Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19792 del 09/08/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 09/08/2017, (ud. 20/04/2017, dep.09/08/2017),  n. 19792

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21409-2012 proposto da:

A.M. C.F. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

– ricorrenti –

contro

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI VERONA C.F. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 207/2011 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 21/09/2011 R.G.N. 74/2009+ altri.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 21.9.2011 la Corte di Appello di Venezia, confermando la pronuncia del Tribunale di Verona, ha respinto la domanda degli attuali ricorrenti (nonchè di ulteriori parti) – tutti medici iscritti, dal 1997 al 2008, a diversi corsi di specializzazione – di riconoscimento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato sub specie di contratto di formazione e lavoro con l’Università degli studi di Verona, con conseguente disapplicazione del D.Lgs. n. 517 del 1999, art. 8 (di sospensione della direttiva comunitaria 93/16 CEE) nonchè la domanda subordinata di condanna al pagamento di un’adeguata remunerazione mediante adeguamento della borsa di studio percepita durante la formazione;

che avverso tale sentenza gli attuali ricorrenti hanno proposto ricorso affidato a quattro motivi, illustrati da memoria;

che l’Università degli studi di Verona ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che i medici, nel denunciare plurime disposizioni di legge e di direttive comunitarie, assumono che l’attività svolta presso le scuole di specializzazione va equiparata a vera e propria attività lavorativa di natura subordinata, con conseguente diritto al riconoscimento di un adeguato trattamento retributivo, da parametrarsi alla c.d. giusta retribuzione di cui all’art. 2099 cod. civ. e art. 36 Cost., che spetta comunque l’adeguamento della borsa di studio, che l’attività formativa, come prestata in concreto da ciascun medico, ha integrato gli estremi di un rapporto di lavoro subordinato;

che in tema di titolarità dei rapporti con i medici specializzandi e, in particolare, in relazione alla carenza di legittimazione passiva in senso sostanziale dell’Università degli Studi che provvede alla corresponsione materiale della borsa di studio (nn. 9147 e 6316 del 2009 e 8486/2011), deve ritenersi formato giudicato interno;

che ritiene il Collegio si debbano rigettare i motivi di ricorso, perchè, con riguardo alla natura subordinata dell’attività svolta dagli specializzandi presso la scuola, la sentenza impugnata è conforme al principio di diritto affermato da questa Corte con le sentenze nn. 20403/2009, 6089/1998, 9789/1995, con le quali si è statuito che “non è inquadrabile nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, nè del lavoro autonomo l’attività svolta dai medici iscritti alle scuole di specializzazione universitarie, che costituisce una particolare ipotesi di “contratto di formazione-lavoro”, oggetto di specifica disciplina, rispetto alla quale non può essere ravvisata una relazione sinallagmatica di scambio tra la suddetta attività e la remunerazione prevista dalla legge a favore degli specializzandi, in quanto tali emolumenti sono destinati a sopperire alle esigenze materiali per l’impegno a tempo pieno degli interessati nell’attività rivolta alla loro formazione, e non costituiscono, quindi, il corrispettivo delle prestazioni svolte, le quali non sono rivolte ad un vantaggio per l’università, ma alla formazione teorica e pratica degli stessi specializzandi ed al conseguimento, al fine corso, di un titolo abilitante”;

che, in assenza di configurazione di un rapporto di lavoro subordinato, non può parametrarsi, ex art. 2099 cod. civ. e art. 36 Cost., il compenso percepito dai medici specializzandi alla retribuzione dei medici dipendenti delle strutture ospedaliere;

che, in tema di trattamento economico dei medici specializzandi, le Sezioni Unite di questa Corte (n. 29345/2008), successivamente confermate dalle Sezioni semplici (sentenze nn. Cass. n. 20403/2009, 11565/2011, 12624/2015, 18710/2016) hanno statuito che l’importo della borsa di studio prevista dal D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6 (e rideterminato per l’anno 1992) non è soggetto ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita per gli anni accademici dal 1992-1993 al 2004-2005, in applicazione di quanto disposto dal D.L. n. 384 del 1992, art. 7 (convertito in L. n. 438 del 1992), dalla L. n. 537 del 1993, art. 3, dalla L. n. 549 del 1995, art. 1, dalla L. n. 662 del 1996, art. 1 e dalla L. n. 488 del 1999, art. 22, nonchè dalla L. n. 289 del 2002, in quanto il blocco degli incrementi della suddetta borsa dovuti al tasso di inflazione si iscrive in una manovra di politica economica riguardante la generalità degli emolumenti retributivi in senso lato erogati dallo Stato, come anche riconosciuto dalla Corte Costituzionale (sentenza 432/1997), che ha deciso la questione di costituzionalità dalla L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 33;

che i motivi di ricorso non prospettano argomenti che possano indurre a disattendere detti orientamenti, ai quali va data continuità, poichè le ragioni indicate a fondamento dei principi affermati, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ., sono integralmente condivise dal Collegio;

che è inammissibile il terzo motivo di ricorso in cui si denuncia puramente e semplicemente la “carenza di motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, costituito dalla natura dell’attività effettivamente espletata dai ricorrenti”, senza che sia effettuato alcun riferimento sia alla violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 360 c.p.c., n. 4, sia, soprattutto, alle conseguenze che l’errore (sulla legge) processuale comporta, vale a dire alla nullità della sentenza e/o del procedimento, essendosi i ricorrenti limitati ad argomentare solo sulla violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (cfr. Cass. Sez. U n. 17931/2013);

che gli attuali ricorrenti sono tutti medici iscritti a corsi di specializzazione dopo il 31.12.1982 e non sono, quindi, interessati dalla rimessione della questione pregiudiziale effettuata dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenze nn. 23581 e 23582 del 2016;

che le spese del giudizio di legittimità devono essere compensate perchè le pronunce sopra richiamate sono intervenute successivamente alla proposizione del ricorso;

che non sussistono la condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 20 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2017

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