Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19813 del 22/09/2020

Cassazione civile sez. II, 22/09/2020, (ud. 18/02/2020, dep. 22/09/2020), n.19813

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARRATO Aldo – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20244/2017 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in Roma Via Michelangelo

Poggioli 2, presso lo studio dell’avvocato Daniele Mauro,

rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale a margine del

ricorso, dall’avv. Ciro Marcello Anania;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.r.l. in persona curatore G.E.,

elettivamente domiciliato in Roma Viale Gorizia 14, presso lo studio

dell’avvocato Franco Sabatini, rappresentato e difeso in forza di

procura speciale in calce al controricorso;

e contro

GUBER S.p.A., quale procuratrice speciale di Epicuro SPV S.r.l.

società unipersonale, elettivamente domiciliato in Roma Via

Dardanelli, 13, presso lo studio dell’avvocato Carolina Capaldo, che

la rappresenta e difende, unitamente all’avvocato Damiano De Rosa,

virtù di mandato in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1418/2017 della Corte d’appello di Bologna,

depositata il 13/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/02/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS Luisa, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi l’avv. Anania per il ricorrente e l’avv. Capaldo per la Guber

S.r.l..

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Banca Antonveneta S.p.A. (attualmente Guber s.r.l.), creditrice della (OMISSIS) s.r.l. della somma di oltre Euro 11.000.0000 in forza di saldi di diversi conti correnti, chiamava in giudizio davanti al Tribunale di Rimini la stessa (OMISSIS) S.r.l. e M.G., surrogandosi alla propria debitrice nell’esercizio del diritto derivante dalla scrittura privata del 10 agosto 2001. Tale scrittura imponeva al M. il trasferimento dell’azienda agricola “La Montagnola” a compensazione del proprio debito verso la (OMISSIS) S.r.l., che aveva acquistato i crediti insinuati nel fallimento del M., permettendo così la chiusura della procedura concorsuale.

Nel corso della causa sopraggiungeva il fallimento della (OMISSIS) S.r.l., con la conseguente dichiarazione di interruzione del processo, a cui faceva seguito la riassunzione ad opera della curatela, che insisteva nella domanda inizialmente proposta dalla banca.

Tanto la curatela quanto la banca aderivano all’eccezione di incompetenza per territorio formulata dal M. in favore del Tribunale di Forlì, dinanzi al quale era riassunto il giudizio.

Il Tribunale di Forlì rilevava che, nonostante il disconoscimento, la scrittura del 10 agosto 2001 da parte del M. doveva ritenersi riconosciuta, non essendosi lo stesso M. per ben due volte presentato per il saggio grafico, senza fornire idonea giustificazione.

Il tribunale accoglieva perciò la domanda, disponendo il trasferimento dell’immobile in favore del Fallimento della (OMISSIS) S.r.l..

La Corte d’appello di Bologna, adita dal M., confermava la sentenza.

Essa, affermata la legittimazione del curatore a proseguire l’azione già proposta dalla Banca, riconosceva l’autenticità della scrittura posta a fondamento della pretesa.

La Corte di merito metteva in risalto la circostanza della mancata comparizione del M. in due udienze successive fissate per il saggio grafico e, di conseguenza, ravvisava la correttezza della valutazione del primo giudice nella parte in cui aveva fatto derivare dalla mancata comparizione le conseguenze previste dall’art. 219 c.p.c..

Essa, inoltre, condivideva l’ulteriore rilievo del tribunale nella parte in cui si valorizzava il mancato disconoscimento di un ulteriore documento prodotto dal Fallimento nel quale si richiamava il contenuto del contratto preliminare, oggetto del disconoscimento.

Per la cassazione della sentenza M.G. ha proposto ricorso, affidato a tre motivi.

Il Fallimento (OMISSIS) s.r.l. e Guber s.r.l. hanno resistito con controricorso.

Tutte le parti hanno depositato memoria in prossimità della pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 112 e 183 c.p.c..

La banca creditrice aveva fatto valere, in via surrogatoria, un diritto del proprio debitore, poi dichiarato fallito.

Il fallimento aveva, quindi, privato il singolo ceditore della legittimazione a iniziare o proseguire l’azione, spettando tale legittimazione al curatore.

Il ricorrente condivide tali principi, ma nello stesso tempo evidenzia che la riassunzione del processo da parte del curatore non poteva essere riguardata come la prosecuzione di una domanda già proposta in precedenza nel giudizio riassunto, ma costituiva domanda nuova soggetta all’ordinario regime delle preclusioni. Si fa notare che (OMISSIS) s.r.l. in bonis aveva chiesto il rigetto della domanda proposta dalla banca. La curatela pertanto, intervenendo in luogo del fallito, poteva compiere solo gli atti per i quali non era intervenuta alcuna decadenza. La Corte d’appello, quindi, secondo il ricorrente, sarebbe incorsa in un evidente errore, non cogliendo la duplice inammissibilità della domanda della curatela: perchè tardiva e perchè nuova e diversa rispetto alle richieste avanzate nel giudizio del debitore in bonis.

1.1. Il motivo è infondato.

La dichiarazione di fallimento, nel determinare l’inammissibilità della surrogatoria in relazione ai diritti del fallito, determina automaticamente il venir meno della legittimazione straordinaria del fallito all’azione surrogatoria (Cass. n. 2339/1991).

“Qualora, dopo la proposizione dell’azione revocatoria ordinaria, sopravvenga il fallimento del debitore, la legittimazione all’esercizio dell’azione spetta, in via esclusiva, al curatore, il quale agisce come sostituto processuale della massa dei creditori, privati della legittimazione ad iniziare o proseguire l’azione per tutta la durata della procedura fallimentare, nonchè come sostituto processuale del debitore fallito, il quale perde la capacita di stare in giudizio rispetto ai rapporti patrimoniali compresi nel fallimento; pertanto il curatore è legittimato a proseguire il giudizio promosso dal creditore, rispetto al quale il fallito è privo di legittimazione processuale, con la conseguenza che resta esclusa la necessità dell’integrazione del contraddittorio nei suoi confronti, previa nomina di un curatore speciale, ex art. 78 c.p.c.” (Cass. n. 17943 del 2005; Cass., S.U., 29420/2008).

E’ stato anche chiarito che “il creditore dell’imprenditore dichiarato fallito non è legittimato ad agire in via surrogatoria (art. 2900 c.c.) nei confronti del debitore di quest’ultimo; tuttavia, il difetto di legittimazione è sanato ex tunc dalla costituzione nel giudizio del curatore fallimentare, unico soggetto legittimato a far valere i diritti spettanti al fallito, il quale manifesti, con il suo comportamento, la volontà di ratificare la precedente condotta difensiva e di agire per ottenere il pagamento del credito” (Cass. n. 19045 del 2005).

E’ facile a questo punto osservare che, se l’intervento del curatore sana l’originario difetto di legittimazione del creditore, il quale avesse proposto l’azione surrogatoria dopo la dichiarazione di fallimento, a maggiorragione deve riconoscersi la possibilità della curatela di aderire e fare propria la domanda proposta dal creditore in un momento in cui non aveva ancora perso la legittimazione in dipendenza della dichiarazione di fallimento.

Tali principi sono stati correttamene applicati con la sentenza impugnata.

In sede di riassunzione l’iniziativa della curatela non ha comportato l’introduzione nel processo di una domanda nuova, avendo il medesimo curatore legittimamente fatta propria, quale unico soggetto legittimato a far valere i diritti del fallito, la domanda proposta dalla banca originaria attrice in surrogatoria.

A fortiori è in errore il ricorrente quando pretende di estendere alle richieste della curatela le preclusioni applicabili nel processo civile ordinario rispetto all’introduzione di domande nuove (art. 183 c.p.c.).

Solo per completezza di esame si deve aggiungere che “l’atto di riassunzione del giudizio a seguito di una pronuncia di incompetenza, ex art. 50 c.p.c., può contenere una domanda nuova in aggiunta a quella originaria, poichè la particolare funzione dell’istituto della riassunzione (conservazione degli effetti sostanziali della litispendenza) non è di ostacolo a che esso cumuli in sè quella introduttiva di un nuovo giudizio, purchè sia rispettato il contraddittorio, tanto più che, ove la nuova domanda fosse ritenuta inammissibile, la necessità di introdurre, per quest’ultima, un nuovo giudizio, da riunire al precedente, si tradurrebbe in un inutile dispendio di attività processuale, in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo” (Cass., n. 15753/2014; n. 132/2016).

2. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 219 c.p.c. e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.

Con provvedimento del 5 aprile 2007 il Tribunale di Rimini dava avvio al procedimento di verificazione, nominando il consulente tecnico e ordinando la comparizione del M. per il saggio grafico.

Alla successiva udienza del 29 giugno 2007 compariva il consulente, ma l’incarico non era conferito a causa della mancata produzione dell’originale del documento e per la mancata comparizione del M., invitato a giustificare l’impedimento.

Nel seguito del procedimento era ammesso l’interrogatorio formale del M., con riserva di decisione sulle altre istanze.

Con ulteriore provvedimento fuori udienza, depositato il 16 settembre 2009, il giudice disponeva darsi corso al procedimento di verificazione, nonostante la mancata produzione dell’originale, e ammetteva la prova per testimoni chiesta dalla banca e dalla curatela.

Era fissata la nuova udienza del 13 ottobre 2009 per il conferimento dell’incarico per la raccolta del saggio grafico.

In tale udienza la causa era nuovamente presa in riserva e con il provvedimento assunto a scioglimento della medesima, il giudice ravvisava l’impossibilità di procedere a verificazione in difetto di produzione dell’originale e confermava il solo espletamento della prova per testimoni.

In rapporto a tale iter, il ricorrente rimprovera alla Corte d’appello “di avere omesso qualunque pronuncia sulla circostanza determinante ai fini della decisione in quanto l’ordinanza del 16 giugno 2009 (…) era stata revocata dallo stesso giudice e pertanto non poteva esplicare alcun effetto giuridico. Allo stesso modo la Corte non ha formulato alcuna pronuncia sulla circostanza (anch’essa determinante il fine della decisione) che l’originale del contratto non sia mai stato prodotto in giudizio e che non ne sia mai stata provata l’esistenza” (pag. 23 del ricorso).

2. Il motivo è fondato.

Si rileva in primo luogo che la rubrica del motivo non rispecchia il contenuto effettivo della censura con esso proposta. Con essa, in effetti, il ricorrente, come è reso palese della parte conclusiva dello stesso motivo (sopra letteralmente trascritta), denuncia il vizio dell’omissione di pronuncia sulle censure mosse contro la sentenza di primo grado relativamente al procedimento di verificazione (Cass., S.U., n. 17931/2013).

In questo senso il ricorrente fa valere un error in procedendo ed è noto che “quando, con il ricorso per cassazione, venga dedotto un siffatto errore il sindacato del giudice di legittimità investe direttamente l’invalidità denunciata, mediante l’accesso diretto agli atti sui quali il ricorso è fondato, indipendentemente dalla sufficienza e logicità della eventuale motivazione esibita al riguardo, posto che, in tali casi, la Corte di cassazione è giudice anche del fatto” (Cass. n. 12690/2018; n. 14026/2012).

Ora l’esame del secondo motivo d’appello conferma che, in effetti, la censura aveva un contenuto più ampio e articolato rispetto a quello attribuitole dalla Corte d’appello, secondo la quale, con tale motivo, il M. avrebbe censurato la decisione solamente “poichè adottata in violazione e/o errata applicazione dell’art. 219 c.p.c.” (pag. 8 della sentenza, secondo capoverso).

In verità, il M., nel denunciare la violazione dell’art. 219 c.p.c., aveva chiaramente sollevato una questione più ampia e radicale, che andava oltre la questione sul se la comparizione per rendere il saggio grafico fosse o no giustificata. In particolare, egli aveva sottolineato che l’ordinanza che per ultimo aveva fissato l’udienza per raccogliere il saggio grafico e per il giuramento del consulente era stata revocata, a causa della mancata produzione dell’originale del documento disconosciuto (pag. 16 dell’atto di appello): “in conclusione risulta quindi dimostrato che nel giudizio di 1 grado non sia stata provata l’esistenza della scrittura privata in data 10/08/2001, nè che (qualora fosse stata superata la prima obiezione) il Dott. M. l’abbia sottoscritta. Da ciò ne consegue che nessuna validità ed efficacia, anche ai fini probatori, poteva essere riconosciuta alla citata scrittura in virtù della quale il Tribunale di Forlì dichiara il trasferimento della proprietà dell’Azienda Agricola La Montagnola” (pag. 17 atto di appello).

Insomma, il confronto fra l’atto di appello e la sentenza impugnata rende evidente come la Corte di merito non abbia percepito il reale significato della censura, evidentemente volta contro il giudizio positivo di verificazione non per sè stesso, in rapporto agli esiti della istruzione, ma per la carenza dell’essenziale presupposto della verificazione, individuato dall’appellante nella produzione del documento in originale.

La Corte d’appello indica, invece, quale ragione di censura solo la violazione dell’art. 219 c.p.c., senza minimamente accennare alla mancata produzione dell’originale del documento, nonostante il rilievo certamente non secondario della questione (Cass. n. 16551/2015).

Non è, quindi, vero quanto sostiene il fallimento nella memoria, e cioè che la questione della validità, ai fini della verificazione della copia del documento 10.08.2001, è coperta da giudicato, “per non essere stata proposta specificatamente dalla controparte la relativa questione neppure in sede d’appello”.

Al contrario la questione della mancata produzione dell’originale del documento oggetto della verificazione costituiva il nucleo essenziale della censura. Perde, quindi, rilievo la considerazione, parimenti proposta dalla stessa controricorrente nella memoria, che le ordinanze istruttorie comunque motivate non possono mai pregiudicare la decisione della causa (art. 177 c.p.c.). Il rilievo, evidentemente riferito all’ordinanza che aveva disposto la revoca del provvedimento che aveva dato avvio all’istruzione sull’istanza di verificazione della scrittura disconosciuta, sarebbe stato certamente pertinente se il ricorrente avesse inteso servirsene solo per sottrarsi all’implicazioni stabilite dall’art. 219 c.p.c., comma 2, mentre egli ha voluto far propriamente rilevare la carenza dei presupposti della verificazione e, solo in via riflessa e pleonastica, il difetto delle condizioni per poter attribuire alla mancata comparizione il significato prefigurato dalla norma.

L’errore compiuto dalla Corte d’appello nella ricognizione della portata della censura sottoposta al suo esame ha determinato una omissione di pronuncia su un motivo d’appello, tale da giustificare la cassazione della sentenza (Cass. n. 16012/2016; n. 16171/2017).

3. E’ assorbito il terzo motivo riguardante la statuizione sulle spese.

4. La sentenza va, perciò, cassata in relazione alla seconda censura, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione che deciderà sul secondo motivo d’appello e regolerà le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo; rigetta il primo; dichiara assorbito il terzo motivo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 18 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2020

 

 

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