Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19787 del 28/09/2011

Cassazione civile sez. III, 28/09/2011, (ud. 05/07/2011, dep. 28/09/2011), n.19787

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 16248/2009 proposto da:

HABITAT S.R.L. (OMISSIS) in persona del legale rappresentante pro

tempore Dr. Arch. M.P., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE MAZZINI 13, presso lo studio dell’avvocato FIORETTI

CARMAGNOLA Loretta, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato FABIO ZINELLI giusto mandato in atti;

– ricorrente –

contro

FONDAZIONE ALESSANDRO DURINI (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 1486/2008 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 22/05/2008, R.G.N. 1664/02006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/07/2011 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO;

udito l’Avvocato LORETTA FIORETTI CARMAGNOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 22-5-2008 la Corte di Appello di Milano ha rigettato l’impugnazione proposta dalla Habitat s.r.l. nei confronti della Fondazione Alessandro Durino avverso la sentenza del Tribunale di Milano che l’aveva condannata a restituire alla Fondazione l’importo di L. 180.000.000 percepito per l’attività di mediazione per la vendita di immobili.

La Corte di Appello ha ritenuto che quello intercorso fra le parti fosse un contratto di mediazione e non un mandato a vendere e che la somma corrisposta dalla Fondazione doveva essere restituita in quanto la società Habitat non era iscritta nell’albo dei mediatori.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano propone ricorso per cassazione la s.r.l. Habitat con 5 motivi.

Non presenta difese la Fondazione Durino.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente denunzia la violazione dell’art. 1754 c.c., e segg., ex art. 360, n. 3.

Sostiene che con lettera del 12-2-09 la Fondazione Durini ha conferito alla Habitat unilateralmente un incarico a vendere gli immobili con un contratto le cui clausole erano state imposte unilateralmente.

Viene formulato il seguente quesito di diritto: se la mancanza del carattere di terzietà del preteso mediatore e la conclamata esistenza di precedenti rapporti di collaborazione esistenti tra le parti sia ostativa alla nascita del rapporto mediatorio e del successivo diritto alla provvigione e, quindi, alla sua restituzione, in ipotesi di mancata iscrizione nei ruoli istituiti per legge.

2. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità e per la non congruenza del quesito di diritto alla ratio decidendi della sentenza.

Il ricorrente lamenta l’errata interpretazione della lettera del 12/2/09 con la quale, secondo la sua prospettazione, la Fondazione Durini gli avrebbe conferito un mandato irrevocabile a vendere l’immobile.

Quando si lamenta l’erronea interpretazione di un contratto o di un atto di autonomia privata, in ossequio al principio di specificità ed autosufficienza del ricorso, è necessario che la parte provveda alla trascrizione del testo integrale della regolamentazione pattizia del rapporto o della parte in contestazione, ancorchè la sentenza abbia fatto ad essa riferimento, per consentire alla Corte il controllo della fondatezza dell’impugnazione.

Nel caso di specie la ricorrente riporta solo alcuni passi della lettera di conferimento dell’incarico non consentendo a questa Corte di controllare la fondatezza delle censure.

2.1.Il motivo è inammissibile anche per la non congruenza del quesito di diritto con la motivazione della sentenza impugnata.

La Corte di appello, sul rilievo che non era contestato che la Habitat non aveva posto in essere alcun atto giuridico per conto della Fondazione e quindi non aveva svolto in alcun modo l’attività di mandataria, ha ritenuto sussistente un complesso quadro di riferimento, fra cui anche il contenuto della lettera del 12-2-09, che induceva a ritenere che la Habitat avesse svolto una vera e propria attività mediatoria, mettendo di fatto in relazione le due parti interessate all’operazione di compravendita e fornendo, come tra l’altro previsto ex lege dall’art. 1759, comma 1, tutti gli elementi che potessero influire sulla conclusione dell’affare (analisi di vendibilità dell’immobile e chiarimenti).

La menzione di rapporti professionali intrattenuti in passato dalla Fondazione con l’Habitat non vale, secondo la Corte, a trasformare la natura di contratto mediatorio in contratto di mandato.

2.2 Il quesito di diritto non censura in alcun modo gli elementi fondanti della decisione, vale dire la circostanza che l’Habitat non ha posto in essere alcun negozio giuridico per conto della Fondazione limitandosi a porre in contatto le parti della compravendita, ma chiede a questa Corte di affermare la sussistenza del mandato a vendere tenendo conto dei precedenti rapporti professionali intervenuti tre le parti, la cui rilevanza è stata giustamente esclusa dalla Corte di appello, e di una presunta mancanza di terzietà dell’Habitat, elemento mai portato all’esame dei giudici di merito.

3. Come secondo motivo si denunzia violazione della L. 3 febbraio 1989, art. 2, comma 2, e del regolamento di attuazione e difetto di motivazione sul punto, con riferimento agli artt. 1754 e 1758 c.c..

La normativa in oggetto non poteva essere applicata ad un singolo isolato atto, in quanto la Habitat aveva svolto la presunta attività mediatoria a titolo eccezionale, e di conseguenza non poteva in tale ipotesi operare la soluti retentio.

3.1 Il motivo è inammissibile in quanto introduce una questione nuova, mai trattata nel giudizio di appello, dove non è stato mai proposto il problema della occasionante dell’attività di mediazione svolta dalla Habitat.

4. Come terzo motivo si denunzia violazione art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 1324 c.c., in riferimento agli artt. 1755, 1998, 1703 e 1705 c.c. e omessa insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto.

La ricorrente formula il seguente quesito di diritto: se riconoscimento del pagamento di un debito di natura pecuniaria a carico di un solo contraente del negozio giuridico a favore del mandatario a titolo oneroso, senza che questo abbia avuto la possibilità di concordare le clausole contrattuali e senza aver avuto, il preteso mediatore, la consapevolezza dell’incarico mediatorio, possa escludere l’applicazione della normativa sulla mediazione e se la mera attività di consulenza della parte investita dell’incarico professionale sia condizione sufficiente per legittimare, comunque il diritto alla provvigione e, per contro, in caso oppostola sua restituzione.

4.1. Il quesito è inammissibile in quanto è formulato facendo riferimento a circostanze smentite nel processo, vale e dire che il pagamento di cui la Fondazione ha chiesto la restituzione fosse stato effettuato in favore della Habitat in qualità di mandatario a titolo oneroso, circostanza esclusa dalla Corte di appello che ha ritenuto invece la qualità di mediatore dell’Habitat; che l’Habitat abbia svolto l’incarico come inconsapevole mediatore, circostanza mai accertata e non idonea a modificare a natura giuridica dei rapporti intervenuti fra le parti.

L’ultima parte del quesito, con il riferimento ad una presunta attività di consulenza che non giustificherebbe la restituzione del compenso, non è congruente con la decisione, avendo i giudici di merito evidenziato che l’attività di consulenza è, secondo la previsione normativa, connaturata con l’attività mediatoria.

5. Con il quarto motivo di ricorso si denunzia la falsa applicazione delle L. n. 39 del 1989, in relazione agli artt. 1754 e 1755 c.c., e contraddittorietà della motivazione sul punto.

Viene formulato il seguente quesito di diritto: in applicazione dell’art. 1754 c.c., e segg., e L. n. 39 del 1989, art. 8, comma 1, la mancata declaratoria di nullità del contratto concluso dal preteso mediatore,pur in presenza dell’obbligo giudiziario di restituire la provvigione percepita, sia condizione sufficiente a legittimare l’accoglimento della richiesta, specie allorquando le parti del contratto abbiano beneficiato entrambe dell’attività professionale della sola consulenza svolta dal preteso mediatore e se il mancato accertamento giurisdizionale dell’iscrizione nell’albo dei mediatori da parte della società di capitali non costituisca legittimo ostacolo alla declaratoria di restituzione del compenso percepito dal suo legale rappresentante, pur in presenza della fatturazione di quella.

5.1. IL motivo è infondato.

La Corte di appello, sul rilievo della mancata iscrizione all’albo sia della Habitat che del suo legale rappresentante architetto M., ha ritenuto che la L. n. 39 del 1989, è chiarissima nel sancire che l’iscrizione all’albo dei mediatori è obbligatoria ed è conditio sine qua non per l’esercizio dell’attività di mediazione immobiliare.

Correlativamente il difetto di iscrizione all’albo comporta la inesigibilità ex lege della provvigione.

Di conseguenza i giudici di merito non sono incorsi nella dedotta violazione di legge in quanto in base alla L. n. 39 del 1989, i soggetti non iscritti all’albo non hanno diritto alla provvigione per l’attività di mediazione svolta contro la previsione normativa.

6. Come quinto motivo si denunzia la violazione art. 1754 c.c., in relazione all’art. 2967 c.c., comma 1 e art. 115 c.p.c.. Viene formulato il seguente quesito di diritto: se in difetto di prova costituenda ed in forza del solo nomen iuris dato al rapporto obbligatorio da una parte contraente, sia condizione sufficiente e determinante per far nascere ipso facto il rapporto di mediazione e la provvigione, specie allorquando la prestazione di consulenza sia a questa prevalentemente associata ovvero sia svolta in via prevalente e determinante.

6.1. Il motivo è infondato.

La Corte di appello ha riconosciuto sussistente il rapporto di mediazione tenendo conto di una pluralità di elementi, fra cui il contenuto dell’incarico conferito dalla Fondazione, quale risultava dalla lettera del 12-2-1999, e l’attività concretamente svolta dalla Habitat, che aveva messo in contatto le due parti contraenti interessate alla compravendita dell’immobile.

Di conseguenza non è vero che la Corte di merito si sia basata solo sul nomen iurisi usato da una delle parti contraenti.

Inoltre la Corte ha, come già si è detto, giuridicamente inquadrato l’attività di consulenza come funzionale alla mediazione, non essendovi alcun accertamento processuale che induca a ritenere” prevalente e determinante” l’attività di consulenza.

Il ricorso è rigettato. Nulla per le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2011

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