Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19803 del 17/09/2010

Cassazione civile sez. I, 17/09/2010, (ud. 22/04/2010, dep. 17/09/2010), n.19803

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.T., elettivamente domiciliato in Roma, Via Quintino

Sella 41, presso l’avv. BURRAGATO Rosalba, che lo rappresenta e

difende, insieme con l’avv. Claudio Defilippi del Foro di Milano e

con l’avv. Valeria Magnani del Foro di Roma, per procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Ancona in data 4 agosto

2008, nella causa iscritta al n. 461/07 R.G. V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22 aprile 2010 dal relatore, Cons. Dott. Stefano Schirò;

alla presenza del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto

Procuratore Generale, Dott. PRATIS Pierfelice, che nulla ha

osservato;

La Corte:

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti:

“Il Consigliere Relatore, letti gli atti depositati;

Ritenuto Che:

1. M.T. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto della Corte di appello di Ancona in data 4 agosto 2008 in materia di equa riparazione della L. n. 89 del 2001, ex art. 2;

1.1. il Ministro della Giustizia intimato ha resistito con controricorso;

Osserva:

2. entrambi i motivi di ricorso appaiono inammissibili, in quanto i quesiti di diritto formulati ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile alla fattispecie ratione temporis, sono del tutto generici e si risolvono nel mero interpello della Corte sul contenuto della censura così come illustrata e nell’invito alla Corte ad enunciare il principio di diritto nell’interesse della legge alla quale il giudice di merito avrebbe dovuto attenersi, ma non contengono la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal giudice di merito e della diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (Cass. S.U. 2008/2658; Cass. 2008/19769; 208/24339);

3. inoltre il ricorrente non ha illustrato – ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. – i motivi di censura attinenti al dedotto vizio di motivazione (v. il riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5) con la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, attraverso un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità e da evitare che all’individuazione di detto fatto controverso possa pervenirsi solo attraverso la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo e all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore (Cass. S.U. 2007/20603; Cass. 2007/16002; 2008/8897);

4. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilievi formulati, si ritiene che il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;

B) osservato che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione;

ritenuto pertanto che, in base alle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e che le spese del giudizio di cassazione, da liquidarsi come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna M. T. al pagamento in favore del Ministero della giustizia delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 1.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 22 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2010

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