Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19803 del 22/09/2020

Cassazione civile sez. II, 22/09/2020, (ud. 17/01/2020, dep. 22/09/2020), n.19803

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14402/2016 proposto da:

D.R.M., elettivamente domiciliata in ROMA, V. A. LOCATELLI

1, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO VALENTINO, rappresentata e

difesa dall’avvocato BRUNO SELLITTI;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO DI C.D., in persona del Curatore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE SANTO 52,

presso lo studio dell’avvocato ANTONIO BACCARI, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

e contro

CI.DA., C.A.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 2006/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 04/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/01/2020 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

 

Fatto

PREMESSO

che:

1. Con atto di citazione del 5 novembre 2005 il Fallimento n. (OMISSIS) – C.D. (di seguito Fallimento) conveniva in giudizio Ci.Da. e A., nonchè D.R.M. chiedendo al Tribunale di Napoli di dichiarare l’illiceità e la simulazione assoluta di due contratti di compravendita: il contratto con cui nel 2000 C.D. aveva venduto alle figlie C.A. e Da. la nuda proprietà della sua quota di comproprietà pari alla metà di un fabbricato sito in (OMISSIS), nonchè a Ci.Da. sia la nuda proprietà di un immobile sito in (OMISSIS) che la nuda proprietà della sua quota di comproprietà pari alla metà di un immobile sito in (OMISSIS); il contratto con cui nel 2004 C.D. e sua figlia Ci.Da. avevano alienato a D.R.M. la piena ed esclusiva proprietà dell’immobile sito in (OMISSIS); per l’effetto, l’attore chiedeva la condanna delle convenute alla restituzione degli immobili oggetto delle compravendite, ciascuna per i rispettivi diritti.

Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 10827/2011, rigettava le domande attoree nei confronti di Ci.Da. e A., ritenendo l’atto intervenuto tra la parti una donazione indiretta; dichiarava inammissibile la domanda di simulazione dell’atto di acquisto di D.R.M. della nuda proprietà dell’immobile sito in (OMISSIS), mentre accoglieva la domanda proposta nei confronti della medesima di simulazione della vendita dell’usufrutto da parte di C.D..

2. Contro la sentenza proponeva appello il Fallimento. Costituitasi in giudizio, D.R.M. spiegava appello incidentale in relazione all’accoglimento della domanda di simulazione della vendita dell’usufrutto, essendo la pronuncia viziata da ultra petizione per non avere l’attore proposto domanda di simulazione in relazione al diritto di usufrutto, per non essere stata accertata la malafede del terzo acquirente, per non essere stato considerato l’avvenuto pagamento del corrispettivo e per non essere stata valutata la controdichiarazione in ordine all’entità del corrispettivo della compravendita.

Con sentenza 4 maggio 2015, n. 2006, la Corte d’appello di Napoli accoglieva l’appello principale, rigettava quello incidentale e per l’effetto dichiarava la simulazione assoluta del contratto di compravendita con cui C.D. aveva venduto a Ci.Da. la nuda proprietà dell’immobile sito in (OMISSIS), la sua quota di comproprietà pari alla metà dell’immobile sito in (OMISSIS) nonchè la simulazione assoluta del contratto di compravendita con cui lo stesso aveva alienato alle figlie Da. e A. la nuda proprietà della sua quota di comproprietà pari alla meta dell’immobile sito in (OMISSIS); conseguentemente, la Corte d’appello dichiarava la simulazione assoluta del contratto di compravendita con cui C.D. e Da. avevano venduto a D.R.M. la piena proprietà dell’immobile sito in (OMISSIS) e condannava le convenute “al rilascio in favore della curatela fallimentare dei diritti inerenti gli immobili”.

3. Contro la sentenza ricorre per cassazione D.R.M.. Resiste con controricorso il Fallimento.

Le intimate Ci.Da. ed C.A. non hanno proposto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

I. Il ricorso è articolato in quattro motivi:

a) Il primo motivo denuncia “violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 342 c.p.c.”, per non avere la Corte di appello ritenuto l’appello inammissibile a causa della sua mancata specificità, in relazione alle parti del provvedimento appellate e alle modifiche richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal primo giudice; l’art. 342, come riformato dal D.L. n. 83 del 2012, vuole che siano chiaramente esposte le parti della sentenza che si intendono impugnare e le modifiche che vengono richieste e ciò non può essere desunto dal corpo dell’appello come ha sostenuto il giudice.

Il motivo è infondato. Il giudice d’appello ha affermato l’ammissibilità del ricorso principale, “risultando esposte in maniera sufficientemente chiara le parti della sentenza ritenute non condivisibili e appellate, e le motivazioni poste a sostegno delle impugnazioni”; quanto alla indicazione delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione in fatto – ha proseguito il giudice – “esse sono rilevabili agevolmente dal corpo dell’appello principale, pur se non esposte separatamente e autonomamente dallo stesso” (p. 3 della sentenza impugnata). In tal modo il giudice ha correttamente interpretato la disposizione. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, “l’art. 342 c.p.c., comma 1, come novellato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 (conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012), non esige lo svolgimento di un “progetto alternativo di sentenza”, nè una determinata forma, nè la trascrizione integrale o parziale della sentenza appellata, ma impone all’appellante di individuare, in modo chiaro ed inequivoco, il quantum appellatum, formulando, rispetto alle argomentazioni adottate dal primo giudice, pertinenti ragioni di dissenso” (così Cass. 10916/2017).

b) Il secondo motivo lamenta “violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 100,101 e 112 c.p.c.”: la Corte d’appello ha accolto la domanda di simulazione in relazione alla vendita dell’usufrutto, da C. alla ricorrente D.R., pur non avendo il Fallimento mai formulato tale domanda.

Il motivo è inammissibile. L’eccezione di pronuncia ultra petita, già fatta valere davanti al giudice d’appello in relazione alla sentenza di primo grado, è stata da questi respinta sulla base della interpretazione della domanda proposta dal Fallimento, interpretazione che è motivata e che è pertanto sottratta al sindacato di questa Corte di legittimità. L’interpretazione della domanda spetta infatti al giudice del merito, per cui, ove questi abbia espressamente ritenuto che la domanda “era stata avanzata, tale statuizione, ancorchè in ipotesi erronea, non può essere censurata per ultrapetizione, atteso che il suddetto difetto non è logicamente verificabile prima di avere accertato l’erroneità della relativa motivazione, sicchè detto errore può concretizzare solo una carenza nell’interpretazione di un atto processuale, ossia un vizio sindacabile in sede di legittimità unicamente sotto il profilo del vizio motivazionale” (Cass. 21874/2015), entro i limiti in cui tale sindacato è ancora consentito dal vigente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5

c) Il terzo motivo contesta “violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c., in riferimento agli artt. 1414,1415 e 1471 c.c., nonchè alla L. Fall., art. 67”: la Corte d’appello ha confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui ha accolto la domanda di simulazione della vendita dell’usufrutto da C. a D.R., ossia nei confronti del terzo acquirente senza tener conto che la simulazione non poteva essere opposta al terzo in buona fede, “senza contare che ha accolto la domanda di simulazione della vendita della nuda proprietà” da C. alla figlia Da., “secondo un ragionamento valutativo di fatti successivamente verificatisi”; inoltre la Corte ha accolto il gravame relativamente alla domanda di simulazione della vendita della nuda proprietà da Ci.Da. ad essa ricorrente, senza tenere conto della avvenuta produzione degli assegni consegnati in pagamento a D. e a Ci.Da. e senza dare “il giusto spazio alla valutazione delle prove emerse nel corso del giudizio” (in particolare, il mancato avvio di una procedura esecutiva da parte della Banca mutuante, l’avvenuto pagamento delle rate di mutuo, la scrittura privata del 3 febbraio 2004).

Il motivo non può essere accolto. Inconferente è il richiamo alla posizione del terzo di buona fede: il giudice d’appello ha infatti confermato la pronuncia di primo grado che “ha accolto la domanda di simulazione assoluta della compravendita del 2004 con cui il fallito aveva ceduto a D.R.M. l’usufrutto dell’immobile”, così che la ricorrente, parte contraente, non era terzo rispetto al contratto simulato. Il giudice d’appello, poi, ha dato una lettura comprensiva della vicenda e ha valutato – con apprezzamento motivato non sindacabile in questa sede – gli elementi di fatto indicati dalla ricorrente (gli assegni, il mancato avvio di una procedura esecutiva da parte della Banca mutuante, l’avvenuto pagamento delle rate di mutuo, la scrittura privata del 3 febbraio 2004).

d) Il quarto motivo riporta “violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 e art. 2721 e 2724 c.c., in relazione all’art. 116 c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo”: la Corte d’appello non ha preso in considerazione la prova orale richiesta dalla ricorrente in merito ai fatti di cui a precedenti motivi e non ammessa dal Tribunale.

Il motivo è inammissibile perchè generico. La ricorrente lamenta infatti che il giudice d’appello, come quello di primo grado, non abbia ammesso “una prova orale”, senza individuare, nè tanto meno trascrivere tale prova orale e neppure identificare le modalità della sua riproposizione ai sensi dell’art. 346 c.p.c..

II. Il ricorso va quindi rigettato.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente che liquida in Euro 5.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 17 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2020

 

 

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