Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19819 del 26/07/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 19819 Anno 2018
Presidente: SCALDAFERRI ANDREA
Relatore: SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

ORDINANZA
sul ricorso 26533-2017 proposto da:
MENA CALDERIN DIANELYS, elettivamente domiciliata in
ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE CARNABUCI;
– ricorrente contro
MINISTERO DELL’INTERNO, PREFETTO DELLA
PROVINCIA DI CATANIA, QUESTORE DELLA PROVINCIA
DI CATANIA;

intimati

avverso l’ordinanza n. 757/2017 del GIUDICE DI PACE di
CATANIA, depositata il 20/09/2017;

Data pubblicazione: 26/07/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 15/05/2018 dal Consigliere Dott. MARIA
GIOVANNA C. SAMBITO.
FATTI DI CAUSA
Il Giudice di Pace di Catania, con ordinanza del 20

provvedimento di espulsione adottato il 5.5.2017 nei confronti
di Mena Calderin Dianelys, osservando che la stessa non era
titolare di permesso di soggiorno e che la presentazione di
istanza per il riconoscimento della protezione internazionale
non ostava all’emanazione del decreto di espulsione, in quanto,
in caso di suo accoglimento, la richiedente non sarebbe stata
rimpatriata ma accolta in apposito centro. Mena Calderin
Dianelys ricorre sulla base di un motivo. La Prefettura non ha
svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in
forma semplificata.
2. Il ricorso, con cui si deduce la violazione del D.Lgs. n.
25 del 2008, art. 7, è fondato. 3. In base a tale norma, infatti,
chi abbia proposto domanda di asilo è autorizzato a rimanere
nel territorio dello Stato, ai fini esclusivi della procedura, fino
alla decisione della commissione territoriale sulla domanda
(pur con la salvezza delle ipotesi di cui al co 2, del citato art. 7
non ravvisate, però, nella specie). Ed, infatti, secondo la
giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea
(sentenza 30 maggio 2013, C-534/11, Arslan) secondo cui: a)
l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2008/115/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008,
recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati
membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è
Ric. 2017 n. 26533 sez. M1 – ud. 15-05-2018
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settembre 2017, ha rigettato l’opposizione avverso il

irregolare, in combinato disposto con il considerando 9 di
quest’ultima, deve essere interpretato nel senso che tale
direttiva non è applicabile al cittadino di un paese terzo che ha
presentato una domanda di protezione internazionale ai sensi
della direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1° dicembre 2005,

membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di
rifugiato, e ciò durante il periodo che intercorre tra la
presentazione di tale domanda e l’adozione della decisione
dell’autorità di primo grado che si pronuncia su tale domanda
o, eventualmente, fino all’esito del ricorso che sia stato
proposto avverso tale decisione; b) la direttiva 2003/9/CE del
Consiglio, del 27 gennaio 2003, recante norme minime relative
all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri, e la
direttiva 2005/85 non ostano a che il cittadino di un paese
terzo, che abbia presentato una domanda di protezione
internazionale ai sensi della direttiva 2005/85 dopo che sia
stato disposto il suo trattenimento ai sensi dell’articolo 15 della
direttiva 2008/115, continui ad essere trattenuto in base ad
una norma del diritto nazionale qualora appaia, in esito ad una
valutazione individuale di tutte le circostanze pertinenti, che
tale domanda è stata presentata al solo scopo di ritardare o
compromettere l’esecuzione della decisione di rimpatrio e che è
oggettivamente necessario che il provvedimento di
trattenimento sia mantenuto al fine di evitare che l’interessato
si sottragga definitivamente al proprio rimpatrio.
4. Il riferimento al “periodo che intercorre tra la
presentazione di tale domanda e l’adozione della decisione
dell’autorità … che si pronuncia su tale domanda”, da una
parte, e la possibilità di disporre il trattenimento del
richiedente, sottoposto a procedure di rimpatrio ed
Ric. 2017 n. 26533 sez. MI – ud. 15-05-2018
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recante norme minime per le procedure applicate negli Stati

allontanamento (art. 15 della Direttiva 2008/115), in ipotesi di
ritenuta presentazione strumentale da parte sua della
domanda di protezione inducono a concludere che il principio,
secondo cui il richiedente asilo ha diritto a rimanere nel
territorio dello Stato in pendenza di esame di tale sua

presentata dopo l’emissione di provvedimento di espulsione,
ferma restando la possibilità, in concorso con gli altri
presupposti, di disporre il suo trattenimento.
5. Il che comporta che sussiste il divieto di espulsione e
dunque l’erroneità del provvedimento del Giudice di Pace, che
non risulta giustificato dal fatto che la presentazione della
domanda sia avvenuta in pendenza del presente giudizio.
6. La pronuncia impugnata va cassata, restando assorbita
ogni altra questione e, non occorrendo ulteriori accertamenti di
merito, la causa va decisa nel merito, con l’annullamento del
decreto di espulsione. 7. Le spese seguono la soccombenza e si
liquidano, in favore dell’Erario ex art 133, TU n. 115 del 2002,
come da dispositivo.
PQM
accoglie il ricorso cassa il provvedimento impugnato, e
decidendo nel merito, annulla il decreto di espulsione;
condanna il Prefetto al pagamento delle spese, che si liquidano,
in favore dell’Erario, quanto al giudizio di primo grado in C
1.000,00, oltre a spese prenotate a debito, e quanto al
presente giudizio di legittimità in C 2.050,00, oltre a spese
prenotate a debitocoltre accessoci].
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2018.

domanda, non soffra eccezione allorchè la stessa sia stata

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