Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19801 del 12/07/2021

Cassazione civile sez. II, 12/07/2021, (ud. 09/06/2021, dep. 12/07/2021), n.19801

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 25272/’16) proposto da:

BAIRES VIAGGI di P.S. s.a.s., (P.I: (OMISSIS)), in persona

del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in

virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avv.

Carlo Maria Severini e domiciliata “ex lege” presso la Cancelleria

civile della Corte di cassazione, Roma, p.zza Cavour;

– ricorrente principale –

contro

B.G., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, in

virtù di procura speciale allegata al controricorso, dagli Avv.ti

Chiara Nicoletti, Luciana Marazzi e Daniele Manca Bitti ed

elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo, in Roma,

v. Luigi Luciani, n. 1;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Corte di appello di Brescia n. 281/2016

(depositata il 31 marzo 2016);

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9

giugno 2021 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

viste le conclusioni del P.G., in persona del Sostituto procuratore

generale Dott. Alberto Celeste, con le quali ha chiesto

l’accoglimento del secondo motivo del ricorso incidentale, assorbiti

gli altri ed anche il ricorso principale;

lette le memorie depositate dalle difese di entrambe le parti ai

sensi dell’art. 378 c.p.c..

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza n. 394/2010 il Tribunale di Crema, pronunciando sulla causa introdotta da B.G. nei confronti della Baires Viaggi di P.S. s.a.s., condannava quest’ultima – in dipendenza della ritenuta legittimità dell’esercitato diritto di recesso di cui lo stesso aveva inteso avvalersi – al pagamento in favore dell’attore della somma di Euro 30.000,00 (oltre interessi dalla messa in mora), corrispondente al doppio della caparra da lui versata a mezzo assegno di pari importo, con riferimento alla stipula di un preliminare di vendita di un immobile sito in (OMISSIS), in relazione al quale, solo dopo pochi giorni dall’intervenuta stipulazione, la promittente venditrice aveva dichiarato di non avere più intenzione di adempiere restituendogli il predetto assegno.

2. Decidendo sull’appello formulato dalla Baires Viaggi e nella costituzione dell’appellato, la Corte di appello di Brescia, con sentenza n. 281/2016 (pubblicata il 31 marzo 2016), lo accoglieva e, in riforma dell’impugnata pronuncia, rigettava la domanda del B.G., compensando per intero le spese del doppio grado di giudizio.

A sostegno dell’adottata decisione la Corte bresciana osservava che, avendo il B. ricevuto in restituzione l’assegno costituente l’acconto prezzo e caparra versato per la conclusione del rapporto e non esistendo, quindi, alcun titolo giustificativo dell’esercizio del recesso (su cui aveva basato la domanda introduttiva), che trova fondamento solo ove persista quella funzione di garanzia della caparra per la liquidazione dei danni derivanti dall’avvenuta risoluzione del contratto cui si riferisce, la pretesa di condanna della Baires Viaggi al pagamento della somma di Euro 30.000,00, corrispondente al doppio di una caparra non versata, era da considerarsi infondata.

3. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, la Baires Viaggi.

Ha resistito con controricorso B.G. che ha formulato anche ricorso incidentale riferito a cinque motivi.

La ricorrente principale ha formulato pure controricorso al ricorso incidentale ai sensi dell’art. 371 c.p.c., comma 4.

In un primo momento il ricorso veniva fissato per la sua trattazione e decisione con l’applicazione del rito previsto dall’art. 380 bis.1 c.p.c., ma, all’esito dell’adunanza camerale del 18 febbraio 2021, con ordinanza interlocutoria n. 6452/2021 (pubblicata il 9 marzo 2021), il collegio ravvisava l’opportunità di rimettere l’esame del ricorso alla pubblica udienza, avuto riguardo alla particolare problematicità della questione di diritto involta, in particolare, dal secondo motivo del ricorso incidentale di seguito riportato.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’unico suo motivo la ricorrente principale ha denunciato – ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 – la violazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, e il vizio di motivazione erronea, contraddittoria ed illogica con riferimento alla disposta compensazione delle spese giudiziali di entrambi i gradi di giudizio, nonostante la totale soccombenza dell’appellato e la manifesta infondatezza della sua domanda così come proposta “ab initio”.

2. Con la prima sua doglianza il ricorrente incidentale ha dedotto – con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 5, – l’omesso esame di un fatto decisivo che era stato oggetto di discussione tra le parti e la nullità della sentenza o del procedimento in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c..

In particolare, con questa censura, il B. ha lamentato che la Corte di appello ha omesso di valutare il fatto che la Baires Viaggi non si era semplicemente limitata a restituirgli la caparra, bensì – come risultante pacificamente dagli atti di causa – aveva accompagnato tale comportamento con la dichiarazione di non voler più vendere l’immobile e di voler risolvere il contratto preliminare, donde la chiara configurazione del suo inadempimento che legittimava l’operatività dell’art. 1385 c.c., comma 2, ossia l’esercizio del diritto di recesso del promissario acquirente, da ritenersi implicito nella domanda giudiziale di restituzione della somma corrispondente all’importo della caparra, non potendosi ritenere che esso B. avesse accettato quella restituzione senza riserve né tanto meno poteva evincersi che egli avesse prestato implicito consenso a rinunciare agli effetti della caparra originariamente versata.

3. Con il secondo motivo dell’avanzato ricorso incidentale il B. ha prospettato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, – l’omesso esame di un fatto decisivo che era stato oggetto di discussione tra le parti, la nullità della sentenza o del procedimento e la violazione e falsa applicazione degli artt. 1350,1351 e 1360 c.c., sul presupposto dell’erroneità dell’impugnata sentenza che da una non provata accettazione senza riserve aveva fatto derivare un implicito consenso a rinunciare agli effetti della caparra confirmatoria, trascurando che la volontà abdicativa non si sarebbe potuta desumere da meri comportamenti concludenti.

4. Con la sua terza doglianza il ricorrente incidentale ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la nullità della sentenza o del procedimento, con riferimento agli artt. 112 e 101 c.p.c., oltre che con riguardo all’art. 111 Cost., non potendo la Corte di appello, con l’impugnata sentenza, estendere il giudizio – sulla base del “thema decidendum” definito con le difese delle parti – al tema, non dibattuto né prospettato, dell’implicito consenso di esso B. a rinunciare agli effetti della caparra originariamente versata, rinuncia che, peraltro, era stata ravvisata esclusivamente nell’atto materiale di restituzione dell’assegno.

5. Con il quarto motivo di ricorso incidentale il B. ha – avuto riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 1385 c.c., per non aver ritenuto la Corte di appello, in base al comportamento concretamente tenuto dalla Baires Viaggi, sussistente l’inadempimento di quest’ultima rispetto all’obbligazione contrattuale che si era assunta con la stipula del preliminare, presupposto fattuale che doveva far considerare configurata la condizione per rilevare la legittimità del recesso operato da esso B..

6. Con il quinto ed ultimo motivo del suo ricorso incidentale il B. ha dedotto – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 1385 c.c., comma 2, e art. 2697 c.c., nonché il vizio di nullità della sentenza o del procedimento.

In particolare, con tale doglianza, la difesa del B. intende censurare l’impugnata sentenza deducendone l’erroneità sul presupposto che la promittente venditrice non aveva dato prova né del proprio adempimento né, tantomeno, dei fatti impeditivi e/o modificativi eccepiti e, soprattutto, dell’accettazione senza riserva dell’assegno e della correlata risoluzione consensuale del contratto di caparra, evidenziando detta erroneità anche in base all’affermazione – compiuta nella motivazione – che “il preteso recesso del B., che pur non richiede formule sacramentali, avrebbe presupposto almeno la richiesta della sua legittimità”, ponendosi così, però, in contrasto con la giurisprudenza secondo cui nella domanda di restituzione del doppio della caparra, ai sensi dell’art. 1385 c.c., comma 2, è da considerarsi implicita la domanda di recesso, donde fin quando resta ferma la prima, permane inevitabilmente anche la seconda.

7. Rileva il collegio che è logicamente preliminare l’esame dei motivi del ricorso incidentale che attengono al merito dell’impugnata sentenza, con la deduzione di vizi riguardanti, in via principale, la prospettata violazione e falsa applicazione dell’art. 1385 c.c., comma 2, (nonché di vizi processuali e di altri ricondotti al nuovo n. 5, dell’art. 360 c.p.c.) in relazione al mancato riconoscimento della legittimità del recesso operato dal B. e, quindi, al conseguente diritto ad ottenere il doppio della caparra (di cui Euro 30.000,00 corrispondente all’assegno restituito dato in acconto e altri 30.000,00 da consegnare a parte).

Sul piano della ricostruzione fattuale emergente dalla stessa sentenza impugnata si desume che la domanda del B. era stata pienamente accolta con la sentenza di primo grado sulla base della riconosciuta legittimità del recesso dallo stesso operato con riferimento al ritenuto accertato inadempimento della promittente venditrice Baires Viaggi s.a.s., la quale, a distanza di soli quattro giorni dalla stipula del preliminare, aveva comunicato al promissario acquirente (cioè al B.) la sua intenzione di non voler più vendere l’immobile oggetto del preliminare, restituendo l’assegno di Euro 30.000,00, consegnatogli a titolo di “caparra e acconto acquisto”, senza che il B. avesse manifestato alcuna volontà di rinuncia al possibile esercizio dell’azione di recesso e, dunque, al riconoscimento del suo diritto all’ottenimento del doppio della caparra per effetto del possibile inadempimento della controparte.

In termini essenziali, il ricorrente contesta l’impugnata sentenza nella parte in cui ha ritenuto superata la questione sulla legittimità o meno del recesso da parte del B. sul presupposto che l’aver egli ricevuto in restituzione l’assegno bancario di Euro 30.000,00, costituente – come detto – l’acconto prezzo e caparra versato a garanzia della futura conclusione del contratto definitivo, aveva comportato il venir meno del titolo giustificativo per l’esercizio del recesso, rilevando, in sostanza, che il rapporto di caparra si era venuto ad estinguere per mutuo consenso delle parti.

8. Così definiti i termini fattuali della vicenda, rileva il collegio che il primo motivo del ricorso incidentale è fondato e deve, quindi, essere accolto per le ragioni che seguono.

Appare, innanzitutto, opportuno procedere ad un inquadramento generale delle caratteristiche, della natura e della funzione della caparra confirmatoria, come prevista dall’art. 1385 c.c. e, di conseguenza, delle azioni ad essa correlate.

La caparra confirmatoria ha natura composita – consistendo in una somma di denaro o in una quantità di cose fungibili – e funzione eclettica – in quanto è volta a garantire l’esecuzione del contratto, venendo incamerata in caso di inadempimento della controparte (sotto tale profilo avvicinandosi alla cauzione). Essa consente, in via di autotutela, di recedere dal contratto senza la necessità di adire il giudice; indica la preventiva e forfettaria liquidazione del danno derivante dal recesso – ove riconosciuto legittimo – che la parte sia stata costretta ad esercitare a causa dell’inadempimento della controparte.

Si esclude, invece, in via generale che essa abbia anche funzione probatoria e sanzionatoria, così distinguendosi sia rispetto alla caparra penitenziale, che costituisce il corrispettivo del diritto di recesso, sia dalla clausola penale, diversamente dalla quale non pone un limite al danno risarcibile, sicché la parte non inadempiente ben può recedere senza dover proporre domanda giudiziale (salva, ovviamente, la mancata produzione degli effetti favorevoli in caso di esito negativo dell’iniziativa stragiudiziale) o intimare la diffida ad adempiere, e trattenere la caparra ricevuta o esigere il doppio di quella prestata senza dover dimostrare di aver subito un danno effettivo.

La parte non inadempiente può anche non esercitare il recesso e chiedere la risoluzione del contratto e l’integrale risarcimento del danno sofferto in base alle regole generali (art. 1385 c.c., comma 3), e cioè sul presupposto di un inadempimento imputabile e di non scarsa importanza, nel qual caso non può incamerare la caparra, essendole invece consentito trattenerla a garanzia della pretesa risarcitoria o in acconto su quanto spettantele a titolo di anticipo dei danni che saranno in seguito accertati e liquidati (v., tra le altre, cass. n. 5095/2015).

Il recesso previsto dall’art. 1385 c.c., comma 2, presupponendo l’inadempimento della controparte avente i medesimi caratteri dell’inadempimento che giustifica la risoluzione giudiziale, configura uno strumento speciale di risoluzione di diritto del contratto, da affiancare a quelle di cui agli artt. 1454,1456 e 1457 c.c., collegato alla pattuizione di una caparra confirmatoria, intesa come determinazione convenzionale del danno risarcibile. Al fenomeno risolutivo, infatti, lo collegano sia i presupposti, rappresentati dall’inadempimento dell’altro contraente, che deve essere gravemente colpevole e di non scarsa importanza, sia le conseguenze, ravvisabili nella caducazione “ex tunc” degli effetti del contratto.

Qualora, anziché recedere dal contratto, la parte non inadempiente si avvalga dei rimedi ordinari della richiesta di adempimento ovvero di risoluzione del negozio, la restituzione della caparra è ricollegabile agli effetti restitutori propri della risoluzione negoziale, come conseguenza del venir meno della causa della corresponsione, giacché in tale ipotesi essa perde la suindicata funzione di limitazione forfettaria e predeterminata della pretesa risarcitoria all’importo convenzionalmente stabilito in contratto, e la parte che allega di aver subito il danno, oltre che alla restituzione di quanto prestato in relazione o in esecuzione del contratto, ha diritto anche al risarcimento dell’integrale danno subito, se e nei limiti in cui riesce a provarne l’esistenza e l’ammontare in base alla disciplina generale di cui agli artt. 1453 e segg. c.c.. Anche dopo aver proposto la domanda di risarcimento, e fino al passaggio in giudicato della relativa sentenza, la parte non inadempiente può decidere di esercitare il recesso, in tal caso peraltro implicitamente rinunziando al risarcimento integrale e tornando ad accontentarsi della somma convenzionalmente predeterminata al riguardo. Ne consegue che ben può, pertanto, il diritto alla caparra essere fatto valere anche nella domanda di risoluzione (cfr., ad es., Cass. n. 2032/1994 e Cass. n. 22657/2017).

Ciò premesso da un punto di vista generale ed applicando la disciplina della caparra alla fattispecie dedotta nel giudizio in questione, va osservato quanto segue.

La sentenza di appello è errata in punto di diritto poiché – proprio in base agli accertamenti fattuali così come cristallizzati nei sensi prima indicati – la Corte territoriale ha illegittimamente ravvisato nel fatto, in base al quale l’aver il B. ricevuto semplicemente in restituzione l’assegno bancario di Euro 30.000,00 costituente l’acconto prezzo e caparra versato a garanzia della futura conclusione del contratto definitivo, rappresentasse una circostanza che, di per sé sola, era idonea a comportare la caducazione del titolo giustificativo per l’esercizio del recesso, rilevando, in sostanza, che il rapporto di caparra si sarebbe dovuto considerare risolto per mutuo consenso implicito delle parti, ovvero per “facta concludentia”.

Senonché, la Corte bresciana ha omesso di considerare – nella sua corretta dimensione – il fatto pacifico del rifiuto della Baires Viaggi di adempiere al contratto preliminare (quale promittente venditrice), poiché essa dopo soli quattro giorni dalla stipula del preliminare aveva comunicato al B. che non intendeva più vendere l’immobile (e, quindi, concludere il contratto definitivo), ritenendo erroneamente che la sola ricezione (quale comportamento neutro non accompagnato da alcuna manifestazione di volontà adesiva) dell’assegno in restituzione da parte del B. avrebbe implicato l’irrilevanza dell’accertamento dell’inadempimento in capo alla società Baires, circostanza, questa, che – a suo avviso – comportava, perciò, il superamento della necessità di procedere alla valutazione, in sede giudiziale, della sussistenza delle condizioni per ravvisare la legittimità o meno del recesso operato dal B., ai sensi dell’art. 1385 c.c., comma 2, ai fini dell’ottenimento da parte dello stesso del doppio della caparra.

In realtà, la Corte di appello non avrebbe potuto esimersi dall’indagare sulle ragioni dell’inadempimento della società Baires Viaggi al fine di rinvenire una sua eventuale giustificazione, peraltro – come la stessa Corte riconosce nemmeno addotta dalla promittente venditrice, che aveva deciso – per una sua autonoma determinazione – di non dare seguito all’assolvimento del suo obbligo di concludere il contratto definitivo, che aveva assunto con la stipula del preliminare, ricevendo l’assegno consegnatogli dal promissario acquirente (e, poi, restituitogli dopo soli quattro giorni).

Pertanto, dall’impugnata sentenza, non si evince affatto che la predetta società abbia fornito la prova dell’asserita accettazione senza riserve della caparra da parte del B. e della sua rinuncia ad esercitare il potere di recesso a fronte dell’inadempimento della controparte.

Ed invero va osservato che la volontà abdicativa del creditore al suo diritto (nel caso di specie del promissario acquirente ad ottenere il doppio della caparra in dipendenza dell’inadempimento dell’altra contraente, con riferimento al quale aveva esercitato il recesso) esige e postula che il diritto di credito si estingua conformemente alla volontà remissoria e nei limiti a questa riconducibili, il che vale a dire che l’estinzione si verifica solo e in quanto voluta univocamente dallo stesso creditore, eventualmente anche a mezzo di comportamenti concludenti (nel caso di specie non accertati dal giudice di appello) che non si risolvano in condotte di dubbia interpretazione, ma che, invece, si desumano da una serie di circostanze inequivoche del tutto incompatibili con la volontà di volersi avvalere del diritto.

In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente esposte, la prima censura del ricorso incidentale deve essere ritenuta fondata, con il conseguente assorbimento di tutti gli altri motivi dello stesso ricorso incidentale ed anche dell’unico motivo del ricorso principale, attinente al profilo accessorio della contestazione sulla regolazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio come disposta nella sentenza di appello.

Da ciò deriva la cassazione dell’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto (assorbiti tutti gli altri) ed il rinvio della causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, che si uniformerà al seguente principio di diritto: “in tema di caparra confirmatoria, nel caso in cui la parte inadempiente restituisca la somma versatale a titolo di caparra dall’altra parte contrattuale (nella specie, a mezzo assegno bancario), non viene meno il diritto della parte adempiente a pretendere il doppio della caparra, da far valere, ove non emerga in senso contrario un’univoca volontà abdicativa del suo diritto da parte del creditore, mediante l’esercizio del recesso, anche con la proposizione di apposita domanda giudiziale in caso di mancata conformazione spontanea dell’inadempiente al relativo obbligo”.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, dichiara assorbiti gli altri dello stesso ricorso nonché l’unico motivo del ricorso principale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 9 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2021

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