Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19805 del 09/08/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 09/08/2017, (ud. 30/01/2017, dep.09/08/2017),  n. 19805

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 23257/2012 R.G proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

GRIPEL s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Antonio De Simona,

con domicilio eletto in Roma, Napoli, via Nuova Marina 5, presso lo

studio del difensore;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale delle

Campania, depositata il 27 febbraio 2012;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 30 gennaio 2017

dal Consigliere Giuseppe Tedesco;

uditi l’avv. Pasquale Pucciariello per l’Avvocatura generale dello

Stato e l’avv. Raffaele Locantore per la società;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale ZENO Immacolata, che ha concluso chiedendo il rigetto del

ricorso,

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Commissione tributaria regionale della Campania (Ctr) ha respinto l’appello proposto dalla Agenzia delle Entrate, a difesa di atti impositivi emessi a seguito di una verifica eseguita presso una società diversa dalla contribuente, nel corso della quale furono rinvenute sette fatture emesse da quest’ultima emesse per la vendita di pellami. Sulla base del tipo di attività svolta dall’acquirente, l’Amministrazione suppose la inesistenza delle relative operazioni. Il risparmio di imposta così ottenuto dalla cessionaria fu imputato per la metà alla cedente, posto che fra i redditi imponibili dovevano intendersi ricompresi anche i proventi da illecito.

La Ctr ritenne che il semplice ritrovamento delle fatture non giustificasse, in assenza di altri elementi, l’accertamento induttivo nei confronti della società, la quale aveva sporto querela contro la cessionaria e in presenza di analoghe operazioni poste in essere con diversi operatori commerciali.

Contro la sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, cui la contribuente replica con controricorso.

Il collegio ha autorizzato la redazione della sentenza in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si deduce violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39 e 40, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1.

Si deduce altresì la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, del D.Lgs. 546 del 1992, art. 36 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1.

L’affermazione censurata è quella secondo cui non era sufficiente a fondare l’accertamento il ritrovamento delle fatture, ma occorrevano altri elementi.

Il motivo propone cumulativamente mezzi di impugnazione eterogenei in termini tali da non consentire di enucleare quale sia la censura effettivamente proposta. Non si comprende se la sentenza sia stata denunciata per avere ritenuto necessari, in aggiunta alle fatture, altri elementi, ovvero per non avere valutato gli altri elementi che pure furono addotti.

La scelta del mezzo appropriato non può essere rimessa al giudice di legittimità.

Con il secondo si motivo deduce la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39 e 40, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1.

Si deduce altresì l’omessa insufficiente contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1.

Il motivo è fondato. Invero la Commissione tributaria regionale ha negato che il ritrovamento delle fatture presso la diversa società fosse sufficiente da solo a fondare l’accertamento nei confronti della contribuente, senza indagare se quelle stesse fatture, nella situazione concreta e in rapporto al tipo di attività posta in essere dall’acquirente, riflettessero, secondo l’ipotesi del Fisco, operazioni inesistenti, ma sulla base dell’assunto che fossero comunque necessari ulteriori elementi. Il che non è esatto, perchè anche un solo elemento, purchè munito dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, può integrare una idonea presunzione idonea a giustificare un accertamento analitico induttivo, con conseguente inversione dell’onere probatorio a carico del contribuente.

La Ctr prosegue nella propria ricostruzione ponendo l’accento sul fatto che il legale rappresentante della contribuente aveva proposto querela nei confronti dei titolari della società pretesa cessionaria; e inoltre evidenziando il ritrovamento, presso la sede della contribuente, di fatture speculari a quelle contestate emesse nei confronti di diversi operatori commerciali, per importi diversi e regolarmente registrate.

In verità non si comprende se tali elementi siano stati indicati per svalutare il significato presuntivo di quanto dedotto dal Fisco, e cioè per rafforzare la tesi secondo cui le fatture non bastavano nella specie a giustificare l’accertamento, ovvero per evidenziare che, al di là dal significato delle fatture, la contribuente aveva offerto una prova convincente, sotto il profilo soggettivo, della propria estraneità ai fatti.

Nell’uno e nell’altro caso la decisione incorre nel vizio motivazionale denunciato con il motivo, perchè l’uno e l’altro elemento, in rapporto al fatto oggettivo che la cessionaria non svolgeva attività di impresa compatibile con il tipo di acquisto risultante dalle fatture, non attenuavano minimamente il valore presuntivo dei documenti, nè bastavano a integrare la prova contraria della estraneità ai fatti che l’operatività della presunzione imponeva all’acquirente di fornire.

In conclusione, si impone la cassazione della sentenza in relazione al secondo motivo di ricorso, con rinvio per nuovo esame alla Commissione tributaria della Campania in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

 

dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2017

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