Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19815 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 19815 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: FILABOZZI ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso 5466-2011 proposto da:
ATAC S.P.A., quale incorporante di TRAMBUS S.P.A.
06342621007, in persona del legale rappresentante pro
..~….”•• •
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI
SCIPIONI 281/283, presso lo studio degli avvocati
GIAMPIERO PROIA e PETRASSI MAURO, che la rappresentano
2013

e difendono giusta delega in atti;
– ricorrente –

1768

contro

FREDALI

ROBERTO

FRDRRT76Al2H501B,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 2, presso lo studio

Data pubblicazione: 28/08/2013

dell’avvocato FARANDA RICCARDO, che lo rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9197/2009 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 23/02/2010 r.g.n. 1200/2008;

udienza del 16/05/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
FILABOZZI;
udito l’Avvocato FARANDA RICCARDO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. COSTANTINO FUCCI, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

- r.g. n. 5466/11
udienza del 16.5.2013

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Roberto Fredali ha chiesto l’accertamento della illegittimità del contratto di formazione e lavoro

conducente di linea di settimo livelloper non avere ricevuto alcuna formazione teorica e pratica
durante il rapporto di lavoro, con conseguente conversione del contratto in contratto ordinario di
lavoro a tempo indeterminato sin dalla stipula del contrato di formazione e lavoro e con il
riconoscimento del diritto al trattamento economico previsto dagli accordi nazionali e dall’accordo
aziendale del 11.7.2000, che ha previsto la corresponsione del compenso denominato “emolumento
di riordino del sistema retributivo”.
Il Tribunale di Roma ha accolto la domanda del ricorrente, respingendo la domanda
riconvenzionale dell’Atac diretta ad ottenere la condanna del lavoratore alla restituzione di quanto
indebitamente percepito a titolo di lavoro straordinario per le ore lavorate dalla 37ma alla 39ma ora
settimanale (il tutto per effetto della contrattazione aziendale ) che aveva previsto la riduzione
dell’orario di lavoro da 39 a 37 ore settimanali e della successiva sentenza della S.C. n. 12661 del
2004, che aveva ritenuto illegittima tale riduzione e ne aveva sancito la nullità); la sentenza del
Tribunale è stata confermata pressoché integralmente dalla Corte d’appello di Roma, che ha accolto
l’appello di Trambus (già Atac) solo per quanto riguarda la decorrenza del rapporto di lavoro a
tempo indeterminato, decorrenza che ha stabilito dal 31.3.2000, ovvero dalla data della stipulazione
del contratto di formazione e lavoro.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la società Atac spa (incorporante la Trambus
spa) affidandosi a tre motivi cui resiste con controricorso Roberto Fredali.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo si denuncia violazione degli artt. 12 disp. gen. In relazione all’art. 3 d.l. n.
726 del 1984, convertito in legge n. 863 del 1984, 115 e 116 c.p.c., nonché vizio di motivazione,
assumendo che un eventuale vizio genetico della causa del contratto di formazione non può essere
idoneo a determinare la conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, non afferendo il
vizio all’adempimento degli obblighi formativi.

stipulato con l’Atac per la durata di 24 mesi con decorrenza dal marzo 2000 e con la qualifica di

ì-

2.- Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 1321 e 1362 e ss. c.c., in relazione
all’accordo collettivo aziendale 11 luglio 2000 ed al verbale di accordo 24 marzo 2005, assumendo
che la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto, quanto alla spettanza dell’ERS – elemento di
riordino del sistema retributivo – che l’accordo d’interpretazione autentica del 24 marzo 2005 – in
base al quale veniva esclusa la corresponsione di detto ERS a coloro i quali, come il Fredali, al
momento della stipula del precedente accordo del 2000 non erano lavoratori subordinati a tempo
indeterminato – aveva natura innovativa.

collettivo nazionale del 12 luglio 1985, nonché degli artt. 112 c.p.c. e 2126 c.c., assumendo che,
stante la nullità, ex sentenza n. 12661 del 2004 di questa Corte, della contrattazione aziendale
(accordo del 18 luglio 1983) – la quale aveva previsto una riduzione dell’orario di lavoro da 39 ore
settimanali a 37 ore – erroneamente la Corte di merito ha ritenuto, facendo applicazione dell’art.
2126 c.c., e l’irripetibilità di quanto corrisposto al Fredali per lavoro straordinario per le ore lavorate
tra la 37″ e la 39″, e l’infondatezza della declaratoria dell’obbligo di prestare per il futuro attività
lavorativa per 39 ore.
4.- Il primo motivo deve ritenersi infondato alla stregua dei principi ripetutamente affermati da
questa Corte – cfr. ex plurimis Cass. n. 20598/2012, nonché Cass. n. 18553/2012, rese in fattispecie
aventi oggetto in tutto analogo a quello della presente controversia – secondo cui in tema di
contratto di formazione e lavoro, l’inadempimento degli obblighi di formazione determina la
trasformazione, fin dall’inizio, del rapporto in rapporto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato, qualora l’inadempimento abbia un’obiettiva rilevanza, concretizzandosi nella totale
mancanza di formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o inadeguata
rispetto agli obiettivi indicati nel progetto di formazione e quindi trasfusi nel contratto. In questa
seconda ipotesi, il giudice deve valutare in base ai principi generali la gravità dell’inadempimento,
giungendo alla declaratoria di trasformazione del rapporto (vedi per tutte Cass. n. 2247/2006, Cass.
n. 15308/2004, Cass. n. 19846/2004).
La sentenza impugnata che, sul rilievo della totale mancanza di formazione durante il periodo del
contratto di formazione e lavoro – l’unico momento formativo atteneva ad un periodo antecedente
l’assunzione con contratto di formazione e relativo al diverso rapporto instaurato tra le parti a
seguito di un contratto per prestazioni di lavoro temporaneo, stipulato nel settembre 1999, che già
aveva visto il Fredali ottenere l’inquadramento nel sesto livello del c.c.n.l. -, ha dichiarato la
trasformazione del rapporto di lavoro è, pertanto, corretta in diritto.
5.- Anche il secondo motivo deve ritenersi infondato.

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3.- Con il terzo motivo la società si duole della violazione del c.c.n.l. 23 luglio 1976 e dell’accordo

Il decisum sul punto della sentenza impugnata si fonda essenzialmente sulla considerazione che, in
conseguenza della trasformazione del rapporto a tempo indeterminato con efficacia ex tunc, il
Fredali era all’epoca dell’accordo a tutti gli effetti giuridici ed economici dipendente a tempo
indeterminato e come tale rientrante nel “personale in forza a tempo indeterminato alla data della
stipula dell’accordo” al quale, secondo detto accordo, spettava la corresponsione del c.d. ERS.
Assume, invece, la società che al lavoratore non spetterebbe il richiamato ERS poiché con
successivo accordo del 2005 le parti, interpretando in via autentica la precedente intesa del 2000,

tempo indeterminato all’epoca della stipula dell’accordo del 2000. Tanto, secondo la società,
proprio al fine di escludere dal campo di applicazione dell’accordo del 2000 coloro – gli assunti con
contratto di formazione e lavoro – i quali si erano visti riconoscere ex post la qualificazione
giuridica del proprio rapporto di lavoro come a tempo indeterminato (pag. 23 del ricorso).
6.- Orbene, ritiene il Collegio che la stessa prospettazione della società confermi l’esattezza
dell’affermazione della Corte d’appello secondo cui l’accordo del 2005 non ha natura interpretativa,
bensì innovativa.
Invero, come già osservato da questa Corte in fattispecie analoghe (cfr. sentenze citate al punto 4),
affinché un negozio giuridico successivo possa ritenersi interpretativo di un precedente negozio
giuridico è necessario, al di là delle espressioni qualificatorie utilizzate dalle parti, che la volontà
esplicitata nell’ultimo negozio sia desumibile anche dal precedente; viceversa la nuova intesa è
innovativa e non interpretativa.
Avuto riguardo al caso di specie, non può ritenersi che la volontà di limitare la corresponsione
dell’ERS solo ai lavoratori che al marzo del 2000 fossero formalmente dipendenti a tempo
indeterminato, con esclusione di coloro i quali fossero tali per effetto di successivo riconoscimento
giudiziale, sia desumibile dall’accordo del 2000, non essendovi alcuna clausola contrattuale che
legittima una siffatta ricostruzione della volontà delle parti. Né la società ricorrente la indica,
limitandosi a tal fine a prospettare le ragioni storiche che indussero le parti alla previsione dell’ERS.
Tanto, tuttavia, non è sufficiente, atteso che la volontà esplicitata nell’intesa del 2005 non trova
alcun riscontro né nella specifica previsione, nell’accordo del 2000, dell’ambito di applicazione del
contratto – dove si fa riferimento al “personale in forza a tempo indeterminato alla data di stipula del
presente accordo” – né in altre clausole collettive (cfr. sul punto, oltre alle sentenze già citate sub 4,
anche Cass. n. 20761/2012).
La ratio posta a base dell’accordo del 2005, come prospettata dalla stessa società ricorrente, è,
all’evidenza, del tutto estranea all’accordo del 2000 ed è funzionale all’esigenza di far fronte ad una
situazione venutasi a creare dopo l’accordo del 2000. Tutto ciò a prescindere dalla possibilità per le

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avrebbero escluso dalla corresponsione dell’ERS coloro i quali non erano formalmente dipendenti a

parti sociali, in sede di contrattazione collettiva del settore privato, di procedere ad una
interpretazione di clausole contenute in un precedente contratto, essendo tale meccanismo
espressamente previsto con riguardo al settore del lavoro pubblico privatizzato in tema di procedura
di accertamento della validità, efficacia ed interpretazione dei contratti collettivi nazionali
sottoscritti dall’Aran, di cui all’art. 64 del d.lgs. n. 165 del 2001, ed operando, in tema di
contrattazione collettiva privata, il principio della normale successione dei contratti.
7.- Le ulteriori osservazioni formulate dalla ricorrente con la memoria difensiva non modificano il

quanto già espresso sul punto con il ricorso per cassazione. Devono pertanto essere anche in questa
sede ribaditi i principi già affermati al riguardo con le sopra citate sentenze di questa Corte n. 18553
e n. 20598 del 2012, rigettando le doglianze formulate dalla ricorrente con il secondo motivo di
ricorso.
8.- Neppure le censure formulate con il terzo motivo possono trovare accoglimento.
Invero, anche a voler prescindere dalle osservazioni già svolte nelle sentenze sopra citate circa la
non condivisibilità dell’assunto di parte ricorrente secondo cui l’art. 2126 c..c sarebbe applicabile
alla sola retribuzione ordinaria e non anche a quella corrisposta per lavoro straordinario, è
assorbente il rilievo, fatto proprio anche dalla Corte territoriale, che una clausola negoziale
asseritamente nulla, perché contenuta in un contratto aziendale in materia riservata alla
contrattazione nazionale, è in ogni caso valida se più favorevole al lavoratore ed inserita nel
contratto individuale, che, sul punto, diviene l’unica fonte di regolamento del singolo rapporto di
lavoro. E tutto ciò a prescindere dalla pur di per sé assorbente considerazione che, come osservato
dal controricorrente, se è pacifico che il lavoratore dopo l’assunzione a tempo indeterminato abbia
osservato l’orario di lavoro di 37 ore settimanali, non è affatto pacifico che egli abbia svolto lavoro
straordinario tra la 37ma e la 39ma ora settimanale.
9.- In definitiva, quindi, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate facendo
riferimento alle disposizioni di cui al d.m. 20 luglio 2012, n. 140 e alla tabella A ivi allegata, in
vigore al momento della presente decisione (artt. 41 e 42 d.m. cit.), disponendone la distrazione a
favore del difensore del Fredali, avv. Riccardo Faranda, che ne ha fatto richiesta.

P.Q.M.

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quadro d’insieme sopra delineato, limitandosi, in realtà, a confermare o a sviluppare ulteriormente

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio
liquidate in C 50,00 oltre C 4.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge,
disponendone la distrazione a favore dell’avv. Riccardo Faranda, antistatario.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 maggio 2013.

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