Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19791 del 22/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 22/09/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 22/09/2020), n.19791

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3351/2015 R.G. proposto da:

IMPIANTI VALGAS s.r.l. (P. IVA: (OMISSIS)), con sede a (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e

difesa dall’Avv. Gaetano Michele Maria De Bonis, con domicilio

eletto presso Donatello Piccininni, in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia;

– controricorrente nonchè ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Basilicata n. 393/02/2014, pronunciata il 24 marzo 2014 e depositata

il 29 maggio 2014;

udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 12 febbraio 2020

dal Consigliere Dott. Antezza Fabio.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. IMPIANTI VALGAS s.r.l. ricorre, con due motivi, per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, di rigetto dell’appello (incidentale) dalla stessa proposto avverso la sentenza n. 418/02/2011 emessa dalla CTP di Potenza (mentre l’Agenzia delle Entrate propone ricorso incidentale).

2. Il Giudice di primo grado, accolse parzialmente l’impugnazione di avviso di accertamento IVA, IRPEG e IRAP, relativo all’esercizio 2008, per il recupero a tassazione di costi non deducibili ed IVA non detraibile, mentre la CTR rigettò gli appelli principale e incidentale, rispettivamente dell’A.E. e della Contribuente.

3. Per quanto ancora rileva nel presente giudizio, la Commissione regionale respinse le doglianza dell’Amministrazione ritenendo dimostrati i dedotti costi inerenti la permanenza degli operai sul cantiere, in ragione del contratto di committenza, delle buste paga (indicanti i giorni ed il numero di operai in trasferta) oltre che dall’indicazione in fattura di “”spese di vitto e alloggio vostri operai””.

3.1. Fu altresì respinto l’appello incidentale proposto da IMPIANTI VALGAS s.r.l. con riferimento alla doglianza relativa alle contestate fatturazioni (in favore della contribuente) ad opera della ditta individuale “Lopardo” per operazioni considerate oggettivamente inesistenti. La Commissione regionale ritenne in particolare raggiunta la prova del recupero a tassazione in forza di una molteplicità di elementi. Tra essi valorizzò l’omessa presentazione di dichiarazioni IVA e sui redditi, l’omessa tenuta di regolari scritture contabili nonchè l’assenza di beni strumentali e di organizzazione tale da giustificare le prestazioni fatturate, in assenza di “alcuna prova certa e concreta della relazione tra fatture registrate” e le relative prestazioni.

4. Contro la sentenza d’appello la contribuente ricorre con due motivi mentre l’A.E. si difende con controricorso (deducendo anche profili di inammissibilità delle doglianza) ed esperisce ricorso incidentale fondato su due motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Entrambi i ricorsi non meritano accoglimento.

2. Con il motivo n. 1 del ricorso principale della contribuente, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si deduce la violazione del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, art. 8, commi 2 e 3 (conv., con modif., dalla L. 26 aprile 2012, n. 44). In particolare ci si duole della mancata applicazione (da parte della CTR e con la sentenza depositata il 29 maggio 2014) del relativo ius superveniens, nonostante la sua retroattività (sancita dal comma 3), per il quale non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati (comma 2).

2.1. Il motivo, comunque inerente questione non dedotta in secondo grado nonostante trattasi di norma sopravvenuta antecedentemente al relativo ricorso, è infondato.

In merito, come già chiarito da questa Corte, in tema di operazioni oggettivamente inesistenti, atteso che non vi è simmetria, nè automatismo biunivoco tra costi per acquisti inesistenti e ricavi dichiarati e che, ai sensi del D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 2, conv., con mod., nella L. n. 44 del 2012 (avente portata retroattiva, in quanto più favorevole del previgente della L. n. 537 del 1993, art. 14, comma 4 bis, ed è applicabile anche d’ufficio), i componenti positivi direttamente afferenti a spese o ad altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica, entro i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese(ex plurimis, Cass. sez. 5, 20/04/2016, n. 7896, Rv. 639570-1, e, Cass. sez. 5, 98/10/2014, n. 21189, Rv. 632453-01), con la conseguenza che spetta al contribuente provare la diretta afferenza tra ricavi e costi attinenti a beni non effettivamente scambiati (Cass. sez. 5, n. 17/07/2018, Rv. 649776-01).

Fermo restando quanto innanzi, ai fini che rilevano in questa sede, occorre evidenziare che nella specie la ricorrente (da quanto dalla stessa riportato in ricorso) ha sindacato gli atti impositivi con riferimento al disconoscimento di costi e non anche in merito all’afferenza tra ricavi e costi attinenti a beni non effettivamente scambiati.

Ne consegue che quella di cui alla fattispecie è dunque ipotesi di ius superveniens, con portata retroattiva (perchè favorevole al contribuente), inerente però questione non sub iudice in quanto non fatta oggetto di ricorso in appello e finanche di ricorso introduttivo in primo grado. Sicchè, trattasi, nella specie, di diritto sopravvenuto inapplicabile (anche d’ufficio) da parte del Giudice del merito nel giudizio tributario che, pur se strutturato quale giudizio di impugnaizone-merito e non in termini di mera impugnaizone-annullamento, si fonda pur sempre sul principio della domanda.

3. Con il motivo n. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, si deduce la “violazione dell’art. 112 c.p.c.: error in procedendo… per omessa pronuncia in ordine al motivo d’appello inerente la carenza di motivazione dell’atto impositivo”.

Nonostante la tecnica redazionale utilizzata, la ricorrente si duole dell’omessa pronuncia (da parte anche della CTR) circa il difetto di motivazione dell’avviso di accertamento in termini di assoluta carenza in esse del vaglio delle osservazioni rese dal contribuente in sede di contraddittorio endoprocedimentale.

3.1. La doglianza, pur evidenziando un’effettiva omessa pronuncia, fonda, nella specie, una statuizione di questa Corte non in termini di cassazione con rinvio bensì nel merito, trattandosi di questione di diritto (infondata) non richiedente ulteriori accertamenti in fatto, come emerge dalla stessa formulazione del ricorso.

A pag. n. 15 del ricorso principale la contribuente difatti riporta la doglianza in appello (di omessa pronuncia della CTP in merito allo stesso profilo di cui innanzi), chiedendo alla CTR sostanzialmente di analizzare il detto profilo) ma la Commissione regionale è effettivamente silente sul punto.

Alla luce però dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111 Cost., comma 2, nonchè di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, la Suprema Corte può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (ex plurimis: Cass. sez. 5, 11/03/2020, n. 6851, in motivazione; Cass. sez. 5, 19/04/2018, n. 9693, Rv. 647716-01; Cass. sez. 5, 28/06/2017, n. 16171, Rv. 644892-01; Cass. sez. 2, 01/02/2010, n. 2313, Rv. 611365-01).

Quanto innanzi è proprio ciò che si è concretizzato nella specie in quanto, in tema di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, è valido l’avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni del contribuente della L. n. 212 del 2000, ex art. 12, comma 7, atteso che, da un lato, la nullità consegue solo alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto e, dall’altro lato, l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare tali osservazioni ma non di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo (ex plurimis: Cass. sez. 6-5, 31/03/2017, n. 8378, Rv. 643641-01; Cass. sez. 5, 24/02/2016, n. 3583, Rv. 639031-01).

4. I motivi del ricorso incidentale proposto dall’Amministrazione sono suscettibili di trattazione congiunta, in ragione della connessione delle questioni inerenti i rispettivi oggetti.

4.1. Con il motivo n. 1 del ricorso incidentale, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 c.p.c., avendo la CTR omesso di esaminare i motivi d’appello principale inerenti il vizio motivazionale insito nella sentenza di primo grado per omesso esame di documentazione (fatture).

Con il motivo n. 2 del ricorso incidentale, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma n. 3, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 109 TUIR e art. 2697 c.c., in ragione della violazione del principio di distribuzione dell’onere probatorio in materia.

4.2. Entrambe le censure non meritano accoglimento in quanto la prima infondata e la seconda inammissibile.

Quanto al motivo n. 1, difatti, la CTR motiva proprio (anche) in ragione delle fatture. Come già evidenziato nel punto 3 della precedente esposizione delle “ragioni della decisione”, il Giudice d’appello respinge l’impugnazione dell’A.E. ritenendo dimostrati i dedotti costi inerenti la permanenza degli operai sul cantiere, in ragione del contratto di committenza, delle buste paga (indicanti i giorni ed il numero di operai in trasferta) oltre che dall’indicazione, proprio in fattura, di “”spese di vitto e alloggio vostri operai””.

Dall’apparato motivazionale della statuizione di secondo grado, innanzi sintetizzato, deriva altresì l’inammissibilità del motivo n. 2 del ricorso incidentale per la mancata considerazione della reale ratio decidendi. La CTR, difatti, non rigetta l’appello dell’A.E. ritenendo non assolto l’onere probatorio bensì ritenendo provati gli inerenti costi (per il detto profilo di inammissibilità inerente la ratio decidendi si vedano, ex plurimis, tra le più recenti: Cass. sez. 3, 11/12/2018, n. 31946, in motivazione; Cass. sez. 5, 07/11/2018, nn. 28398 e 28391; Cass. sez. 1, 10/04/2018, n. 8755; Cass. sez. 6-5, 07/09/2017, n. 20910, Rv. 645744-01, per la quale la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 n. 4, c.p.c., con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio; Cass. sez. 4, 22/11/2010, n. 23635, Rv. 615017-01).

5. In conclusione, entrambi i ricorsi devono essere rigettati, con compensazione delle spese in forza della soccombenza reciproca.

Stante il tenore della pronuncia (di rigetto del ricorso principale), ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (aggiunto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), deve darsi atto della sussistenza dei presupposti, processuali, per il versamento, da parte della ricorrente principale (IMPIANTI VALGAS s.r.l.), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto (circa i limiti di detta attestazione, da riferirsi esclusivamente al presupposto processuale della tipologia di pronuncia adottata e non al presupposto sostanziale della dedenza del contributo del cui raddoppio trattasi, si veda Cass. Sez. U, 20/02/20, n. 4315).

Per converso, questa Corte non è tenuta a formulare l’attestazione di cui innanzi (circa la sussistenza del presupposto processuale del c.d. raddoppio) con riferimento al ricorso incidentale (ancorchè rigettato), apparendo ictu ()cuì evidente la radicale e definitiva esclusione del contributo unificato in ragione della qualità soggettiva della parte (quale amministrazione dello Stato), in quanto istituzionalmente esonerata dal materiale versamento del contributo stesso mediante il meccanismo della prenotazione a debito (in tal senso, Cass. Sez. U, 20/02/20, n. 4315; per l’inoperatività del c.d. raddoppio con riferimento ad Amministrazioni dello Stato, che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esenti dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo, ex plurimis: Cass. sez. Cass. sez. 6-4, 29/01/2016, n. 1778, Rv. 638714-01; Cass. sez. 6-4, 05/11/2014, n. 23514, Rv. 633209-01; Cass. sez. 3, 14/03/2014, n. 5955, Rv. 630550-01).

P.Q.M.

rigetta entrambi i ricorsi e compensa le spese del presente giudizio di legittimità, dando atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti, processuali, per il versamento, da parte della ricorrente principale (IMPIANTI VALGAS s.r.l.), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2020.

Depositato in cancelleria il 22 settembre 2020

 

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