Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19802 del 22/09/2020

Cassazione civile sez. II, 22/09/2020, (ud. 17/01/2020, dep. 22/09/2020), n.19802

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14894/2016 proposto da:

B.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ASTURA 2,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO DE BEAUMONT, rappresentata

e difesa dall’avvocato RAFFAELE SODDU;

– ricorrente –

contro

P.A., PI.AL., p.a., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE PARIOLI 87, presso lo studio

dell’avvocato ALDO SEMINAROTI, rappresentati e difesi dall’avvocato

MARIO ARRICA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 403/2016 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 19/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/01/2020 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

 

Fatto

PREMESSO

che:

1. Con atto di citazione del 7 luglio 2009 B.C. conveniva in giudizio P.A., Al. e a. innanzi al Tribunale di Cagliari, chiedendo di accertare la sussistenza di vizi strutturali nell’immobile a lei venduto dai convenuti nel 2007, immobile nel quale, circa un mese e mezzo dopo il rogito, aveva rilevato la presenza di gravi vizi occultati dai venditori, costituiti da “severe crepe sulle pareti”, vizi in relazione ai quali si era svolto un procedimento di accertamento tecnico preventivo; chiedeva quindi di condannare i convenuti alla restituzione della differenza tra il prezzo versato e quello conseguente al minor valore dell’immobile.

Il Tribunale di Cagliari, acquisita la consulenza redatta nel procedimento per accertamento tecnico preventivo, con sentenza n. 874/2013 accoglieva la domanda, disponendo la riduzione del prezzo corrisposto nella misura determinata dal consulente tecnico in sede preventiva, pari al 22%, e condannando i convenuti, in solido, al pagamento di Euro 72.600 in favore dell’attrice.

2. Contro la sentenza proponevano appello P.A., Al. e a..

La Corte d’appello di Cagliari, accolta la censura degli appellanti circa la contraddittorietà della consulenza tecnica espletata in sede preventiva, con ordinanza disponeva la rinnovazione della stessa. Con sentenza 19 maggio 2016, n. 403, la Corte, condividendo le conclusioni della consulenza tecnica espletata in secondo grado, ha affermato “l’insussistenza di difetti strutturali o comunque di vizi tali da rendere l’immobile inidoneo all’uso a cui è preposto, nè da diminuirne in modo apprezzabile il valore”; accoglieva pertanto il gravame e, in riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda dell’originaria attrice.

3. Contro la sentenza ricorre per cassazione B.C..

Resistono con controricorso P.A., Pi.Al. ed

p.a..

Diritto

CONSIDERATO

che:

I. Il ricorso è articolato in tre motivi.

a) Il primo motivo denuncia “violazione degli art. 1490 e 1492 c.c., in relazione all’art. art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”: la Corte d’appello ha erroneamente ritenuto non sufficiente, per la domanda di riduzione del prezzo, l’accertamento della riduzione del valore dell’immobile, ritenendo invece necessario che il valore sia diminuito in modo apprezzabile.

Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1. Ad avviso della ricorrente, l’azione esercitata di riduzione del prezzo, a differenza di quella di risoluzione del contratto, non sarebbe soggetta al presupposto della sussistenza di vizi che rendano la cosa venduta inidonea all’uso cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore. L’argomento, contrario a quanto stabilito dal legislatore agli artt. 1490 e 1492 c.c., si pone in conflitto con l’orientamento di questa Corte per cui entrambe le azioni, di risoluzione e di riduzione, “si ricollegano ai medesimi presupposti, cioè la sussistenza di vizi con le caratteristiche fissate dall’art. 1490 c.c.” (ex multis, Cass. 17138/2015), ove la valutazione dell’inidoneità all’uso o della diminuzione del valore in modo apprezzabile è giudizio di fatto riservato al giudice del merito (v. 21949/2013).

b) Il secondo motivo lamenta “violazione dell’art. 116 c.p.c. e omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia”: la Corte d’appello non ha “dato conto in maniera logica e razionale” delle ragioni che l’hanno portata a preferire la consulenza tecnica rinnovata in sede di appello rispetto a quella espletata in sede di accertamento tecnico preventivo, senza tenere conto delle critiche formulate dal consulente tecnico di parte.

Il motivo è inammissibile. La ricorrente – a fronte di una scelta motivata da parte del giudice (e si rammenta che, a seguito della riformulazione dell’art. 360, n. 5, il sindacato di legittimità è ridotto al minimo costituzionale, con la conseguenza che risulta “denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali”, Cass., sez. un. 8038/2018) – chiede a questa Corte di rivalutare le due consulenze tecniche (v. le pp. 12-23 del ricorso), rivalutazione che non può essere svolta in questa sede di legittimità.

c) Il terzo motivo contesta “violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.”: la Corte d’appello ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio; l’accoglimento del ricorso “comporta anche la cassazione della statuizione delle spese per il giudizio di primo e secondo grado”.

Il motivo è assorbito dall’inammissibilità dei precedenti due motivi.

II. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore dei controricorrenti che liquida in Euro 3.700, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge, con distrazione delle stesse in favore dell’avvocato Mario Arrica, che si è dichiarato antistatario.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 17 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2020

 

 

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