Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19786 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 19786 Anno 2013
Presidente: UCCELLA FULVIO
Relatore: MASSERA MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso 14358-2007 proposto da:
DI SANTO ANNUNZIATA DSNNNA37S53C034A, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA BENACO 5, presso lo studio
dell’avvocato GIOSIA BERNARDI GUIDO, rappresentata e
difesa dall’avvocato MEYER VON SCHAUENSEE SIGISMONDO
giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
1463

contro

FIPPI ALESSANDRO FPPLSN52R17H501Y,

FIPPI GIANNI

FPPGNN57C20H5010, elettivamente domiciliati in ROMA,
CIRC.NE CLODIA 177, presso lo studio dell’avvocato

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Data pubblicazione: 28/08/2013

ARISTEI STRIPPOLI FERNANDO, che li rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 5262/2006 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 29/11/2006, R.G.N.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/06/2013 dal Consigliere Dott. MAURIZIO
MAS SERA;
udito l’Avvocato FERNANDO ARISTEI STRIPPOLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per
l’inammissibilità in subordine rigetto del ricorso;

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6624/2002;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

.1 – Con sentenza n. 28623/2001 il Tribunale di Roma
accolse la domanda proposta da Maria Antonietta Mattioli
Lauriello, che aveva chiesto fosse accertata la validità
dell’offerta reale da lei effettuata con conseguente

disposta a favore di Annunziata Di Santo da precedente
sentenza dello stesso Tribunale in relazione all’acquisto
di un appartamento.
.2 – Con sentenza in data 18 aprile – 29 novembre 2006 la
Corte d’Appello di Roma rigettò l’appello principale della
Di Santo e, in parziale accoglimento dell’appello
incidentale di Gianni Fippi e Alessandro Fippi, eredi
della Mattioli Lauriello, condannò la Di Santo a pagare la
somma pari al 3% annuo da calcolare dalla data di
versamento della somma di £. 60.000.000.
La Corte territoriale osservò per quanto interessa: non vi
erano elementi idonei a dimostrare che la Mattioli
Lauriello, che aveva effettuato valida offerta reale,
fosse stata messa in mora, per cui doveva escludersi che
costei dovesse gli interessi per la ritardata
corresponsione della somma; la domanda di risarcimento dei
danni per l’illegittima occupazione dell’immobile e la
mancata consegna dei beni compravenduti meritava
accoglimento e il quantum poteva essere equitativamente
determinato nella misura del 3% annuo sul valore
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declaratoria di liberazione dall’obbligazione di pagamento

dell’immobile

(£.

60.000.000)

con

decorrenza

dal

versamento della relativa somma mediante il bonifico
bancario effettuato dalla Mattioli.
.3 – Avverso la suddetta sentenza la Di Santo ha proposto
ricorso per cassazione affidato a due motivi.

controricorso e presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE

.1 – Ai ricorsi proposti contro le sentenze pubblicate a
partire dal 2.3.2006, data di entrata in vigore del D.
Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice
di procedura civile in materia di ricorso per cassazione,
si applicano le disposizioni dettate nello stesso decreto
al Capo I.
Secondo l’art. 366-bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del
decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a
pena di inammissibilità, nel modo lì descritto e, in
particolare, nei casi previsti dall’art. 360, n. l), 2),
3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve
concludere con la formulazione di un quesito di diritto,
mentre, nel caso previsto dall’art. 360, primo comma, n.
5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la
chiara indicazione del fatto controverso in relazione al
quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria,
ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza

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Gianni Fippi e Alessandro Fippi hanno resistito con

della motivazione la rende inidonea a giustificare la
decisione.
.2 – I due motivi del ricorso risultano inammissibili,
poiché la loro formulazione non soddisfa i requisiti
stabiliti dall’art. 366-bis c.p.c.

sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va
interpretata nel senso che per, ciascun punto della
decisione e in relazione a ciascuno dei vizi,
corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la
parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un
distinto motivo di ricorso.
Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di
diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007)
che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis
c.p.c., introdotto dall’art. 6 del d.lgs. n. 40 del 2006,
il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una
generica istanza di decisione sull’esistenza della
violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la
novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo
selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle
impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al
patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla
Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della
avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale,

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Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la

riconducendo ad una sintesi logico-giuridica le precedenti
affermazioni della lamentata violazione.
In altri termini, la formulazione corretta del quesito di
diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso
la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema

cui chiede l’affermazione.
Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun
motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la
chiara indicazione del fatto controverso in relazione al
quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria,
ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza
della motivazione la renda inidonea a giustificare la
decisione; la relativa censura deve contenere un momento
di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne
circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non
ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso
e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez.
Unite, n. 20603 del 2007).
.3.1 – Il primo motivo, sotto il duplice profilo della
violazione e falsa applicazione degli artt. 1208, 1209,
1210, 1220 c.c. e della omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione, censura il riconoscimento a
favore della controparte degli interessi sulla somma
oggetto di offerta reale.

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normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di

Si adduce a sostegno che l’offerta non comprendeva gli
interessi medio tempore maturati ed era stata effettuata
con assegno circolare anziché in moneta contante. Si
aggiunge che era passata in giudicato la precedente
sentenza 1047/1982 del Tribunale di Roma, nella parte in

compravendita inter partes, aveva accolto la domanda
proposta dalla Mattioli ex art. 2932 c.c.,
subordinatamente al versamento da parte della medesima del
prezzo pari a E. 60.000.000.
.3.2 – I riferimenti alla sentenza n. 1047/1982 del
Tribunale di Roma sono inammissibili per violazione
dell’art. 366 n. 6 c.p.c.
Infatti è orientamento costante (confronta, tra le altre,
le recenti Cass. Sez. Un. n. 28547 del 2008; Cass. Sez.
III n. 22302 del 2008) che, in tema di ricorso per
cassazione, a seguito della riforma ad opera del d.lgs. n.
40 del 2006, il novellato art. 366, sesto comma c.p.c.,
oltre a richiedere la “specifica” indicazione degli atti e
documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia
specificato in quale sede processuale il documento, pur
individuato in ricorso, risulti prodotto. Tale specifica
indicazione, quando riguardi un documento prodotto in
giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto
nelle fasi di merito, e, in ragione dell’art. 369, secondo

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cui, in esecuzione specifica di contratto preliminare di

comma, n. 4 c.p.c., anche che esso sia prodotto in sede di
legittimità.
In altri termini, il ricorrente per cassazione, ove
intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un
documento da parte del giudice di merito, ha il duplice

di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto. Il
primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso
in quale fase processuale e in quale fascicolo di parte si
trovi il documento in questione; il secondo deve essere
adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il
contenuto del documento. La violazione anche di uno
soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile.
Gli oneri processuali sopra indicati non sono stati
adempiuti dalla ricorrente.
Sotto diverso e assorbente profilo, il prolisso quesito di
diritto si rivela inidoneo poiché prescinde totalmente
dalla motivazione della sentenza impugnata e dalle ragioni
giuridiche ad essa sottese, mentre, quanto al vizio di
motivazione, manca il momento di sintesi necessario non
solo per circoscrivere il fatto controverso, ma anche per
specificare in quali parti e per quali ragioni la
motivazione della sentenza risulti, rispettivamente,
omessa, insufficiente, contraddittoria.
.4.1 – Il secondo motivo, ancora sotto il duplice profilo
della violazione, falsa ed erronea applicazione degli
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onere – imposto dall’art. 366, comma primo, n. 6, c.p.c. –

artt. 1226 e 2043 c.c. in relazione agli artt. 112 e 360
n. 3 c.p.c. e della insufficiente, illogica e omessa
motivazione, lamenta la condanna a risarcire il danno
conseguente alla ritardata consegna dell’immobile.
Si assume l’inesistenza del bonifico menzionato dalla

ultrapetizione poiché gli appellanti incidentali avevano
individuato il termine finale del richiesto risarcimento
nella data del 17 settembre 1992, allorché fu eseguito il
sequestro giudiziario.
.4.2 – La censura è inammissibile prima che infondata.
Inammissibile per le medesime ragioni addotte con
riferimento al precedente motivo circa l’inidoneità del
quesito di diritto e la mancanza del momento di sintesi.
Infondata poiché il tema dell’avvenuta o meno
effettuazione del bonifico non può essere sollevato in
sede di legittimità e considerato che dalle conclusioni
riferite nell’epigrafe della sentenza impugnata risulta
(vedi pag. 6) che gli appellanti incidentali avevano
chiesto la condanna della venditrice al “risarcimento dei
danni per l’illegittima occupazione e la mancata consegna
degli immobili compravenduti, a far data dal 30.6.1981
alla data della emenanda sentenza”, mentre il termine del
17.9.1992 era indicato in relazione alla successiva
domanda,

rigettata

dalla

Corte

territoriale,

di

risarcimento dei danni subiti dall’immobile “nelle more

sentenza impugnata e si aggiunge che essa è viziata di

tra il preliminare originario e l’esecuzione del sequestro
giudiziario”.
.5 – Pertanto il ricorso è inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione seguono il criterio
della soccombenza. La liquidazione avviene come in

140/2012, sopravvenuto a disciplinare i compensi
professionali.
P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente
al pagamento delle spese del giudizio di cassazione,
liquidate in complessivi E. 2.700,00, di cui
per compensi, oltre accessori di legge.
Roma 21.6.2013.

e.

2.500,00

dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M.

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