Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19795 del 22/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 22/09/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 22/09/2020), n.19795

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – Consigliere –

Dott. MELE Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26164-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L. già S.G. S.R.L.,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA TACITO 90, presso lo studio

dell’avvocato GIUSEPPE VACCARO, rappresentato e difeso dagli

avvocati SARAH PATTI, GIUSEPPE SAPIENZA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 224/2012 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

CATANIA, depositata il 04/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/02/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MELE.

Per la cassazione della sentenza della commissione tributaria

regionale della Sicilia sezione staccata di Catania n. 224/18/2012,

depositata il 4.10.2012, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27 febbraio 2020 dal relatore, cons. Francesco Mele.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

– A seguito di processo verbale redatto dalla G.d.F. all’esito di una verifica generale nei confronti della S.G. srl (oggi Fallimento (OMISSIS) srl), questa presentava apposita istanza di condono ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 15; rilevata dall’Amministrazione finanziaria la improduttività di effetti – ai soli fini IVA – di detta istanza a ragione del fatto che la liquidazione dell’imposta non era corrispondente a quanto disposto dal predetto articolo, era elevato avviso di rettifica, per l’anno 1999, con esposizione di maggiore imposta a titolo di IVA.

– Il menzionato atto impositivo era oggetto di ricorso (incentrato sull’errore commesso nella determinazione dell’importo da versare) da parte della contribuente dinanzi alla commissione tributaria provinciale di Catania, la quale -nel contraddittorio tra le parti, attesa la costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Entrate- pronunciava sentenza con cui rigettava il ricorso.

– Avverso detta sentenza proponeva appello la contribuente; resisteva l’ufficio.

– La commissione tributaria regionale della Sicilia rendeva la indicata sentenza con la quale accoglieva il gravame e, dunque, il ricorso originario della contribuente.

– Per la cassazione di detta sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso affidato a due motivi, al quale resiste con controricorso la società contribuente, che ha pure depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– I motivi, dei quali si compone il ricorso, recano: 1) “Violazione e/o falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 15, comma 4, lett. b) e comma 3-bis, nonchè art. 16, comma 9, in rapporto all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”; 2) “Nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”;

– Con il primo motivo, la ricorrente deduce che il condono di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 15, comma 4, è valido solo in presenza della esatta liquidazione dell’imposta e rappresenta che, nella specie, l’errore commesso dalla contribuente non è stato di natura meramente aritmetica ma è, piuttosto, dipeso dal fatto che i rilievi contenuti nel pvc erano stati valutati dalla parte quali violazioni formali e, come tali, definibili con il versamento di una percentuale pari al 10%, mentre la misura per il condono è pari al 50%.

– Il motivo è fondato.

– Osserva il collegio che la L. n. 289 del 2002, art. 15, comma 4, dispone, per quanto di interesse nella presente sede, quanto segue: “la definizione dei processi verbali di constatazione si perfeziona mediante il pagamento…. di un importo calcolato: b) per l’imposta regionale sulle attività produttive, l’imposta sul valore aggiunto e le altre imposte indirette, riducendo del 50% la maggiore imposta dovuta sulla base dei rilievi formulati nel verbale stesso”.

– Secondo la lettera della disposizione trascritta, la definizione ivi descritta si realizza in presenza della liquidazione esatta dell’imposta; nella specie, la CTR – nel fare proprio l’assunto della contribuente – ha ritenuto che questa fosse incorsa in un errore meramente aritmetico e dunque scusabile, avendo essa osservato una normale diligenza nella determinazione del valore della lite e nel calcolo degli importi dovuti, in linea – conclude la CTR – con la circolare n. 17/E del 21.3.2003 dell’Agenzia delle Entrate.

– Rileva il collegio che la pratica è stata definita con la liquidazione di una imposta pari al 10% e non al 50%, come prescritto dalla legge, con la precisazione che entrambe le percentuali suddette sono contemplate dalle previsioni della L. n. 289 del 2002: la prima dal comma 3-bis (rilievi trattati come violazioni formali) e la seconda dal comma 4 sopra trascritto che comporta recupero d’imposta.

In presenza di fattispecie così nettamente delineate nella loro diversità, non può trovare posto il riferimento alla legge in commento, art. 16, comma 9, che contempla l’errore scusabile, e men che meno il richiamo alla circolare dell’Agenzia delle Entrate, a norma della quale l’errore del contribuente può ritenersi scusabile nelle ipotesi in cui il soggetto abbia osservato una normale diligenza nella determinazione del valore della lite e nel calcolo degli importi dovuti. L’errore scusabile non è ravvisabile nella specie in quanto – per come in precedenza illustrato – si è in presenza di due tipologie di definizione, nascenti da presupposti diversi (rilievi che attengono a recupero d’imposta e rilievi che attengono a sanzioni) e comportanti misure di liquidazione diverse (50% e 10%, rispettivamente): avendo la società aderito alla prima tipologia, non si può ipotizzare ed ammettere che la contribuente sia incorsa in errore scusabile.

L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo; la sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio alla commissione tributaria regionale della Sicilia che, in diversa composizione provvederà anche in punto spese del giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2020

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