Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19807 del 28/08/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 3 Num. 19807 Anno 2013
Presidente: UCCELLA FULVIO
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA

SENTENZA

sul ricorso 7087-2010 proposto da:
GIGANTE GRAZIELLA GGNGZL61R64L309D,

elettivamente

domiciliata in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE
DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato
BELTRAME ALESSANDRO giusta delega in atti;
– ricorrente 2013
1621

contro

COMUNE DI MANZANO 00548040302 in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA BARNABA TORTOLINI 13, presso lo studio
dell’avvocato VERINO MARIO ETTORE, rappresentato e

1

Data pubblicazione: 28/08/2013

difeso dall’avvocato BULFONE ENRICO giusta delega in
atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 78/2009 della CORTE D’APPELLO
di TRIESTE, depositata il 07/03/2009, R.G.N. 335/2006;

udienza del 10/07/2013 dal Consigliere Dott.
GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;
udito l’Avvocato MARIO VERINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso;

2

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
l.-

Con la decisione ora impugnata, pubblicata il 7 marzo

2009, la Corte d’Appello di Trieste ha rigettato l’appello
proposto da Graziella Gigante nei confronti del Comune di
Manzano avverso la sentenza n. 117/2005 del Tribunale di Udine,

pagamento delle spese del grado.
Con la sentenza appellata era stata rigettata l’opposizione
proposta dalla Gigante avverso il precetto notificatole ad
istanza del Comune di Manzano, con cui le era stato intimato il
pagamento della somma di C 33.355,74, quale differenza tra
l’indennità di espropriazione di un terreno di sua proprietà
corrispostale in forza di sentenza della Corte d’Appello di
Trieste e la diversa somma, allo stesso titolo, rideterminata
da altra sentenza della medesima Corte, a seguito della
cassazione con rinvio della prima sentenza da parte del giudice
di legittimità. L’opposizione era fondata sulla pretesa natura
di accertamento e non di condanna della seconda sentenza,
avente il n. 147/03, che, secondo la Gigante, non avrebbe avuto
natura di titolo esecutivo; il Comune opposto aveva invece
sostenuto la natura esecutiva di detta sentenza, posta a base
del precetto oggetto di opposizione.
L’interpretazione della sentenza della Corte d’Appello di
Trieste n. 147/03 come titolo esecutivo, fatta propria dal
Tribunale di Udine, sezione distaccata di Cividale, è stata
confermata dalla sentenza della Corte d’Appello di Trieste.

3

sezione distaccata di Cividale, condannando l’appellante al

2.-

Avverso quest’ultima sentenza Graziella Gigante propone

ricorso affidato a due motivi, illustrati da memoria.
Il Comune di Manzano resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
l.- Il ricorso è inammissibile, per diversi profili riferibili

In primo luogo, va rilevato che il ricorso è soggetto, quanto
alla formulazione dei motivi, al regime dell’art. 366

bís

c.p.c. (inserito dall’art. 6 del decreto legislativo 2 febbraio
2006 n. 40, ed abrogato dall’art. 47, comma l, lett. d, della
legge 18 giugno 2009 n. 69), applicabile in considerazione
della data di pubblicazione della sentenza impugnata (7 marzo
2009).
Col secondo motivo si deduce insufficienza della motivazione,
in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.
Non

si

rinviene,

in

calce

in

altra

parte

dell’illustrazione del motivo, il momento di sintesi, o c.d.
quesito di fatto, richiesta dalla norma, così come interpretata
dalla giurisprudenza di questa Corte, che qui si ribadisce
(cfr. Cass. S.U. n. 20603/07, secondo cui, in tema di
formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i
provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 2
febbraio 2006, n. 40 ed impugnati per omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione, poiché secondo l’art. 366 bis cod.
proc. civ., introdotto dalla riforma, nel caso previsto
dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., l’illustrazione di ciascun

4

al primo ed al secondo motivo.

motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara
indicazione del fatto controverso in relazione al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le
ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione
la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa

quesito di diritto- che ne circoscriva puntualmente i limiti,
in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione
del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità; nello
stesso senso, tra le altre, Cass. n. 24255/11).
Va perciò ritenuta l’inammissibilità del motivo esaminato.
2.-

Col primo motivo si deduce violazione dell’art. 474 cod.

proc. civ., in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.
Il motivo si conclude con i seguenti quesiti di diritto:
«se la sentenza resa in esito al procedimento di accertamento
dell’indennità di esproprio ai sensi dell’art. 19 della L. 22
ottobre 1971 n. 865 abbia natura di sentenza di condanna al
pagamento di somma o non abbia, al contrario, natura di mero
accertamento in ordine alla determinazione dell’indennità di
esproprio spettante al proprietario dei fondi estolti»;
« se la sentenza resa all’esito del procedimento di
accertamento dell’indennità di esproprio che ha determinato la
indennità da corrispondersi dal comune all’espropriato possa
costituire titolo esecutivo per il pagamento di somme di denaro
a carico dell’espropriata ed a favore del Comune o se, al
contrario, tale decisione non possa costituire titolo per

5

censura deve contenere, un momento di sintesi -omologo del

procedere in executivis

nei confronti dell’esprcpriata per il

pagamento di somme di denaro».
Si tratta di quesiti che enunciano in maniera assolutamente
generica la questione di diritto sottoposta all’esame della
Corte, poiché, nel porre l’alternativa tra l’essere o meno la

dell’indennità di esproprio titolo esecutivo per il pagamento
di somme di denaro, non consentono alcuna risposta utile in
termini assoluti, dipendendo la natura di titolo esecutivo
dalle statuizioni in concreto contenute nella sentenza
conclusiva del giudizio ivi indicato; malgrado ciò, nessuno dei
due quesiti contiene alcun riferimento alla concreta vicenda
processuale, poiché non è detto né quale fosse, nel caso di
specie, il contenuto della sentenza la cui natura di titolo
esecutivo è in discussione, né quale sia stata
l’interpretazione data dal giudice

a quo.

Per come formulati,

già i quesiti non consentono l’individuazione dell’errore di
diritto nel quale, a giudizio della ricorrente, sarebbe incorsa
la Corte territoriale, né l’enunciazione di una

regula iuris

applicabile anche in casi ulteriori rispetto a quello da
decidere, poiché di questo non fornisce valida sintesi logicogiuridica (cfr., per la funzione riservata ai quesiti di
diritto, tra le altre Cass. S.U. n. 26020/08 e n. 28536/08).
2.1.-

Alle riscontrate carenze dei quesiti di diritto

corrisponde, peraltro, la violazione dell’art. 366 n. 6 cod.
proc. civ., poiché, pur essendo il primo motivo di ricorso

6

sentenza resa all’esito del procedimento di accertamento

relativo alla portata delle statuizioni di cui alla sentenza
della Corte d’Appello di Trieste n. 147/2003 -che, secondo la
ricorrente, non conterrebbe alcuna condanna della stessa
Gigante alla restituzione, in favore del Comune di Manzano,
delle somme indicate nel precetto opposto- esso non riporta in

sintesi, il dispositivo né la motivazione della sentenza della
cui esecuzione si tratta; né queste sono desumibili da altre
parti del ricorso.
Al riguardo, va ribadito che il principio di autosufficienza
del ricorso per cassazione va inteso in senso rigoroso, e deve
essere rispettato, oltre che per consentire al giudice di
legittimità di verificare la sussistenza di un eventuale
difetto o carenza di motivazione, anche per consentirgli di
verificare la presenza del vizio di violazione di legge; in
particolare, il ricorrente che censuri la violazione o falsa
applicazione di norme di diritto, quali quelle processuali,
deve indicare anche gli elementi fattuali in concreto
condizionanti gli ambiti di operatività della violazione (così
Cass. n. 15910/05; n. 9076/06; cfr. anche ord. n. 17253/09).
La contestazione della natura di titolo esecutivo della
sentenza posta a fondamento del precetto avverso il quale sia
stata avanzata opposizione ex art. 615, comma primo, cod. proc.
civ., sull’assunto che non contenga alcuna statuizione di
condanna, postula la specificazione da parte del ricorrente se necessario, attraverso la trascrizione nel ricorso del

7

alcuna parte della sua illustrazione, né testualmente né per

dispositivo e

dell’intera motivazione (o di quella parte di

essa rilevante allo scopo), che il ricorrente assume avere
natura di accertamento e che invece la sentenza impugnata ha
ritenuto avere natura di condanna- del contenuto che detta
sentenza ha nel caso concreto, perché solo tale specificazione

denuncia di error in procedendo,

l’esame diretto degli atti di

causa – di avere cognizione diretta dell’oggetto sia della
sentenza impugnata che del ricorso contenente le critiche e,
quindi, di considerare l’una e le altre, non in astratto, ma
con riferimento all’atto (nel caso di specie la sentenza n.
147/03) preso concretamente in esame. Il primo motivo di
ricorso è inammissibile anche sotto tale profilo, così come
eccepito col controricorso.
Si deve aggiungere che, contrariamente a quanto sostenuto con
la memoria ex art. 378 cod. proc. civ., la norma dell’art. 366
n. 6 cod. proc. civ. trova applicazione a tutti i ricorsi
proposti dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo 2
febbraio 2006 n. 40 e quindi va applicata anche al presente
ricorso, notificato il 3 marzo 2010.
Per di più, il ricorso, oltre a non riportare né validamente
richiamare la sentenza sulla quale è fondato, non contiene
nemmeno l’indicazione della sede processuale in cui reperirne
copia, come pure avrebbe dovuto (cfr. Cass. ord. n. 69379/10),
mancando ogni riferimento al fascicolo di parte ed ai documenti
prodotti unitamente al ricorso.

8

consente al giudice di legittimità – cui è precluso, salva la

In conclusione, il ricorso è inammissibile.
3.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue

la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio, liquidate come da dispositivo.
Per questi motivi

ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di
cassazione, che liquida, in favore del resistente, nella somma
di e

2.700,00, di cui C 200,00 per esborsi, oltre accessori

come per legge.
Così deciso in Roma, in data 10 luglio 2013.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA