Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19817 del 17/09/2010

Cassazione civile sez. III, 17/09/2010, (ud. 06/05/2010, dep. 17/09/2010), n.19817

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 10944/2009 proposto da:

COMUNE DI PIAZZA ARMERINA in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LIVIO TEMPESTA 37, presso lo

studio dell’avvocato SANTORO PIETRO, rappresentato e difeso

dall’avvocato LA MALFA V. MASSIMILIANO, giusta Delib. G.M. 6 aprile

2009, n. 65 e giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.S., C.V., C.G.,

C.A., C.M., elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA DEI MARTIRI DI BELFIORE 2, presso lo studio dell’avvocato

COLETTI PIERFILIPPO, rappresentati e difesi dall’avvocato LIGGIERI

Norberto, giusta procura a margine dell’atto introduttivo del

giudizio;

– controricorrenti –

e contro

B.S., G.L., D.C.E.

D., D.C.G.L.M.D., D.C.N.

(deceduto);

– intimati –

avverso la sentenza n. 67/2008 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA

del 21.2.08, depositata l’11/03/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/05/2010 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELLA LANZILLO.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA.

La Corte:

 

Fatto

PREMESSO IN FATTO

Il giorno 23 marzo 2010 è stata depositata in Cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.:

“1.- Con sentenza n. 67/2008 la Corte di appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di Enna che, in accoglimento delle domande proposte da S., V., M., G. e C.A., D.C. N. e B.S., ha condannato il Comune di Piazza Armerina a risarcire i danni provocati ai terreni di proprietà degli attori tramite l’esecuzione dei lavori di costruzione di una strada.

Il Comune propone quattro motivi di ricorso per cassazione.

Resistono i C. con controricorso.

Gli intimati B. e D.C. non hanno presentato difese.

2.- Va preliminarmente rilevato che il ricorso non è stato notificato a D.C.N., che dalla relazione di notifica al procuratore domiciliatario risulta essere deceduto. Nè la notificazione è stata rinnovata nei confronti degli eredi.

Non occorre tuttavia disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti della parte non intimata, non essendo ravvisabili gli estremi del litisconsorzio necessario fra gli intimati.

Le domande di risarcimento da essi proposte riguardano infatti i danni subiti dagli appezzamenti di terreno di proprietà individuale, a causa del comportamento del Comune.

Trattasi cioè di domande diverse e fra loro autonome, pur se proposte nel medesimo processo contro la stessa parte.

3. – Il primo motivo – con cui il ricorrente lamenta nullità della sentenza ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ. e art. 360 cod. proc. civ., n. 4, poichè la Corte di appello non avrebbe preso in esame la sua censura circa la mancata prova dello snaturamento della consulenza tecnica di ufficio, utilizzata dal Tribunale per accertare che i danni sono stati effettivamente arrecati dal Comune convenuto – è inammissibile.

Il ricorrente non ha dimostrato di avere tempestivamente eccepito nella competente sede di merito di non essere autore dei lavori che hanno arrecato i danni, indicando nel ricorso in quali atti avrebbe sollevato la suddetta eccezione, come prescritto a pena di inammissibilità, in virtù del principio di autosufficienza (cfr.

Cass. civ. 16 aprile 2003 n. 6055; 17 gennaio 2007 n. 978).

4.- Il secondo e il terzo motivo, con cui si denuncia la nullità della sentenza per violazione degli art. 163, 164, 184 cod. proc. civ. e art. 74 disp. att. cod. proc. civ., comma 4, sono manifestamente infondati.

Il ricorrente assume che la Corte di appello ha omesso di rilevare la nullità dell’atto di citazione in primo grado per indeterminatezza dell’oggetto, nullità derivante dal fatto che gli attori non hanno specificato la natura e l’entità dei danni di cui chiedevano il risarcimento, se non facendo richiamo ad una consulenza di parte, che per di più non sarebbe stata prodotta contestualmente all’atto di citazione, ma in data successiva, non risultando la certificazione del cancelliere circa la data dell’avvenuto deposito.

Per contro, correttamente ha deciso la Corte di appello che l’atto di citazione era valido e completo ad ogni effetto, ben potendo il suo contenuto essere integrato dalla consulenza di parte, allegata come documento, quanto alla descrizione della natura e dell’entità dei danni: consulenza che peraltro la Corte rileva essere stata confermata in tutto e per tutto dalla relazione del consulente di ufficio.

La consulenza di parte risulta allegata all’atto di citazione e la Corte di appello – nel verificare la ritualità della costituzione in giudizio delle parti – ha implicitamente confermato che essa è stata ritualmente prodotta.

5.- Con il quarto motivo il ricorrente lamenta nullità della sentenza ed illogicità della motivazione, nella parte in cui è stata emessa a suo carico condanna al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ., senza che le controparti avessero dimostrato i presupposti della responsabilità, nè la natura ed entità dei pretesi danni.

5.1.- Il motivo è manifestamente infondato.

La Corte di appello ha ampiamente motivato sia in ordine alla sussistenza dei presupposti per la condanna (dolo o colpa grave), sia quanto all’esistenza e all’entità dei danni, che ha desunto dalle nozioni di comune esperienza, richiamando anche il principio, ora costituzionalizzato, della ragionevole durata del processo, secondo cui, nella normalità dei casi, ingiustificate condotte processuali causano – oltre ai danni patrimoniali insiti nelle spese di lite, mai del tutto ripianate dalla condanna della controparte al rimborso – anche danni di natura psicologica, da liquidarsi equitativamente.

Tali principi si uniformano a quelli più volte enunciati da questa Corte, secondo cui la condanna ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ., può essere pronunciata anche di ufficio, ove i relativi presupposti siano desumibili dalle risultanze processuali (Cass. civ. Sez. 1^, 9 settembre 2004 n. 18169; Cass. civ. Sez. Lav. 27 novembre 2007 n. 24645).

4.- Propongo che il ricorso sia rigettato, con procedimento in Camera di consiglio” – La decisione è stata comunicata al Pubblico Ministero e ai difensori delle parti.

Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Il Collegio, all’esito dell’esame del ricorso, ha condiviso la soluzione e gli argomenti esposti nella relazione.

2.- Il ricorso deve essere rigettato.

3.- Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione in favore defila parte costituita, spese liquidate complessivamente in Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1.500,00 per onorari; oltre al rimborso delle spese generale ed agli accessori previdenziali e fiscali di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 6 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2010

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