Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19792 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 19792 Anno 2013
Presidente: UCCELLA FULVIO
Relatore: VINCENTI ENZO

SENTENZA

sul ricorso 28176-2007 proposto da:
COCOZZA

FILOMENA CCLFLM47A07E748H,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo
studio dell’avvocato CARLETTI, rappresentata e difesa
dagli avvocati PIETRUNTI GIOVANNI, IACOPONI ROBERTO
giusta delega in atti;


– ricorrente –

2013
1482

contro

REALE MUTUA ASSICURAZIONI S.P.A., MINOTTI ANTONINO;
– intimati

avverso la sentenza n. 250/2006 della CORTE D’APPELLO

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Data pubblicazione: 28/08/2013

di CAMPOBASSO,

depositata il 14/09/2006,

R.G.N.

249/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/06/2013 dal Consigliere Dott. ENZO
VINCENTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso
per il rigetto del ricorso;

2

udito l’Avvocato FAUSTO BUCCELLATO per delega;

è

RITENUTO IN FATTO
l. – Filomena Cocozza conferiva mandato all’avv.
Antonino Minotti al fine di ottenere dalla compagnia di
assicurazione S.I.D.A. l’indennizzo al quale essa attrice
aveva diritto in base alla polizza “infortuni” stipulata con
detta assicurazione e ciò in ragione delle lesioni patite nel

sinistro stradale occorsole il 20 gennaio 1989. L’avv.
Minotti chiedeva all’assicurazione S.I.D.A. il pagamento
dell’indennizzo con missiva del 15 giugno 1990, ricevendo
risposta negativa per essersi prescritto il diritto vantato
dalla Cocozza. Anche la Reale Mutua Assicurazioni S.p.A.,
presso la quale il Minotti era assicurato per la
responsabilità professionale, negava qualsiasi ristoro in
favore dell’attrice, adducendo che l’ipotesi di colpa
prospettata (tardività della richiesta di indennizzo) non era
coperta dalla polizza assicurativa.
La Cocozza conveniva, pertanto, l’avv. Minotti dinanzi
al Tribunale di Campobasso, per sentirlo condannare al
risarcimento del danno patito nella misura di lire
14.000.000, oltre accessori.
Nel contraddittorio con il convenuto e costituitasi in
giudizio anche la Reale Mutua Assicurazioni S.p.A., chiamata
in causa, il Tribunale adito, con sentenza dell’ottobre 2001,
dichiarava inammissibile la domanda attrice.
2. – Avverso tale sentenza proponeva appello principale
la Cocozza, nonché appello incidentale sia il Minotti, che la
Reale Mutua assicurazioni.
Con sentenza resa pubblica il 14 settembre 2006, la
Corte di appello di Campobasso confermava la sentenza del
Tribunale, dichiarando inammissibile l’appello della Cocozza,
nonché quello della Reale Mutua Assicurazioni e rigettando il
gravame del Minotti.
Per quanto ancora interessa, la Corte territoriale
riteneva inammissibile l’impugnazione principale, in quanto
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1″7–

con essa era stata prospettata una domanda nuova, in
violazione dell’art. 345 cod. proc. civ., giacché la Cocozza,
con l’unico motivo di appello, aveva dedotto per la prima
volta che l’indennizzo le era dovuto dalla S.I.D.A. in
quanto, nonostante il pagamento ricevuto dall’assicuratore
del soggetto danneggiante nel sinistro del gennaio 1989, una
clausola della polizza stipulata con la stessa S.I.D.A.

che già in primo grado aveva depositato la polizza S.I.D.A.
soltanto successivamente all’udienza di precisazione delle
conclusioni, aveva specificato soltanto in sede di gravame il
comportamento omissivo imputato al Minotti e cioè
l’intempestività dell’attività difensiva in costanza della
clausola di rinuncia alla rivalsa da parte della compagnia
assicuratrice S.I.D.A., introducendo così un elemento
significativo della responsabilità imputata al professionista
in precedenza omesso e cioè l’aver “mal valutato il contratto
e trascurato di attivare la clausola di esclusione del
principio indennitario”, in forza della cui rilevanza il
Tribunale aveva dichiarato inammissibile la domanda attrice,
altrimenti fonte di locupletazione.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre Filomena
Cocozza, sulla base di due motivi.
Non hanno svolto attività difensiva Antonino Minotti e
la Reale Mutua Assicurazione S.p.A., ritualmente intimati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
l. – Con il primo mezzo è denunciata violazione e falsa
applicazione dell’art. 345 cod. proc. civ.
La Corte territoriale avrebbe errato nel reputare nuova
la domanda proposta in appello da essa originaria attrice,
posto che – come emergerebbe dalla lettura degli atti di
causa – non sarebbe mutati, rispetto a quanto dedotto in
citazione, il petitum

e la causa petendi e cioè la richiesta

di risarcimento del danno per responsabilità professionale
dell’avvocato, “il quale, nonostante l’incarico ricevuto, non
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escludeva il diritto di rivalsa. In definitiva, l’appellante,

ha, per colpa, consistita in negligenza, interrotto il corso
della prescrizione, determinando, con tale comportamento
omissivo, la decisione (fondata), da parte della S.I.D.A.
Assicurazioni, di contestazione della pretesa della Cocozza
Filomena e il diniego del risarcimento del danno tardivamente
richiesto”. Peraltro, sull’oggetto della domanda non avrebbe
incidenza alcuna la produzione della polizza, quale documento

A conclusione del motivo si formula il seguente quesito:
“Si chiede, pertanto, a Codesta Suprema Corte, se la tardiva
produzione documentale possa configurarsi come violazione del
divieto di proporre domande nuove in appello come sancito
dall’art. 345 c.p.c.”.
1.1. – Il motivo è inammissibile.
Esso è da scrutinare, come reso evidente dalla sostanza
della censura, sotto lo spettro del n. 4 del primo comma,
dell’art. 360 cod. proc. civ. e, dunque, come
procedendo,

error in

posto che si addebita alla Corte di appello di

aver ritenuto nuova – e, come tale, inammissibile – una
domanda che si assume fosse stata, invece, già proposta in
primo grado.
Ciò posto, l’esame del fondo di detta censura è però
impedito (ancor prima che dalla mancanza di specificità della
deduzione, alla stregua di quanto richiesto da Cass., sez.
un., 22 maggio 2012, n. 8077) dalla inidonea formulazione del
quesito di diritto che l’assiste, la cui formulazione si
impone, ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ.
(applicabile

ratione temporis,

in quanto la sentenza

impugnata è stata pubblicata il 14 settembre 2006) anche per
la denuncia di errores in procedendo, ai sensi dell’art. 360,
primo comma, n. 4, cod. proc. civ. (cfr., di recente, Cass.,
sez. un., 18 ottobre 2012, n. 17838).
Difatti, secondo il “diritto vivente” (tra le tante:
Cass., sez. un., 5 febbraio 2008, n. 2658; Cass., 17 luglio
2008, n. 19769; Cass., 30 settembre 2008, n. 24339; Cass., 25
5

volto a provarne la fondatezza o meno.

marzo 2009, n. 7197; Cass., 8 novembre 2010, n. 22704), il
quesito di diritto previsto dall’art. 366-bis cod. proc. civ.
va formulato in modo tale da esplicitare una sintesi logicogiuridica della questione, così da consentire al giudice di
regula iuris

legittimità di enunciare una

suscettibile di

ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a
quello deciso dalla sentenza impugnata. In altri termini,

elementi di fatto sottoposti al giudice di merito (siccome da
questi ritenuti per veri, altrimenti mancando la critica di
pertinenza alla ratio decidendi

della sentenza impugnata); b)

la sintetica indicazione della regola di diritto applicata
dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad
avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di
specie (tra le tante: Cass., sez. un., 5 febbraio 2008, n.
2658; Cass., 17 luglio 2008, n. 19769; Cass., 30 settembre
2008, n. 24339; Cass., 25 marzo 2009, n. 7197; Cass., 8
novembre 2010, n. 22704). Sicché, il quesito non deve
risolversi in un’enunciazione di carattere generale e
astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della
controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in
esame, tale da non consentire alcuna risposta utile

a

definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non
potendosi altresì desumere il quesito stesso dal contenuto
del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la
sostanziale abrogazione del suddetto articolo (Cass., sez.
un., 11 marzo 2008, n. 6420). Ciò in quanto il quesito di
diritto, congegnato in una prospettiva volta a riaffermare la
cultura del processo di legittimità, risponde, al tempo
stesso, all’esigenza dello

/itigatoris

ius

– e cioè di

soddisfare l’interesse del ricorrente ad una decisione della
lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata
– e della funzione nomofilattica assegnata alla Corte di
Cassazione, così da rappresentare, quindi, il punto di
congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e

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esso deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli

l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando
altrimenti inadeguata, e quindi non ammissibile,
l’investitura stessa del giudice di legittimità (così Cass.,
9 maggio 2008, n. 11535).
Nulla di tutto ciò è apprezzabile nel quesito sopra
riportato, il quale non solo manca dell’esposizione dei fatti
di causa e della ratio decidendi della sentenza impugnata, ma

è orientato a dare rilievo esclusivo alla questione della
produzione documentale tardiva, là dove tale profilo è
trattato dalla Corte territoriale a corredo delle ragioni
della novità della domanda proposta solo in sede di gravame
dall’appellante, le quali si incentrano sui contenuti delle
allegazioni fattuali a sostegno della pretesa azionata.
2. – Con il secondo mezzo si deduce omessa,
contraddittoria e insufficiente motivazione rispetto alle
risultanze istruttorie che hanno dimostrato il diritto alla
ricorrente ad ottenere il risarcimento del danno.
La Corte di appello, nell’escludere che il comportamento
omissivo del Minotti avesse determinato un pregiudizio ad
essa istante, non avrebbe tenuto conto della produzione
documentale relativa alla corrispondenza intercorsa tra il
professionista e la Reale Mutua, nonché della confessione
resa dal medesimo, che dimostrerebbero la fondatezza della
domanda attrice.
2.1. – Il motivo – in disparte ogni altro profilo di
irritualità è inammissibile per non esser stato
confezionato in modo conforme all’art. 366-bis cod. proc.
civ..
Va, difatti, applicato nella specie il seguente
principio di diritto (di recente ribadito da Cass., 18
novembre 2011, n. 24255; in precedenza, tra le tante, anche
Cass., sez. un., l ° ottobre 2007, n. 20603): “è
inammissibile, ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ.,
per le cause ancora ad esso soggette, il motivo di ricorso
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di quest’ultima non coglie appieno la portata, posto che esso

per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione
qualora non sia stato formulato il c.d. quesito di fatto,
mancando la conclusione a mezzo di apposito momento di
sintesi, anche quando l’indicazione del fatto decisivo
controverso sia rilevabile dal complesso della formulata
censura, attesa la ratio che sottende la disposizione
indicata, associata alle esigenze deflattive del filtro di

di comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia
l’errore commesso dal giudice di merito”.
3. – Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile e,
in assenza di attività difensiva da parte degli intimati, non
vi è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio di
legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE
dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, in
data 25 giugno 2013.

accesso alla S.C., la quale deve essere posta in condizione

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