Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19798 del 26/07/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 19798 Anno 2018
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: LUCIOTTI LUCIO

ORDINANZA

sul ricorso 9853-2017 proposto da:

BATTISTINI ELIS A, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
GERMANICO 101, presso lo studio dell’avvocato OTTORINO
rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONINO ATTANASIO;

– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE (CT. 06363391001), in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERAIT, DE1i.0
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 26/07/2018

sul ricorso 9854-2017 proposto da:
BATTISTINI DOMENICO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
(11

101, presso lo studio dell’avvocato OTTORINO AGITI,

– ricorrente contro
AGENZIA DEI Li ENTRATE (C.F. 06363391001), in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

controricorrente

sul ricorso 9856-2017 proposto da:
BATTISTINI STEFANO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
GERMANICO 101, presso lo studio dell’avvocato OTTORINO AGATI,
rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONINO ATFANASIO;

– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. 06363391001), in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente-

*
Ric. 2017 n. 09853 sez. MT – ud. 06-06-2018
-2-

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONINO ATTANASIO;

sul ricorso 9857-2017 proposto da:
IMMOBILIARE BATTISTINI & C. SAS, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
GERMANICO 101, presso lo studio dell’avvocato OTTORINO AGATI,
rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONINO ATTANASIO;

contro
AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. 06363391001), in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

controlicorrente

avverso le sentenze n. 2501/5/2016, n. 2505/5/2016, n. 2500/5/2016 e
n. 2499/5/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di
BOLOGNA, depositate il 10/10/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 06/06/2018 dal Consigliere Dott. LUCIO
Rilevato che:
1. A seguito della rettifica del valore di alcuni immobili venduti in
attività d’impresa, effettuata sulla base delle risultanze di indagini
finanziarie condotte nei confronti della Immobiliare Battistini & C. s.a.s.,
l’Agenzia delle entrate emise nei confronti della predetta società, per
l’anno di imposta 2006, un avviso di accertamento di maggiori ricavi ai fini
IVA e di un maggior valore della produzione ai fini IRAP e nei confronti
dei soci Stefano, Domenico ed Elisa Battistini, separati avvisi di
accertamento ai fini IRPEF per i maggiori redditi di partecipazione nella
predetta società ex art. 5 d.P.R. n. 917 del 1986.

Ric. 2017 n. 09853 sez. MT – ud. 06-06-2018
-3-

– ricorrente –

2. I ricorsi avverso i predetti atti impositivi, separatamente proposti
dalla società e dai soci, vennero riuniti dalla Commissione tributaria
provinciale di Forlì che li rigettò con sentenza n. 102 del 7/05/2012.
3. Avverso tale statuizione la società ed i soci proposero distinti
appelli che la CFR dell’Emilia Romagna trattò separatamente e decise

con cui annullò gli atti impositivi limitatamente ad alcune compravendite
oggetto di accertamento, confermando la ripresa a tassazione con riguardo
alle altre. In relazione a queste ultime, i giudici di appello ritennero che
l’accertamento di maggiori ricavi desunti da un maggior prezzo di cessione
degli immobili era fondato non sui valori 01\11, utilizzati solamente «per
dare l’avvio alla verifica», ma su elementi presuntivi — quali i contratti
preliminari di compravendita, i contratti di mutuo stipulati dagli acquirenti
e le relazioni di stima redatte ai fini dell’erogazione dei mutui — dotati dei
requisiti di gravità, precisione e concordanza, non superati da prove
contrarie offerte dai contribuenti.
4. La società ed i soci hanno impugnato le predette statuizioni con
separati ricorsi per cassazione fondati su tre motivi, cui ha replicato
l’Agenzia delle entrate con controricorso.
5. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380
bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
6.

Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con

motivazione semplificata.
Considerato che:
1. Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi vertendosi in
ipotesi di litisconsorzio necessario tra soci e società di persone (Cass., Sez.
U., n. 14815 del 04/06/2008 — Rv. 603330), che, nonostante le separate
pronunce sui ricorsi in appello, non può dirsi violato dalla CFR alla
stregua di Cass. n. 3830 del 18/02/2010 (conf. Cass. n. 29843 del
Ric. 2017 n. 09853 sez. MT – ud. 06-06-2018
-4-

contestualmente, alla medesima udienza, con le sopra indicate sentenze

13/12/2017). Conseguentemente, i ricorsi RG n. 9854/2017, n.
9856/2017 e n. 9857/2017, promossi rispettivamente da Domenico
Battistini, Stefano BATTISTINI e dalla IMMOBILIARE BAITISTINI &
C. s.a.s. vanno riuniti al ricorso iscritto al n. 9853/2017 R.G., proposto
dalla socia Elena BNATTISTINI, di più antica iscrizione, segnalandosi

2. Venendo, quindi, al merito della vicenda processuale, con il primo
motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt.
39, 40 e 42 d.P.R. n. 600 del 1973 nonché 24, commi 4, lett. f), e 5, legge
n. 88 del 2009. Sostengono i ricorrenti che la CTR è incorsa nelle
disposizioni di legge censurate, che vietano di ricorrere al “valore
normale” degli immobili ai fini dell’accertamento di maggiori ricavi
occultati nella cessione degli stessi, là dove hanno affermato di
«prescindere», ai fini di tale accertamento, «dalle risultanze che emergono
dalle scritture contabili».
3. 11 motivo è palesemente infondato, ed addirittura inammissibile
per non aver colto l’effettiva ratio deddendi delle decisione impugnata, posto
che la Commissione di appello ha desunto il conseguimento da parte della
società di maggiori ricavi dalla vendita di alcuni immobili sulla scorta di
elementi presuntivi — e segnatamente: i contratti preliminari di
compravendita, i contratti di mutuo stipulati dagli acquirenti e le relazioni
di stima redatte ai fini dell’erogazione dei mutui — in alcun modo
equiparabili al loro valore normale, solitamente ricavato dalle quotazioni
OMI, che nel caso in esame non sono stato affatto valorizzate ai fini
dell’accertamento, se non «per dare l’avvio alla verifica», come affermato
dalla CfR nel passaggio motivazionale in epigrafe trascritto.
3.1. Invero, dando espressamente atto in sentenza che quegli
elementi «integra[vaino presunzioni gravi, precise e concordanti, quanto
meno sufficienti ad addossare alla contribuente un onere di prova
Ric. 2017 n. 09853 sez. MT – ud. 06-06-2018
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l’identità di contenuto dei medesimi.

contraria che invece non è stato minimamente assolto» (sentenza, pag. 4)
la CTR si è attenuta al consolidato insegnamento di questa Corte secondo
cui «In tema di accertamento induttivo, gli artt. 39, comma 1, lett. d), del
d.P.R. n. 600 del 1973, e 54, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, come
modificati dall’art. 24 della 1. n. 88 del 2009, hanno effetto retroattivo, in

interno a quello comunitario, sicché, venuta meno “ex runc” la
presunzione legale relativa di corrispondenza del corrispettivo effettivo al
valore normale del bene, introdotta nei menzionati artt. 39 e 54 dal d.l. n.
223 del 2006, conv., con modif., dalla 1. n. 248 del 2006, la prova
dell’esistenza di attività non dichiarate può essere desunta anche sulla base
di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti» (Cass. n.
23485 del 18/11/2016; conf. Cass. n. 11439 del 2018, n. 6736 del 2017, n.
20429 del 2014), che la Corte in tali pronunce individua in quegli stessi
elementi utilizzati dalla Commissione di appello, peraltro precisandosi in
Cass. n. 14388 del 09/06/2017, che «l’accertamento di un maggior reddito
derivante dalla cessione di beni immobili può essere fondato anche
soltanto sull’esistenza di uno scostamento tra il minor prezzo indicato
nell’atto di compravendita e l’importo del mutuo erogato all’acquirente,
ciò non comportando alcuna violazione delle norme in materia di onere
della prova».
4. Con il secondo motivo viene dedotta la violazione dell’obbligo di
contraddittorio endoprocedimentale, che i ricorrenti sostengono essere
stata erroneamente esclusa dalla CTR.
5. Il motivo è infondato alla stregua del principio, affermato da Cass.,
Sez. U., n. 24823 del 2015, secondo cui «Differentemente dal diritto
dell’Unione europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non
pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un
provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica
Ric. 2017 n. 09853 sez. MT – ud. 06-06-2018
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considerazione della finalità della citata 1. n. 88 di adeguare l’ordinamento

prescrizione,

un

generalizzato

obbligo

di

contraddittorio

endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità
dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo
dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale,
pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi,

di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto
dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio
endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso,
anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il
contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che
avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato
tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate
con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non
puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone
generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale,
sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela
dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto». In tal senso
essendosi espressa la giurisprudenza unionale, in particolare la Corte di
Giustizia UE, sez. V, nella sentenza del 3 luglio 2014, in causa C-129/13 e
C-130/13, Kamino, là dove ha affermato che «Il giudice nazionale, avendo
l’obbligo di garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione, può, nel
valutare le conseguenze di una violazione dei diritti della difesa, in
particolare del diritto di essere sentiti, tenere conto della circostanza che
una siffatta violazione determina l’annullamento della decisione adottata al
termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in
mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto
comportare un risultato diverso».

Ric. 2017 n. 09853 sez. MT – ud. 06-06-2018
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per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema

5.1. Orbene, con riferimento al caso di specie, posto che non si verte
in alcuna delle ipotesi per le quali, in materia di tributi non armonizzati, è
specificamente sancito l’obbligo del contraddittorio, con riferimento
all’accertamento in materia di IVA deve rilevarsi che difetta il requisito
dell’esplicitazione delle eventuali ragioni che i contribuenti avrebbero

fiscale.
6. Con il terzo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione
degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., 39, lett.

t)

e d), d.P.R. n. 600 del 1973 e

113 Cost., sostenendo che nel caso di specie gli elementi presuntivi
utilizzati dalla CTR erano costituiti «da atti interni dell’istituto di credito e
di mera rielaborazione anonima», da «mere stampe di videate, di autore
anonimo c prive di significato giuridicamente rilevante» (ricorso della
società, pag. 20), inidonee come tali ad integrare delle presunzioni
qualificate.
7. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, non
essendo riprodotto il contenuto dei documenti cui si fa riferimento nei
ricorsi, così che a questa Corte è impedita ogni valutazione in merito alla
fondatezza della doglianza.
8. Il motivo è, in ogni caso, infondato alla stregua del principio
giurisprudenziale secondo cui «Le presunzioni semplici costituiscono una
prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza,
anche in via esclusiva, ai fini della formazione del proprio convincimento,
nell’esercizio del potere discrezionale, istituzionalmente demandatogli, di
individuare le fonti di prova, controllarne l’attendibilità e la concludenza e,
infine, scegliere, fra gli elementi probatori sottoposti al suo esame, quelli
ritenuti più idonei a dimostrare i fatti costitutivi della domanda o
dell’eccezione. Spetta, pertanto, al giudice di merito valutare l’opportunità
di fare ricorso alle presunzioni, individuare i fatti da porre a fondamento
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potuto far valere in quella sede per efficacemente contrastare la pretesa

del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge,
con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al
sindacato di legittimità, dovendosi tuttavia rilevare che la censura per vizio
di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo
non può limitarsi a prospettare l’ipotesi di un convincimento diverso da

illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro
escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa
dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo» (Cass. n. 10847
del 11/05/2007; conf., ex multis, Cass. n. 24028 del 2009, n. 21961 del
2010).
8.1. Al riguardo deve, peraltro, rilevarsi che i ricorrenti con il motivo
in esame pretendano, in maniera affatto condivisibile e sulla base di
ragioni non meglio specificate, di privare di valenza presuntiva «atti interni
all’istituto di credito», ovvero documenti comunque provenienti da un
istituto bancario (arg. da Cass. n. 9108 del 06/06/2012).
9. Conclusivamente, quindi, i ricorsi riuniti vanno rigettati ed i
ricorrenti condannati al pagamento in favore della controricorrente delle
spese del presente giudizio di legittimità nella misura complessivamente
liquidata in dispositivo.

P.Q.M.
rigetta i ricorsi riuniti e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore
della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in
Euro 10.000,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a
debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17, della 1. n. 228 del 2012, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di ciascuno dei
ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
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quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta

pari a quello dovuto per ciascun ricorso principale, a norma del comma 1-

bis, dello stesso articolo 13.

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