Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19820 del 23/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 23/07/2019, (ud. 12/06/2019, dep. 23/07/2019), n.19820

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRISCARI G. – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al numero 12675 del ruolo generale dell’anno

2017, proposto da:

L.G., in persona del legale rappresentante pro tempore,

e GREENYARD FRESH ITALY s.r.l.- già UNIVEG TRADE ITALIA s.r.l.- in

persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e

difese, giusta procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv.to

Gregorio Leone e dall’avv.to Lorenza Roberta Leone elettivamente

domiciliate presso lo studio (Salustri e Associati) di quest’ultima,

in Roma alla Via Luigi Luciani n. 42;

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore pro

tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale dell’Emilia-Romagna n. 2981/11/2016, depositata in data 14

novembre 2016, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12 giugno 2019 dal Relatore Cons. Dott.ssa Putaturo Donati Viscido

di Nocera Maria Giulia.

Fatto

RILEVATO

che:

– la società di diritto francese L.G. importò nel 2007 una partita di aglio dalla Cina usufruendo di un trattamento daziario agevolato nell’ambito dei contingenti stabiliti in sede comunitaria (c.d. contingente GATT), essendo titolare dei certificati AGRIM utili alla fruizione dell’agevolazione;

– con avviso di rettifica dell’accertamento Prot. n. 12094/2010, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, in relazione alla predetta operazione, richiese alla L.G.- in solido con la Univeg Trade Italia s.r.l. (incorporante Univeg Import Italia s.r.l).- maggiori

diritti doganali a seguito del disconoscimento del trattamento daziario agevolato; l’Ufficio ritenne che le contribuenti avessero aggirato il regime di contingentamento imposto dalla disciplina dell’Unione Europea mediante un meccanismo fraudolento, realizzato attraverso la vendita allo stato estero della partita di aglio da Univeg Import Italia s.r.l. a L.G., che fungeva da società di comodo, e la rivendita della merce da L. ad Univeg dopo l’assolvimento delle formalità doganali; in tal modo – secondo la contestazione – Univeg, effettiva società importatrice, utilizzando i titoli AGRIM di L.G., aveva acquistato i prodotti per quantità superiori a quelle ad esse spettanti nell’ambito del contingentamento senza il pagamento dei maggiori diritti di confine;

– la L.G. e Univeg Trade Italia s.r.l. – impugnarono l’avviso di rettifica e la Commissione tributaria provinciale di Ravenna, con sentenza n. 236/02/12, accolse il ricorso;

– avverso la sentenza di primo grado, l’Agenzia delle dogane propose appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna che, con la sentenza n. 2981/11/2016, depositata in data 14 novembre 2016, lo accolse, osservando che: 1) in mancanza di prova di un compenso provvigionale, non poteva ritenersi provata l’esistenza di un contratto di commissione fra Univeg Import Italia e L.G., nè, stante la regolazione per compensazione del corrispettivo di cui alle fatture di vendita, v’era prova dell’effettivo pagamento della merce; 2) anche a volere ritenere sussistente un contratto di commissione, lo stesso era stato concluso in frode alla legge, secondo quanto già affermato dalla Corte di giustizia nella sentenza del 13 marzo 2014, causa C-155/13, dovendosi ravvisare nella Univeg Import Italia s.r.l. -quale dominus della complessiva transazione commerciale- l’effettivo importatore dei prodotti a dazio agevolato, con violazione del divieto di trasferimento dei titoli di importazione;

– avverso la sentenza, L.G. e Greenyard Fresh Italy s.r.l.- già Univeg Trade Italia s.r.l.- propongono ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resiste, con controricorso, l’Agenzia delle dogane;

– le società ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380 bis n. 1. c.p.c.;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c, comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo, le ricorrenti denunciano, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione dell’art. 2697 c.c.e degli artt. 1242,1250,1730 e 1731 c.c. per avere la CTR erroneamente ritenuto non provato il contratto di commissione -peraltro non rilevante sotto il profilo della configurazione dell’abuso di diritto- così come il pagamento del prezzo dell’aglio da parte di Univeg Trade Italia s.r.l a L.G., benchè ciò fosse documentalmente evincibile dagli atti prodotti sin dal primo grado di giudizio;

– con il secondo motivo, le ricorrenti denunciano, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 3, par. 3, del Reg. CE n. 565 del 2002 e del principio dell’abuso del diritto, come configurato dalla Corte di giustizia, nella sentenza del 13 marzo 2014, causa C-155/13, e dalla giurisprudenza di legittimità, per avere la CTR, nell’accogliere l’appello dell’Agenzia delle dogane, ravvisato erroneamente nel meccanismo in questione- che secondo la prospettazione delle società contribuenti, era consistito nell’acquisto dell’aglio da parte dell’importatore minore L.G. direttamente dalla Cina e nella rivendita della merce all’importatore Univeg Trade Italia s.r.l. dopo lo sdoganamento- una pratica abusiva, senza verificare la sussistenza dell’elemento oggettivo e di quello soggettivo richiesti congiuntamente dalla normativa comunitaria;

– il secondo motivo è fondato nei termini di seguito indicati, con assorbimento del primo;

– questa Corte ha già affermato (Cass. n. 8041 del 2017; n. 2067; 2068 e 2069 del 2017) che “in applicazione dei principi rivenienti dalla sentenza della corte di giustizia dell’UE del 14 aprile 2016, causa C131/14, Cervati e Malvi, se in via astratta di principio il diritto dell’UE (e, in particolare, le norme rilevanti ivi indicati dei regolamenti 565/2002 e 2988/95) non osta a un meccanismo mediante il quale un importatore tradizionale, che non disponga di un titolo nell’ambito del contingente GATT, si rivolga a un altro operatore comunitario che, acquistata la merce da un fornitore extracomunitario, la ceda allo stato estero ad altro importatore il quale, senza trasferire il proprio titolo, immetta la merce nel mercato dell’UE e poi la rivenda all’importatore tradizionale, compete in ogni caso al giudice nazionale verificare in concreto che detto meccanismo non si connoti come abuso del diritto. Va dunque verificato: a) che, anzitutto, il meccanismo, dal punto di vista dell’elemento oggettivo, non comporti un’influenza indebita di un operatore sul mercato e, in particolare, un’elusione, da parte degli importatori tradizionali, del divieto di superamento di quantità superiore alla quantità di riferimento dell’importatore di cui trattasi; che non comporti violazione dell’obiettivo secondo cui le domande di titoli devono essere connesse ad un’attività commerciale effettiva, e non meramente apparente; che ogni fase del meccanismo si svolga a fronte di un prezzo corrispondente al prezzo di mercato (in tal senso ogni operatore coinvolto deve percepire una remunerazione adeguata per l’importazione, la vendita o la rivendita della merce di cui trattasi, che gli consenta di mantenere la posizione assegnatagli nell’ambito della gestione del contingente); che l’importazione a dazio agevolato venga effettuata mediante titoli legalmente ottenuti dal loro intestatario; b) in secondo luogo, una volta accertato il sussistere dell’elemento oggettivo sub a), in relazione all’esigenza che sussista l’elemento soggettivo di conferire al secondo acquirente nell’unione un vantaggio indebito: che l’importazione sia stata finalizzata a conferire un tale vantaggio indebito a detto secondo acquirente; che le operazioni siano prive di qualsiasi giustificazione economica e commerciale per l’importatore nonchè per gli altri operatori intervenuti nel meccanismo (dato riscontrabile dal giudice nazionale, ad esempio, a seconda se il prezzo di vendita della merce sia fissato o meno a un livello tale da permettere o meno all’importatore e agli altri operatori intervenuti nel meccanismo di trarre un guadagno considerato normale o abituale, nel settore interessato, per il tipo di merce e di operazione in questione)”;

– nella specie, la CTR non si è attenuta ai suddetti principi, in quanto si è arrestata al rilievo della mancanza di prova scritta di un contratto di commissione, senza svolgere una compiuta indagine in ordine alla ricorrenza dell’elemento sia oggettivo sia soggettivo alla luce dei criteri valutativi di matrice giurisprudenziale unionale;

– in conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso nei sensi di cui in motivazione; assorbito il primo; con cassazione della sentenza impugnata e rinvio anche per le spese del giudizio di legittimità alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, in diversa composizione, per un riesame della vicenda alla luce dei principi sopra enunciati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso nei sensi di cui in motivazione, assorbito il primo; cassa l’impugnata sentenza e rinvia

alla Commissione tributaria regionale della Emilia-Romagna, in diversa composizione, anche per il governo delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 12 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2019

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