Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19819 del 23/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 23/07/2019, (ud. 12/06/2019, dep. 23/07/2019), n.19819

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRISCARI G. – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al numero 1347 del ruolo generale dell’anno

2017, proposto da:

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore pro

tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

Contro

Mazzoni s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al

controricorso, dall’Avv.to Angelo Osnato e dall’Avv.to Alessandro

Alessandri, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’ultimo

difensore, in Roma Via G. Antonelli n. 50;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale dell’Emilia-Romagna n. 1943/10/2016, depositata in data 11

luglio 2016, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12 giugno 2019 dal Relatore Cons. Dott.ssa Putaturo Donati Viscido

di Nocera Maria Giulia.

Fatto

RILEVATO

che:

-con sentenza n. 1943/10/2016, depositata in data 11 luglio 2016, la Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna ha respinto l’appello proposto dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli nei confronti di Mazzoni s.p.a., avverso la sentenza n. 185/05/2012 della Commissione tributaria provinciale di Ferrara, che, accogliendo il ricorso proposto dalla suddetta società, aveva annullato l’avviso di rettifica di accertamento notificatole per il recupero di diritti doganali evasi, con il quale le era stato contestato l’indebito impiego dei titoli AGRIM di cui era titolare in relazione all’importazione, risalente al 2007, di partite di aglio di provenienza cinese e argentina;

– la CTR ha ritenuto che l’avviso fosse nullo in quanto notificato anteriormente alla scadenza del termine dilatorio di sessanta giorni di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, norma posta a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale ed espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente, applicabile anche nell’ipotesi di contestazione di fattispecie elusive, soprattutto in materia di tributi armonizzati in sede Europea;

– avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle dogane propone ricorso per cassazione affidato a un motivo, cui resiste, con controricorso, la società contribuente;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con l’unico motivo, la ricorrente lamenta in primo luogo che la CTR abbia ritenuto applicabile alla fattispecie in esame la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, nonostante l’operatività in ambito doganale dello jus speciale di cui al D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11 (rilevante, nella specie, nella versione ante novella di cui al D.L. n. 1 del 2012) ed, in ogni caso, che abbia ritenuto che la mera violazione del principio del contraddittorio comportasse la invalidità dell’atto impositivo, senza verificare se- trattandosi di un controllo a posteriori di tipo documentale sull’origine e sulla tipologia delle merci importate- la contribuente avesse assolto alla c.d. “prova di resistenza” dimostrando che il rispetto di tale principio avrebbe condotto ad un risultato diverso e così dando la prova di un pregiudizio concreto del proprio diritto di difesa;

– vanno, preliminarmente, disattese le eccezioni, sollevate dalla contribuente nel controricorso, di inammissibilità del motivo per difetto di specificità e per novità della deduzione inerente l’inapplicabilità in materia doganale della citata L. n. 212 del 2000, art. 12 comma 7, non svolta in sede di merito; la censura individua infatti chiaramente l’error in iudicando in cui la CTR sarebbe incorsa ed attiene ad una questione che ha formato sicuro oggetto di dibattito nel corso del giudizio di merito, la cui soluzione non richiede nuovi accertamenti in fatto: si tratta dunque di questione che, in virtù del principio furia novit curia, potrebbe, in tesi, essere decisa da questa Corte anche sulla scorta di ragioni di diritto diverse da quelle illustrate dalle parti e rispetto alla quale non era precluso alla ricorrente di prospettare nuovi argomenti giuridici (fra molte, Cass. n. 10095 del 2004, n. 11655 del 2006, 17957 del 2013, 26906 del 2014);

– il motivo è fondato;

– questa Corte ha infatti ripetutamente affermato che, in tema di avvisi di rettifica in materia doganale, è inapplicabile la L. 20 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, operando in tale ambito lo jus speciale di cui al D.Lgs. 8 novembre 1990, n. 374, art. 11, preordinato a garantire al contribuente un contraddittorio pieno in un momento comunque anticipato rispetto all’impugnazione in giudizio del detto avviso (Cass. n. 2214 del 2019; n. 23669 del 2018; Cass. 15032 del 2014); in particolare, nelle sentenze n. 23669 del 2018 e n. 8835 del 2019, questa Corte ha, da ultimo, precisato come la disciplina di cui al citato D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11 – nel testo, applicabile ratione temporis, non ancora novellato dal D.L. n. 1 del 2012, convertito dalla L. n. 27 del 2012 sia stata promossa dalla Corte di giustizia, da ultimo, con la sentenza del 20 dicembre 2017, causa C- 276/16, Preqù-Italia, secondo cui “il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi deve essere interpretato nel senso che i diritti della difesa del destinatario di un avviso di rettifica dell’accertamento, adottato dall’autorità doganale in mancanza di una previa audizione dell’interessato, non sono violati se la normativa nazionale che consente all’interessato di contestare tale atto nell’ambito di un ricorso amministrativo si limita a prevedere la possibilità di chiedere la sospensione dell’esecuzione di tale atto fino alla sua eventuale riforma rinviando all’art. 244 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario, come modificato dal regolamento (CE) n. 2700/2000 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2000, senza che la proposizione di un ricorso amministrativo sospenda automaticamente l’esecuzione dell’atto impugnato, dal momento che l’applicazione dell’art. 244, comma 2, di detto regolamento da parte dell’autorità doganale non limita la concessione della sospensione dell’esecuzione qualora vi siano motivi di dubitare della conformità della decisione impugnata con la normativa doganale o vi sia da temere un danno irreparabile per l’interessato”, sicchè “la violazione del diritto di essere ascoltati determina l’annullamento del provvedimento adottato al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso”;

– il ricorso va in conclusione accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa, per l’esame delle questioni rimaste assorbite, alla Commissione tributaria regionale della Emilia- Romagna, in diversa composizione, che liquiderà anche le spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 12 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2019

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