. 890 del 1982, art. 4, comma 3, il solo documento idoneo a provare sia l’intervenuta consegna del plico con la relativa data, sia l’identità della persona alla quale la consegna è stata eseguita e che ha sottoscritto l’avviso.

La sua mancata produzione non consente di verificare il perfezionamento e la validità del procedimento notificatorio e l’espletamento degli adempimenti di legge.

Pertanto, in mancanza della prova della regolare effettuazione della seconda notifica, occorreva procedere alla rinnovazione, così come ordinato nuovamente dal Collegio e poichè gli appellanti non vi hanno ottemperato, correttamente è stata dichiarata l’inammissibilità dell’appello (Cass. 891/2016; Cass. 26889/2008; Cass. 24852/2006), non potendosi concedere un ulteriore termine per regolarizzare il contraddittorio. Difatti, quando il giudice abbia ordinato l’integrazione del contraddittorio in causa inscindibile e la parte onerata non vi abbia provveduto, ovvero vi abbia ottemperato +solo parzialmente, l’assegnazione di un nuovo termine equivarrebbe alla concessione di una proroga di quello precedentemente fissato, in espressa violazione dell’art. 153 c.p.c., fatta salva la sola possibilità che la richiesta di parte sia tempestivamente presentata prima della scadenza di quello già concesso e si fondi sull’esistenza, idoneamente comprovata, di un fatto non imputabile all’interessato (Cass. 6982/2016; Cass. 25860/2008).

Nessun rilievo poteva poi assumere la notifica effettuata agli eredi della m. nel febbraio 2013, poichè a quella data era già maturata la causa di inammissibilità dell’impugnazione.

2. Il secondo motivo censura – letteralmente – la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver la Corte omesso di pronunciare sul motivo di appello con cui era stata censurata la pronuncia di estinzione adottata dal tribunale, a causa della tardiva riassunzione del giudizio di primo grado.

Il terzo motivo censura la violazione degli artt. 102,111 e 354 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, nonchè l’omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, lamentando che la sentenza abbia dichiarato la carenza di legittimazione passiva di Pa.Ma., per aver ceduto l’immobile di sua proprietà prima del giudizio, non considerando che l’azione era stata proposta nei confronti del condominio allorquando il Pa. era ancora proprietario e che questi non era stato evocato in causa sin dall’inizio solo perchè non era ancora noti i nominativi di tutti i condomini.

Il quarto motivo censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 101,102 e 354 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che, ove pure il Pa. avesse alienato l’immobile prima del giudizio, la Corte distrettuale avrebbe dovuto rimettere la causa in primo grado in modo da consentire la chiamata degli effettivi legittimati.

Il quinto motivo censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 346 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, contestando alla Corte di merito di aver ritenuto inammissibile l’appello per non esser state riproposte le domande di merito, non considerando che la causa doveva esser rimessa in primo grado, essendo superfluo ottemperare a quanto disposto dall’art. 346 c.p.c.. I quattro motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono assorbiti, poichè, per effetto del rigetto del primo motivo, è divenuta definitiva la pronuncia di inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 331 c.p.c., ed è quindi superfluo scrutinare le altre doglianze, non potendosi comunque pervenire alla cassazione della sentenza.

Il ricorso è quindi respinto, con aggravio di spese come da liquidazione in dispositivo.

Non sussistono i presupposti per la condanna dei ricorrenti al risarcimento del danno che Pe.An.Ro., Pe.Gi., Pe.St. hanno introdotto ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 1, poichè, a differenza di quanto disposto dal comma 3 della predetta disposizione e dall’art. 385 c.p.c., comma 4 (applicabile al presente giudizio in quanto proposto prima della L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 20), occorreva la prova del concreto pregiudizio patito dalle parti e l’allegazione della natura del danno, in mancanza dei quali la condanna è preclusa (Cass. 28658/2017; Cass. 19285/2016).

Sussistono le condizioni per dichiarare che i ricorrenti sono tenuti a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali, pari a complessivi Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2900,00 a titolo di compenso in favore del Condominio (OMISSIS), D.A., P.D., M.F., Br.An.Ma., C.C., S.C., Pe.Ma., Ma.Ma.Te., G.V., Pa.Ma., Sa.Se., nonchè di complessivi Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2900,00 a titolo di compenso in favore di Pe.An.Ro., Pe.Gi., Pe.St., il tutto oltre ad iva, cnap e rimborso forfettario spese generali, in misura del 15%.

Si dà atto che i ricorrenti sono tenuti a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2019

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