Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19816 del 23/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 23/07/2019, (ud. 25/06/2019, dep. 23/07/2019), n.19816

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 9956/2018 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato.

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE PUL MATT SRL.

– intimata Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

del Lazio, sezione n. 16, n. 5564/16/17, pronunciata il 10/07/2017,

depositata il 26/09/2017.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 25 giugno 2019

dal Consigliere Dott. Guida Riccardo;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale De Renzis Luisa, che ha concluso chiedendo il rigetto del

ricorso;

uditi l’avv. Mattia Cherubini e l’avv. Fabrizio Di Rubbo per

l’Avvocatura Generale dello Stato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Immobiliare Pul. Matt. Srl impugnò innanzi alla CTP di Roma la cartella di pagamento che recuperava a tassazione maggiore IRES, per l’annualità 2007, per effetto del mancato riconoscimento del credito d’imposta derivante dalla detrazione del 55% per spese relative ad interventi di riqualificazione energetica di edifici, prevista dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 344 e s.s. (Finanziaria 2007).

2. La CTP di Roma, con sentenza n. 10625/2016, dichiarò inammissibile il ricorso; tale decisione è stata riformata dalla CTR del Lazio che, con la sentenza in epigrafe, ha accolto l’appello della società.

3. La Commissione ha premesso che il beneficio fiscale, introdotto dalla legge finanziaria 2007, finalizzato ad incentivare il risparmio energetico su scala nazionale, è stato disciplinato dal D.M. 19 luglio 2007, art. 2, comma 1, lett. b), secondo cui la detrazione spetta “ai soggetti titolari di reddito d’impresa che sostengono le spese per la esecuzione degli interventi di cui al predetto art. 1, commi da 2 a 5, sugli edifici esistenti, su parti di edifici esistenti o su unità immobiliari esistenti di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, posseduti o detenuti.”.

L’agevolazione persegue un obiettivo generalizzato, sia oggettivo (unità immobiliari di qualsiasi categoria catastale) sia soggettivo (persone fisiche, imprenditori e non, società o enti titolari di reddito d’impresa), ed è condizionata solo al puntuale rispetto di alcuni adempimenti formali e sostanziali, atti a certificare che l’intervento eseguito determini un effettivo risparmio energetico, senza la previsione di eccezioni (a parte la materia della locazione finanziaria).

Alla società contribuente spetta la detrazione in quanto essa ha dimostrato di avere osservato le disposizioni normative sostanziali e formali sottese al riconoscimento del bonus fiscale.

4. L’Agenzia ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione di questa sentenza; la società è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’omesso rilievo dell’inammissibilità dell’appello, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1, l’Agenzia censura la sentenza impugnata per non avere dichiarato l’inammissibilità del gravame a causa dell’assenza, nel medesimo atto, di “motivi specifici” in grado di esprimere una critica puntuale e precisa della ratio decidendi della pronuncia di primo grado.

1.1. Il motivo è infondato.

A prescindere dalla prospettabile inammissibilità della doglianza, che non pare soddisfare pienamente il requisito dell’autosufficienza, limitandosi a riprodurre un passo dell’atto di gravame, del quale si assume l’inammissibilità, sicchè questa Corte non è posta nella condizione di valutare appieno il tenore dei motivi d’appello, al fine di apprezzarne compiutamente la specificità o meno; è, comunque, il caso di rammentare che, nel processo tributario, la sanzione di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi, prevista dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 11, deve essere interpretata restrittivamente, in conformità dell’art. 14 preleggi, trattandosi di disposizione eccezionale che limita l’accesso alla giustizia, dovendosi consentire, ogni qual volta nell’atto sia comunque espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado, l’effettività del sindacato sul merito dell’impugnazione (Cass. 15/01/2019, n. 707).

Nella fattispecie concreta, dalla lettura del passo dell’appello della contribuente, frammentariamente trascritto in seno al ricorso per cassazione, si evince, in modo sufficientemente univoco, l’intento d’impugnare la pronuncia di primo grado.

2. Con il secondo motivo, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto della L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 344 e s.s., e del relativo decreto ministeriale attuativo 19/02/2007, l’Agenzia premette che è pacifico in causa che gli immobili per i quali è chiesta l’agevolazione non sono “beni strumentali”, ma sono oggetto dell’attività immobiliare svolta dalla società contribuente.

Assume che la normativa fiscale in materia di riqualificazione energetica è finalizzata a promuovere il miglioramento delle prestazioni energetiche attraverso l’attribuzione di un beneficio che deve essere riferito esclusivamente a coloro che si siano assunti il peso economico della riqualificazione energetica degli immobili, sicchè, per quanto concerne la fruizione della detrazione da parte dei titolari di redditi d’impresa, essa spetta esclusivamente con riferimento ai fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività imprenditoriale.

Tali non sono – secondo la prospettazione erariale – i beni che le società immobiliari concedono in locazione a terzi, dovendosi ragionevolmente ritenere che i costi di riqualificazione energetica degli edifici locati siano posti a carico, almeno parzialmente, dei conduttori.

In conclusione, l’Agenzia censura la sentenza impugnata per avere erroneamente riconosciuto il diritto della contribuente a fruire della detta agevolazione del 55% per interventi di riqualificazione energetica degli immobili oggetto dell’attività d’impresa, consistente nella gestione e locazione dei medesimi cespiti.

2.1. Il motivo è infondato.

E’ il caso di premettere che questa decisione è conforme alle seguenti, altre pronunce emesse da questa Corte, all’esito dell’odierna pubblica udienza, riguardanti la medesima materia del contendere: cause rg. nn. 18614/2017, 14121/2017, 9209/2018, 23507/2018.

2.1.1. La L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 344 e s.s. (Finanziaria 2007), ha previsto che, per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2007, relative ad interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti, spetta una detrazione dall’imposta lorda per una quota pari al 55% degli importi rimasti a carico del contribuente.

Il decreto del ministero dell’economia e delle finanze del 19 febbraio 2007, attuativo di tale articolo, con riferimento ai “soggetti ammessi alla detrazione”, prevede che il bonus del 55% per interventi di risparmio energetico spetti alle persone fisiche, non titolari di reddito d’impresa, (art. 2, comma 1, lett. a) e anche ai soggetti titolari di reddito d’impresa che sostengono le spese per l’esecuzione degli interventi di risparmio energetico sugli edifici esistenti, su parti di edifici esistenti o su unità immobiliari esistenti di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, posseduti o detenuti (art. 2, comma 1, lett. b).

Il comma 2 dell’art. 2 dispone che, nel caso in cui gli interventi di cui al comma 1 siano eseguiti mediante contratti di locazione finanziaria, la detrazione compete all’utilizzatore ed è determinata in base al costo sostenuto dalla società concedente.

Composto il quadro normativo di riferimento, è ovvio che la detrazione d’imposta, ossia il bonus fiscale del 55%, è finalizzata alla riqualificazione energetica degli edifici esistenti e si rivolge ad un’ampia platea di beneficiari (“soggetti ammessi alla detrazione”), siano essi “persone fisiche”, “non titolari di reddito d’impresa”, o “soggetti titolari di reddito di impresa”, incluse le società, con la precisazione che, se gli immobili sui quali è effettuato l’intervento sono concessi a terzi a titolo di leasing, la detrazione è comunque dovuta, ma compete all’utilizzatore anzichè alla società concedente.

2.1.2. L’Agenzia ritiene che, per i redditi d’impresa (inclusi quelli prodotti dalle società), il bonus del 55% spetti solo per gli interventi sui fabbricati strumentali all’attività sociale, mentre dovrebbero rimanere esclusi dall’agevolazione gli “immobili-merce” (o “beni-merce”), categoria nella quale inserisce anche quelli locati a terzi dalle società di gestione immobiliare.

E’ dato rilevare che una simile chiave di lettura è avallata dalla risoluzione 340/E/2008, ove l’Agenzia ha affermato che l’attribuzione del beneficio “per un’interpretazione sistematica è riferibile esclusivamente agli utilizzatori degli immobili oggetto degli interventi”.

Per quanto concerne la fruizione della detrazione da parte delle società e dei titolari di reddito d’impresa – prosegue la risoluzione -, essa compete solo in relazione ai “fabbricati strumentali” utilizzati nell’esercizio dell’attività imprenditoriale (ossia in relazione agli immobili la cui unica destinazione è di essere direttamente impiegati per l’espletamento delle attività tipicamente imprenditoriali, e cioè quelli che, per destinazione, sono inseriti nel complesso aziendale e non sono, quindi, suscettibili di creare un reddito autonomo).

In particolare, per le imprese, condizione per potere fruire della detrazione è che all’intervento di risparmio energetico consegua un’effettiva riduzione dei consumi energetici nell’esercizio dell’attività imprenditoriale, mentre l’agevolazione non può riguardare gli interventi realizzati su beni oggetto dell’attività esercitata, come nel caso degli immobili locati a terzi.

2.1.3. In merito a tale ipotesi ricostruttiva della fisionomia del bonus fiscale, questa Corte rileva, innanzitutto, che la citata risoluzione, sul piano giuridico, è solo un parere formulato dall’Agenzia in risposta ad uno specifico quesito di un contribuente, che non vincola nè il destinatario nè a maggior ragione il giudice, conformemente a quanto stabilito dalle sezioni unite (Cass. sez. un. 2/11/2007, n. 23031) che, con riferimento all”analoga questione della qualificazione giuridica delle circolari dell’Amministrazione finanziaria, hanno precisato che: “La circolare con la quale l’Agenzia delle entrate interpreti una norma tributaria, anche qualora contenga una direttiva agli uffici gerarchicamente subordinati, esprime esclusivamente un parere dell’amministrazione non vincolante per il contribuente (oltre che per gli uffici, per la stessa autorità che l’ha emanata e per il giudice) (…)” (conf.: Cass. 21/03/2014, n. 6699).

Nel caso concreto, la delimitazione del perimetro applicativo della detrazione, che l’Amministrazione finanziaria assume essere coerente con una “interpretazione sistematica” della normativa di settore, a giudizio di questa Corte, innanzitutto, collide con il carattere di “detrazione dall’imposta” proprio del beneficio fiscale, che è estraneo al diverso tema della quantificazione del “reddito imponibile”, che, invece, assiste la linea argomentativa del fisco; in secondo luogo, è incompatibile con l’interpretazione letterale delle norme che introducono l’agevolazione fiscale, senza prevedere alcuna limitazione soggettiva.

Nell’ipotesi in cui l’interpretazione letterale di una norma di legge o di una norma secondaria sia sufficiente ad individuarne, in modo chiaro e univoco, il relativo significato e la connessa portata precettiva, l’interprete non deve ricorrere al criterio ermeneutico sussidiario costituito dalla ricerca, mercè l’esame complessivo del testo, della “mens legis”, specie se, attraverso siffatto procedimento possa pervenirsi al risultato di modificare la volontà della norma sì come inequivocabilmente espressa dal legislatore.

Soltanto qualora la lettera della norma medesima risulti ambigua (e si appalesi altresì infruttuoso il ricorso al predetto criterio ermeneutico sussidiario), l’elemento letterale e l’intento del legislatore, insufficienti in quanto utilizzati singolarmente, acquistano un ruolo paritetico in seno al procedimento ermeneutico, sicchè il secondo funge da criterio comprimario e funzionale ad ovviare all’equivocità del testo da interpretare (in senso conforme: Cass. 4/10/2018, n. 24165, in motivazione; 6/04/2001, n. 5128).

In relazione al bonus fiscale, la ratio legis, che traspare con chiarezza dal testo normativo, il cui contenuto precettivo appare privo di zone d’ombra, consistente nell’intento d’incentivare gli interventi di miglioramento energetico dell’intero patrimonio immobiliare nazionale, in funzione della tutela dell’interesse pubblico ad un generalizzato risparmio energetico, ed è coerente e si salda con il tenore letterale delle norme di riferimento, le quali non pongono alcuna limitazione, nè di tipo oggettivo (con riferimento alle categorie catastali degli immobili), nè di tipo soggettivo (riconoscendo il bonus a “persone fisiche”, “non titolari di reddito d’impresa”, titolari di “reddito d’impresa”, incluse ovviamente le società), alla generalizzata operatività della detrazione d’imposta.

2.1.4. L’art. 12 preleggi enuncia tutti i criteri ermeneutici della legge, primo tra essi quello dell’interpretazione letterale – espressione del principio “in daris non fit interpretatio” -, in base al quale nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse e dall’intenzione del legislatore.

Sono invece strumenti esegetici sussidiari sia quello dell’interpretazione estensiva, che consente l’utilizzazione di norme regolanti casi simili (e non già identici), sia quello dell’interpretazione analogica (analogia legis), che permette l’utilizzazione di norme che disciplinano materie analoghe, ossia istituti diversi aventi solo qualche punto in comune con il caso da decidere (in senso conforme: Cass. 24/07/1990, n. 7494).

Per tale ragione, tornando alla fattispecie concreta, il flebile criterio di “interpretazione sistematica” del beneficio fiscale al quale genericamente allude l’Amministrazione finanziaria nell’esaminata risoluzione non può che essere recessivo rispetto al prioritario canone dell’interpretazione letterale, eventualmente integrato (secondo quanto sopra specificato) da quello dell’intenzione del legislatore.

A conferma della validità dell’interpretazione testuale del dato normativo, rafforzata dall’univoca intenzione del legislatore, si rileva che, senza che ciò comporti alcuna riduzione della platea dei destinatari del beneficio, una norma speciale (come suaccennato) stabilisce che, trattandosi di locazione finanziaria, la detrazione (spettante, giova sottolinearlo, anche in tale ipotesi negoziale, come nella generalità dei casi) non compete alla società concedente, ma all’utilizzatore.

2.1.5. Precisato che non esiste un’analoga norma speciale per le imprese (incluse le società) la cui attività consista nella locazione immobiliare (anzichè nella locazione finanziaria dei medesimi beni), è evidente che, in tale ultima ipotesi (e ciò avviene nella fattispecie concreta), negata l’introduzione, da parte dell’interprete, di distinzioni soggettive svincolate da una solida base testuale, il diritto alla detrazione dall’imposta – senz’altro sussistente – spetta al proprietario/locatore (che, nella locazione tout court, a differenza di quanto di solito accade in materia di leasing, è proprio il soggetto che compie l’intervento migliorativo, sopportandone il costo) e non al conduttore, semprechè, ovviamente, si tratti di “importi rimasti a carico” del locatore e che, quindi, per previsione negoziale, non debbano essere sostenuti dal conduttore medesimo.

L’inserimento nelle norme fiscali in materia di riqualificazione energetica degli immobili, in virtù di un’indefinita “interpretazione sistematica”, di eccezioni e limitazioni alla fruizione generalizzata (sul piano oggettivo e sul piano soggettivo) del bonus del 55% – eccentriche, come si è visto, rispetto all’univoco significato delle disposizioni -, configurerebbe un artificiale fattore ostativo, astrattamente idoneo a depotenziare la volontà del legislatore.

2.1.6. D’altra parte, ad un’identica soluzione si perviene anche ragionando (come mostra di fare l’Amministrazione finanziaria) secondo un’ottica (estranea alla ratio legis del bonus fiscale) di quantificazione del reddito imponibile delle imprese.

Com’è stato evidenziato dalla dottrina, la distinzione, formulata nelle circolari interpretative, tra “immobili strumentali” (destinati, ex art. 43 TUIR, comma 2, alla produzione propria o di terzi), “immobili-merce” (destinati al mercato di compravendita) e “immobili-patrimonio” (destinati al mercato locativo, ai sensi degli artt. 37,90 TUIR), non rileva ex se, ma incide solo sul piano contabile e fiscale.

La citata L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 344, (Finanziaria 2007), come suaccennato (p. 1.1.1.), non mostra alcuna differenza oggettiva e riconosce la detrazione d’imposta per gli interventi di risparmio energetico (consequenziali alla direttiva comunitaria in materia, che, a sua volta, non contiene distinzioni) “per una quota pari al 55% degli importi rimasti a carico del contribuente”.

La L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 20, recepisce le modalità applicative del D.M. n. 19 febbraio 2007, art. 2, comma 1, lett. b), si riferisce, senza distinzioni, ai soggetti titolari di redditi d’impresa.

Il richiamo testuale agli “importi rimasti a carico” potrebbe essere letto secondo una chiave interpretativa diversa da quella sopra indicata (p. 1.1.5.), vale a dire come un indice rivelatore (nel comma 344) del fatto che la detrazione d’imposta spetta nella misura in cui il costo “a monte” non sia altrimenti deducibile.

L’art. 90 TUIR, comma 2, afferma che le spese relative agli “immobili-patrimonio” non sono ammesse in deduzione; ciò che accade perchè, riguardo specificamente ai fabbricati concessi in locazione (non costituenti “beni strumentali” o “beni-merce”), il reddito è determinato, di regola, ponendo a confronto il canone di locazione, ridotto fino a un massimo del 15% dello stesso, e le spese di manutenzione ordinaria (D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1, lett. a), documentate ed effettivamente rimaste a carico (vale a dire non recuperate dagli inquilini).

L’art. 90 TUIR, comma 2, dunque, speciale e derogatorio rispetto al principio generale dell’inerenza dei componenti negativi del reddito, sancisce un divieto assoluto di deducibilità per tutti i componenti negativi relativi agli “immobili-patrimonio”.

Al riguardo, questa Corte, anche di recente, ha precisato che: “In tema di redditi d’impresa, i beni immobili non strumentali nè riconducibili ai beni-merce agli effetti del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 57 (ora art. 90) che prevede l’indeducibilità dei relativi costi ed il concorso alla formazione del reddito secondo la disciplina sui redditi fondiari – vanno individuati in ragione della loro natura e della destinazione all’attività di produzione o di scambio oggetto dell’attività d’impresa. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato la decisione impugnata che aveva escluso la strumentalità di numerosi cespiti appartenenti ad un’impresa commerciale, operante nel settore immobiliare, in quanto locati a terzi, senza approfondire se gli stessi fossero, in tutto o in parte, destinati alla vendita).” (Cass. 25/01/2019, n. 2153).

Nel caso concreto, in ragione dell’indeducibilità delle spese di miglioramento energetico, benchè inerenti e migliorative, il bonus fiscale del 55/0 spetta alla società contribuente, esattamente come spetterebbe ad una persona fisica, non titolare di redditi d’impresa, che nulla può dedurre dalla base imponibile.

2.1.7. In conclusione, deve affermarsi il seguente principio di diritto: “Il beneficio fiscale, consistente in una detrazione dall’imposta lorda per una quota pari al 55% degli importi rimasti a carico del contribuente, di cui all’artt. 1, commi 344 e seguenti, della L. n. 296 del 2006 (Finanziaria 2007) e al decreto del ministero dell’economia e delle finanze del 19 febbraio 2007, per le spese documentate relative ad interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti, spetta anche ai soggetti titolari di reddito d’impresa (incluse le società), i quali abbiano sostenuto le spese per l’esecuzione degli interventi di risparmio energetico su edifici concessi in locazione a terzi.”.

3. Ne consegue il rigetto del ricorso.

4. Nulla occorre disporre sulle spese del giudizio di legittimità, al quale l’intimata non ha partecipato.

5. Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater (Cass. 29/01/2016, n. 1778).

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 25 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2019

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