Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19808 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 19808 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: MAMMONE GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 28549-2010 proposto da:
INTESA SANPAOLO S.P.A. 10810700152, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 31, presso
lo studio dell’avvocato PULSONI FABIO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato RAPONE
2013

RAFFAELLA, giusta delega in atti;
– ricorrente –

1404
contro

PERNA GIANCARLO, domiciliato in ROMA, VIA CHIANA 45,
presso lo studio dell’avvocato PILEGGI ANTONIO, che

Data pubblicazione: 28/08/2013

4.

lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 703/2010 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata il 31/05/2010 R.G.N.
1014/2008;

udienza del 18/04/2013 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
MAMMONE;
udito l’Avvocato RAPONE RAFFAELLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per:
in via principale per improcedibilità, in subordine
rigetto.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

1.- Con ricorso al Tribunale di Cosenza, Perna Giancarlo
dipendente di Intesa Sanpaolo s.p.a. con qualifica di quadro direttivo di
terzo livello, chiedeva la condanna del datore di lavoro al pagamento
della somma di € 11.688,24, corrispondente all’importo necessario a
mantenere il differenziale minimo contrattuale dal giugno 2004 tra la
retribuzione del livello di appartenenza e quello del secondo livello,
previsto dall’art. 76, c. 4, del cali 12.02.05.
2.- Rigettata la domanda e proposto appello dal Perna, la Corte
d’appello di Catanzaro con sentenza del 31.05.10 accoglieva
l’impugnazione e condannava l’Istituto datore al pagamento della
richiesta somma. Rilevava la Corte che detto art. 76 prevede che il
passaggio dal secondo al terzo livello della categoria dei quadri direttivi
deve comportare un aumento di retribuzione pari o superiore ad €
1.549,37 annui e che tale differenza deve rimanere inalterata nel tempo
rispetto al trattamento riservato al quadro direttivo di secondo livello
con pari anzianità. Nel caso di specie, pur essendo la retribuzione dei
quadri di secondo livello aumentata dall’1.06.04 di € 377,04 mensili,
l’Istituto aveva provveduto all’adeguamento solo in occasione del
riconoscimento del primo scatto di anzianità decorrente dal 1° gennaio
2007, di modo che era stata alterata la detta differenza minima per il
periodo intermedio decorrente dal 10 giugno 2004. Non essendo stata
fornita dal datore la prova dell’avvenuto pagamento dell’importo
necessario per mantenere “tempo per tempo”, secondo la previsione di
detto art. 76, la detta differenza retributiva minima la Corte di merito
condannava l’Istituto di credito al pagamento della detta incontestata
differenza.
3.- Per la cassazione di questa sentenza Intesa Sanpaolo propone
ricorso illustrato da memoria. Perna risponde con controricorso.
Motivi della decisione
4.- Preliminarmente deve rigettarsi l’ ccezione di improcedibilità
del controricorrente, proposta in ragiono(mancato deposito, assieme al
ricorso, delle fonti collettive invocate, ai sensi dell’art. 369, c. 2, n. 4
c.p.c.
Al riguardo deve rilevarsi che il ricorrente assolve all’onere
imposto dalla detta disposizione processuale, di produrre, a pena di
improcedibilità del ricorso, “gli atti processuali, i documenti, i contratti
o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda” anche mediante la
produzione del fascicolo nel quale detti atti siano contenuti e, quanto
agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, mediante il
deposito della richiesta di trasmissione di detto fascicolo presentata alla

Svolgimento del processo

9. Intesa Sanpaolo c. Perna Giancarlo (28549/10)

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cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e
restituita al richiedente munita di visto ai sensi dell’art. 369, c. 3, c.p.c.,
ferma, in ogni caso, l’esigenza di specifica indicazione, a pena di
inammissibilità ex art. 366, n. 6, c.p.c. degli atti, dei documenti e dei
dati necessari al reperimento degli stessi (S.u. 3.11.11 n. 22726). Nel
caso di specie parte ricorrente ha depositato assieme al ricorso i
fascicoli di parte dei precedenti gradi di giudizio e l’istanza di
trasmissione del fascicolo di ufficio, per cui può ritenersi adempiente al
detto onere processuale.
5.- Tanto premesso, i due motivi dedotti dall’Istituto ricorrente
possono sintetizzarsi come segue:
5.1.- Violazione dell’art. 1362 e segg. c.c. in relazione all’art. 76
del cali 12.02.05 e dell’accordo sindacale 24.11.96, nonché carenza di
motivazione. Il Perna, ai sensi del ccn1 11.07.99, era stato promosso
quadro direttivo di terzo livello con decorrenza 1.01.03 e maturò il
diritto all’assegno di anzianità di grado dovuto in base all’accordo del
novembre 1996 (pari ad C 377,04 mensili) al compimento del 15 0 anno
di permanenza nella categoria quadri, e cioè nel maggio 2004. In
occasione della promozione al terzo livello, al Perna fu fissata la
retribuzione annua lorda di C 35.710,90 (terzo livello con zero anni di
anzianità) e fu riconosciuto un assegno ad personam per conservargli la
retribuzione goduta fino a quel momento, oltre all’assegno di C
1.547,34 per garantire la differenza minima. Alla maturazione del
primo scatto di anzianità (1.01.07) era stato inoltre garantito
l’incremento minimo di € 1.549,34 rispetto alla retribuzione tabellare
del quadro direttivo di secondo livello. Ritenendo corretta tale
quantificazione e inapplicabile al Perna l’accordo 24.11.96 (fonte
normativa del richiesto assegno di C 377,04), il ricorrente considera la
pronunzia impugnata frutto di erronea interpretazione delle fonti
contrattuali che regolano la retribuzione.
5.2.- Violazione dell’art. 12 preleggi, in relazione agli arti. 342 e
434 c.p.c. e carenza di motivazione, lamentando erronea ed immotivata
reiezione dell’eccezione di inarnmissibilità dell’impugnazione formulata
da parte appellata in ragione della genericità delle conclusioni dell’atto
di appello, che si limitavano ad un mero richiamo delle domande
proposte nell’atto introduttivo.
6.- Anteponendo la trattazione del secondo motivo per ragioni
di pregiudizialità logica, deve rilevarsi che la Corte di merito ha
rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’appello ritenendo articolate
sufficientemente le conclusioni dell’appellante.
Ai fini della specificità dell’appello e della sua ammissibilità ciò
che conta è l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a
sostegno dell’impugnazione, le quali possono sostanziarsi anche nella

Per questi motivi
9. Intesa Sanpaolo c. Perna Giancarlo (28549/10)

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prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo
grado, purché da ciò derivi una critica adeguata e specifica della
decisione impugnata che consenta al giudice del gravame di percepire
con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni
adottate dal primo giudice (S.u. 25.11.08 n. 28057). Dato che
l’apprezzamento del contenuto dell’atto di impugnazione appartiene al
giudice del grado e che, nel caso di specie, il giudice stesso ha ritenuto
sufficientemente chiare le conclusioni dell’atto di appello, deve
ritenersi insussistente la indeterminatezza dell’impugnazione lamentata
dal ricorrente, con conseguente rigetto del motivo di ricorso.
7.- Quanto al primo motivo, deve rilevarsi che il ricorso è
fondato essenzialmente sull’individuazione della fonte collettiva ab
initio regolatrice del rapporto di lavoro del Perna, che ad avviso della
ricorrente andrebbe individuata non nell’accordo sindacale aziendale
26.11.96, ma nel ccn1 Carical 6.04.1995; l’applicazione o meno delle
disposizioni dell’art. 76 del ccn1 12.02.05 costituirebbe una questione
consequenziale.
L’accordo 26.11.96 ed il ccn1 12.02.05 non sono presi in
considerazione dalla Corte d’appello, la quale ha invece preso in esame
le disposizioni di detto art. 76, ritenendole piénamente applicabili alla
posizione del Pema. Sarebbe stato onere della parte ricorrente
segnalare al giudice di legittimità i termini nei quali la questione
preliminare dell’applicazione delle precedenti fonti collettive aveva
avuto ingresso in causa e, soprattutto, precisare se la Banca, vincitrice
in primo grado, avesse reiterato dinanzi al giudice di appello, ai sensi
dell’art. 346 c.p.c. le eccezioni al riguardo dedotte dinanzi al primo
giudice.
Non essendo dedotto il vizio di omesso esame e mancando
dette puntuali indicazioni, le censure contenute nel mezzo di
impugnazione sono inidonee a colpire il decisum del giudice di appello,
in quanto introducono questioni e fonti regolatrici del rapporto che il
giudice di legittimità non può prendere in esame.
Non essendo validamente impugnata la pronunzia, il motivo
deve essere pertanto ritenuto infondato.
8.- In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere rigettato,
con conseguente condanna del ricorrente alle spese del giudizio di
legittimità nella misura di seguito indicata.
I compensi professionali vanno liquidati in € 2.500 sulla base del
d.m. 20.07.12 n. 140, tab. A-Avvocati, con riferimento a solo due delle
tre fasi previste per il giudizio di cassazione (studio, introduzione del
giudizio) ed allo scaglione del valore fino ad € 25.000.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del
giudizio di legittimità, che liquida in € 50 (cinquanta) per esborsi ed in
€ 2.100 (duemilacento) per compensi, oltre Iva e Cpa.
Così deciso in Roma il 18 aprile 2013
Presidente

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