Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19790 del 28/09/2011

Cassazione civile sez. III, 28/09/2011, (ud. 08/07/2011, dep. 28/09/2011), n.19790

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 5451/2009 proposto da:

I.C.L. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 151, presso lo studio

dell’avvocato ROSATI ANGELO, rappresentata e difesa dall’avvocato

NORSCIA ANTONIO giusto mandato in atti;

– ricorrente –

contro

D.G.V. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 676/2008 del TRIBUNALE di TERAMO, depositata

il 29/10/2008, R.G.N. 2774/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/07/2011 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;

Udito l’Avvocato ANTONIO NORSCIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IANNELLI Domenico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.1. Con sentenza n. 676/08, pubbl. il 29.10.08, il Tribunale di Teramo accoglie, per quanto di ragione e per quel che qui ancora rileva, l’opposizione dispiegata da D.G.V. avverso l’esecuzione in suo danno intrapresa, in forza di titoli esecutivi che trovavano causa nel pregresso rapporto di lavoro, da I. C.L., escludendo la debenza, dal totale precettato, della somma richiesta da quest’ultima a titolo di ritenute fiscali e previdenziali.

1.2. Avverso tale capo di detta sentenza propone ricorso per cassazione, affidandosi a due motivi, la I.; non svolge attività difensiva l’intimato. A seguito di relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., in data 28.12.09, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio e la ricorrente ha prodotto memoria:

all’esito, la Corte ha disposto, all’udienza del dì 11.2.10, la rimessione alla pubblica udienza; ed a quest’ultima il difensore della ricorrente discute oralmente la causa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. La ricorrente:

2.1. con il primo motivo, denunciando violazione della L. 4 aprile 1952, n. 218, artt. 19 e 23, assume che le somme dovute alla lavoratrice quali differenze retributive per gli anni pregressi costituiscono retribuzioni arretrate, relativamente alle quali obbligato al versamento dei contributi previdenziali è il datore di lavoro; concludendolo con il seguente quesito: … dica la Corte, considerate le differenze salariali determinate dal Giudice sulla base della qualifica riconosciuta dal datore di lavoro, come violazione da parte di questi, dell’obbligazione retributiva, considerato altresì che le ritenute stesse non sono state effettuate alla scadenza dei singoli periodi di paga, se sia o no conforme al dettato della L. n. 218 del 1952, artt. 19 e 23, ritenere il datore di lavoro come debitore esclusivo dei contributi dovuti sulle somme stesse mandando indenne il lavoratore, sulle differenze in questione, della contribuzione previdenziale a suo carico;

2.2. con il secondo motivo, deducendo violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 23, censura la gravata sentenza nella parte in cui ha ritenuto che le trattenute fiscali sulle sonane dovute al lavoratore dovessero essere effettuate prima della data del pagamento, anzichè a quella di questo; concludendolo con il seguente quesito: dica la Corte di Cassazione se è conforme o no al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 23, e succ. mod. decurtare le ritenute fiscali prima del materiale pagamento della somma dovuta.

3. I motivi sono manifestamente fondati, dovendo l’accertamento e la liquidazione dei crediti pecuniari del lavoratore per differenze retributive essere effettuati al lordo delle ritenute sia contributive che fiscali:

3.1. effettivamente, in caso di inadempimento del datore di lavoro all’obbligo di versare i contributi nei termini previsti dalla legge, quest’ultimo resta obbligato in via esclusiva, senza possibilità di rivalersi nei confronti del lavoratore; infatti, la norma che consente al datore di lavoro di operare le ritenute contributive sulla retribuzione del lavoratore (L. 4 aprile 1952, n. 218, art. 19) è di stretta interpretazione e, limitando il diritto di ritenuta del datore di lavoro sulla retribuzione soltanto nel caso di tempestivo pagamento della contribuzione relativa al medesimo periodo, non consente detta forma di recupero ove i contributi siano pagati parzialmente o in ritardo, dovendosi ricomprendere in tale ultima ipotesi il caso (ricorrente nella specie) del ritardato pagamento della retribuzione unitamente ai contributi ad essa riferibili (tra le altre, v. Cass. 17 febbraio 2009, n. 3782);

3.2. analogamente, quanto alle ritenute fiscali, il meccanismo di queste inerisce ad un momento successivo a quello dell’accertamento e della liquidazione delle spettanze retributive e si pone in relazione al distinto rapporto d’imposta, sul quale il giudice chiamato all’accertamento ed alla liquidazione predetti non ha il potere d’interferire (Cass. 7 luglio 2008, n. 18584; Cass. 11 febbraio 2011, n. 3375); del resto, il lavoratore le vedrà assoggettate, secondo il criterio c.d. di cassa e non, di competenza, a tassazione soltanto una volta che le avrà percepite, facultato oltretutto a scegliere modalità di applicazione di aliquote più favorevoli in rapporto al carattere eccezionale della fonte di reddito nel caso concreto;

3.3. ne consegue che, allorchè il datore di lavoro sia inadempiente agli obblighi di versamento delle ritenute previdenziali e fiscali, quanto alle previdenziali egli non ha più titolo di rivalersi nei confronti del lavoratore, mentre, quanto alle fiscali, soccorrerà il consueto meccanismo della tassazione dei redditi arretrati, sui quali incomberà al lavoratore, dopo averli materialmente percepiti e dichiarati, corrispondere, su liquidazione del competente ufficio, le relative imposte: pertanto, legittimamente l’esecuzione ha luogo per l’importo dovuto, al lordo cioè di dette ritenute, tanto previdenziali che fiscali.

4. La diversa conclusione cui sul punto perviene, non applicando i principi suestesi, il giudice di merito è così erronea e la qui impugnata pronuncia, nella parte in cui accoglie parzialmente l’opposizione all’esecuzione, va allora cassata; al contempo, la non necessità di altri accertamenti, di fatto sulla sola questione rimasta oggetto della controversia consente di decidere nel merito la medesima, rigettando in toto l’opposizione del D.G. – vale a dire, anche per la parte per la quale era stata invece accolta, quanto alla non debenza della somma di Euro 41.465 a valere sul totale oggetto del precetto notificato il 14.4.04 – e provvedendo sulle spese in ragione della soccombenza dell’opponente medesimo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e cassa la gravata sentenza in relazione alle censure accolte; decidendo nel merito, rigetta integralmente l’opposizione dispiegata da D.G.V., con ricorso al Tribunale di Teramo dep. il 4.10.04, avverso l’esecuzione immobiliare in suo danno intrapresa da I.C.L., anche in relazione al precetto notificato il 14.4.04; condanna D.G. V. al pagamento, in favore di I.C.L., delle spese di lite del grado di merito e del giudizio di legittimità, liquidate in rispettivi Euro 4.030,00 (di cui Euro 30,00 per esborsi) e 1.700,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 8 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2011

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