Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19783 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 19783 Anno 2013
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

Ud. 11/06/2013
SENTENZA
PU

sul ricorso 5910-2010 proposto da:
BANCA POPOLARE DI SONDRIO SOC. COOP. PER AZIONI
00053810449 in persona del Direttore Centrale
Principale FRANCESCO ROTA e del Vice Direttore
Centrale LUIGI CASTAGNETTI, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA PACUVIO 34, presso lo studio
2013
1311

dell’avvocato ROMANELLI GUIDO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato BENITO PERRONE giusta
delega in atti;

– ricorrente contro

1

Data pubblicazione: 28/08/2013

METHODOS S.P.A.

04443230158

in persona del suo

Presidente Dott. GIORGIO DEL MARE, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 44, presso lo
studio dell’avvocato NUZZACI VITTORIO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato FAILLA

– controricorrente

avverso la sentenza n. 100/2009 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 15/01/2009, R.G.N. 3200/1994;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/06/2013 dal Consigliere Dott. FRANCESCO
MARIA CIRILLO;
udito l’Avvocato BENITO PERRONE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per
l’accoglimento p.q.r. del ricorso;

2

VITO giusta delega in atti;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La s.r.l. Methodos, sulla base di un decreto ingiuntivo
emesso dal Presidente del Tribunale di Milano in data 3 aprile
1989 contro il Comprensorio lecchese, procedeva al pignoramento
presso terzi di tutte le somme depositate dal Comprensorio

proprio credito di lire 396.613.620.
Nel corso dell’udienza tenutasi davanti al Pretore di Lecco
per la dichiarazione del terzo ai sensi dell’art. 547 cod.
proc. civ. insorgevano contestazioni tra il creditore e la
Banca, a seguito delle quali la s.r.l. Methodos promuoveva il
giudizio per l’accertamento dell’obbligo del terzo di cui
all’art. 548 cod. proc. civ., che veniva incardinato davanti al
Tribunale di Lecco.
Nel frattempo il debitore Comprensorio lecchese aveva
avviato un giudizio di opposizione all’esecuzione avverso
l’espropriazione presso terzi promossa dalla s.r.l. Methodos,
deducendo l’impignorabilità dei beni e l’inesistenza di somme
presso la Banca popolare di Sondrio; tale secondo giudizio
veniva pure incardinato davanti al Tribunale di Lecco.
Il Tribunale, riuniti i due giudizi, con sentenza del 18
marzo 1994 rigettava l’opposizione all’esecuzione proposta dal
Comprensorio lecchese; accertava l’esistenza, alla data del
pignoramento, di entrate del Comprensorio, da vincolare presso
le contabilità speciali intestate a tale ente a cura del
tesoriere Banca popolare di Sondrio, per un importo pari al
3

presso la Banca popolare di Sondrio, fino a concorrenza del

credito azionato (lire 396.613.620), condannando altresì la
Banca medesima al risarcimento dei danni in favore della
società creditrice Methodos, ai sensi dell’art. 2043 cod. civ.,
da liquidarsi in separato giudizio; e condannava il
Comprensorio lecchese e la Banca popolare di Sondrio, in

2. La pronuncia veniva separatamente appellata da entrambe
le parti soccombenti e la Corte d’appello di Milano, con
sentenza del 15 gennaio 2009,

riunite le impugnazioni,

dichiarava cessata la materia del contendere quanto al rapporto
processuale

intercorso

tra

la

s.r.l.

Methodos

ed

il

solido, al pagamento delle spese processuali.

Comprensorio lecchese, respingeva l’appello della Banca neiwl i
confronti della s.r.l. Methodos e condannava l’istituto di
credito al pagamento delle ulteriori spese del grado.
Osservava la Corte territoriale che nelle more del giudizio
– che era stato anche sospeso in attesa della definizione del
giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dalla
s.r.l. Methodos – vi era stato un accordo transattivo tra la
società creditrice ed il Comprensorio lecchese in virtù del
quale la prima aveva ottenuto il pagamento di euro 220.000 a
chiusura definitiva della controversia. La transazione
comportava, perciò, il venir meno del giudizio di opposizione
all’esecuzione promosso dal Comprensorio lecchese.
Rimaneva peraltro da decidere il giudizio avente ad oggetto
l’accertamento dell’obbligo del terzo.

4

La Corte d’appello, a questo proposito, richiamava la
normativa in tema di tesoreria unica di cui alla legge 29
ottobre 1984, n. 720, osservando che l’art.

1-bis della stessa

attribuisce al tesoriere la qualità di terzo ai fini della
dichiarazione di cui all’art. 547 cod. proc. civ.; ciò posto,
facendo proprie le argomentazioni del Tribunale, la Corte
rilevava che, nella specie, la Banca popolare di Sondrio aveva
reso una dichiarazione elusiva ed equivoca, rendendo in tal
modo necessario il giudizio di accertamento. La Banca, oltre a
tenere

una

linea

difensiva

«improntata

ad

assoluta

insensibilità verso le finalità del processo», non era stata
neppure in grado di esibire al c.t.u. l’intera documentazione
in suo possesso in qualità di tesoriere, anche perché una parte
della medesima era stata avviata alla distruzione dopo i dieci
anni, mentre la pendenza di un giudizio ne avrebbe dovuto
consigliare la conservazione. Pertanto – avvalendosi della
prova presuntiva e tenendo presente che circa un anno prima del
pignoramento vi era una cospicua disponibilità finanziaria del
debitore presso la Banca (pari ad euro 223.483,44) – la Corte
perveniva alla conclusione che l’istituto di credito avesse
violato le disposizioni in tema di obbligo del terzo. Ne
conseguiva la conferma della pronuncia di primo grado, anche in
ordine all’esistenza di un danno di natura extracontrattuale,
da liquidare in separato giudizio.

5

,

3. Avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano
propone ricorso la Banca popolare di Sondrio, con atto affidato
a sei motivi.
Resiste con controricorso la s.p.a. Methodos.
Le parti hanno presentato memorie.

1. Occorre preliminarmente dare atto che la società
Methodos ha eccepito, nel controricorso, la non completa
integrazione del contraddittorio, sul rilievo che nel giudizio
di cui all’art. 548 cod. proc. civ. il debitore esecutato ha la
qualità di parte necessaria.
Osserva questa Corte che, in base a pacifica giurisprudenza
in materia (sentenze 10 maggio 2000, n. 5955, 9 gennaio 2007,
n. 217, e 7 maggio 2009, n. 10550), il debitore esecutato,
insieme al creditore procedente ed al terzo pignorato, hanno la
qualità di parti necessarie nel giudizio di accertamento
dell’obbligo del terzo previsto dal menzionato art. 548. Tale
affermazione – che in questa sede va ribadita – non comporta
tuttavia, nello specifico caso in esame, la necessità di
integrazione del contraddittorio nei confronti del debitore
Comprensorio lecchese. Come risulta dalla sentenza d’appello e
dagli stessi motivi di ricorso, infatti, vi è stato un accordo
transattivo tra la società creditrice ed il Comprensorio
lecchese, in forza del quale il giudizio attualmente all’esame
della Corte non ha più – come meglio si dirà nel prosieguo – la
natura di giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, in
6

MOTIVI DELLA DECISIONE

quanto il debitore è ormai estraneo alla vicenda, avendo chiuso
in via transattiva le proprie pendenze con la società
creditrice; da tanto consegue che l’eventuale provvedimento di
integrazione del contraddittorio si risolverebbe in un inutile
dispendio di attività processuale.

ricorso, trattando in modo unitario il primo, il secondo ed il
sesto motivo.
Con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione e
falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360,
primo comma, n. 5), cod. proc. civ., in relazione agli artt.
100 e 474 del codice di procedura civile.
Rileva la ricorrente che l’accordo transattivo concluso tra \)UL
la società Methodos ed il Comprensorio lecchese in data 21
ottobre 2003 si fonda, tra l’altro, sul fatto che l’originario
giudizio di opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso
dal Tribunale di Milano, dopo varie vicende processuali, era
stato deciso con una sentenza della Corte d’appello di Milano,
che aveva revocato il decreto e condannato il Comprensorio al
pagamento di euro 173.462,22; sentenza che era stata oggetto di
ricorso per cassazione. Ne consegue che, nel momento in cui la
transazione era stata conclusa, il credito della società
Methodos non era stato accertato con sentenza passata in
giudicato; tuttavia la transazione, implicando la rinuncia sia
al decreto ingiuntivo che all’esecuzione presso terzi promossa
nei confronti del Comprensorio lecchese, determina rilevanti
7

2. Si può, quindi, procedere all’esame dei motivi di

-

conseguenze anche nel giudizio di accertamento dell’obbligo del
terzo. Il giudizio di cui all’art. 548 cod. proc. civ.,
infatti, «non ha vita autonoma e non può essere dissociato
dalla procedura esecutiva da cui ha avuto origine»; sicché,
secondo la Banca, venuto meno il titolo esecutivo ed estinta

meno anche del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo.
3. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta omessa o
insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo
per il giudizio.
Richiamando i rilievi compiuti nel primo motivo, la Banca
popolare di Sondrio osserva che la sentenza impugnata sarebbe
del tutto carente e sbrigativa nella motivazione circa il
problema dell’efficacia della menzionata transazione in ordine
alla permanenza dell’interesse alla decisione del giudizio di
accertamento dell’obbligo del terzo.
4. Con il sesto motivo di ricorso si lamenta violazione e
falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360,
primo comma, n. 5), cod. proc. civ., in relazione all’art. 2043
del codice civile.
Rileva la ricorrente che la sentenza sarebbe errata nella
parte in cui ha fatto discendere, quale immediato corollario
dell’accertamento dell’esistenza del credito, anche l’esistenza
dei danni lamentati dalla società creditrice. Tali danni,

invece, avrebbero dovuto essere oggetto di prova, sia sotto il

8

l’esecuzione presso terzi, ne deriva automaticamente il venire

profilo dell’esistenza di un danno risarcibile sia sotto il
profilo del nesso di causalità.
5. Tali motivi, da trattare unitariamente, sono privi di
fondamento.
5.1. E’ opportuno rammentare, richiamando quanto detto in

loro diversi, l’uno di accertamento dell’obbligo del terzo
promosso dalla società Methodos nei confronti della Banca
popolare di Sondrio e l’altro di opposizione all’esecuzione,
promosso dal Comprensorio lecchese nei confronti della società
Methodos. Il giudizio di opposizione all’esecuzione è stato
concluso con atto di transazione del 23 ottobre 2003, come la
Corte d’appello di Milano ha rilevato nell’impugnata sentenza,
sicché la residua materia del contendere riguardava soltanto
l’accertamento dell’obbligo del terzo e la domanda di
risarcimento danni avanzata dal creditore procedente nei
confronti della Banca popolare di Sondrio.
I motivi di ricorso ora in esame – in particolare il primo
e il secondo ma, nella sostanza, anche il sesto – ruotano tutti
intorno alle medesime argomentazioni di fondo, secondo le quali
la chiusura del giudizio di opposizione all’esecuzione dovrebbe
determinare in via automatica il venire meno anche del giudizio
di cui all’art. 548 cod. proc. civ., il quale, non avendo vita
autonoma, non potrebbe essere dissociato dalla procedura
esecutiva dalla quale ha tratto origine. Sicché la Corte
territoriale avrebbe errato nel decidere la domanda proposta
9

precedenza, che il Tribunale di Lecco ha deciso due giudizi fra

dalla società Methodos contro la Banca, in particolare sotto il
profilo della condanna generica al risarcimento dei danni.
I problemi posti sono, in realtà, due: se il giudizio di
cui all’art. 548 cod. proc. civ. possa proseguire una volta che
la procedura esecutiva si è conclusa in via transattiva e se in

danni ai sensi dell’art. 2043 del codice civile.
5.2. Ritiene tuttavia questa Corte che le delicate
questioni ora sunteggiate non debbano essere affrontate nella
sede odierna, per la semplice ragione che la ricorrente ha, in
sede di giudizio di merito, accettato il contraddittorio sul
punto della domanda risarcitoria. Come emerge, infatti, dalla

quel giudizio sia ammissibile una domanda di risarcimento dei

C

sentenza impugnata e dagli stessi motivi di ricorso in esame, 91/41′ j
la Banca popolare di Sondrio non risulta aver mai contestato,
né davanti al Tribunale né alla Corte d’appello, il fatto che
la società creditrice avesse posto nei suoi confronti una
domanda di risarcimento danni nella sede del giudizio di
accertamento dell’obbligo del terzo.
Il giudizio ha avuto un andamento complesso perché si è
intrecciato con quello di opposizione al decreto ingiuntivo sul
quale si fondava l’esecuzione oggetto dell’opposizione poi
transatta, tanto che tra la sentenza del Tribunale di Lecco e
quella della Corte d’appello di Milano sono passati circa
quindici anni. Tuttavia la domanda risarcitoria è stata
avanzata fin dal primo grado, senza alcuna opposizione da parte
della Banca, la quale non ha mai sollevato obiezioni
10

sull’ammissibilità

della

medesima;

pertanto,

una

volta

transatta la lite tra il Comprensorio lecchese e la società
creditrice, il capo della decisione che riconosce l’esistenza
del debito della Banca popolare verso il Comprensorio ha perso,
in sostanza, di rilevanza e il giudizio si è trasformato in un

popolare nella sua qualità di tesoriere. E, d’altra parte,
anche il sesto motivo di ricorso, che ha ad oggetto specifico
la presunta violazione dell’art. 2043 cod. civ., non discute
dell’ammissibilità della domanda risarcitoria, ma contesta la
sussistenza della relativa prova.
Si sarebbe potuto discutere, in sede di merito, se quella
fosse o meno la sede corretta per una domanda risarcitoria o se
la medesima potesse essere proposta solo ai sensi dell’art. 96
cod. proc. civ.; ma resta il fatto, decisivo, che la Banca non
ha mai eccepito che simile domanda non fosse esaminabile. In
altre parole, una volta conclusa in via transattiva la vicenda
processuale tra il debitore e il creditore, rimaneva attuale la
sola causa tra il creditore e la Banca, causa che aveva assunto
– in assenza di opposizione da parte di quest’ultima – una
natura risarcitoria, sebbene attraverso l’improprio strumento
del giudizio di cui all’art. 548 del codice di rito.
Tale ricostruzione in fatto determina l’infondatezza del
primo e del secondo motivo di ricorso, esimendo la Corte dalla

necessità di affrontare i due complessi problemi sopra
riassunti.
11

giudizio risarcitorio tra la società creditrice e la Banca

,

5.3. Quanto, poi, al merito del sesto motivo, esso è
palesemente privo di fondamento, perché la Corte territoriale
ha dato conto – con ampiezza di motivazione supportata da
accurata ricostruzione dei fatti e del tutto priva di vizi
logici – delle ragioni per le quali ha ritenuto che il
della

Banca

popolare

di

Sondrio

fosse

sanzionabile ai sensi dell’art. 2043 cod. civ.; sicché la
censura prospettata in termini di mancanza di un danno
astrattamente configurabile e del nesso di causalità tra il
fatto produttivo di danno e le relative conseguenze si rivela
inconsistente, tanto più che la condanna inflitta dalla Corte
d’appello è una condanna generica, destinata ad essere vagliata
nel prosieguo del giudizio.
Né ha senso sostenere, alla luce dei precedenti rilievi,
che la transazione avrebbe interrotto ogni nesso tra il
comportamento della Banca e il danno, perché – ragionando in
astratto – potrebbe essere stato proprio l’atteggiamento non
collaborativo della Banca, stigmatizzato dalla Corte d’appello,
ad aver determinato la società creditrice alla decisione di
addivenire alla transazione.
6.1. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta violazione e
falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360,
primo comma, n. 3), cod. proc. civ., in relazione all’art. 2055
del codice civile.

Rileva la ricorrente che la decisione impugnata, affermando
la permanenza dell’interesse alla definizione del presente
12

comportamento

Ak’

giudizio anche dopo l’intervenuta transazione, ha evidentemente
ritenuto che i due tipi di danni fossero diversi; ma nella
specie, al contrario, i danni lamentati dalla società
creditrice, tanto nei confronti del Comprensorio lecchese
quanto nei confronti della Banca, non sono altro che
«conseguenze negative del ritardato conseguimento del proprio
credito», per cui vi sarebbe un unico evento dannoso. La
sentenza impugnata, quindi, affermando la diversità tra i due
danni nonostante l’unicità dell’evento dannoso, avrebbe violato
la norma in tema di responsabilità solidale nel fatto illecito.
6.2. Il motivo non è fondato.
Per quanto è dato comprendere, esso si risolve nel— 7
tentativo di
di ottenere la cassazione della pronuncia sul rilievo
che, sussistendo una responsabilità solidale ai sensi dell’art.
2055 cod. civ., la condanna sarebbe illegittima in quanto
emessa nei confronti della sola Banca e non anche del debitore.
È evidente, però, che, a prescindere dalla correttezza del
richiamo all’art. 2055 cod. civ., che è norma dettata in
materia di fatti illeciti, nel caso in esame i titoli della
responsabilità erano diversi; l’azione nei confronti della
Banca, pur traendo origine dalla vicenda debitoria del
Comprensorio lecchese, è divenuta, ad un certo punto, del tutto
autonoma da quella, in quanto la società creditrice ha agito
contro la Banca per fatti riconducibili alla sua esclusiva
responsabilità; non ha senso, quindi, invocare il principio
della solidarietà.
13

,

v

7.1. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta violazione
e falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art.
360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., in relazione all’art.
1304 del codice civile.
Rileva

la ricorrente che,

in base a quest’ultima

debitori in solido non produce effetto nei confronti degli
altri

se questi non dichiarano di volerne profittare.

Ora,

nella specie vi sarebbe un rapporto di solidarietà tra
l’obbligazione risarcitoria addebitata alla Banca e quella
oggetto della transazione sopra citata; avendo la Banca
palesato la propria intenzione di avvalersi degli effetti
favorevoli della transazione, la sentenza impugnata avrebbe
errato nel non riconoscere l’efficacia estintiva della
transazione anche nei suoi confronti.
7.2. Il motivo non è fondato.
È evidente, infatti, che l’applicabilità dell’art. 1304
cod. civ. presuppone la solidarietà tra debitori, ma essa non
sussiste nel caso di specie, in base a quanto già rilevato in
riferimento al precedente motivo. La Banca popolare di Sondrio
era debitore del Comprensorio lecchese, ma non debitore
solido

in

con il medesimo; ne consegue che è fuor di luogo

ipotizzare che la Banca potesse manifestare la propria volontà
di profittare di una transazione rispetto alla quale essa
.

rimaneva del tutto estranea.

,
14

disposizione, la transazione fatta dal creditore con uno dei

.

8.1. Con il quinto motivo di ricorso si lamenta violazione
e falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art.
360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., in relazione agli
artt. 2697, 2727 e 2729 del codice civile.
Secondo la ricorrente, la sentenza impugnata sarebbe

finanziaria del Comprensorio lecchese presso la Banca popolare
sulla base di un’erronea valutazione delle prove. Nel giudizio
di cui all’art. 548 cod. proc. civ., infatti, è il creditore
procedente che ha l’onere di provare l’esistenza del credito,
mentre la sentenza impugnata avrebbe invertito le regole in
materia. La società creditrice, infatti, non aveva mai avanzato

pervenuta ad accertare l’esistenza di una disponibilità

n,A4
una richiesta di esibizione documentale ai sensi dell’art. 210
cod. proc. civ.; la prova per presunzione non era nella specie
ammissibile, stante il divieto di prova testimoniale sul punto,
ed il fatto che un anno prima del pignoramento vi fosse una
posta attiva del Comprensorio lecchese non sarebbe, di per sé,
prova dell’esistenza della disponibilità anche in seguito.
8.2. Il motivo non è fondato.
Esso si risolve, come si vede anche dalla formulazione del
relativo quesito a p. 39 del ricorso, in un evidente tentativo,
attraverso la censura apparente di violazione di legge, di
ottenere da questa Corte una diversa e più favorevole
valutazione del materiale probatorio raccolto. La Corte
d’appello, al contrario, ha compiuto una valutazione delle
prove corretta e ben motivata, priva di contraddizioni e di
li

15

(‘

vizi logici; e l’uso della prova presuntiva per ricostruire
l’effettiva esistenza di una disponibilità finanziaria del
debitore presso la Banca popolare è del tutto convincente,
anche in considerazione del rilievo, compiuto in sentenza, per
cui una parte della necessaria documentazione era stata avviata

di un giudizio avrebbe dovuto naturalmente consigliare che la
stessa fosse conservata.
9. In conclusione, il ricorso è rigettato.
A tale esito segue la condanna della parte ricorrente alla
rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in
conformità ai soli parametri introdotti dal decreto
ministeriale 20 luglio 2012, n. 140, sopravvenuto a
disciplinare i compensi professionali.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte

rigetta

il ricorso e

condanna

la ricorrente al

pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in
complessivi euro 15.200, di cui euro 200 per spese, oltre
accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza
Sezione Civile, 1’11 giugno 2013.

alla distruzione, sia pure dopo un decennio, mentre la pendenza

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