Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19814 del 23/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 23/07/2019, (ud. 18/06/2019, dep. 23/07/2019), n.19814

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24743-2017 proposto da:

COMUNE DI PREDAPPIO in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA MONTE ZEBIO 37, presso lo studio

dell’avvocato MARCELLO FURITANO, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati MARCO ZANASI, CECILIA FURITANO giusta

delega in calce;

– ricorrente –

contro

R.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA PO 9, presso

lo studio dell’avvocato PIERLUIGI MUCCARI, che lo rappresenta e

difende giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1045/2017 della COMM.TRIB.REG. di BOLOGNA,

depositata il 23/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/06/2019 dal Consigliere Dott. RUSSO RITA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MATTEIS STANISLAO che ha concluso per il rigetto del 1 motivo di

ricorso e accoglimento del 2 motivo;

udito per il ricorrente l’Avvocato FURITANO CECILIA che si riporta e

chiede l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato MUCCARI che si riporta agli

atti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- R.G. ha opposto gli avvisi di accertamento notificati dal Comune di Predappio relativi alla omessa denuncia e omesso versamento ICI per le annualità dal 2004 al 2007 deducendo che gli immobili ai quali era riferito il tributo sono rurali e strumentali alla attività agricola.

2.- I separati ricorsi, riuniti, sono stati respinti per quanto attiene agli immobili censiti in D/1, e accolti per i rimanenti immobili. Il Comune ha proposto appello, che è stato rigettato dalla CTR dell’Emilia Romagna con sentenza depositata in data 23.3.2017.

3.- Avverso la predetta sentenza propone ricorso per cassazione il Comune” affidandosi a due motivi. Il R. resiste depositando controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- Con il primo motivo di ricorso il Comune lamenta la nullità della sentenza per contrasto tra il dispositivo e la motivazione ai sensi dell’art. 156 c.p.c.

Il dispositivo della sentenza impugnata, osserva parte ricorrente, contempla il rigetto dell’appello e la conferma la sentenza di primo grado e ciò nonostante in motivazione si dica che il ricorso appare fondato “limitatamente agli anni 2006, 2007, 2008, 2009 e 2010”. La CTR premesso che alcuni fabbricati erano stati accatastati nel 2009 e 2010 in categoria D/10, ritiene che gli effetti di tale accatastamento decorrano retroattivamente per cinque anni dal 2011, secondo quanto dispone il D.L. n. 70 del 2011, e dunque dal 2006 in poi. Il Comune, oltre a rilevare la contraddizione tra motivazione e dispositivo osserva altresì che le annualità 2008/2010 non sono oggetto di causa.

4.1- Il motivo è inammissibile. Questa Corte ha già affermato che il contrasto tra formulazione letterale del dispositivo e quanto dichiarato in motivazione, non incidendo sull’idoneità del provvedimento, considerato complessivamente nella totalità delle sue componenti testuali, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione giudiziale, non integra un vizio attinente alla portata concettuale e sostanziale della decisione, bensì un errore materiale, correggibile ai sensi degli artt. 287 e 391-bis c.p.c., trattandosi di ovviare ad un difetto di corrispondenza tra l’ideazione del giudice e la sua materiale rappresentazione grafica, rilevabile “ictu oculi” dal testo del provvedimento, (Cass. 668/2019; Cass. 26074/2018; Cass. 21758/2012; Cass. 22433/203.7). La parte avrebbe quindi dovuto, per questa ragione, chiedere la rettifica dell’errore materiale e non rroporre ricorso per cassazione, essendo evidente che non si tratta di errore concettuale.

5.- Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione di di legge perchè l’accatastamento dei fabbricati in D/10 è avvenuto nel 2009 e nel 2010 non in forza del D.L. n. 70 del 2011, sicchè non può attribuirsi ad esso l’efficacia retroattiva che è connessa alla domanda ed alla messa in atti prevista dal D.L. n. 70 del 2011.

Il motivo è fondato.

E’ effettivamente principio di diritto, affermato dalle sezioni unite di questa Corte (Cass. s.u. 18565), che l’immobile che sia stato iscritto nel catasto dei fabbricati come “rurale”, con l’attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9 conv. in L. n. 133 del 1994, non è soggetto all’ICI. Il D.L. n. 70 del 2001 ha disciplinato le modalità attraverso cui i contribuenti possono fare attribuire agli immobili la categoria A/6 e D/10, con effetto retroattivo “in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda”. E’ però evidente che tale disposizione si riferisce solo alle richieste di classamento presentate con la procedura di cui al predetto D.L., art. 7 e non ad altre procedure. In particolare non può riferirsi al caso di specie perchè la richiesta di classamento è stata presentata negli anni 2009 e 2010 – e quindi certamente non con le modalità previste da una norma emanata successivamente- i cui effetti non sono assistiti dalla efficacia retroattiva quinquennale prevista dalla citata normativa emanata nel 2011 (cfr. Cass. 12663/2017).

Ne consegue l’accoglimento del ricorso, con la cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto per la decisione della questioni rimaste controverse, il rigetto degli originari ricorsi del contribuente. In ragione del progressivo consolidarsi della giurisprudenza, le spese dei giudizi di merito possono essere compensate e le spese del giudizio di legittimità si pongono a carico di parte contribuente liquidando come da dispositivo.

PQM

Dichiara inammissibile il primo motivo, accoglie il secondo ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta gli originari ricorsi del contribuente.

Compensa le spese dei gradi di merito e condanna i controricorrenti alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.200,00, oltre spese forfetarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 18 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2019

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