Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1980 del 25/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 25/01/2017, (ud. 24/11/2016, dep.25/01/2017),  n. 1980

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4425-2015 proposto da:

F.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO

BAIAMONTI, 4, presso lo studio dell’Avvocato ANDREA LIPPI,

rappresentata e difesa dall’Avvocato ELENA PETTINAU, giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA SOCIALE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARI BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,

rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI

E EMANUELA CAPANNOLO, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 464/2014 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI del

26/11/2014, depositata il 21/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/11/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA;

udito l’Avvocato CAPANNOLO EMANUELA, per la parte controricorrente,

la quale si riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con sentenza n. 464/2014 la Corte di appello di Cagliari ha respinto l’impugnazione proposta da F.R. avverso la sentenza di primo grado che, in adesione alla disposta c.t.u., aveva ritenuto insussistente il requisito sanitario prescritto in relazione al beneficio richiesto; ha condannato l’appellante alla rifusione delle spese di lite come in dispositivo quantificate.

Il giudice di appello ha fondato la statuizione di rigetto su un duplice ordine di considerazioni: la violazione del divieto di novum in appello per essere la originaria domanda intesa al conseguimento di una prestazione – indennità di accompagnamento per ciechi assoluti ex L. n. 406 del 1968 – diversa da quelle richieste in seconde cure dalla F. – indennità di accompagnamento L. n. 18 del 1980, ex art. 1 e pensione non reversibile e indennità speciale, rispettivamente previste dalla L. n. 66 del 1962, art. 8 e della L n. 508 del 1988, art. 3 in favore dei ciechi ventisimisti; la genericità delle critiche svolte nell’atto di gravame alla consulenza di ufficio di primo grado.

La statuizione di condanna alle spese di lite è stata fondata sulla inidoneità della dichiarazione resa dall’interessata ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., in quanto riferita al solo reddito personale dell’assistibile e non anche a quello del nucleo familiare come richiesto dal comb. disp. degli artt. 152 disp. att. c.p.c. e D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76.

Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso F.R. sulla base di due motivi. L’INPS ha resistito con tempestivo controricorso. Con il primo motivo parte ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. per avere il giudice di appello ritenuto che in seconde cure fosse stata proposta una domanda diversa da quella formulata in primo grado, in relazione alla prestazione richiesta quale cieco ventesimista.

Con il secondo ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c., censurando, in sintesi, la decisione sul rilievo che il giudice di appello, una volta ritenuta non completa la dichiarazione prodotta dalla ricorrente, avrebbe dovuto richiederne l’integrazione all’interessata.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in conformità della proposta formulata dal Consigliere relatore e condivisa dal Collegio.

Invero, in relazione al primo motivo di ricorso si rileva che lo stesso risulta inammissibile per carenza di interesse ad impugnare, atteso che, per quanto si dirà, la statuizione di rigetto del gravame proposto dalla F., è divenuta definitiva.

Occorre innanzitutto premettere che parte ricorrente non contrasta specificamente l’assunto della novità della domanda di seconde cure relativa all’indennità di accompagnamento L. n. 18 del 1980, ex art. 1. Quanto alla domanda relativa alle prestazioni per ciechi ventesimisti, le censure della odierna ricorrente risultano assorbite dal rilievo della mancata impugnazione dell’affermazione del giudice di appello -affermazione configurante autonoma ratio decidendi – in merito alla genericità delle doglianze relative all’accertamento sanitario operato dal c.t.u. di prime cure la cui valutazione era stata condivisa dal Tribunale. Tale accertamento, per come riferito nell’odierno ricorso aveva avuto ad oggetto, con esito evidentemente negativo, anche prestazioni collegate alla cecità parziale. Pertanto, anche a volere ritenere insussistente la violazione del divieto di novum, il fatto che non è stata specificamente investita la valutazione di seconde cure in punto di genericità delle censure relative all’accertamento sanitario del Tribunale ha determinato la definitività della statuizione di rigetto.

Parimenti inammissibile è il secondo motivo di ricorso attinente all’esonero dalle spese di lite. Parte ricorrente, infatti, non contrasta specificamente l’assunto del giudice di appello relativo alla inidoneità, ai fini dell’esonero dalle spese, della dichiarazione ex art. 152 disp. att. c.p.c., versata in atti, in quanto non corredata dell’indicazione del reddito del nucleo familiare; si limita,infatti, a dedurre che, “ben avrebbe potuto” il giudice di appello richiedere all’interessata la documentazione integrativa. I deduzione è articolata in termini inidonei alla censura della statuizione relativa alle spese in quanto non chiarisce lo specifico errore di diritto ascrivibile alla sentenza impugnata.

Come, infatti, chiarito da questa Corte il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado il giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti (ex plurimis Cass. n. ss.uu. n. 7931 del 2013).

In base alle considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio sono regolate secondo soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione all’INPS delle spese di lite che liquida in Euro 2.000,00 per compensi professionali, 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2017

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