Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19787 del 12/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 12/07/2021, (ud. 14/05/2021, dep. 12/07/2021), n.19787

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 14162/15 R.G., proposto da:

F.P., rappresentata e difesa dall’avv.to Salvatore Rijli,

elettivamente domiciliata, in Roma, presso lo studio dell’avv.to

Bruno Chiarantano, in Roma, Via Ovidio n. 32, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 2329/7/2014 della Commissione tributaria

regionale della Calabria (di seguito, CTR), depositata il 9/12/2014

e non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/05/2021 dal Consigliere Dott.ssa Rosita D’Angiolella.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con la sentenza in epigrafe, la CTR della Calabria rigettava l’appello della contribuente, F.P., avverso la sentenza della CTP di Reggio Calabria che, a sua volta, aveva respinto il ricorso della contribuente avverso l’avviso di accertamento, per l’anno 2005, con il quale l’Ufficio aveva rideterminato, con metodo sintetico, ai fini IRPEF e relative addizionali, un maggior reddito imponibile rispetto a quello dichiarato dalla Fascì.

2. La contribuente impugnava l’avviso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Reggio Calabria, eccependo l’illegittimità dell’avviso per carenza di motivazione dell’avviso e rilevando, nel merito, che l’acquisto del fabbricato, per Euro 180.000,00, era stato effettuato direttamente dal proprio figlio, R.G., per dazione in pagamento a scomputo di molti prestiti che negli anni dal 1998 al 2000 la contribuente aveva corrisposto al proprio figlio al fine di sanare la posizione debitoria in relazione all’attività commerciale dallo stesso intrapresa, realizzando, così, l’estinzione di un rapporto obbligatorio di natura familiare. La CTP respingeva il ricorso.

3. La contribuente proponeva appello avverso tale la sentenza innanzi alla CTR della Calabria che, con la sentenza in epigrafe, respingeva l’appello ritenendo che non assumeva alcun rilievo la circostanza che era mancato un effettivo esborso del corrispettivo per l’acquisto del fabbricato, confermandosi comunque l’onerosità del trasferimento e, quindi, la capacità economica della contribuente.

4. F.P. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

5. L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo mezzo la ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione di legge (art. 2697, e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38), là dove la Commissione tributaria regionale non ha considerato che non v’era stato alcun esborso di denaro (e, quindi, nessuna spesa per Euro 180.000,00, quale assunta dall’Ufficio, ai sensi del citato D.P.R., art. 38, comma 5, nella misura di un quinto – Euro 36.000,00 – quale maggior reddito della contribuente) per l’acquisto di unità immobiliare, trattandosi di una mera dazione in pagamento, come indicato nella premessa dell’atto notarile, per prestiti di denaro per gli anni 1998, 1999 e 2000, in favore del figlio di ella contribuente.

1.2. Col secondo mezzo denuncia la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, per non aver la CTR considerato che nell’atto di acquisto preso in considerazione dall’Ufficio mancasse del tutto una disponibilità patrimoniale in quanto il contratto stipulato, di natura simulata, aveva una causa gratuita (donazione) e non onerosa, stante il rapporto di filiazione tra la F. ed il R. e la finalità connessa alla dazione in pagamento tesa ad evitare che i creditori del figlio aggredissero il bene immobile.

2. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. I motivi svolti dal ricorrente possono essere unificati nel loro esame, poiché attengono entrambi all’accertamento, che si assume scorrettamente compiuto dall’Amministrazione finanziaria, nonché ai presupposti di legge che avrebbero dovuto essere applicati, nel processo, da parte del giudice tributario.

3. L’accertamento compiuto dall’Amministrazione finanziaria si è basato su un atto pubblico di compravendita, rogato da un notaio, dal quale risultava che F.P. aveva acquistato dal di lei figlio un cespite immobiliare del valore di Euro 180.000,00.

3.1. Secondo la difesa della ricorrente, la sentenza di secondo grado ha ignorato le prove offerte dalla contribuente relative all’inesistenza di un trasferimento di danaro in quanto realizzantesi una compensazione con estinzione delle reciproche obbligazioni; si deduce, altresì, che la CTR avrebbe invertito l’onere probatorio, gravante sull’Ufficio, nella parte in cui ha applicato le presunzioni di cui agli indici di capacità contributiva ignorando il preambolo della compravendita nel quale si dava atto del fatto che il figlio della contribuente aveva ricevuto dalla madre, F.P., somme di denaro per gli anni 1998, 1999 e 2000 per coprire vari debiti da lui contratti, debiti estinti con la datio in solutum di cui all’atto notarile comportante il mero trasferimento della titolarità dell’immobile.

Col secondo mezzo, la difesa della ricorrente aggiunge che l’atto pubblico di compravendita – contrariamente alle apparenze – sarebbe stato un negozio simulato, avendo le parti rivestito la donazione, da loro realmente voluta, con le forme dell’atto oneroso. Secondo la decisione dei primi giudici, come confermata dai giudici di appello, di tale simulazione, tuttavia, il contribuente non è stato in grado di fornire prova, non risultando provati in alcun modo i prestiti di denaro effettuati dalla contribuente in favore del figlio.

4. Le censure di cui ai motivi di ricorso non hanno pregio, in quanto l’accertamento dell’Ufficio si è basato su un atto pubblico sottoscritto dalla contribuente avente ad oggetto un’operazione di natura onerosa attestata dallo scambio tra crediti di denaro vantati dalla contribuente e trasferimento di un bene immobile. E’ da questo dato certo che è partito l’accertamento, svolto ai sensi del D.P.R. n. 600, art. 38, comma 4, sicché, per contrastarlo, la contribuente, se fosse stata una datio in solutum, avrebbe dovuto dimostrare – ai sensi della disposizione in parola, successivo comma 5 – la provenienza delle somme di denaro concesse a credito al figlio per ottenere, in compensazione, la titolarità dell’immobile.

4.1. Egualmente, rispetto alla simulazione per causa gratuita del negozio, il contribuente, il quale deduca che l’acquisto di un immobile non costituisce manifestazione di una reale capacità reddituale in ragione della simulazione dell’atto di compravendita e del conseguente mancato pagamento del relativo prezzo, ha l’onere della prova contraria che può consistere anche nella dimostrazione che i beni o gli importi contestati quali indici di capacità contributiva non siano effettivamente entrati nella sua disponibilità, in quanto derivanti da un atto simulato, che non ne implica la corrispondente e reale disponibilità economica (Cass., 10/10/2014, n. 21442); peraltro, in ambito fiscale, la prova contraria per dimostrare la simulazione può anche superare i limiti posti dagli artt. 1414 e ss. c.c., potendosi ricorrere anche alle dichiarazioni rese da terzi al di fuori del giudizio, aventi rilevanza meramente indiziaria, considerato che l’azione proposta davanti alla commissione tributaria è volta a dimostrare l’infondatezza della pretesa fiscale e non ad ottenere la declaratoria di nullità del contratto simulato (Cass., 11/11/2020 n. 25414).

4.2. Ed invero, in tema di accertamento sintetico, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4, (nella formulazione applicabile ratione temporis), una volta che l’Amministrazione abbia dimostrato, anche mediante un unico elemento certo, la divergenza tra il reddito risultante attraverso la determinazione analitica e quello attribuibile al contribuente, quest’ultimo è onerato della prova che l’imponibile così accertato è costituito, in tutto o in parte, da redditi soggetti a ritenute alla fonte o esenti ovvero da finanziamenti di terzi (Cass., 30/05/2018, n. 13602).

4.3. In conclusione, alcuna inversione dell’onere della prova è stata posta a base della decisione d’appello, atteso che questa si è correttamente basata sul principio in base al quale, una volta che l’Amministrazione finanziaria abbia dimostrato, attraverso l’accertamento tributario, l’esistenza di una capacità reddituale giustificante l’acquisto immobiliare, era onere del contribuente dimostrare l’inesistenza di essa ed in particolare della base da cui era stata tratta.

5. Al rigetto del ricorso, segue, per il principio della soccombenza, la condanna della ricorrente al pagamento delle spese in favore dell’Agenzia delle entrate, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nei confronti dell’Agenzia delle entrate che liquida in complessivi Euro 2.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 14 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2021

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