Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19806 del 22/09/2020

Cassazione civile sez. II, 22/09/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 22/09/2020), n.19806

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2393/2016 proposto da:

A.C.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANNA DONDI;

– ricorrente –

contro

SIVIM SRL, IN CONCORDATO PREVENTIVO, in persona del legale

rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1819/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 16/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/02/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO.

 

Fatto

RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE

La sig.ra A.C.L. convenne davanti al Tribunale di Alessandria la società SIVIM s.r.l. chiedendo la risoluzione del contratto di compravendita immobiliare stipulato con la società convenuta e la conseguente condanna di quest’ultima alla restituzione del prezzo versato all’atto dell’acquisto, nonchè al risarcimento dei danni subiti a causa dell’incommerciabilità ed inutilizzabilità del bene immobile compravenduto, in quanto privo di certificato di abitabilità ed edificato in violazione della normativa edilizia.

Il Tribunale di Alessandria dichiarava la risoluzione del contratto per grave inadempimento della veditrice e, per l’effetto, condannava la SIVIM s.r.l. alla restituzione del prezzo di Euro 219.494,18 e la sig.ra A. alla restituzione dell’immobile oggetto del contratto.

La Corte di appello di Torino, adita con l’impugnazione principale della SIVIM e l’impugnazione incidentale della sig.ra A. rigettava la prima e accoglieva solo parzialmente la seconda.

In particolare, per quanto ancora interessa, la Corte subalpina confermava la statuizione del primo giudice che aveva rigettato la domanda restitutoria della sig.ra A. per la parte relativa all’Iva versata alla società venditrice sul prezzo dell’immobile.

Secondo la corte d’appello la pretesa di restituzione di somme pagate a titolo di Iva doveva giudicarsi inammissibile, giacchè la relativa legittimazione passiva sarebbe spettata all’Agenzia delle entrate, cui l’imposta era stata versata dalla SIVIM quale sostituto d’imposta.

Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Torino la sig.ra A. ha proposto ricorso sulla scorta di un solo motivo.

L’intimata società SIVIM s.r.l. non ha spiegato attività difensiva in questa sede.

La causa è stata decisa nell’adunanza di Camera di consiglio del 12 febbraio 2020, per la quale non sono state depositate memorie.

Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 30 e 38 bis, in cui la Corte d’appello sarebbe incorsa negando la legittimazione passiva della società SIVIM – e sostenendo che tale legittimazione competerebbe all’Agenzia delle entrate – rispetto alla domanda sig.ra A. di restituzione della somma versata a titolo di Iva sul prezzo dell’immobile compravenduto con il contratto giudizialmente risolto.

Il motivo è fondato. Questa Corte, infatti, ha già avuto modo di chiarire che il soggetto che, ricevendo un compenso quale cedente o prestatore di servizio, addebiti a chi glielo corrisponde l’Iva, esercitando la rivalsa che gli compete quale soggetto passivo della relativa obbligazione tributaria (ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633), quando, per le vicende inerenti il rapporto con la controparte, sia tenuto a restituire il compenso ricevuto, è obbligato a restituirlo anche nella parte corrispondente alla somma ricevuta per l’addebito dell’imposta in ragione della rivalsa, posto che la prestazione ricevuta, divenuta indebita per effetto della risoluzione, comprendeva anche quella somma (Cass. n. 23849/08, Cass. n. 1190/15).

Il ricorso va quindi accolto e l’impugnata sentenza va cassata con rinvio alla Corte d’appello di Torino, in altra composizione, che si atterrà al principio di diritto sopra enunciato e regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Torino, in altra composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2020

 

 

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