Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1980 del 29/01/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 1980 Anno 2014
Presidente: CARLEO GIOVANNI
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 17164-2010 proposto da:
MARRAS

MONICA

MRRMNC67B54B354F,

MARRAS

SUSY

MRRSSY69B61B354T, MARRAS CLAUDIA MRRCLD70C57B3540,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PINEROLO 22,
presso lo studio dell’avvocato ROSSI MARCO,
rappresentati e difesi dagli avvocati MASSACCI CARLO,
2013

CARLO ATZORI, MONICA MARRAS giusta delega in atti;
– ricorrenti –

2245
contro

COMUNE ORISTANO 00052090958, in persona del Vice
Sindaco pro tempore,

Dott.

1

Ing. ANDREA LUTZU,

Data pubblicazione: 29/01/2014

elettivamente domiciliato in ROMA, V.CASSIA ANTICA
35, presso lo studio dell’avvocato GALLAS CARLO
FRANCESCO, rappresentato e difeso dagli avvocati
MISCALI RAFFAELE, CACCAVALE GIANNA giusta delega in
atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 163/2009 della CORTE D’APPELLO
di CAGLIARI, depositata il 21/05/2009 R.G.N. 50/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/11/2013 dal Consigliere Dott. GIACOMO
MARIA STALLA;
udito l’Avvocato CATIA ATZORI;
udito l’Avvocato RAFFAELE MISCALI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

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Ric.n. 17164/10 rg.

Svolgimento del processo.
1.

In data 10 ottobre 2006 Monica, Susy e Claudia Marras

intimavano sfratto per morosità e contestuale citazione per la
convalida nei confronti del Comune di Oristano in relazione al
rapporto di locazione avente ad oggetto l’immobile di loro

Circoscrizionale del Lavoro.
Nella opposizione del Comune – che deduceva la legittimità del
recesso al 1^.8.06 da esso formalmente comunicato alla proprietà
ex art.27 1.392/78 – e previo mutamento del rito, interveniva la
sentenza 546/06 con la quale il tribunale di Oristano rigettava
il ricorso, ritenendo legittimo tale recesso ex articolo 4 1.cit.
e, comunque, per la sussistenza di gravi motivi ex articolo 27
u.c. 1.cit..
Interposto gravame dalle Marras, interveniva la sentenza n.
163 del 21 maggio 2009 con la quale la Corte di Appello di
Cagliari confermava la sentenza del Tribunale e condannava le
appellanti alla rifusione delle spese del grado.
Avverso tale sentenza veniva proposto ricorso per cassazione,
mediante la formulazione di sette motivi, ai quali resisteva con
controricorso il Comune di Oristano.
Motivi della decisione.
2.1 Con il primo motivo di ricorso si lamenta, ex art.360 1^co.

n.3 cpc, violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1362 ss
e 1325 codice civile, per avere il giudice di appello attribuito
efficacia integrativa del contratto di locazione tra le parti alla
3

proprietà, adibito dal Comune intimato a sede dell’Ufficio

Ric.n. 17164/10 rg.

delibera dirigenziale del Comune di Oristano n.467 del 21 ottobre
2002, nonostante che quest’ultima avesse natura di mero atto
amministrativo interno, come tale non idoneo a concretare una
volontà negoziale vincolante i locatori. A corredo del motivo,
viene formulato il seguente quesito di diritto ex art.366 bis cpc,

articoli 1362 ss codice civile e falsa applicazione dell’articolo
1325 cc l’avere il giudice a quo ritenuto che uno del punti
espressi nelle considerazioni preliminari alla determinazione
dirigenziale a contrarre adottata dalla parte pubblica ai fini
della stipulazione del contratto di locazione, entri a far parte
dell’accordo tra le parti ed integri l’oggetto del predetto
contratto di locazione, pur se: a. Le parti si siano limitate a
richiamarne l’esistenza nel contratto, nell’ambito della premessa;
b. Il documento in questione non sia stato espressamente allegato
al contratto di locazione, il quale non lo individua quale
elemento costitutivo della pattuizione, neppure per relationem.
Dica pertanto la corte se, correttamente, possa affermarsi il
contrario principio di diritto per cui ‘ la mera sottoscrizione di
una determinazione dirigenziale a contrarre, adottata da un ente
pubblico, allorquando il relativo documento non sia stato allegato
espressamente al contratto ed in esso contemplato come fonte di
diritti ed obblighi, non è idonea a collocare il contenuto della
determinazione stessa nell’ambito della volontà contrattuale
condivisa dalle parti”.

4

qui applicabile ratione temporis: “se costituisca violazione degli

Ric.n. 17164/10 rg.

Con il secondo motivo, le ricorrenti denunciano violazione e
falsa applicazione di norme di diritto ex articolo 360, 1^co.,
n.3) cpc con riferimento all’art. 1326 codice civile, per avere il
giudice di appello attribuito alla determina dirigenziale in
oggetto valore di proposta negoziale accettata mediante

seguente quesito di diritto: “se il giudice a quo abbia violato il
disposto dell’articolo 1326 cc nel ritenere che la determinazione
dirigenziale possa essere valutata alla stregua di proposta
negoziale e che la sottoscrizione della medesima importi
accettazione della proposta e determini il sorgere di un accordo
contrattuale; dica inoltre se, al contrario, debba correttamente
affermarsi che una determinazione dirigenziale non possa
costituire proposta negoziale e che anche dalla sua sottoscrizione
ad opera del privato non possa derivare un vincolo negoziale o
l’integrazione di altri contenuti negoziali”.
Nel terzo motivo di ricorso si impugna la sentenza appellata
sotto il profilo della violazione degli articoli 1362 ss. Cc, non
avendo il giudice di appello considerato che l’accordo di rinnovo
della locazione non recava alcuna clausola di recesso
convenzionale; che la determina dirigenziale in questione si
limitava a prevedere la mera facoltà di recesso del conduttore in
forza dell’articolo 4 1.392/78, senza ‘istituirne contrattualmente
il potere’; che il Comune di Oristano aveva dichiarato, nella
comunicazione di disdetta, di voler recedere dal contratto per
‘gravi motivi’ ex articolo 27 1.392/78. Viene formulato un quesito
5

sottoscrizione dei locatori. E’ stato in proposito formulato il

Ric.n. 17164/10 rg.

di diritto (multiplo, ma privo di esatta corrispondenza con le
doglianze esplicitate), del seguente tenore:

“a. se costituisca

violazione dell’articolo 1362 primo comma codice civile l’avere il
giudice omesso di considerare che il testo della determinazione
dirigenziale alludesse non alla necessità di istituire in

facoltà in forza dell’articolo 4 1.392/78; b. se costituisca
violazione dell’articolo 1362 secondo coma codice civile l’avere
il giudice omesso di valutare che il Comune convenuto, volendo
risolvere il rapporto negoziale, non abbia fatto riferimento alla
considerazione contenuta nella determinazione dirigenziale, bensì
direttamente all’articolo 27 1.392/78 che disciplina il recesso
del conduttore per gravi motivi non previsti in contratto; c. se
costituisca violazione degli articoli 1362 e 1363 codice civile
l’avere il giudice omesso di valutare che il contratto di
locazione non rechi menzione, al suo interno, di alcuna clausola
di recesso convenzionale, ed anzi rimandi alle previsioni
normative in materia di locazione; d. se costituisca violazione
dell’articolo 1362, primo e secondo comma, e dell’articolo 1363
codice civile il fatto che il giudice non abbia valutato la
circostanza che il contratto stesso costituisse, secondo la
volontà dichiarata dalle parti, mero rinnovo delle pattuizioni
pregresse; correlativamente dichiari la corte adita che il
giudice, al fine di operare correttamente nella interpretazione
del contratto in esame, deve analizzare il medesimo sulla scorta
dell’applicazione degli articoli 1362 e 1363 codice civile,
6

contratto una clausola di recesso, bensì all’esistenza di simile

Ric.n. 17164/10 rg.

valutando se la predetta interpretazione sia influenzabile dalle
seguenti circostanze: a. che il testo della determinazione
dirigenziale alluda non alla necessità di istituire in contratto
una clausola di recesso, bensì all’esistenza di simile facoltà in
forza dell’articolo 4 1.392/78 ; b. che il comportamento

consistito nell’aver cercato di recedere operando un riferimento
non alla considerazione contenuta nella determinazione
dirigenziale, bensì direttamente all’articolo 27 1.392/78 che
disciplina il recesso del conduttore per gravi motivi non previsti
in contratto; c. che il contratto di locazione non rechi
menzione, al suo interno, di alcuna clausola di recesso
convenzionale, ed anzi rimandi alle previsioni normative in
materia di locazione; d. che il contratto stesso costituisca un
rinnovo di pattuizioni pregresse tra le parti”
Questi tre motivi sono suscettibili di valutazione unitaria
perché tutti incentrati – sul presupposto della violazione delle
richiamate norme codicistiche sulla formazione e sulla
interpretazione della volontà negoziale delle parti – sull’erronea
attribuzione alla determina dirigenziale in oggetto di efficacia
integrativa del contratto di locazione, così come risultante in
esito all’accordo di rinnovo.
In particolare, si evidenzia in ricorso che la determina
dirigenziale non potrebbe assurgere a rilevanza negoziale
integrativa del contratto di locazione perché non allegata
all’atto di rinnovo; appunto concernente non già l’ instaurazione
7

posteriore alla conclusione del contratto, tenuto dal Comune, sia

Ric.n. 17164/10 rg.

di un nuovo rapporto di locazione, bensì la protrazione della
durata di un rapporto già in essere senza facoltà di recesso

ad

nutum del conduttore; non valevole quale proposta contrattuale;
comunque implicante un diritto di recesso (art.4 1.392/78) diverso
da quello poi invocato dal Comune (art.27 cit.).

In primo luogo si osserva che esse non danno esattamente conto
di una situazione fattuale nella quale la determina dirigenziale con cui l’amministrazione comunale deliberava di procedere al
rinnovo per ulteriori sei anni, salvo avvalersi della clausola di
recesso di cui all’articolo 4 cit. in considerazione
dell’andamento dei lavori intrapresi per la ristrutturazione di
locali di proprietà destinati a sostituire quelli locati

_

risultava: – espressamente richiamata nell’atto di rinnovo; – a
quest’ultimo allegata (contrariamente a quanto sostenuto);

sottoscritta dalle Marras.
Si tratta di circostanze acclarate dalla corte di appello e che
hanno indotto quest’ultima – in sede di conferma dell’analoga
valutazione offerta dal tribunale di Oristano – a ravvisare nella
fattispecie la legittimità del recesso anticipato da parte del
Comune, proprio perché fondato sulla valenza negoziale della
determina. Ciò i sul corretto presupposto che quest’ultima, ancorché
indubbiamente assistita da natura provvedimentale interna
all’ente, aveva purtuttavia esplicato nella specie altresì
efficacia contrattuale nel momento in cui entrava a far parte
(formale e sostanziale) del regolamento negoziale di rinnovo; e
8

Le doglianze sono infondate.

Ric.n. 17164/10 rg.

trovava in questa sede l’accettazione da parte delle locatrici,
attestata da una sottoscrizione che (nell’opposta tesi di sua
esclusiva rilevanza quale atto amministrativo) non avrebbe
altrimenti avuto ragion d’essere alcuna.
Il nucleo fondante della decisione della corte di appello sta

contratto di locazione conoscendo – ed accettando – il fatto che
l’amministrazione comunale avesse intrapreso i lavori di
ristrutturazione dei locali di proprietà; e che, in considerazione
delle “varie fasi per dare finiti e collaudati i lavori” (così la
determina in esame), il Comune riservava a sè la facoltà di
avvalersi della clausola di recesso. La circostanza che tutto ciò
sia avvenuto in occasione del rinnovo del contratto di locazione,
non già della sua stipula iniziale, non sposta in nulla i termini
della fattispecie; dal momento che, come esattamente valutato
dalla corte di appello, anche il momento del rinnovo è
contrassegnato dalla esplicazione di una ulteriore volontà
negoziale delle parti e, soprattutto, che ‘quel’ particolare
rinnovo (a differenza di altri precedentemente verificatisi) era
reso peculiare proprio dalla attualità della ‘riserva’ di recesso
concordata dalle parti a favore del Comune in ragione del
completamento dei lavori di ristrutturazione di altri locali di
sua proprietà.
In altri termini, l’applicazione alla fattispecie di quelle
stesse norme che si assumono violate in materia di formazione e di
interpretazione del consenso negoziale depone qui univocamente a
9

dunque nel fatto che le locatrici erano addivenute al rinnovo del

Ric.n. 17164/10 rg.

sostegno della decisione censurata; nei suoi risvolti sia formali,
sia sostanziali.
Sotto il primo aspetto (formale), la circostanza che la
determina dirigenziale sia stata richiamata ed allegata al
contratto, senza essere in quest’ultimo materialmente trasfusa,

i contorni fattuali della vicenda posti a fondamento della
valutazione della corte di appello – non sindacabili in sede di
legittimità – deponevano, stante l’avvenuta e non diversamente
giustificabile sottoscrizione da parte delle locatrici, per il suo
recepimento integrale (in special modo, per quanto concerneva la
correlazione tra diritto di recesso del Comune ed ultimazione dei
lavori di ristrutturazione) nel regolamento contrattuale di
rinnovo. Va qui ricordato il principio per cui, anche nei
contratti assoggettati a forma scritta,

“non occorre che la

volontà negoziale sia manifestata dai contraenti contestualmente e
in un unico documento, dovendosi ritenere il contratto
perfezionato anche qualora le sottoscrizioni siano contenute in
documenti diversi, anche cronologicamente distinti, qualora, sulla
base di una valutazione rimessa al giudice di merito, si accerti
che il secondo documento è inscindibilmente collegato al primo, sì
da evidenziare inequivocabilmente la formazione dell’accordo”.
(Cass.Sez. 2, Sentenza n. 3088 del 13/02/2007, Rv. 595607).
Sotto il secondo aspetto (sostanziale), la natura di atto
amministrativo della determina non escludeva di per sé la sua
idoneità – una volta portata a conoscenza della parte locatrice, e
10

non appare rilevante nel senso voluto dalle ricorrenti; atteso che

Ric.n. 17164/10 rg.

richiamata ed allegata al contratto di locazione – a fungere da
vera e propria proposta contrattuale; debitamente accettata per
sottoscrizione dalle Marras. Di tal chè, una volta affermato che
il regolamento negoziale complessivo tra le parti era dato dalla
risultante del contratto di locazione stipulato in sede di rinnovo

doveva senz’altro escludersi, come i giudici di appello hanno
escluso, che tale regolamento negoziale complessivo precludesse al
Comune l’esercizio del diritto di recedere sulla base della
circostanza (nota ad entrambe le parti, e da queste ultime come
detto assunta ad elemento della disciplina pattizia del recesso)
rappresentata dalla ultimazione dei lavori di ristrutturazione; a
sua volta (implicitamente, ma non per questo non univocamente)
ricondotta a basilari regole di corretta gestione delle risorse
pubbliche e di buona amministrazione ex art.97 Cost.
E’ d’altra parte significativo che nessuno dei motivi di
ricorso qui in esame specifichi, nell’ambito delle norme
codicistiche riportate, i parametri normativi in materia di
conclusione del contratto e di interpretazione della volontà delle
parti che si assumono in concreto violati nella fattispecie. Dal
che si trae elemento ulteriore di insindacabilità della
valutazione su tali aspetti operata dai giudici di appello.
Ciò vale anche per quanto concerne il criterio interpretativo
del comportamento successivo delle parti, atteso che nella
ricostruzione operata dalla corte di appello:

a.

Indipendentemente dall’apparentemente ondivago richiamo testuale
11

‘e’ dalla determina assunta quale fonte negoziale integrativa,

Ric.n. 17164/10 rg.

(nella determina

e nella

comunicazione di

recesso)

ora

all’articolo 4 ed ora all’articolo 27 1.392/78, la volontà delle
parti andava comunque individuata, sul piano degli effetti
negoziali sostanzialmente perseguiti, proprio nell’attribuzione
al Comune del diritto di recedere anticipatamente dal contratto di

di ristrutturazione; b.

Nella concretezza della fattispecie, una

volta così ricostruita la volontà dei contraenti, il problema
delle norme applicabili assumeva i contorni della qualificazione
giuridica, sottratta in quanto tale alle parti: “(.4

sarà

sufficiente sottolineare che la scelta delle norme applicabili
rientra nella piena facoltà
abbiano definito
giudicante”
2.2

(

del giudice,

una volta

che le parti

la fattispecie concreta da sottoporre al

sent., pag.6).

Con il quarto motivo di ricorso si lamenta omessa,

insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio ex articolo 360, l^ co.,
n.5) cpc, non avendo la corte di appello – a fronte delle puntuali
contestazioni da esse ricorrenti mosse nei gradi di merito spiegato perché la firma da esse apposta sulla determina
dirigenziale in oggetto fosse avvenuta ‘per accettazione’. Ai
sensi dell’art.366 bis seconda parte cpc, viene dalle ricorrenti
formulato il seguente momento di sintesi o quesito di fatto:

“a.

se di fronte all’esistenza di una puntuale contestazione in ordine
all’efficacia vincolante della determinazione dirigenziale n. 467
del 21 ottobre 2002 del Comune di Oristano ed al valore della
12

locazione rinnovato in correlazione con l’ultimazione dei lavori

Ric.n. 17164/10 rg.

firma apposta sulla medesima da parte delle ricorrenti; b. in
presenza di una puntuale contestazione delle ricorrenti in ordine
al fatto che la determinazione in parola, pur sottoscritta, non
fosse stata richiamata nell’ambito del contratto ad integrare 11
testo negoziale; c. a fronte della sicura rilevanza in causa del

recesso azionabile dal Comune di Oristano in ipotesi di
realizzazione di edificio di funzioni corrispondenti a quello
evocato; debba ritenersi omessa o apparente la motivazione addotta
dalla corte di appello di Cagliari a fronte della mera
affermazione che la sottoscrizione delle ricorrenti è avvenuta
‘per accettazione'”.
Nemmeno questa censura – che rappresenta a ben vedere la
riedizione,

sub specie del vizio motivazionale, di quelle testè

considerate – può trovare accoglimento.
E’ principio consolidato che

“la deduzione di un vizio di

motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione
conferisce al giudice di legittimità non 11 potere di riesaminare
il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo
controllo, bensì la sola facoltà di controllare, sotto il profilo
della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, le
argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta in
via esclusiva 11 compito di individuare le fonti del proprio
convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne
l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive
risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a
13

profilo, utile a determinare l’esistenza o meno di un diritto di

Ric.n. 17164/10 rg.

dimostrare la veridicità del fatti ad essi sottesi, dando così
liberamente prevalenza all’uno o all’altro del mezzi di prova
acquisiti ( salvo i casi tassativamente previsti dalla legge); ne
consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo
della omissione,insufficienza, contraddittorietà della medesima,

merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o
insufficiente) esame dei punti decisivi della controversia,
prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio, ovvero quando
esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente
adottate, tale da non consentire l’identificazione del
procedimento logico-giuridico posto a base della decisione’
(Cass.Sez. L, Sentenza n. 8718 del 27/04/2005, Rv. 581011; in
termini: Cass. 27 aprile 2005, n. 8718 e molte altre).
Nel ragionamento logico-giuridico seguito dalla corte di
appello non sono individuabili i vizi qui astrattamente rilevanti;
trattandosi di ragionamento coerente e sufficientemente chiaro nel
ricostruire la fattispecie concreta e nel ricondurla ad una
determinata disciplina normativa.
In particolare, emerge con chiarezza e completezza il richiamo
motivazionale al fatto che, in sede di rinnovo della locazione, le
parti avevano consensualmente attribuito qualificante rilevanza nella regolazione della facoltà di recesso ai tempi di
avanzamento ed ultimazione dei lavori di ristrutturazione dei
locali di proprietà dell’amministrazione comunale. Si legge
pagina 6 della sentenza che: – il rinnovo era stato stipulato dopo
14

può dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di

Ric.n. 17164/10 rg.

la determina dirigenziale; – in tale determina, sottoscritta per
accettazione dalle locatrici,

“l’ente si era riservato di

esercitare il diritto di recesso ai sensi del disposto
dell’articolo 4 1.cit. una volta che fossero stati terminati i
lavori di ripristino di un locale di sua proprietà ove avrebbero

locazione”; – “a riprova della serietà della previsione” le parti
avevano altresì dato atto che, in relazione a tali lavori,

“l’ente

aveva ottenuto un finanziamento regionale”.
Si è

dunque ben lontani dal vizio di omessa, carente o

contraddittoria motivazione, così come disegnato dall’orientamento
di legittimità su menzionato; risulta, al contrario, la congruità
logica con la quale la corte di appello ha ritenuto di ravvisare
nella fattispecie una volontà contrattuale nel senso indicato. E
ciò anche nel dare conto di come, nell’insieme delle risultanze
considerate (tenore della determina dirigenziale e sua
collocazione temporale; sua allegazione e richiamo nel contratto;
‘serietà’ circostanziata della condizione legittimante il recesso)
alla avvenuta sottoscrizione della determina medesima da parte
delle locatrici non potesse fondatamente attribuirsi altro valore
che quello di accettazione contrattuale.
2.3 Nel quinto motivo di ricorso, si lamenta violazione e falsa

applicazione di norme di diritto ex articolo 360, 1^co., n.3) cpc
con riferimento all’articolo 27 1.392/78, avendo il primo giudice
erroneamente ravvisato nella fattispecie i ‘gravi motivi’ di
recesso ex art.27 cit., nonostante che la ristrutturazione dei
15

trovato sistemazione gli uffici ospitati nell’immobile condotto in

Ric.n. 17164/10 rg.

locali di proprietà dell’ente pubblico non presentasse i requisiti
di estraneità alla volontà del conduttore, di imprevedibilità e di
sopravvenienza che, soltanto, legittimavano il ricorso al recesso
medesimo. Il motivo si correda del seguente quesito:

“se

costituisca violazione dell’articolo 27, ultimo coma, 1.392/78

fondamento del recesso possono essere integrati da una circostanza
(quella della realizzazione di un nuovo immobile avente la
medesima funzionalità rispetto a quello condotto) non estranea
alla volontà del conduttore, non imprevedibile ed anzi prevista
dal conduttore e non sopravvenuta alla costituzione del rapporto”.
E’ vero che la corte cagliaritana ha preso in esame anche
l’aspetto dei ‘gravi motivi’ di recesso – sostenendone nella
specie la ricorrenza – e tuttavia ciò è avvenuto dopo che la
stessa corte di appello, nel prendere in esame il

‘primo aspetto’

della questione (quello concernente la valenza negoziale assunta,
nella volontà delle parti, dalla determina dirigenziale), aveva
individuato una ratio decidendi diversa ed autosufficiente. Insita
nel fatto che – proprio in forza di quella valenza negoziale erano state le stesse parti a ritenere legittimo il recesso
intimato dal Comune sulla base dell’ultimazione dei lavori di
ristrutturazione dei diversi locali.
Nella ricostruzione dei passaggi fondamentali della decisione,
in definitiva, l’inclusione di quest’ultima circostanza tra i
‘gravi motivi’ legittimanti il recesso dell’articolo 27 cit.
assume portata secondaria, ed anzi ultronea; dal momento che
16

l’aver ritenuto che i gravi motivi posti dalla predetta norma a

Ric.n. 17164/10 rg.

mediante il recepimento della determina dirigenziale all’interno
del regolamento contrattuale di rinnovo, le parti nella
estrinsecazione di un’autonomia negoziale ricostruita dalla corte
di appello con valutazione qui incensurabile – avevano ritenuto
esse stesse legittimo un recesso fondato su tale circostanza.

vizi logici e giuridici – quello della possibilità di recesso
anticipato da parte del Comune costituì un elemento essenziale e
determinante del rinnovo medesimo; pur esso rientrante nella
previsione di cui all’art.27 1.cit..
Da questo punto di vista, in definitiva, la censura in oggetto
non coglie nel segno; tanto che quand’anche essa venisse in
ipotesi accolta, la decisione gravata resterebbe comunque ferma
sotto il profilo che la facoltà di recesso in oggetto era resa
legittima – anche indipendentemente dalla sua ricomprensione nella
fattispecie legale dei ‘gravi motivi’ – dal solo fatto di essere
stata prevista come tale dalle parti.
2.4

Nel sesto motivo di ricorso

accoglimento dei motivi precedenti

subordinato al mancato
si lamenta l’omessa

motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ex
art.360 1^co.n.5 cpc, avendo la corte di appello erroneamente
attribuito efficacia all’offerta informale di restituzione
dell’immobile da parte dell’amministrazione comunale; con ciò
respingendo la domanda volta ad ottenere la condanna di
quest’ultima al pagamento dei canoni scaduti ed a scadere fino
alla data in cui la consegna dell’immobile era stata accettata.
17

Tanto che, nella ricostruzione del giudice di appello – immune da

Ric.n. 17164/10 rg.

Con il settimo e correlato motivo, si deduce violazione e falsa
applicazione di norme di diritto ex articolo 360, 1^co., n.3) cpc
con riferimento all’art.1220 e 1591 cc, dal momento che l’offerta
informale di restituzione dei locali da parte del conduttore
poteva valere, al più, ad escludere la sua responsabilità per il

canoni fino alla formalizzazione dell’offerta ovvero alla presa in
consegna dei locali da parte del locatore. Quest’ultimo motivo si
conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto:

“se

costituisca violazione dell’articolo 1220 e dell’articolo 1591 cc
l’avere la corte di appello ritenuto che, per effetto dell’offerta
non formale compiuta dal Comune conduttore, venisse a cessare in
capo ad esso l’obbligo di pagamento dei canoni scaduti ed a
scadere fino alla materiale riconsegna dell’immobile; dichiarare
conseguentemente che il principio di diritto da ritenere corretto
nel caso di specie è quello per cui l’effetto liberatorio del
conduttore dall’obbligo di pagamento dei canoni di locazione possa
conseguire soltanto all’effettuazione dell’offerta formale di
restituzione della cosa locata, ovvero alla materiale accettazione
della consegna da parte del locatore; pertanto affermando,
contestualmente, l’erroneità della pronuncia di merito là dove ha
escluso la persistenza del diritto a percepire i canoni in capo
alle odierne ricorrenti, almeno fino alla data del 20 dicembre
2006, secondo quanto dimostrato in causa sulla data di
accettazione della restituzione’.

18

maggior danno; non anche a sollevarlo dall’obbligo di pagare i

Ric.n. 17164/10 rg.

I motivi in esame, entrambi basati sull’erronea attribuzione di
effetto liberatorio all’offerta non formale di riconsegna dei
locali, sono suscettibili di trattazione unitaria.
Essi sono infondati,

considerandosi che è orientamento

consolidato di legittimità che anche l’offerta non formale, pur

fondare la liberazione del conduttore dal pagamento dell’indennità
di occupazione; a condizione che venga formulata in maniera seria,
concreta ed efficiente rispetto allo scopo: Cass. Sez. 6 – 3,
Ordinanza n. 1337 del 20/01/2011 (Rv. 616461):

“In tema di

riconsegna dell’immobile locato, mentre l’adozione della complessa
procedura di cui agli artt. 1216 e 1209, secondo coma, cod. civ.,
costituita dall’intimazione al creditore di ricevere la cosa nelle
forme stabilite per gli atti giudiziari, rappresenta l’unico mezzo
per la costituzione in mora del creditore per provocarne i
relativi effetti (art. 1207 cod. civ.), l’adozione da parte del
conduttore di altre modalità aventi valore di offerta reale non
formale (art. 1220 cod. civ.) – purché serie, concrete e
tempestive e sempreché non sussista un legittimo motivo di rifiuto
da parte del locatore – pur non essendo sufficiente a costituire
in mora il locatore, è tuttavia idonea ad evitare la mora del
conduttore nell’obbligo di adempiere la prestazione (costituita,
nel caso esaminato, dal pagamento di un’indennità per occupazione
dell’immobile ex art.1591 cod. civ.). (Principio affermato ai
sensi dell’art. 360 bis, primo coma, cod. proc. civ.)”;
ancora:

ed

“L’offerta non formale della prestazione è idonea ad
19

non essendo idonea a costituire in mora il locatore, può tuttavia

Ric.n. 17164/10 rg.

escludere la mora del debitore soltanto se sia seria, tempestiva e
completa, e consista nell’effettiva introduzione dell’oggetto
integrale della prestazione dovuta nella disponibilità del
creditore, nonchè nella comunicazione di tale fatto al medesimo.
Il parametro valutativo della sussistenza del caratteri della

posizione assunta dal debitore con l’offerta stessa, nel senso che
il creditore deve potervi aderire senza ulteriori accordi ed
ottenere la prestazione limitandosi semplicemente a riceverla,
ovvero a porre il debitore nelle condizioni di poterla
materialmente effettuare”

(Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15352 del

06/07/2006, Rv. 591558).
E’ proprio in applicazione di tale orientamento che la corte di
appello di Cagliari ha affermato (pag.7) la rispondenza ai
suddetti parametri dell’offerta di restituzione dei locali in
concreto effettuata dal Comune:

“quanto infine alle modalità di

restituzione delle chiavi di accesso, va ricordato come il Comune
appellato avesse comunicato che ad una certa data del mese di
luglio 2006 avrebbe provveduto alla loro restituzione. La
circostanza che la relativa comunicazione sia arrivata in ritardo
al domicilio degli appellanti non costituisce giustificato motivo
di doglianza, perché immediatamente dopo lo scadere nel predetto
termine, il Comune avvisò le appellanti che le predette chiavi
erano a loro disposizione presso gli uffici del proprio economato,
sì che le germane Marras, ove avessero rispettato i canoni della
buona fede che sempre debbono permeare i comportamenti delle parti
20

serietà e della completezza è costituito dalla esaustività della

Ric.n. 17164/10 rg.

in tutte le fasi contrattuali, avrebbero agevolmente potuto
rientrarne in possesso”.
E’ dunque evidente che la decisione oggetto di censura deve
ritenersi: – non in contrasto con le norme evidenziate, così come
costantemente interpretate da questa corte;

adeguatamente

offerte dal Comune conduttore, anche nei risvolti della buona fede
con la quale parte locatrice avrebbe dovuto darvi seguito;
sorretta, in quest’ultimo giudizio, da considerazioni puramente
fattuali, per loro natura non deducibili in sede di legittimità.
Ne segue, in definitiva, il rigetto del ricorso, con condanna
di parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente
giudizio liquidate, come in dispositivo, ai sensi del DM Giustizia
20.7.2012 n.140.
Pqm
LA

Couglr-lt:

rigetta il ricorso;
condanna le ricorrenti in solido al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità che liquida in euro 3700,00, di cui euro
3500,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi; oltre accessori
di legge.
Così deciso nella camera di consiglio della terza sezione civile
in data 27.11.

motivata sull’idoneità delle concrete modalità di riconsegna

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