Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19798 del 28/09/2011

Cassazione civile sez. III, 28/09/2011, (ud. 08/07/2011, dep. 28/09/2011), n.19798

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MARR SPA (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA P

BORSIERI 20, presso lo studio dell’avvocato PISELLI MARIO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BOLDRINI GIOVANNI

giusto mandato in atti;

– ricorrente-

e contro

M.S. (OMISSIS);

– intimato –

e da:

M.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, presso CANCELLERIA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dagli avvocati MARTELLI CORRADO, COSTANZO MICHELE con studio in

MESSINA, Via S. Martino 261 is. 79, giusto mandato in atti;

– ricorrenti incidentali –

contro

MARR SPA (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA P.

BORSIERI 20, presso lo studio dell’avvocato PISELLI MARIO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BOLDRINI GIOVANNI

giusto mandato in atti;

– controricorrenti all’incidentale –

avverso la sentenza n. 253/2009 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 06/04/2009; R.G.N. 291/2001;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/07/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO;

udito l’Avvocato PALMERI GIOVANNI per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IANNELLI Domenico che ha concluso per inammissibilità del ricorso

principale e di quello incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. M.S., consigliere di amministrazione e amministratore delegato della Marr Taormina srl (nell’anno 1993) e della Marr Alisurgel spa (nel 1994), sulla base di un contratto stipulato (con la Finmarr spa, società controllante), nel quale era previsto un compenso – determinato in parte fissa e in parte variabile – riassumeva dinanzi al Tribunale di Messina la causa (rispetto alla quale il Pretore del lavoro di Taormina – adito con ricorso depositato nel marzo 1995 e notificato nel maggio successivo – aveva dichiarato la propria incompetenza funzionale) nella quale chiedeva il pagamento di somme non percepite e il risarcimento del danno per l’illegittimo recesso delle società nel giugno 1994.

Il Tribunale rigettava le domande del M. e accoglieva la domanda riconvenzionale della società (Albatros Eurotrade spa, già Marr Taormina srl) per la restituzione di un prestito pari a L. 37 milioni.

2. La Corte di appello di Messina, decidendo l’impugnazione del M. nel contraddittorio con la Marr spa (incorporante la società Albatros), riteneva dovuta dalla Marr spa la somma di L. 96 milioni, pari a quanto spettante per il compenso fisso relativo al 1993, quindi condannava la società al pagamento di Euro 34.709,96, oltre interessi legali; somma risultante dalla compensazione tra la somma spettante al M. e la somma da questi dovuta per il residuo del prestito (sentenza del 6 aprile 2009).

3. Avverso la suddetta sentenza propone ricorso per cassazione la Marr spa con due motivi, corredati da quesiti.

Il M. resiste con controricorso; propone altresì ricorso incidentale con sette motivi, corredati da quesiti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I ricorsi, proposti avverso la stessa decisione, vanno riuniti.

Ratione temporis è applicabile l’art. 366-bis cod. proc. civ. 2. Il ricorso principale censura la sentenza rispetto alla parte in cui ha riconosciuto l’obbligo della società al pagamento di Euro 96mila/00, pari al compenso contrattualmente pattuito nella parte fissa per il 1993.

Con il primo motivo, la società deduce la nullità della sentenza per vizio di ultrapetizione (art. 360 cod. proc. civ., n. 4) e formula il seguente quesito: “…se, a fronte di un’impugnazione proposta unicamente per omessa pronuncia su una domanda avanzata nel precedente grado di giudizio, violi l’art. 112 (e sia viziata per ultrapetizione) la sentenza del giudice dell’impugnazione che, senza limitarsi ad esaminare la sussistenza del vizio denunciato (verificando cioè se la pronuncia sia o non sia stata resa) esamini poi ne merito, riformandola, la pronuncia effettivamente resa dal giudice di primo grado….in particolare…se, in assenza di specifica censura, nei motivi di appello, sul valore confessorio attribuito dalla sentenza impugnata alla dichiarazione processuale resa da una delle parti costituite, il giudice del gravame possa estendere il riesame della stessa sentenza anche a tale punto della decisione”.

Con il secondo motivo del ricorso, la società deduce motivazione contraddittoria su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5) e formula il seguente momento di sintesi: “…se la motivazione della sentenza impugnata risulti illogica o, comunque, contraddittoria nella parte in cui ha affermato che la dichiarazione confessoria, resa nel primo grado di giudizio dalla controparte e inerente all’integrale percezione dei compensi contrattualmente pattuiti per l’anno 1993, debba interpretarsi come riferita all’anno di percezione dei pagamenti e non nell’anno di imputazione dei medesimi”.

2.1. Entrambi i motivi del ricorso principale sono inammissibili per un duplice profilo.

2.1. Logicamente preliminare alla verifica della adeguatezza dei quesiti, a norma dell’art. 366-bis cod. proc. civ., è il mancato rispetto dell’art. 366 c.p.p., comma 1, n. 6.

Dopo la novella del processo civile ad opera del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 e l’introduzione dell’art. 366 cod. proc. civ., n. 6 il principio di necessaria autosufficienza del ricorso ha trovato rinnovato vigore e sono numerose le pronunce di legittimità che lo riaffermano. In particolare, secondo le Sez. Un. “In tema di ricorso per cassazione, l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, oltre a richiedere l’indicazione degli atti, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento risulti prodotto; tale prescrizione va correlata all’ulteriore requisito di procedibilità di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per cui deve ritenersi, in particolare, soddisfatta:

a) qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione del fascicolo, purchè nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile; b) qualora il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante l’indicazione che il documento è prodotto nel fascicolo del giudizio di merito di controparte, pur se cautelativamente si rivela opportuna la produzione del documento, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per il caso in cui la controparte non si costituisca in sede di legittimità o si costituisca senza produrre il fascicolo o lo produca senza documento;

c) qualora si tratti di documento non prodotto nelle fasi di merito, relativo alla nullità della sentenza od all’ammissibilità del ricorso (art. 372 p.c.) oppure di documento attinente alla fondatezza del ricorso e formato dopo la fase di merito e comunque dopo l’esaurimento della possibilità di produrlo, mediante la produzione del documento, previa individuazione e indicazione della produzione stessa nell’ambito del ricorso”. (Sez. Un. 25 marzo 2010, n. 7161).

2.1.1. Nella specie, entrambi i motivi di ricorso, nonostante si fondino sulla cosiddetta dichiarazione confessoria, che sarebbe contenuta nell’atto introduttivo del giudizio di merito, si limitano a riprodurre la frase seguente “..per il 1993 al ricorrente vennero attribuiti gli importi così come stabiliti all’interno del contratto” avulsa dal contesto. Mentre, solo dal contesto e, quindi, alla luce dell’atto nel suo complesso, potrebbe risultare se si riferisce, o meno, agli importi percepiti nel 1993, ma relativi all’anno precedente, come sostiene il M.. Nè il ricorso indica dove tale atto è rinvenibile nel fascicolo del giudizio di merito; nè il suddetto atto è autonomamente prodotto, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., n. 4.

2.2. Entrambi i motivi sono, inoltre, inammissibili, per la violazione dell’art. 366-bis cod. proc. civ. Il primo quesito si risolve in enunciazioni di carattere generale e astratto, prive di specifiche indicazioni in relazione alla fattispecie concreta; inidonee a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie; nè si può desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione dell’art. 366 cit. (Cass. 11 marzo 2008, n. 6420; Cass. 5 gennaio 2007, n. 36).

Il secondo, concernente la contraddittorietà della motivazione, si chiude con un momento di sintesi (omologo al quesito rispetto alla censura di cui all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5) che non esplicita la contraddizione in fatto e si sostanzia in una inammissibile critica generica all’interpretazione fatta propria dal giudice del merito.

3. Il ricorso incidentale è pure inammissibile, essendo inammissibili – in parte per motivi diversi – tutti i motivi di ricorso.

3.1. Preliminarmente, deve dirsi che la Corte di merito ha negato il diritto del M. a tali emolumenti sulla base di due autonome e concorrenti ragioni. In estrema sintesi: da un lato ha ritenuto non raggiunta la prova, a carico del creditore, sul loro ammontare, non ritenendo idoneo il bilancio della società in atti e non utile al fine la richiesta ctu (p. 6 sentenza); dall’altro, ha ritenuto che la riduzione degli emolumenti – sostanziatasi nella esclusione dì quelli variabili – disposta sulla base del contratto, doveva ritenersi accettata dal M..

Ciò, come si chiarirà in seguito, rileva nell’esame dei motivi – dal primo al sesto – che censurano sotto vari profili la sentenza impugnata nella parte in cui non riconosce al M. la parte degli emolumenti variabili.

Il settimo motivo, invece, censura la sentenza nella parte in cui non riconosce la rivalutazione monetaria sulle somme liquidate.

3.2. Il primo motivo denuncia ultrapetizione, per avere la corte di merito pronunciato in ordine alla non attendibilità del bilancio societario, senza che fosse stata proposta un’eccezione in tal senso della società, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5.

Tale prospettazione rende il motivo inammissibile – prima ancora della verifica della adeguatezza del quesito con cui si conclude – in applicazione del principio consolidato secondo cui il vizio ex art. 112 cod. proc. civ. è deducibile con ricorso per cassazione esclusivamente ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 4 (nullità della sentenza e del procedimento), mentre esso non può esser fatto valere come violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 cod. proc. civ., n. 3) nè tanto meno come vizio di motivazione (art. 360 cod. proc. civ., n. 5) (Cass. 17 gennaio 2003, n. 604, seguita da innumerevoli applicazioni).

3.3. I motivi terzo, quinto e settimo, – che censurano la sentenza impugnata, rispettivamente, nella parte in cui non ritiene utile la ctu, riconosce l’accettazione da parte del M. di un diverso ruolo (con diversi emolumenti), non riconosce la rivalutazione agli emolumenti ritenuti spettanti – sono inammissibili perchè si concludono con quesiti con i quali si chiede l’accertamento della fondatezza delle censure sviluppate. Quesiti, quindi, inadeguati secondo al giurisprudenza di questa Corte, consolidata nel senso che “il quesito non può consistere in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello della S.C. in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata nello svolgimento dello stesso motivo, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la medesima Corte in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di una regula iuris che sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata. La Corte di legittimità deve poter comprendere dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamene compiuto dal giudice e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare” (Sez. Un. 14 febbraio 2008, n. 3519).

Il terzo e il quinto, inoltre, sono anche inadeguati, perchè astratti e del tutto scollegati dalla fattispecie concreta (Cass. 11 marzo 2008, n. 6420; Cass. 5 gennaio 2007, n. 36).

3.4. Il quarto motivo – con il quale è dedotta illogicità di motivazione in riferimento alla ritenuta non utilità della ctu – è inammissibile per mancanza del momento di sintesi (omologo al quesito rispetto all’art. 360 c.p.c., n. 5, Sez. Un 1 ottobre 2007, n. 20603;

14 ottobre 2008, n. 25117; 30 ottobre 2008 n. 26014). Difetta, inoltre, di autosufficienza nella parte in cui fa riferimento (p. 16 del ricorso) a ordinanze istruttorie relative a documenti, in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 (Sez. Un. 25 marzo 2010, n. 7161, ribadito anche dalla sesta sezione, Cass. 30 luglio 2010, n. 17915).

3.5. Il sesto motivo, nel quale – in collegamento al quinto del quale si è detto, con cui si critica la sentenza nella parte in cui riconosce l’accettazione da parte del M. di un diverso ruolo (con diversi emolumenti) – si fa valere un vizio motivazionale, è inammissibile perchè, in quello che appare il momento di sintesi richiesta, si deduce una pretesa contraddizione in diritto e non la contraddittorietà nella motivazione dei fatto, che sarebbe l’unica possibile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

3.6. Resta da esaminare il secondo motivo, dedotto subordinatamente al primo, riferito sempre – mediante la deduzione della violazione dell’art. 167 cod. proc. civ. – alla parte della sentenza che non ha attribuito rilievo di prova ai bilanci ai fini del riconoscimento della spettanza degli emolumenti variabili. Questo motivo – prima ancora della verifica della idoneità del quesito con cui si conclude – è inammissibile perchè nessun vantaggio deriverebbe alla parte dal suo ipotetico accoglimento. Infatti, costituisce principio pacifico nella giurisprudenza della Corte che “quando il dispositivo di una sentenza è sorretto da più ragioni concorrenti, ma tutte egualmente idonee a giustificare anche da sole la decisione, è inammissibile per difetto di interesse il ricorso per cassazione che non investa tutte le ragioni della sentenza impugnata, in quanto l’eventuale accoglimento del gravame sarebbe privo di ogni effetto pratico, dal momento che la sentenza stessa dovrebbe comunque restare ferma, non essendo state impugnate anche le altre ragioni sulle quali la medesima si fonda”. Orientamento avallato da Sez. Un. 8 agosto 2005, n. 16602, anche in riferimento all’ipotesi di difetto di interesse all’esame degli altri motivi quando quello/i relativi ad una ratio decidendi sia/siano stato/i rigettato/i).

Nella specie sono stati dichiarati inammissibili i motivi di ricorso quinto e sesto che censuravano l’altra ratio decidendi della sentenza sullo stesso profilo.

4. In conclusione, essendo inammissibili sia il ricorso principale che il ricorso incidentale, sono integralmente compensate le spese del processo di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE riunisce i ricorsi; dichiara inammissibile il ricorso principale e il ricorso incidentale; compensa integralmente le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 8 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2011

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