Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19813 del 09/08/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 09/08/2017, (ud. 30/03/2017, dep.09/08/2017),  n. 19813

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. ZOSO Liana M.T. – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27114-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso. AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrenti –

e contro

UNICOMM SRL (OMISSIS);

– intimati –

Nonchè da:

UNICOMM SRL (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

PIEMONTE 39, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO GRIECO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GUIDO PICCIONE;

– ricorrenti incidentali –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 78/2011 della COMM.TRIB.REG. di TRIESTE,

depositata il 05/10/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/03/2017 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS LUISA;

udito l’Avvocato.

Fatto

RITENUTO

CHE:

L’Agenzia delle Entrate notificava alla società D.A. S.p.a. un avviso di liquidazione relativo al pagamento di imposta di registro determinata in misura proporzionale per la registrazione di una sentenza emessa dal Tribunale di Udine, nella causa civile di cui la società era parte. All’esito del giudizio, in accoglimento dell’azione revocatoria fallimentare, il tribunale aveva condannato la società a restituire al fallimento un immobile ed una azienda situati nel comune di Latisana, disponendo, altresì, la revoca dei pagamenti effettuati nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento, con condanna alla restituzione del tandundem. L’avviso di liquidazione veniva impugnato dalla società D.A. S.p.a., che deduceva la mancanza di effetti traslativi della sentenza impugnata, con la conseguenza che la stessa doveva essere soggetta ad imposta di registro in misura fissa. La CTP di Udine accoglieva il ricorso della società contribuente. La sentenza veniva appellata dall’Ufficio con riferimento al capo relativo alla revoca dei pagamenti eseguiti nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento, per violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 8, lett. b) della Tariffa Parte 1 allegata ed omessa motivazione su un punto decisivo della controversia. La società si costituiva in giudizio formulando appello incidentale, che veniva respinto dalla CTR del Friuli Venezia Giulia confermando la sentenza di primo grado, respingendo l’appello incidentale della società.

Propone ricorso per la cassazione della sentenza l’Agenzia delle Entrate svolgendo un solo motivo. La società Unicomm s.r.l. incorporante la D.A. S.p.a., si è costituita con controricorso, proponendo ricorso incidentale, illustrato con memorie. La Procura Generale della Cassazione ha depositato in data 7.3.2017 conclusioni scritte, chiedendo l’accoglimento del ricorso, con le conseguenze di legge.

1. La controversia concerne, in ipotesi di revocatoria fallimentare avente ad oggetto la restituzione di somme di denaro (nella specie, pagamenti effettuati dalla fallita Commerciale Latisana s.r.l. in favore della D.A. S.p.a.), la valutazione dell’applicabilità dell’art. 8 lett. b) della tariffa allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, che assoggetta ad aliquota proporzionale le “sentenze recanti condanna al pagamento di somme o valori, ad altre prestazione o alla consegna di beni di qualsiasi natura”, ovvero dell’art. 8, lett. e) che assoggetta all’imposta fissa le sentenze “che dichiarano la nullità o pronunciano l’annullamento di un atto, ancorchè portanti condanna alla restituzione di denaro o beni o la risoluzione di un contratto.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

2. Con l’unico motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando in rubrica: “Violazione o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’art. 8, lett. b) ed e), Tariffa Parte 1 allegata al D.P.R. n. 131 del 1986”, avendo i giudici di appello erroneamente ritenuto assoggettabile ad imposta di registro nella misura fissa la sentenza che, revocati i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili compiuti dall’imprenditore insolvente entro l’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, ex art. 67, comma 2, L. fall., aveva condannato alla restituzione mediante pagamento del tantundem.

3. Il motivo è fondato, nei sensi di cui alle seguenti considerazioni:

a) In tema di imposta di registro, l’art. 8 della parte prima della tariffa allegata al t.u. n. 131 del 1986 assoggetta ad imposta di registro in misura fissa i provvedimenti giudiziari “non recanti trasferimento, condanna o accertamento di diritti a contenuto patrimoniale” (lett. d), mentre assoggetta ad imposta proporzionale i provvedimenti “recanti condanna al pagamento di somme o valori, ad altre prestazioni o alla consegna di beni di qualsiasi natura ” (lett. b). La sentenza di revocatoria fallimentare, imponendo la restituzione di somme pagate nell’anno antecedente alla dichiarazione di fallimento, in consecuzione dell’inefficacia relativa del negozio che sottende il pagamento, contiene essa stessa il titolo esecutivo di condanna quanto al capo concernente le restituzioni. La sentenza di revocatoria, quindi, è un titolo esecutivo, anticipatamente al suo passaggio in giudicato, per il capo di condanna alle restituzioni verso la massa dei creditori, cui sia tenuta la controparte, nonostante la natura di accertamento costitutivo in cui tale azione si sostanzia (Cass. n. 16737 del 2011).

b) E’ stato da questa Corte affermato che, in tema di imposta di registro, la sentenza che accoglie l’azione revocatoria fallimentare e dispone le conseguenti restituzioni, producendo l’effetto giuridico di recupero alla procedura esecutiva di beni che ne erano in precedenza assenti e realizzando un trasferimento di ricchezza in favore del fallimento, è soggetta ad aliquota proporzionale ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. b) della prima parte della tariffa, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, il quale assoggetta ad imposta proporzionale i provvedimenti dell’autorità giudiziaria recanti condanna al pagamento di somme o valori (comportanti, quindi, un trasferimento di ricchezza); mentre la lett. e) del medesimo articolo, che è norma speciale e di stretta interpretazione, determina l’imposta in misura fissa in relazione ai provvedimenti che dichiarano la nullità o pronunciano l’annullamento di una atto, ancorchè portanti condanna alla restituzione di denaro o beni, o la risoluzione di un contratto in funzione meramente restitutoria e di ripristino della situazione patrimoniale anteriore (Cass. n. 4537 del 2009, Cass. n. 21160 del 2005). Il rilevato rapporto di specialità comporta che le ipotesi previste dalla lett. e) siano di stretta interpretazione, in quanto sottoposte ad una disciplina diversa, sicchè essa non può essere estesa oltre i casi espressamente contemplati dalla legge.

Il legislatore ha ritenuto di applicare l’aliquota in misura fissa nei casi in cui il provvedimento comporti una caducazione del titolo del precedente trasferimento e la condanna conseguente abbia contenuto e funzione meramente restitutori, mirando a ripristinare la situazione patrimoniale qua ante actum.

Nel caso di specie, la sentenza che pronuncia una revocatoria fallimentare di pagamenti posti in essere nel c.d. periodo sospetto possiede contenuti ed effetti diversi dalle sentenze di nullità o annullamento di un atto o di risoluzione di un contratto, dal momento che, a differenza di queste, essa non opera alcuna caducazione dell’atto impugnato. Inoltre, la condanna alla restituzione è un trasferimento di ricchezza in favore del fallimento, che vede incrementata la massa fallimentare, stante il recupero alla procedura esecutiva di beni che erano in precedenza assenti.

4.Sulla base dei rilievi espressi, la conclusione accolta dalla sentenza impugnata, che ha ritenuto che la restituzione di somme di denaro “non è un pagamento in senso proprio, non è un trasferimento di ricchezza, nè ha l’effetto liberatorio da una obbligazione per chi lo effettua”, appare in contrasto sia con il principio di specialità sopra rilevato, sia con la ratio della disciplina. Ne consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza: ricorrendone le condizioni, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo proposto dalla società contribuente.

5. Con ricorso incidentale, la società contribuente censura la sentenza della CTR, per erronea e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 91, richiamati dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15 nella parte in cui ha disposto la compensazione delle spese di lite.

In ragione delle esposte argomentazioni il ricorso incidentale va rigettato, dovendosi, altresì, rilevare come il giudice di appello, con motivazione logica e priva di censure, ha illustrato esplicitamente le ragioni per cui si è provveduto alla compensazione delle spese (Cass. n. 11217 del 2016), dando atto dell’acquiescenza dell’Ufficio a parte della pronuncia di primo grado.

6. L’andamento della lite nei precedenti gradi di merito, e l’assenza, prima della presentazione del ricorso, di un consolidato orientamento di questa Corte sullo specifico tema esaminato nel corso del presente controversia, giustifica la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

PQM

 

Accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto dalla società contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 30 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2017

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