Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19794 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 19794 Anno 2013
Presidente: UCCELLA FULVIO
Relatore: CARLUCCIO GIUSEPPA

SENTENZA

sul ricorso 4261-2008 proposto da:
DRAGONE

MICHELE

DRGMHL30A22L049B,

elettivamente

domiciliato in ROMA, V.LE GIULIO CESARE 183, presso lo
studio dell’avvocato BENINCAMPI URSULA, rappresentato
e difeso dall’avvocato D’ADDARIO FILOMENA giusta
delega in atti;
– ricorrente contro

MONTAGNA

TERESA

MNTIRS56P58L049R,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo
studio dell’avvocato BOGGIA MASSIMO, rappresentata e

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Data pubblicazione: 28/08/2013

difesa dall’avvocato MAZZIA NICOLA giusta delega in
atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 307/2006 della CORTE D’APPELLO
DI LECCE SEZ.DIST. DI TARANTO, depositata il

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/06/2013 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA
CARLUCCIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

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12/12/2006 R.G.N. 419/04;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Su ricorso per decreto ingiuntivo di Michele Dragone, basato su
assegni bancari, venne condannata Teresa Montagna al pagamento di
10 mm n di lire in favore del Dragone.
Montagna propose opposizione adducendo di aver estinto il proprio
debito mediante cambiali, delle quali produsse fotocopia, ed allegando
plurimi prestiti con interessi esorbitanti e assegni rilasciati a garanzia.

periodo ottobre 1996/luglio 1997) la Montagna aveva firmato assegni
per 16 mln e cambiali per 26,5 mln; che il Dragone si era fatto
promettere interessi usurai in stato di bisogno; che il debito della
Montagna era solo di 11 mln, senza interessi, ex art. 1815 cod. civ.; che
la Montagna aveva provato solo il pagamento di un assegno di
£1.290.000 e non il pagamento di 15 milioni di lire portati dai titolo
cambiari, essendo stati questi ultimi solo prodotti in copia, nonostante la
contestazione. Quindi, revocato il decreto ingiuntivo, condannò la
Montagna al pagamento di £ 9.710.000.
2. La Corte di appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto, accolse
l’appello principale della Montagna e rigettò la domanda di Dragone;
rigettò l’appello incidentale del Dragone (sentenza del 12 dicembre
2006).
2. Avverso la suddetta sentenza, Dragone propone ricorso con sei
motivi.
Resiste con controricorso Montagna.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Secondo la sentenza impugnata, oggetto dell’appello principale della
Montagna è stato il pagamento avvenuto con titoli cambiari pagati; titoli
prodotti in fotocopia dalla Montagna in primo grado e in originale in
appello, per un ammontare di £ 18.250.000.
Argomenta la Corte nel senso che la produzione dei suddetti documenti
in appello non è inammissibile, perché gli stessi titoli erano già stati
prodotti in fotocopia, senza che fosse contestata la conformità
all’originale. Aggiunge che la controparte non si è opposta e che è
sempre possibile la produzione di documenti indispensabili,

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Il Tribunale ritenne che, a fronte di un prestito di 11 mln di lire (nel

sottolineando che tali ultime argomentazione valgono solo se i
documenti si ritenessero prodotti per la prima volta in appello.
Nel merito, secondo la Corte di appello, stante il pagamento risultante
dalle cambiali, maggiore rispetto al debito accertato, la somma portata
dal decreto ingiuntivo resta assorbita dalla prova del maggior
pagamento.
Infatti, ha premesso la Corte, non c’è appello sull’importo del debito

complessivi; non c’è appello sul pagamento di £ 1.290.000 da parte
della Montagna, entrambi accertati dal primo giudice.
2. I primi due motivi di ricorso concernono la ritenuta ammissibilità in
appello degli originali dei titoli cambiari.
Con il primo, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 184
cod. proc. civ. e si censura la sentenza nella parte in cui, ai fini di
ritenere ammissibili i documenti in originale in appello, ha dato rilievo
alla mancata contestazione della controparte.
Con il secondo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione
dell’art. 345, terzo comma, cod. proc. civ., unitamente a vizi
motivazionali, e si censura la sentenza nella parte in cui, ai fini di
ritenere ammissibili i documenti in originale in appello, li ha ritenuti
indispensabili senza motivare, così esercitando il potere ufficioso in
modo arbitrario.
2.1. Entrambi i motivi, anche a prescindere dal carattere astratto dei
quesiti di diritto con i quali si concludono, sono inammissibili per difetto
di interesse.
La sentenza impugnata – come emerge dalla sintesi delle
argomentazioni della stessa (cfr §1.) – ha ritenuto ammissibili in appello
gli originali dei titoli cambiari sulla base della argomentazione centrale
che gli stessi titoli erano stati tempestivamente prodotti in primo grado
in fotocopia. Ha poi aggiunto, facendo l’ipotesi che per la ragione
suddetta non potessero essere considerati ammissibili, che, comunque
non vi era stata contestazione di controparte e che erano indispensabili.
Il ricorrente, con i motivi in esame, ha censurato solo le ultime
argomentazioni e ha omesso di censurare quella fondante la decisione,

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della Montagna nei confronti del Dragone, come pari a 11 milioni

secondo cui sarebbero ammissibili in appello i documenti già prodotti
tempestivamente in fotocopia.
Pertanto, in mancanza di tale censura, i motivi sono inammissibili in
applicazione del costante principio affermato dalla Corte, di recente
anche a Sez. Un., secondo cui <> (Sez. Un. 29 marzo
2013, n. 7931).
3. Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art.
2719 cod. civ. e dell’art. 4 della legge 12 febbraio 1955, n. 77 e si
chiede alla Corte «se è vero che la prova de/pagamento di un titolo di
credito può essere fornita solo con la produzione dell’originale del titolo
medesimo».
3.1. Al di là della astrattezza del quesito, il motivo resta assorbito dalla
pronuncia di inammissibilità che precede. Esso, infatti, presuppone che i
titoli cambiari siano stati prodotti solo in fotocopia e che, quindi, la Corte
di cassazione abbia dichiarato illegittima la produzione degli originali in
appello
4. Con il quarto motivo, si deduce la violazione degli artt. 324, 329 e
346 cod. proc. civ. Con il quesito di diritto si chiede alla Corte «se è
vero che la parte vittoriosa ha soltanto l’onere di riproporre le questioni,
ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ., per superare la presunzione di
rinuncia derivante da un comportamento omissivo.»
4.1. Il motivo è inammissibile per il carattere astratto e del tutto privo di
riferimenti alla specie; ed inoltre, per la violazione dell’art. 366 n. 6 cod.
proc. civ., mancando nella parte esplicativa del ricorso ogni
riproduzione, per la parte di interesse, dei contenuti dell’atto di appello.

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rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata

5. Con il quinto motivo, si deduce violazione e falsa applicazione degli
artt. 1193, 1988, 1992 e 2697 cod. civ. Con il quesito di diritto si chiede
alla Corte se è vero che incombe al debitore risultante da assegni
provare il pagamento e che tale prova non è idonea se è fornita
mediante titoli negoziati «in data significativamente antecedente alla
formazione del titolo fatto valere».
5.1. Il motivo è inammissibile. Anche in questo caso, all’astrattezza e

proc. civ. Il ricorrente non richiama esattamente e specificamente i titoli
azionati con decreto ingiuntivo e i titoli cambiari prodotti dal debitore e
non indica dove essi sono rinvenibili negli atti del processo di merito.
6. Con il sesto motivo, si deduce la violazione dell’art. 1815, secondo
comma cod. civ.; con il quesito di diritto, si chiede alla Corte se è vero
che, ai sensi della norma richiamata, mancando la prova dello stato di
bisogno e dell’applicazione di interessi usurai, il ricorrente ha diritto a
vedersi riconoscere gli interessi sulle somme mutuate.
6.1. La Corte di merito, quanto, all’appello incidentale relativo
all’applicazione che il primo giudice ha fatto dell’art. 1815 cod. civ., nel
senso di non riconoscere il diritto agli interessi sulla somma mutuata,
essendo stati convenuti interessi usurai, ha ritenuto che la censura non
ha più senso «perché non residua più capitale in favore del Dragone
sul quale…eventualmente calcolare gli interessi; lo stato di bisogno, non
rileva più e, se ricorrente nella fattispecie sarà accertato in altra
sede.».
6.2. A prescindere dalla motivazione della sentenza impugnata, il
quesito con cui si conclude il motivo è astratto; inoltre, il motivo è
inammissibile anche per difetto di interesse.
La sentenza impugnata ha riconosciuto – con statuizione rimasta
indenne all’esito delle censure di legittimità – che la debitrice ha pagato
al mutuante una somma ben maggiore (oltre 18 mln di lire) di quella
originariamente mutuata (11 mln di lire) e il ricorrente non deduce
neanche che gli interessi pretesi sarebbero stati maggiori della
differenza della maggior somma.

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genericità del quesito, si aggiunge la violazione dell’art. 366, n. 6 cod.

7. In conclusione, il ricorso è inammissibile. Le spese seguono la
soccombenza e sono liquidate sulla base dei parametri vigenti di cui al
d.m. n. 140 del 2012
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in
favore della controricorrente, delle spese processuali del giudizio di

oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 25 giugno 2013

Il consigliere estensore

cassazione, che liquida in Euro 1.900,00, di cui Euro 200,00 per spese,

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