Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19793 del 22/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 22/09/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 22/09/2020), n.19793

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosari – rel. Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5742/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.C., rappresentato e difeso dall’avv. Livia Salvini,

con domicilio eletto in Roma, viale Giuseppe Mazzini n. 11;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale n. 174/12

della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il

12/07/2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 febbraio

2020 dal Consigliere Rosaria Maria Castorina.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza n. 174/6/2012, depositata in data 12.7.2012, la Commissione tributaria regionale del Lazio, rigettato l’appello principale dell’Agenzia delle Entrate accoglieva l’appello incidentale di P.C. avverso la sentenza n. 137/16/2011 della Commissione tributaria provinciale di Roma che aveva parzialmente accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso un avviso di accertamento, per l’anno di imposta 2006, con il quale l’Ufficio aveva rettificato il reddito dichiarato per l’anno 2005 della ditta individuale e recuperato a tassazione maggiori imposte dovute per Irpef, Irap e Iva.

La CTR, per quanto di interesse, affermava che non era stato prodotto il documento (il pvc) al quale faceva riferimento l’avviso di accertamento motivato per relazionem e che non erano state prese in considerazione le analitiche giustificazioni che il contribuente aveva fornito.

L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza, affidando il suo mezzo a quattro motivi.

P.C. resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo l’Agenzia delle Entrate deduce violazione e/o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Assume che la nullità dell’avviso di accertamento per vizio di motivazione poteva essere dichiarata soltanto nell’ipotesi in cui non fosse stato ad esso allegato un atto non conosciuto nè ricevuto dal contribuente, mentre nella specie era pacifico che il contribuente aveva ricevuto il PVC in data 20.3.2008.

2. Con il secondo motivo deduce insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto al CTR non aveva specificato perchè l’avviso non fosse adeguatamente motivato.

2.1. Le censure sono suscettibili di trattazione congiunta. Esse sono fondate.

E’ incontestato che il contribuente abbia ricevuto il PVC in data 20.3.2008.

Deve, a tal riguardo, essere data continuità all’orientamento di questa corte (Cass. 4396/2018; Cass. n. 9323 del 11/04/2017) secondo cui la L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, che si riferisce solo agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza, consente di assolvere all’obbligo di motivazione degli atti tributari anche per relationem, cioè mediante il riferimento a elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, che siano collegati all’atto notificato, quando lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, ossia l’insieme di quelle parti dell’atto o del documento necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, la cui indicazione permette al contribuente ed al giudice, in sede di eventuale sindacato giurisdizionale, di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato.

Dall’avviso riprodotto in ossequio al principio di autosufficienza si evince, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, che lo stesso è adeguatamente motivato con stralci del pvc, peraltro conosciuto dal contribuente, e idoneo a consentire a contribuente il diritto di difesa.

3. Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56 e della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, con riferimento al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. e 7) e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, nn. 2 e 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

4. Con il quarto motivo si deduce l’insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Con entrambi i motivi l’Agenzia lamenta che la CTR aveva erroneamente affermato che non erano state prese in considerazione le giustificazioni addotte dal contribuente nella fase amministrativa preliminare all’emissione dell’accertamento e non aveva motivato adeguatamente sul punto.

Le censure sono suscettibili di trattazione congiunta. Le censure sono fondate per quanto di ragione.

Orbene, è principio consolidato, cui questo Collegio intende prestare adesione, quello per cui l’avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni del contribuente ai sensi della L. n. 212 del 2000, ex art. 12, comma 7, è valido, atteso che, da un lato, la nullità consegue solo alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto e, dall’altro lato, che l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare tali osservazioni, ma non di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo (cfr. Cass. 1778/2019; Cass., ord., 31 marzo 2017, n. 8378; Cass. 24 febbraio 2016, n. 3583).

Nella specie, peraltro, l’avviso è motivato con riferimento alle giustificazione del contribuente che l’ufficio ha ritenuto non idonee a giustificare le movimentazioni bancarie le quali non avrebbero trovato corrispondenza con l’esigua contabilità e con quanto esposto con la dichiarazione dei redditi.

Giova inoltre affermare che, in materia di accertamenti bancari, la giurisprudenza della Corte di Cassazione (sentenze n. 4829/2015; 5758/2018) è ferma nel ritenere che, qualora l’accertamento, effettuato dall’Ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2), attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova, a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica, ma analitica, per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili, dalla movimentazione bancaria, non sono riferibili ad operazioni imponibili.

A seguito della sentenza della Corte Cost. n. 228 del 2014, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2), secondo periodo, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, limitatamente alle parole “o compensi”, ed ha ridefinito il perimetro applicativo della norma relativa ai prelevamenti, la presunzione si applica ai movimenti bancari di prelevamento, solo se essi riguardano un imprenditore e non un lavoratore autonomo, come nel caso di specie.

Ne consegue che in tema di accertamento, resta invariata la presunzione legale posta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, con riferimento ai soli versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicchè questi è onerato di provare in modo analitico l’estraneità di tali movimenti ai fatti imponibili, mentre è venuta meno, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale relativamente ai prelevamenti sui conti correnti (Cass. nn. 16697 del 09/08/2016, 19029 del 27/09/2016).

Il ricorso deve essere, pertanto, accolto e la sentenza cassata con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla CTR del Lazio in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2020

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