Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19805 del 17/09/2010

Cassazione civile sez. I, 17/09/2010, (ud. 22/04/2010, dep. 17/09/2010), n.19805

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

G.C., domiciliato in Roma, Piazza, Cavour, presso la

cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avv. LOJODICE Oscar per procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Lecce in data 25 novembre

2008, nella causa iscritta al n. 221/2008 R.G. V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22 aprile 2010 dal relatore, Cons. Dott. Stefano Schirò;

alla presenza del Pubblico ministero, in persona del Sostituto

Procuratore Generale, Dott. PRATIS Pierfelice, che nulla ha

osservato;

La Corte:

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti:

“Il Consigliere Relatore, letti gli atti depositati;

Ritenuto che:

1. C.G. ha proposto ricorso per cassazione nei confronti del Ministero della giustizia avverso il decreto della Corte di appello di Lecce in data 25 novembre 20078 in materia di equa riparazione della L. n. 89 del 2001, ex art. 2;

1.1. il Ministero intimato ha resistito con controricorso;

Osserva:

2. i primi tre motivi appaiono manifestamente infondati, in quanto l’interpretazione della domanda e degli atti difensivi delle parti è rimessa alla valutazione del giudice di merito ed è censurabile solo per vizio di motivazione, nella specie non dedotto; inoltre, la sussistenza del pregiudizio costituisce fatto costitutivo del diritto fatto valere rilevabile dal giudice d’ufficio, al pari di tutte le ragioni che possono portare al rigetto della domanda per difetto delle sue condizioni di fondatezza (Cass. 2006/421);

2.1. il quarto motivo, relativo a vizio di motivazione, appare inammissibile, in quanto è stata dedotta genericamente sia la mancanza, che l’insufficienza e contraddittorietà della motivazione, in violazione dell’obbligo di formulare le censure (e quindi anche i quesiti di diritti e i momenti di sintesi ex art. 366 bis c.p.c.) in modo rigoroso e preciso, secondo le regole di chiarezza indicate dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile alla fattispecie ratione temporis, (Cass. 2008/9470), evitando doglianze multiple e cumulative (Cass. 2008/5471), così da non ingenerare incertezze in sede di formulazione e di valutazione della loro ammissibilità (Cass. 2008/2652); inoltre il ricorrente non ha illustrato il motivo di censura con la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, attraverso un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità e da evitare che all’individuazione di detto fatto controverso possa pervenirsi solo attraverso la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo e all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore (Cass. S.U. 2007/20603; Cass. 2007/16002; 2008/8897);

3. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilievi formulati, si ritiene che il ricorso possa essere trattato in Camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;

B) osservato che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione;

ritenuto pertanto che, in base alle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato e che le spese del giudizio di cassazione, da liquidarsi come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna G.C. al pagamento in favore del Ministero della giustizia delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 800,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 22 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2010

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