Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19789 del 17/09/2010

Cassazione civile sez. lav., 17/09/2010, (ud. 17/06/2010, dep. 17/09/2010), n.19789

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, viale Mazzini n. 134,

presso lo studio dell’avv. FIORILLO Luigi, che la rappresenta e

difende per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.D., elettivamente domiciliata in Roma via Reno n. 21,

presso lo studio dell’avv. RIZZO Roberto, che la rappresenta e

difende per procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e sul ricorso 28103/2006 proposto da:

D.D., come sopra rappresentata e difesa;

– ricorrente incidentale –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A.;

-intimata –

avverso la sentenza n. 3999/2005 della Corte d’appello di Roma,

depositata in data 23/9/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17.06.2010 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone;

uditi gli avvocati Miceli per delega Fiorillo e Rizzo;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

FEDELI Massimo che ha concluso per il rigetto del ricorso principale

e l’accoglimento dell’incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – Con sentenza del Tribunale di Roma veniva rigettata la domanda di D.D. di dichiarare la nullita’ dell’apposizione del termine all’assunzione alle dipendenze di Poste Italiane s.p.a., disposta in suo favore per il periodo 16.12.98 – 16.1.99 per “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”, ex art. 8 del CCNL 26.11.94 come integrato dall’accordo sindacale 25.9.97.

2.- Proposto appello dalla lavoratrice, la Corte d’appello di Roma con sentenza depositata in data 23.9.05 accoglieva l’impugnazione e, ritenuta la nullita’ del termine apposto al contratto, dichiarava che dal 16.12.98 era instaurato tra le parti un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, condannando Poste Italiane a riammettere in servizio il dipendente ed a corrispondergli, a titolo di risarcimento del danno, la retribuzione dal 2.11.00, data in cui il datore aveva ricevuto l’offerta della prestazione.

La Corte di merito rilevava che — nell’ambito del sistema della L. n. 56 del 1987, art. 23 che aveva delegato le oo.ss. a individuare nuove ipotesi di assunzione a termine con la contrattazione collettiva — il contratto era stato stipulato in forza dell’art. 8 del CCNL Poste 26.11.94, come integrato dall’accordo 25.9.97, per fare fronte ad esigenze eccezionali connesse alla fase di ristrutturazione dell’azienda. Considerato che la norma collettiva consentiva l’assunzione a termine per detta causale solo fino al 30.4.98, riteneva che nella specie il termine fosse illegittimamente apposto.

3.- Avverso questa sentenza Poste Italiane proponeva ricorso per cassazione, cui D. rispondeva con controricorso e ricorso incidentale successivamente illustrati da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4.- Preliminarmente i due ricorsi debbono essere riuniti ex art. 335 c.p.c..

5.- La soc. Poste Italiane con unico articolato motivo deduce violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale (art. 1362 c.c. e segg.) in relazione all’interpretazione accolta dal giudice di merito dell’art. 8 del CCNL 26.11.94 e dell’accordo integrativo 25.9.97, nonche’ violazione della L. 230 del 1962 e della L. n. 56 del 1987, art. 23 sostenendo che la sentenza si fonderebbe sull’erronea convinzione che detto art. 23 non consentirebbe all’autonomia collettiva di costruire fattispecie legittimanti le assunzioni a termine collegate a situazioni tipicamente aziendali, non direttamente collegate ad occasioni precarie di lavoro e, comunque, svincolate dalle fattispecie fissate dalla L. n. 230.

6.- D. deduce in via incidentale violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1227, 2094 e 2099 c.c., nonche’ vizio di motivazione, a proposito della quantificazione del risarcimento del danno, fissato dal giudice di merito in misura equitativa, tenendo conto del presumibile periodo necessario per il ripristino della precedente condizione reddituale, con condanna del datore al pagamento della retribuzione per i tre anni successivi alla scadenza dell’ultimo contratto, a decorrere dalla messa in mora.

7.- L’impugnazione principale e’ infondata.

La giurisprudenza della Corte di cassazione ritiene che la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 nel demandare alla contrattazione collettiva la possibilita’ di individuare — oltre le fattispecie tassativamente previste dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1 nonche’ dal D.L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 8 bis conv. dalla L. 15 marzo 1983, n. 79 — nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati all’individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge (v. S.u. 2.3.06 n. 4588).

Dato che in forza di tale delega le parti sindacali hanno individuato, quale nuova ipotesi di contratto a termine, quella di cui all’accordo integrativo del 25.9.97, la giurisprudenza ritiene corretta l’interpretazione dei giudici di merito che, con riferimento al distinto accordo attuativo sottoscritto in pari data ed al successivo accordo attuativo sottoscritto in data 16.1.98, ha ritenuto che con tali accordi le parti abbiano convenuto di riconoscere la sussistenza fino al 31.1.98 (e poi in base al secondo accordo attuativo, fino al 30.4.98), della situazione di fatto integrante le esigente eccezionali menzionate dal detto accordo integrativo.

Consegue che per far fronte alle esigenze derivanti da tale situazione l’impresa poteva procedere (nei suddetti limiti temporali) ad assunzione di personale straordinario con contratto tempo e che l’esistenza di dette esigenze costituisse presupposto essenziale della pattuizione negoziale; da cio’ deriva che deve escludersi la legittimita’ dei contratti a termine stipulati dopo il 30 aprile 1998 in quanto privi di presupposto normativo. In altre parole, dato che le parti collettive avevano raggiunto originariamente un’intesa priva di termine ed avevano successivamente stipulato accordi attuativi che avevano posto un limite temporale alla possibilita’ di procedere con assunzioni a termine, fissato inizialmente al 31.1.98 e successivamente al 30.4.98, l’indicazione di tale causale nel contratto a termine legittima l’assunzione solo ove il contratto scada in data non successiva al 30.4.98 (v., ex plurimis, Cass. 23.8.06 n. 18378).

La giurisprudenza ha, altresi’, ritenuto corretta, nella ricostruzione della volonta’ delle parti come operata dai giudici di merito, l’irrilevanza attribuita all’accordo 18.1.01 in quanto stipulato dopo oltre due anni dalla scadenza dell’ultima proroga, e cioe’ quando il diritto del soggetto si era gia’ perfezionato.

Ammesso che le parti avessero espresso l’intento di interpretare autenticamente gli accordi precedenti, con effetti comunque di sanatoria delle assunzioni a termine effettuate senza la copertura dell’accordo 25.9.97 (scaduto in forza degli accordi attuativi), la suddetta conclusione e’ comunque conforme alla regula iuris dell’indisponibilita’ dei diritti dei lavoratori gia’ perfezionatisi, dovendosi escludere che le parti stipulanti avessero il potere, anche mediante lo strumento dell’interpretazione autentica (previsto solo per lo speciale settore del lavoro pubblico, secondo la disciplina nel D.Lgs. n. 165 del 2001), di autorizzare retroattivamente la stipulazione di contratti a termine non piu’ legittimi per effetto della durata in precedenza stabilita (vedi, per tutte, Cass. 12.3.04 n. 5141).

Conseguentemente i contratti scadenti (o comunque stipulati) al di fuori del limite temporale del 30.4.98 sono illegittimi in quanto non rientranti nel complesso legislativo – collettivo costituito dalla L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 e dalla successiva legislazione collettiva che consente la deroga alla L. n. 230 del 1962.

Essendo nella specie il contratto de quo stipulato successivamente al 30.4.98 ed essendo, quindi, la causale apposta ancorata a fattispecie non piu’ legittimata dalla normazione collettiva, la censura deve essere ritenuta infondata.

8.- Quanto al ricorso incidentale, che contesta i criteri adottati dal giudice di merito per quantificare il risarcimento del danno (v.

n. 6), la soluzione adottata dal giudice di merito e’ sul piano generale conforme all’insegnamento di questa Corte (v. la sentenza a S.u. 8.10.02 n. 14381, nonche’, da ultimo, la sentenza 13.4.07 n. 8903) che — con riferimento all’ipotesi della trasformazione in unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato di piu’ contratti a termine succedutisi tra le stesse parti, per l’illegittimita’ dell’apposizione dei termini, o comunque della violazione delle disposizioni della L. n. 230 del 1962 — ha affermato che il dipendente che cessa l’esecuzione delle prestazioni, alla scadenza del termine previsto, puo’ ottenere il risarcimento del danno subito a causa dell’impossibilita’ della prestazione derivante dall’ingiustificato rifiuto del datore di lavoro di riceverla in misura corrispondente a quella della retribuzione, qualora provveda a costituire in mora lo stesso datore di lavoro ai sensi dell’art. 1217 c.c..

La sentenza impugnata si e’ attenuta a questo principio, in quanto ha ritenuto, con accertamento di fatto, incensurabile in questa sede, che la dipendente aveva costituito in mora la soc. Poste Italiane accertando la data relativa e facendo decorrere da essa l’obbligo di pagamento della retribuzione. Tuttavia, lo stesso giudice di merito non ha motivato ne’ la decisione di determinare in via equitativa il danno risarcibile, ne’ la decisione di limitare il risarcimento ai tre anni successivi alla scadenza dell’ultimo contratto, di modo che in conformita’ ad altre precedenti pronunzie di queste Corte emanate con riferimento a censure mosse al criterio risarcitorio adottato nella specie dal giudice di merito (v. per tutte Cass. 1.10.07 n. 20606), deve rilevarsi la fondatezza del motivo dedotto con il ricorso incidentale.

9.- In conclusione, mentre il ricorso principale deve essere rigettato, deve essere accolto il ricorso incidentale.

La sentenza impugnata va dunque cassata per la statuizione in punto di risarcimento del danno e la causa va rinviata per un nuovo esame al giudice indicato in dispositivo al fine di determinare in termini corretti detto risarcimento. Tale giudice provvedera’ anche alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE riunisce i ricorsi, rigetta il principale ed accoglie quello incidentale; cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte di appello di Roma in diversa composizione anche per le spese.

Cosi’ deciso in Roma, il 17 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2010

 

 

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