Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19802 del 26/07/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 19802 Anno 2018
Presidente: FRASCA RAFFAELE
Relatore: PELLECCHIA ANTONELLA

ORDINANZA
sul ricorso 2897-2017 proposto da:
CANDI OLGA MARIA SOLE, DODARO MICHELA, CANDI
OSCAR, CANDI FAUSTO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
GIORGIO SCALIA 12, presso lo studio dell’avvocato VALERIO
GALLO, rappresentati e difesi dall’avvocato FRANCESCO FRASCA;

– ricorrenti contro
AMIACQUE SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ROMEO RODRIGUEZ
PEREIRA 206, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO
PERRONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ANNIBALE
PORRONE;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 26/07/2018

avverso la sentenza n, 2436/2016 della CORTE D’APPELLO di
MILANO, depositata il 15/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 01/03/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLA

PELLECCHIA.

Ric. 2017 n. 02897 sez. M3 – ud. 01-03-2018
-2-

Rilevato che:
1. Nel 2008, Amiacque Sri, già Cap Gestione, eseguiva contro Fausto Candi
un’ordinanza di chiusura della conduttura di acqua potabile, essendo questi
moroso e mancando un regolare contratto di allacciamento alla rete idrica.
L’interessato eccepiva che, in realtà, l’utenza per la quale risultava moroso era

stato realizzato l’immobile di proprietà del Candi, malgrado avesse sostenuto
tutte le spese necessarie per il rilascio di un’utenza a suo nome. Inoltre, contestava
l’intervenuta prescrizione del debito nei confronti della Società.
Fausto Candi, con la moglie Michela Dodaro e i figli Oscar e Olga Maria Sole
Candi, agiva dinanzi al Tribunale di Milano affinché dichiarasse illegittimi il
rifiuto di CAP all’allacciamento di separata utenza e la pretesa al pagamento delle
fatture emesse relativamente all’utenza di Maria Elisa Invernizzi. Parte attrice
domandava altresì che il Giudice dichiarasse il diritto del Candi a ricevere la
fornitura di acqua potabile in conformità del contratto concluso con Cap, con
conseguente condanna alla fornitura dell’allaccio, nonché al risarcimento dei
danni provocati dalla chiusura della conduttura di acqua potabile, riguardo alla
quale in precedenza aveva dovuto agire ai sensi dell’art. 700 cod. proc. civ.. Si
costituiva Amiacque srl, incorporante CAP, che domandava il rigetto delle
domande attoree e, in via riconvenzionale, la condanna del Candi al pagamento
delle fatturazioni contestate, nonché, laddove gli si fosse riconosciuto il diritto
all’utenza a lui intestata, al pagamento del costo dell’allaccio.
Il Tribunale di Milano, con sentenza 5818/2013 rigettava le domande attorce e
accoglieva la riconvenzionale di Amiacque srl; per l’effetto, condannava parte
attrice al pagamento delle fatturazioni contestate, oltre gli interessi di mora.
2. La famiglia Candi proponeva appello avverso detta sentenza. Si costituiva
l’appellata, che domandava il rigetto del gravame.

3

intestata a Maria Elisa Invernizzi, originaria proprietaria del terreno sul quale era

2.1. La Corte territoriale di Milano, con sentenza n. 2436 del 16/06/2016,
respingeva l’appello in quanto infondato, motivando che a prescindere
dall’intestazione dell’utenza, avendo il Candi ricevuto il servizio, fosse tenuto a
pagarlo.
3. Avverso tale sentenza Fausto Candi, Michela Dodaro, Oscar Candi e Olga

srl resiste con controricorso illustrato da memoria.

3.1. F. stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., e
regolarmente notificata ai difensori delle parti, la proposta di inammissibilità del
ricorso.

Considerato che:
4. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa
il Collegio con le seguenti precisazioni, di condividere le conclusioni cui perviene
la detta proposta.

5.1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e/o falsa
applicazione di legge denunciate ai sensi dell’art. 360,r comma, n.3 cpc, in
relazione agli artt 1375 e 1453 cc, per avere la Corte erroneamente applicato i
principi in materia di inadempimento contrattuale, non avendo la Amiacque
eseguito il contratto secondo buona fede, risultando l’intestazione dell’utenza in
capo alla Invernizzi, non avendo risposto per oltre un decennio alle
raccomandate del ricorrente, e non potendo il Candi, data la collocazione del
contatore, verificare gli effettivi consumi.

5.2. Con il secondo motivo denunciano la violazione e falsa applicazione di
norme di legge denunciate ai sensi dell’art. 360, comma I, n.3 cpc in relazione agli
artt 115 e 116 cpc, non avendo il Giudice valutato le ulteriori prove addotte dai
ricorrenti a sostegno della propria domanda, limitandosi a considerare soltanto
alcune di esse.

4

Maria Sole Candi propongono ricorso per cassazione.„ per tre motivi. Amiacque

5.3. Con il terzo motivo denunciano la violazione e falsa applicazione di legge
in materia di prova del credito e di prescrizione (art 360, I comma, n.3 cpc in
relazione agli artt 2697 e 2948 n.4 cc), per avere la Corte statuito la condanna del
Candi, malgrado la mancata produzione in giudizio di valida documentazione a
sostegno della pretesa della Amiacque, non potendosi considerare tali le fatture
allegate, in assenza di visto di conformità. Inoltre, il Giudice avrebbe errato nel

contenenti ciclicamente l’elenco delle pregresse bollette per le quali non vi era
stato pagamento.
I tre motivi esaminabili congiuntamente sono inammissibili.
v,3
parte i profili di inammissibilità-Vp—e-r inosservanza del requisito dell’esposizione
sommaria ei fatti di causa di cui all’art. 363, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.:

peren dinammissibile il ricorso per cassazione che si limiti a riprodurre, in via
diretta o indiretta, il testo integrale di una serie di atti dello svolgimento
processuale, così onerando la Corte di cassazione di procedere alla lettura di tali
atti, similmente a quanto avviene in ipotesi di mero rinvio ad essi, non potendosi
ritenere assolta da elementi estranei al ricorso la funzione riassuntiva sottesa alla
previsione della sommarietà dell’esposizione del fatto (Cass. 16059/2017). Come
appunto nel caso di specie dove il ricorrente trascrive tutto senza individuare una
selezione per quel che rileva in questo giudizio.

ElersnzriS ricorrenti con il primo motivo, pur denunciando violazione di
norme di diritto, in realtà sollecitano una rivalutazione della quaestio facti e, quindi,
si collocesu un piano ormai non consentito dal nuovo n. 5 dell’art. 360, come
individuato da Cass., Sez. Un. nn. 8053 e 8054 del 2014.
Con il secondo motivo denunciano la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. del
tutto al di fuori dei termini indicati da Cass. sez. un. n. 16598, che si pone sulla
scia di Cass. n. 11892 del 2016.

5

ritenere le bollette non soggette alla prescrizione quinquennale, in quanto

Ed infine anche il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c. al di
fuori dei limiti indicati dalla citata Sez. Un. e comunque anch’esso sollecita una
rivalutazione di fatto.

6. Il ricorso è dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento
in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida
in Euro 4.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per
cento, agli esborsi liquidati in euro 200, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art.
1, comma 17 della 1. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per
il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis
del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della

P.Q.M.

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