Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19810 del 28/08/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. L Num. 19810 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: BLASUTTO DANIELA

SENTENZA

sul ricorso 30697-2007 proposto da:
BIANCHI EMANUELE, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA SAN DOMENICO 20, presso lo studio dell’avvocato
FORTI

ROBERTO,

che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CURCI EZIO, giusta delega in
atti;
– ricorrente –

2013

contro

1704

COMUNE

DI

BRESCIA,

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA,

CORSO TRIESTE 87,

presso lo studio

Data pubblicazione: 28/08/2013

dell’avvocato BELLI BRUNO, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato BONARDI PIETRO,
giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 139/2007 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/05/2013 dal Consigliere Dott. DANIELA
BLASUTTO;
udito l’Avvocato PICCIOLI CARLO per delega FORTI
ROBERTO;
udito l’Avvocato BELLI BRUNO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO ) che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

di BRESCIA, depositata il 13/06/2007 R.G.N. 563/2004;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Bianchi Emanuele, dipendente del Comune di Brescia con
demansionamento e mobbing ) che assumeva essergli derivati da
una serie di atti, fatti e comportamenti posti in essere
dalla parte datoriale nel periodo compreso tra il 1990 e la
data del ricorso, proposto nel 2002.
Il Tribunale respingeva la domanda per non avere il
ricorrente dedotto alcunché in ordine al contenuto concreto
delle mansioni di fatto svolte, sì da non potersi operare il
raffronto tra queste e la declaratoria contrattuale del
livello posseduto.
A seguito di gravame proposto dal Bianchi, la Corte di
appello di Brescia, accolta l’eccezione di difetto di
giurisdizione riproposta da parte appellata quanto ai fatti
anteriori al 30.6.98 e ammessa la prova orale per
l’accertamento dei fatti successivi a tale data (dopo il
trasferimento del Bianchi al settore interventi speciali del
Comune e da qui al settore urbanistica), con sentenza del 29
marzo 2007,4 respingeva l’impugnazione sulla base delle
seguenti considerazioni:
– non aveva trovato riscontro istruttorio la censura del
lavoratore di essere stato lasciato inattivo, senza
incarichi;
– la prova testimoniale aveva fatto emergere il tentativo,
operato dai dirigenti, di creare un ambiente di lavoro
produttivo per il Bianchi, nonostante la non semplice
individuazione di pratiche per le quali lo stesso non fosse

R.G. n. 30697/07
Udienza 14 maggio 2013
Bianchi c/ Comune di Brescia

-1-

qualifica di geometra, agiva per il risarcimento dei danni da

in conflitto di interessi con la sua libera professione di
architetto;
– risultavano attribuiti incarichi sempre compatibili con il
il part-time di 18 ore settimanali che questi svolgeva per
sua scelta;

a fronte degli incarichi conferiti, compatibili con

l’inquadramento attribuito, era emerso un atteggiamento non
collaborativo ed ostruzionistico dell’appellante, che siuct.
rifiuta P9 di eseguirli, fornendo svariate giustificazioni;
– nel corso del secondo grado di giudizio era stata acquisita
una sentenza del Tribunale di Brescia, emessa nel 2004 e
passata in giudicato, che, nel respingere la domanda del
Bianchi tendente ad ottenere l’erogazione dell’indennità di
produttività, aveva evidenziato come il ricorrente avesse
effettivamente

tenuto

un

atteggiamento

passivo,

ostruzionistico e scarsamente collaborativo, poco integrato
con i colleghi;
– i continui spostamenti, lungi dal costituire un indizio di
mobbing, erano la conseguenza dell’impossibilità di ottenere
dal ricorrente una minima collaborazione e dell’encomiabile
tentativo del Comune di trovargli una collocazione
compatibile con il suo ridotto orario di lavoro e con la
libera professione e che nello stesso tempo lo motivasse a
collaborare accettabilmente;
– sempre riguardo al mobbing, che nel preteso demansionamento
vedeva la sua principale estrinsecazione, non vi era prova di
comportamenti prevaricanti e vessatori;

R.G. n. 30697/07
Udienza 14 maggio 2013
Bianchi c/ Comune di Brescia

-2-

profilo professionale di geometra posseduto dal Bianchi e con

- la patologia di cui era portatore il Bianchi era del tutto
indipendente da una condotta colposa del Comune.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso

Resiste con controricorso il Comune di Brescia.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si denuncia omissione parziale di
motivazione (art. 360 cod. proc. civ., n. 5) per avere la
Corte di appello incentrato le proprie valutazioni, quanto al
demansionamento, sulla circostanza della inattività e, quanto
al mobbing, sulla centralità del demansionamento, così
trascurando di considerare punti controversi e decisivi per
il giudizio. Questi erano costituiti, rispettivamente, dalla
mancata verifica della non corrispondenza delle mansioni
assegnate alle competenze professionali di Funzionario
tecnico D4 e dal mancato esame della documentazione prodotta
dal ricorrente, idonea a dimostrare la durata nel tempo delle
azioni ostili, il carattere discriminatorio delle stesse e il
preciso intento vessatorio del comportamento datoriale.
Il motivo è infondato.
Innanzitutto, il motivo vertente sul presunto vizio di
insufficiente motivazione circa la non riconducibilità delle
mansioni assegnate a quelle proprie della qualifica di
Funzionario Tecnico D4 risulta formulato in modo generico,
senza alcuna specifica indicazione delle attività che
sarebbero state allegate, ma non specificamente esaminare dal
giudice di appello, pur avendo (si sostiene) carattere
decisivo, di talché il motivo si rivela non conforme al
principio di autosufficienza.
A ciò aggiungasi che la prospettazione sottesa al ricorso
per cassazione è divergente da quella che la Corte
R.G. n. 30697/07
Udienza 14 maggio 2013
Bianchi c/ Comune di Brescia

-3-

Bianchi Emanuele con due articolati motivi.

territoriale afferma essere stata posta a base dell’appello.
Dalla sentenza impugnata emerge che in giudice di primo grado
aveva argomentato sull’assenza di allegazioni circa la non
riconducibilità delle mansioni al livello posseduto e
che l’allegazione di inattività costituiva indicazione del
più alto grado di demansionamento; pertanto, sull’ipotesi
della inattività la Corte di appello ha incentrato la
propria disamina, peraltro specificamente vagliando molti
degli incarichi proposti al Bianchi e da questi rifiutati e
confermando comunque la conformità degli stessi al livello di
inquadramento (di geometra e non di architetto) posseduto
dal ricorrente. Ora, in sede di ricorso per cassazione,
sostanzialmente ribaltando l’ordine logico delle questioni
sollevate con il ricorso in appello, la cui interpretazione e
ricostruzione ad opera della sentenza impugnata non è stata
nemmeno censurata, il ricorrente deduce che la Corte
bresciana avrebbe dovuto incentrare la propria disamina non
sulla inattività, ma sul difetto di corrispondenza tra le
mansioni assegnate (non meglio definite dal ricorrente) e
quelle proprie del livello di inquadramento D4.
Il motivo presenta chiare indicazioni di inammissibilità
pure in considerazione dell’assenza di qualsiasi censura
circa la corretta interpretazione del tenore del ricorso in
appello e dei motivi di gravame, mentre per quanto attiene
alla questione della inattività la Corte di appello ha
adeguatamente motivato, indicando: a) che erano stati
assegnati incarichi, specificamente elencati; b) che questi
rientravano nel profilo di appartenenza; c) che vi era stato
un atteggiamento di ostruzionismo e di rifiuto, e comunque di

R.G. n. 30697/07
Udienza 14 maggio 2013
Bianchi c/ Comune di Brescia

-4-

l’appellante si era lamentato che non era stato considerato

mancata collaborazione, da parte del Bianchi nell’accettarli
ed eseguirli.
E’ poi destituita di fondamento l’ulteriore censura
secondo cui la Corte di appello avrebbe argomentato
del demansionamento. Al contrario, risulta dalla sentenza
impugnata che la valutazione è articolata e si fonda
sull’apprezzamento di molteplici elementi di ordine oggettivo
e soggettivo, sì che risulta sorretta da motivazione congrua,
immune da vizi logici, la conclusione secondo cui nessuna
condotta vessatoria era stata posta in essere dal Comune di
Brescia nei confronti del Bianchi, mentre quest’ultimo aveva
tenuto un atteggiamento ostruzionistico, che e’ l’opposto di
una vessazione sublta. La Corte di appello ha congruamente
argomentato che i continui spostamenti non erano indice di
mobbing, ma della volontà del Comune di ricercare una
collocazione compatibile con il ridotto orario di lavoro del
Bianchi e con una collocazione accettabile.
Per il resto, il motivo sollecita una rivisitazione del
merito, non consentita nella presente sede di legittimità,
tenuto conto del principio, ripetutamente affermato da questa
Corte, che il ricorso per cassazione, con il quale si
facciano valere vizi di motivazione della sentenza, impugnata
a norma dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, deve contenere in ossequio al disposto dell’art. 366 cod. proc. civ., n. 4,
che per ogni tipo di motivo pone il requisito della
specificità sanzionandone il difetto – la precisa indicazione
di carenze o lacune nelle argomentazioni sulle quali si
basano la decisione o il capo di essa censurato, ovvero la
specificazione d’illogicità, consistenti nell’attribuire agli
elementi di giudizio considerati un significato fuori dal

R.G. n. 30697/07
Udienza 14 maggio 2013
Bianchi c/ Comune di Brescia

-5-

l’inesistenza del mobbing unicamente basandosi sull’assenza

senso comune, od ancora la mancanza di coerenza fra le varie
ragioni esposte, quindi l’assoluta incompatibilità razionale
degli argomenti e l’insanabile contrasto degli stessi. Ond’è
che risulta inidoneo allo scopo il far valere la non
del merito all’opinione che di essi abbia la parte ed, in
particolare, il prospettare un soggettivo preteso migliore e
più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti,
atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito
della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova
e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero
convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell'”iter”
formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della
norma in esame. Diversamente, si risolverebbe il motivo di
ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, in
un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni
effettuate ed, in base ad esse, delle conclusioni raggiunte
dal giudice del merito; cui, per le medesime considerazioni,
neppure può imputarsi d’aver omesso l’esplicita confutazione
delle tesi non accolte e/o la particolareggiata disamina
degli elementi di giudizio ritenuti non significativi,
giacché ne’ l’una ne’ l’altra gli sono richieste, mentre
soddisfa l’esigenza di adeguata motivazione che il raggiunto
convincimento risulti da un esame logico e coerente di
quelle, tra le prospettazioni delle parti e le emergenze
istruttorie, che siano state ritenute di per sé sole idonee e
sufficienti a giustificarlo (in tali termini, cfr. Cass. 23
maggio 2007 n. 12052).
Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa
applicazione degli artt. 1460, 2013, 2697 cod. civ., artt.
345, 115 e 116 cod. proc. civ. per avere la Corte

R.G. n. 30697/07
Udienza 14 maggio 2013
Bianchi c/ Comune di Brescia

-6-

rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice

territoriale fatto erronea applicazione del principio
dell’onere della prova e basato la propria decisione sulla
sentenza n. 664/04 del Tribunale di Brescia acquisita
irritualmente agli atti a seguito di produzione tardiva, in
documenti nuovi in appello.
Sono formulati due quesiti di diritto, con il primo dei
quali si chiede a questa Corte “se risulti violata la norma
di cui all’art. 2103 cod. civ. nella parte in cui la Corte di
appello di Brescia ha rimesso l’onere della prova circa la
dequalificazione professionale al solo lavoratore non tenendo
conto del principio espresso nella sentenza di Cassazione
civile Sez. Lavoro 6.3.2006 n. 4766 con riguardo al contenuto
del combinato disposto di cui agli artt. 2103 c.c. e 2697
c.c. primo e/o secondo comma, affermando la Corte di appello
di Brescia ‘l’onere della prova di essere rimasto inattivo è
del ricorrente, che lo allega come fatto produttivo di danno
da demansionamento sotto il

profilo della responsabilità

contrattuale per violazione

dell’art. 2103 c.c. e

non

dell’Amministrazione che, solo a fronte di una prova in tal
senso avrebbe avuto l’onere di provare a sua volta che
l’inutilizzo del Bianchi era

dovuto a cause a lei

non

imputabili (e di cui pure si è molto discusso in atti) e
consistenti nella contemporanea attività del ricorrente quale
libero professionista, con problemi evidenti di
incompatibilità, nella prestazione a part-time, che lo
escludeva dal lavoro di team o comunque da tutti quegli
incarichi che richiedevano una presenza assidua e continua
negli uffici comunali”, nonché nella parte in cui la medesima
Corte asserisce che “esiste un principio di prova forte di

R.G. n. 30697/07
Udienza 14 maggio 2013
Bianchi ci Comune di Brescia

-7-

violazione dei limiti di ammissibilità della produzione di

una sua (Bianchi) condotta ostruzionistica e scarsamente
collaborativa quale che fossero le mansioni a lui affidate”.
Con il secondo quesito di diritto si chiede “se è stata
violata la norma contenuta nell’art. 345, comma 3, cod. proc.
considerato nella sentenza il documento prodotto tardivamente
da controparte in allegato alle note conclusive; documento
più volte indicato e valutato dalla Corte di appello di
Brescia quale atto fondante piena prova e non mero indizio di
prova e dunque operando in contrasto con l’orientamento
espresso da Codesta Corte in ripetute sentenze ed in specie
sent. Cass. 2994 del 1982 e 779 del 1975”.
I due quesiti di diritto, entrambi vertenti su
iudicando

errores in

(art. 360 cod. proc. civ., n.3), presentano una

formulazione inidonea a valere per la generalità dei casi,
risolvendosi nella apodittica affermazione della violazione
di una norma di legge nel caso particolare e quindi non
corrispondono ai requisiti di ammissibilità prescritti per la
loro formulazione.
Il quesito di diritto deve essere formulato, ai sensi
dell’art. 366-bis cod. proc. civ., in termini tali da
costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così
da consentire al giudice di legittimità di enunciare una
“regula iuris” suscettibile di ricevere applicazione anche in
casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza
impugnata. Ne consegue che è inammissibile il motivo di
ricorso sorretto da quesito la cui formulazione, ponendosi in
violazione di quanto prescritto dal citato art. 366-bis, si
risolve sostanzialmente in una omessa proposizione del
quesito medesimo, per la sua inidoneità a chiarire l’errore
di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento

R.G. n. 30697/07
Udienza 14 maggio 2013
Bianchi c/ Comune di Brescia

-8-

civ. nella parte in cui la Corte di appello di Brescia ha

alla concreta fattispecie (Cass., Sezioni Unite, sent. 30
ottobre 2008 n. 26020).
Con specifico riferimento al primo quesito, nessun principio
di diritto risulta enucleabile nella formulazione sopra
legittimità n. 4766 del 6 marzo 2006 in tema di riparto degli
oneri probatori quando sia allegata dal lavoratore una
dequalificazione o venga dedotto un demansionamento e si
adduce che i relativi enunciati sarebbero stati male
applicati nel caso particolare. La censura, oltre ad essere
stata proposta con formulazione inammissibile, come già
detto, integra un’ipotesi di erronea ricognizione della
fattispecie concreta, a mezzo delle risultanze della causa di
merito; tale deduzione è da ritenersi esterna alla esatta
interpretazione delle norme di legge e impinge nella tipica
valutazione del giudice del merito, la cui censura è
ammissibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del
vizio di motivazione ma non sotto il profilo della violazione
o falsa applicazione di legge.
Il

secondo quesito verte

anch’esso

su questione

inammissibile. Con tale motivo ci si duole che il giudice di
appello abbia tratto argomenti di prova dalla sentenza del
Tribunale di Brescia n. 664/04, allegata dal Comune alle note
difensive di appello, costituente una produzione tardiva e
dunque inammissibile. Tuttavia, parte ricorrente omette di
riferire circa la formulazione, da parte sua, nel giudizio di
appello, di una eccezione di tardività della produzione
documentale di controparte, oltre che di allegare gli
elementi su cui fondare tale eccezione, con specifico
riguardo allo sviluppo del processo e al tempo della
formazione del documento, nonché al tempo della conoscenza o

R.G. n. 30697/07
Udienza 14 maggio 2013
Bianchi c/ Comune di Brescia

-9-

trascritta, che si limita a richiamare il precedente di

conoscibilità del provvedimento

(sentenza completa di

motivazione) da parte del Comune, in rapporto al momento in
cui la sentenza venne allegata e prodotta in giudizio. Vi è
dunque un palese difetto di autosufficienza in relazione alla
E’ noto che, secondo costante giurisprudenza di legittimità
(sin dalla pronuncia delle S.U. Cass. n. 8202 del 20 aprile
2005), la decadenza del diritto alla produzione dei documenti
non opera quando la produzione sia giustificata dal tempo
della loro formazione o dall’evolversi della vicenda
processuale successivamente al ricorso ed alla memoria di
costituzione.
Come affermato da questa Corte nella sentenza 13 luglio
2009 n. 16337 (conf. Cass. n. 16781 del 29 luglio 2011), nel
rito del lavoro, l’omessa indicazione dei documenti probatori
nell’atto di costituzione in giudizio, imposta dall’art. 416,
terzo comma cod. proc. civ., e l’omesso deposito degli stessi
contestualmente a tale atto, determinano la decadenza dal
diritto di produrli, salvo che i documenti si siano formati
successivamente ovvero la loro produzione sia giustificata
dallo sviluppo del processo (art. 420, quinto comma, cod.
proc. civ.). Ne consegue che, ove i documenti siano stati
prodotti in udienza, il giudice potrà dichiarare la decadenza
della parte ovvero, in alternativa, disporre l’ammissione
d’ufficio dei documenti medesimi ai sensi dell’art. 421,
secondo comma, cod. proc. civ., dovendosi ritenere, in tale
ultima ipotesi, che il silenzio della controparte – a cui
spetta la facoltà, entro il termine perentorio assegnato dal
giudice, di dedurre proprie istanze istruttorie – comporti
l’accettazione del provvedimento giudiziale di ammissione.

R.G. n. 30697/07
Udienza 14 maggio 2013
Bianchi c/ Comune di Brescia

eccezione di tardività sollevata ex art. 345 cod. proc. civ..

Nel caso di specie, la sentenza emessa in altro giudizio
tra le stesse parti risulta essere stata prodotta dal Comune
di Brescia in sede di note difensive (come riferisce la
sentenza impugnata), ossia in termine utile per consentire la
ammissibilità del documento o per avanzare un’istanza di
termine a difesa. Poiché non risultano formulate eccezioni,
né istanze in tal senso, in difetto di qualsiasi indicazione
emergente dalla sentenza o di motivi di censura
specificamente svolti al riguardo, deve concludersi che il
giudice abbia ammesso la produzione del documento in quanto
tempestiva, ossia giustificata dal tempo della sua formazione
e/o dall’evolversi della vicenda processuale successivamente
al ricorso ed alla memoria di costituzione in appello.
In conclusione, il ricorso va respinto.
Le spese, liquidate nella misura indicata in dispositivo,
sono poste a carico del ricorrente in applicazione del
principio della soccombenza.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in
Euro 3.500,00 per compensi e in Euro 50,00 per esborsi, oltre
accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 14 maggio 2013
Il Consigliere est.

Il Presidente

formulazione in udienza di eccezioni vertenti sulla

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA