Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19805 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 19805 Anno 2013
Presidente: TRIFONE FRANCESCO
Relatore: AMATUCCI ALFONSO

SENTENZA

sul ricorso 6273-2010 proposto da:
BRILLANTE GIOVANNI BRLGNN37P07B885F, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 109, presso lo
studio

GAGLIARDO

dell’avvocato

SALVATORE,

rappresentato e difeso dall’avvocato ROSSETTI EDOARDO,
giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
1593

contro

DETTORI GIULIANA DTTGLN55H62L219S, DETTORI MARIANGELA
DTTMNG52C55L219Y, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIALE GIULIO CESARE 14 A-4, presso lo studio

1

Data pubblicazione: 28/08/2013

dell’avvocato PAFUNDI GABRIELE, che li rappresenta e
difende unitamente agli avvocati BASSO MARIA
MADDALENA, BASSO GIADA, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 1549/2008 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/07/2013 dal Consigliere Dott. ALFONSO
AMATUCCI;
udito l’Avvocato GABRIELE PAFUNDI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

2

di TORINO, depositata il 22/07/2009 R.G.N. 16/08;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.

Nel 2005 Giovanni Brillante – che abitava nell’appartamento

locatogli una prima volta da Pasquale Dettori nel 1964 e, una
seconda volta, dopo la sua morte avvenuta nel 1998, dalle figlie
Maria Angela e Giuliana Dettori nel 2004 – convenne queste ultime

pagate in eccesso rispetto al canone dovuto ai sensi della legge
n. 392 del 1978, per gli anni dal 1994 al 2003.
Le convenute resistettero sostenendo che il Brillante aveva
abusivamente occupato gli immobili dopo le numerose disdette
intimategli negli anni 1982, 1983, 1984 e 1985 da Pasquale
Dettori, che affermarono essere risultato poi affetto da demenza
senile. Eccepirono anche la prescrizione e in via subordinata
l’erroneità per varie ragioni dei calcoli effettuati dal c.t.u.;
svolsero poi domanda riconvenzionale per i danni derivanti da
taluni tubi apposti nell’appartamento.
Con sentenza n. 3137 del 2007 il Tribunale di Torino accolse la
domanda del Brillante (per somma non indicata nella sentenza in
questa sede impugnata, né da alcuna delle parti) e respinse quella
riconvenzionale delle Dettori.
2.-

La decisione è stata riformata dalla Corte d’appello di

Torino che, decidendo con sentenza n. 1549 del 2008 depositata il
22.7.2009, in parziale accoglimento dell’appello principale delle
Dettori, ha respinto la domanda di restituzione del Brillante, che
ricorre per cassazione affidandosi a due motivi illustrati anche
da memoria, cui resistono con controricorso le intimate.

3

in giudizio chiedendone la condanna alla restituzione delle somme

MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- La Corte d’appello ha escluso che la tolleranza dello stato
d’occupazione dopo la fine del rapporto, che fece seguito alla
scadenza quadriennale successiva alla disdetta del 12.5.1985,
potesse essere riguardato come una rinnovazione tacita in assenza

non potendosi considerare né la percezione di somme mensili,
comunque

dovute

come

indennità

di

occupazione,

la

corresponsione di una somma superiore all’equo canone a partire
dal 1994. Ne costituiva conferma il nuovo contratto concluso dalle
eredi del Dettori nel 2004 senza richiamo al pregresso rapporto e,
fondato su basi volitive nuove, conformi alla sopravvenuta 1. n.
431 del 1998, non prevedente vincoli sull’entità del canone.
Di tanto si duole il ricorrente censurando la sentenza:
– col primo motivo, per violazione falsa applicazione di norme
di diritto (artt. 1597, terzo comma, 2946 cod. civ. e 12 delle
disposizioni sulla legge in generale);
– e,

col secondo motivo, per “omessa,

insufficiente o

contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo
del giudice” (ma,
2.-

recte, del giudizio).

Col primo motivo di ricorso si chiede che la Corte di

cassazione affermi i seguenti principi di diritto:
– “che a mente dell’art. 1597 cod. civ., anche in caso di
disdetta, allorché sia trascorso un lasso temporale pari ad un
rinnovo ed addirittura a più rinnovi (come nel caso di specie)
quadriennali si debba intendere rinnovato l’originario contratto”;

4

di elementi ulteriori che consentissero siffatta conclusione, tale

”che a mente dell’art. 2946 cod. civ. (secondo anche la lettura
dell’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale) i diritti
che scaturiscono dalla disdetta sono soggetti al termine
prescrizionale ordinario di dieci anni”.
2.1.

All’enunciazione da parte della Corte di legittimità del

che, nell’ipotesi di cui al terzo comma dell’art. 1597 cod. civ.,
nella quale cioè sia stata data licenza (disdetta),
l’apprezzamento circa la sussistenza o meno della rinnovazione
tacita del contratto è devoluto esclusivamente al giudice del
merito; si tratta, infatti, di ipotesi diversa da quella
considerata dal primo comma nella quale, in difetto appunto di
disdetta, la legge attribuisce al fatto che il conduttore mantenga
e sia lasciato nella detenzione dell’immobile il significato, che
gli è normalmente proprio, di inequivoca manifestazione della
comune volontà delle parti di continuare il rapporto (ex coeteris,
Cass., n. 5619/1994).
Nel caso in esame è assolutamente pacifico che erano state date
numerose disdette; ed il giudice del merito ha escluso che
sussistessero elementi idonei a far ritenere, in modo non
equivoco, la volontà delle parti di rinnovare il rapporto
locativo. Giusto o sbagliato che quell’apprezzamento sia stato in
fatto, non è configurabile una violazione di legge in relazione
alla mera considerazione del lasso di tempo per il quale il
conduttore è stato lasciato nella detenzione dell’immobile dopo la
disdetta.

5

primo dei principi che si chiede siano affermati osta il rilievo

2.2.-

Il secondo profilo della censura è inammissibile per la

novità della questione posta, al di là della difficoltà di
cogliere quali siano gli specifici diritti che il ricorrente
assume prescritti, che non sono indicati, essendone precisato solo
il fatto genetico

(“diritti scaturenti dall’originaria disdetta”:

Sicché il profilo di censura sarebbe anche per tale sola ragione
inammissibile ex art. 366, n. 4, c.p.c..
3.- Col secondo motivo si imputa alla Corte d’appello di essersi
limitata all’affermazione qui di seguito riportata in parentesi
(“è vero che dopo il 1985 non vi sono state altre disdette, non
essendo esse peraltro necessarie (vale aggiungere), per ottenere
la cessazione degli effetti del precedente contratto, ma è
altrettanto vero che non si rinviene, come prima considerato,
neppure per

facta concludentia,

alcun elemento in grado di

attestare la diversa volontà del Dettori di prorogare gli effetti
contrattuali e di revocare le disdette precedenti, valide ed
efficaci”),

senza nulla dire sulla mancata richiesta di

restituzione dal 1985 al 1994 e sull’accettazione pacifica del
canone da parte delle eredi del locatore dal 1998 al 2003,
addirittura affermando l’irrilevanza indiziaria dell’avvenuto
aumento del canone nel 1994 (ad C 203,87), così pretermettendo
circostanze che, se apprezzate, non avrebbero potuto che indurre a
concludere, in via presuntiva, che il contratto era stato
rinnovato.
3.1.- Neppure questa censura può essere accolta.

6

pag. 12 del ricorso).

La Corte d’appello ha

ampiamente ed analiticamente motivato

(alle pagine da 13 a 21) sulle ragioni per le quali ha escluso che
il contrato fosse stato rinnovato, considerando anche elementi
sintomatici ulteriori rispetto a quelli menzionati dal ricorrente,
quale ad esempio la “volontà di segno contrario al proseguimento

dal Dettori, all’amministratore del condominio, geom. Mila n i,
nella lettera inviatagli proprio nel corso del 1994, in data
2.5.1994, allorché dette maggiori somme mensili venivano
corrisposte dal Brillante sin dal gennaio di tale anno”

(pag. 17

della sentenza).
Ha, insomma, operato una scelta di puro merito, nell’apprezzare i
vari elementi, in ordine alla prevalenza o no di quelli
sintomatici di una intervenuta rinnovazione, che ha escluso in
esito ad un apprezzamento del fatto che non può essere in questa
sede reiterato e che è giustificato sulla base di una motivazione
congrua.
4.- Il ricorso è conclusivamente respinto.
La difformità tra le decisioni di merito e le caratteristiche
della vicenda giustificano la compensazione delle spese del
giudizio di cassazione.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
rigetta il ricorso e compensa le spese.
Roma, 5 luglio 2013

del rapporto, ancora una volta ribadita, in modo chiaro e coerente

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