Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19792 del 17/09/2010

Cassazione civile sez. II, 17/09/2010, (ud. 13/04/2010, dep. 17/09/2010), n.19792

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 20046/2008 proposto da:

D.S.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI

PIETRALATA 320, presso lo studio dell’avvocato MAZZA RICCI GIGLIOLA,

che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI BAGNO DI ROMAGNA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 213/2007 del TRIBUNALE di FORLI’ – Sezione

Distaccata di Cesena del 28.6.07, depositata il 05/07/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. UMBERTO APICE.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il tribunale di Forlì il 5 luglio 2007 confermava la sentenza resa il 10 maggio 2006 dal giudice di pace di Cesena e rigettava l’appello proposto da D.S.M. avverso il comune di Bagno di Romagna.

D.S. aveva proposto opposizione al verbale di accertamento di violazione dell’art. 142 C.d.S., comma 8 redatto dalla polizia municipale di Bagno di Romagna, l'(OMISSIS). Il tribunale riteneva infondate le censure relative alla possibilità della polizia municipale di operare lungo una strada statale e alla non necessità di tarature periodiche o altri controlli sul funzionamento dell’apparecchiatura elettronica utilizzata per il rilevamento dell’eccesso di velocità. Osservava inoltre che l’appellante non aveva censurato la assenza di motivazione che connotava la sentenza impugnata.

L’opponente ha proposto ricorso per Cassazione, notificato il 31 luglio 2008, come da avviso di ricevimento depositato in atti, affidandosi a tre motivi.

Il Comune è rimasto intimato.

Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio. Il primo motivo mira a far dichiarare che la polizia municipale non aveva titolo per accertare violazione del codice stradale su una strada statale fuori dal centro abitato. Il motivo è infondato. Gli appartenenti alla polizia municipale possono accertare tutte le violazioni in materia di sanzioni amministrative e fra queste anche quelle relative alla circolazione stradale purchè si trovino nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza ed alla condizione che siano effettivamente in servizio (Cass 5771/08). Essi, in conformità alla regola generale stabilita dalla L. n. 689 del 1981, art. 13 in tema di accertamento delle sanzioni amministrative pecuniarie, in quanto organi di polizia giudiziaria con competenza estesa su tutto il territorio comunale, hanno il potere di accertare le violazioni in materia di circolazione stradale punite con sanzioni amministrative pecuniarie in tutto tale territorio (Cass. 5199/07), senza che detto potere risulti da alcuna norma condizionato a singoli atti di investitura, sia all’interno che fuori dei centri abitati (Cass. 22366/06).

Il terzo motivo di ricorso ripropone l’annosa questione della illegittimità di accertamenti a mezzo apparecchiature elettroniche, in mancanza di deposito del certificato attestante la verifica periodica di taratura di detti strumenti secondo la L. n. 273 del 1991.

Questa sezione ha già statuito che in tema di sanzioni amministrative per violazioni al codice della strada, le apparecchiature elettroniche regolarmente omologate utilizzate per rilevare le violazioni dei limiti di velocità stabiliti, come previsto dall’art. 142 C.d.S., non devono essere sottoposte ai controlli previsti dalla L. n. 273 del 1991, istitutiva del sistema nazionale di taratura. Tale sistema di controlli, infatti, attiene alla materia ed metrologica, diversa rispetto a quella della misurazione elettronica della velocità ed è competenza di autorità amministrative diverse, rispetto a quelle pertinenti al caso di specie (Cass. 23978/07). La sentenza citata, come le molte altre coeve, ha esaminato e risolto tutte le problematiche in argomento e a questo orientamento occorre dare seguito (Cass 29333/08; 9846/10).

Il secondo motivo denuncia insieme nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4 e vizi di motivazione. Il ricorrente deduce che il tribunale avrebbe errato nel non dichiarare la nullità della sentenza per assenza di motivazione, pur in assenza di uno specifico motivo di appello, perchè una richiesta in tal senso sarebbe stata desumibile dalle censure espressamente formulate. Come è agevole comprendere è in tal modo denunciato un vizio di motivazione, poichè si chiede di verificare non un’omissione di pronuncia o un altro vizio in procedendo, ma se sia errata la valutazione del tribunale in ordine alla mancata formulazione, nell’atto di appello, di un motivo di gravame. Solo ove ciò risultasse e si potesse affermare che la censura era stata comunque proposta, si potrebbe passare a sindacare il mancato annullamento della sentenza di primo grado.

Orbene, il ricorso per Cassazione – in ragione del principio di “autosufficienza” – deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la Cassazione della sentenza di merito ed, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito.

Ne consegue che, nell’ipotesi in cui, con il ricorso per Cassazione, venga dedotta l’incongruità, l’insufficienza o contraddittorietà della sentenza impugnata per l’asserita mancata valutazione di risultanze processuali, è necessario, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività della risultanza non valutata (o insufficientemente valutata), che il ricorrente precisi, mediante integrale trascrizione della medesima, la risultanza che egli asserisce decisiva e non valutata o insufficientemente valutata, dato che solo tale specificazione consente alla Corte di Cassazione, alla quale è precluso l’esame diretto degli atti, di delibare la decisività della medesima (Cass. 12362/06; 15952/07).

Il ricorrente ha però omesso di riportare il contenuto dell’atto di appello, salvo poche righe del tutto insufficienti a far comprendere la materia del contendere; ha omesso anche gli indispensabili riferimenti alla sentenza di primo grado. Pertanto è impossibile stabilire se il tribunale abbia errato nel non rilevare una censura che era stata invece proposta. Peraltro la sentenza qui impugnata non si riferiva astrattamente una mancanza di motivazione, ma alla omessa riproposizione di una questione “relativa alla mancata contestazione immediata dell’illecito”.

I caratteri della censura erano quindi strettamente connessi a uno dei motivi di opposizione originaria e alla sua riproposizione;

dunque per poter evidenziare la pienezza della censura, asseritamente svolta e non ravvisata dal giudice d’appello, era indispensabile una puntuale riproposizione degli elementi (sentenza e gravame) di giudizio.

In mancanza il motivo risulta inammissibile.

Il Collegio condivide pertanto la relazione depositata e comunicata ex art. 380 bis c.p.c..

Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso; non segue la pronuncia sulla refusione delle spese di lite in mancanza di attività difensiva dell’intimato comune.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 13 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2010

 

 

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