Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19782 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 19782 Anno 2013
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 16068-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

ADRIAUTO SRL in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA TIGRE’
37,

presso lo studio dell’avvocato CAFFARELLI

FRANCESCO, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato ANTONIO VINCENZI giusta delega a margine;

Data pubblicazione: 28/08/2013

- controricorrente

avverso la sentenza n. 35/2007 della COMM.TRIB.REG. di
BOLOGNA, depositata il 18/04/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/07/2013 dal Consigliere Dott. STEFANO

udito per il ricorrente l’Avvocato GALLUZZO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato CAFFARELLI
che ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

OLIVIERI;

Svolgimento del processo

Con sentenza 18.4.2007 n. 35 la Commissione tributaria della regione
Emilia-Romagna ha rigettato l’appello proposto dall’Ufficio di Forlì della
Agenzia delle Entrate confermando la decisione di prime cure che aveva
dichiarato illegittimo l’avviso di rettifica emesso nei confronti di

2000 di operazioni di acquisito di veicoli usati, con indebita applicazione
del regime speciale “del margine di utile”.
I Giudici territoriali ritenevano che le operazioni di acquisto dei veicoli
dal fornitore italiano Pronto Auto s.r.l. -che li aveva precedentemente
importati da Paesi comunitari- erano formalmente regolari, e che la società
acquirente non era tenuta a svolgere ulteriori accertamenti sui libretti di
circolazione al fine di verificare se tra i precedenti intestatari dei veicoli vi
fossero imprese legittimate a portare in detrazione l’IVA, inoltre
aggiungevano che la circostanza che il primo intestatario dei veicoli fosse
una società di autonoleggio non era sufficiente a provare che tale soggetto
passivo d’imposta avesse portato n detrazione l’IVA corrisposta a monte.

Avverso la sentenza di appello, non notificata, ha proposto impugnazione
per cassazione la Agenzia delle Entrate formulando tre censure, corredate
di quesito di diritto, alle quali ha resistito con controricorso la società che
ha depositato anche memoria illustrativa.

Motivi della decisione

§ 1. Con il primo motivo la Agenzia delle Entrate ritiene inficiata la

sentenza di appello da “error in judicando” ex art. 360co 1 n. 3 c.p.c. per

RG n. 16068/2008
Ag.Entrate c/Adriauto s.r.l.

Con est.
Stefano n/ieri

ADRIAUTO s.r.l. relativamente al recupero a tassazione IVA per l’anno

violazione e falsa applicazione dell’art. 36 DL n. 41/1995,nonché del’art.
14 disp. prel. c.c..
La Agenzia fiscale rileva come presupposto legale di applicazione di
regime speciale del margine di utile (volto ed evitare una duplicazione di
imposizione) è costituito dall’assolvimento della imposta in via definitiva
nel Pese di origine del bene successivamente ceduto con operazioni

normativa che riduce la base imponibile della imposta gravante sul
cessionario (secondo il principio stabilito dalla direttiva n. 94/5/CE del Consiglio in
data 14.2.1994 per cui l’IVA nelle operazioni di cessione intracomunitarie deve
essere riscossa dal Paese di destinazione) alla differenza tra l’importo da questi

realizzato con la successiva vendita ai propri clienti e l’importo che è stato
versato a titolo di corrispettivo al fornitore.
Nel caso di specie tale presupposto non sussisteva, avendo accertato la
Guardia di Finanza che il fornitore nazionale aveva importato i veicoli
acquistandoli da operatori comunitari rivelatisi società di autonoleggio e
società commerciali aventi ad oggetto l’attività di rivendita di veicoli (cd.
concessionarie auto), e dunque da soggetti passivi che avevano potuto
portare in detrazione l’IVA a loro volta al momento dell’acquisto, venendo
quindi meno la stessa esigenza di evitare una doppia imposizione che
giustificava la applicabilità del regime del margine. Irrilevante doveva
ritenersi la falsa dicitura di applicazione del regime apposta sulle fatture
emesse dal fornitore nazionale nei confronti della ditta ADRIAUTO s.r.1.,
atteso che tale comportamento non poteva certo sanare il vizio originario
che rendeva illegittima la fruizione dello speciale regime fiscale.

1.1 H motivo è fondato.

2
RG n. 16068/2008
ric. Ag.Entrate c/Adriauto s.r.l.

Co est.
ieri
Stefano

intracomunitaria: solo in tal caso, infatti, trova giustificazione la previsione

1.2 Occorre osservare, come è stato già precisato da questa Corte (cfr.
Corte cass. Sez.

5, Sentenza

n. 3427 del 12/02/2010), che il regime

dell’applicazione dell’IVA sul margine di utile delle operazioni aventi ad
oggetto la cessione di autoveicoli “usati” (tali essendo considerati i veicoli con
percorrenza superiore a Km 6.000 ed immatricolati da almeno sei mesi: art. 38co4
DL 331/1993 conv. in legge n 427/1993) richiede quale presupposto, oltre a

taluni requisiti soggettivi riguardanti l’originario cedente (ed in particolare
la circostanza che il cedente del bene non abbia potuto esercitare, nel suo
Paese, alcuna rivalsa per l’imposta versata quando acquistò quel bene).
I presupposti normativi ai quali è condizionata la applicabilità del regime
speciale del margine sono individuati dall’art. 26 bis della direttiva n.
77/388/CEE del Consiglio del 17.5.1977 (come modificata dalla direttiva n.
94/5/CE del 14.2.1994 -le successive modifiche introdotte dall’art. 4 della
direttiva n. 115 del 2.12.2001 non rilevano a fini della presente causa-). La norma

dispone alla lettera “B. Regime particolare dei rivenditori”,

che ” 1. Gli

Stati membri applicano alle cessioni di beni d’occasione, di oggetti d’arte,
d’antiquariato o da collezione, effettuate da soggetti passivi-rivenditori, un regime
particolare di imposizione sull’utile realizzato dal soggetto passivo-rivenditore,
conformemente alle seguenti disposizioni. 2. Le cessioni di beni di cui al
paragrafo 1 sono le cessioni, da parte di un soggetto passivo-rivenditore, di beni
d’occasione, di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione, che gli sono stati
ceduti all’interno della Comunita’: – da una persona che non sia soggetto passivo,

oppure – da un altro soggetto passivo, qualora la cessione del bene da parte di
quest’ultimo sia esentata conformemente all’articolo 13, parte B, lettera c), oppure
– da un altro soggetto passivo, purche’ la cessione del bene da parte di
quest’ultimo benefici della franchigia prevista all’articolo 24 e riguardi un bene
d’investimento,

oppure – da un altro soggetto passivo-rivenditore, qualora la

cessione del bene da parte di quest’ultimo sia stata assoggettata all’imposta sul
valore aggiunto conformemente al presente regime particolare.

3. La base

imponibile delle cessioni di beni di cui al paragrafo 2 e’ costituita dall’utile

3
RG n. 16068/2008
ric. Ag.Entrate c/Adriauto s.r.l.

C
Stef

est.
livieri

requisiti oggettivi (attinenti alla natura del bene compravenduto), anche

realizzato

dal soggetto passivo-rivenditore, previa detrazione dell’importo

dell’imposta sul valore aggiunto relativo all’utile stesso. Tale utile e’ pari alla
differenza tra il prezzo di vendita chiesto dal soggetto passivo-rivenditore e il prezzo
di acquisto. Ai sensi del presente paragrafo si intende per: – prezzo di vendita tutto
cio’ che costituisce il corrispettivo che il soggetto passivo-rivenditore ha ottenuto
o deve ottenere dall’acquirente o da un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente

accessorie quali commissioni, spesi di imballaggio, di trasporti e di assicurazione
chieste dal soggetto passivo-rivenditore all’acquirente ma ad esclusione degli
importi di cui all’articolo 11, parte A paragrafo 3; – prezzo d’acquisto tutto cio’
che costituisce il corrispettivo che il fornitore ha ottenuto o deve ottenere dal
soggetto passivo-rivenditore, secondo la definizione di cui al primo trattino……”.

La disciplina comunitaria è stata pedissequamente riprodotta nella
normativa statale di attuazione prevista dall’art. 36 del DL 23.2.1995 n. 41
conv. in legge 22.3.1995 n. 85.

1.3 Ne segue che il corretto adempimento degli oneri formali di
documentazione della cessione (ed in particolare la annotazione in fattura,
da parte del cedente, del regime del margine di utile) non esaurisce, in ogni
caso, la prova della effettiva esistenza dei presupposti soggettivi ed
oggettivi che consentono l’applicazione del regime speciale dell’IVA alla
operazione di cessione del bene. La mera sussistenza dei requisiti formali
della fattura emessa dal cedente in regime del margine, non può, infatti,
essere considerata elemento sufficiente a comprovare la regolarità fiscale
della operazione di cessione, poiché in tal modo verrebbe ad attribuirsi a
tale documento un’efficacia probatoria, non prevista dalla normativa
comunitaria né dall’ordinamento interno, in relazione all’esistenza dei
presupposti giustificativi di tale regime fiscale tra cui, in particolare, che il
cedente abbia assolto l’imposta in modo definitivo e risponda ad uno dei
requisiti soggettivi indicati dalla medesima disposizione, configurandosi o
4
RG n. 16068/2008
ric. Ag.Entrate c/Adriauto s.r.l.

Co est.
livieri
Stef

connesse con questa operazione, le imposte, i dazi, i prelievi e le tasse, le spese

come privato consumatore, o come soggetto che non abbia potuto detrarre
l’imposta per aver destinato i beni ad attività esente, ovvero che agisca in
regime di franchigia nel proprio Stato membro, ovvero ancora che abbia a
sua volta assoggettato il proprio acquisto al regime del margine di utile.
Tutto ciò non comporta, evidentemente, che la documentazione contabile
rispondente ai requisiti di regolarità formale, sia da ritenersi in assoluto

documentazione per l’esercizio del diritto ad applicare la imposta sulla base
imponibile ridotta, ma soltanto che la mancanza di corrispondenza tra la
rappresentazione documentale della operazione di cessione del bene in
regime del margine e quella invece effettivamente realizzata dalle parti
(ordinaria operazione di cessione intracomunitaria assoggettata ad IVA, in relazione
al valore di transazione del bene indicato in fattura, nel Paese di destinazione: art. 38
DL 30.8.1993 n. 331 conv. in legge 29.10.1993 n. 427), può essere certamente

contestata dall’Ufficio finanziario, ove emergano elementi oggettivi -idonei
a fondare anche accertamenti di tipo presuntivo- che privino di attendibilità le

indicazioni contenute nella fattura emessa nei confronti del cessionario, in
tal caso insorgendo a carico di quest’ultimo, quale soggetto che intende
avvalersi del regime speciale in deroga al sistema ordinario di applicazione
dell’IVA concernente gli acquisti interni ed intracomunitari, l’onere di
provare la sussistenza dei presupposti che ne consentono l’applicazione, e,
quindi, la mancata detrazione dell’IVA “a monte” da parte del cedente (cfr.
Corte cass. V sez. 30.5.2012 n. 866; id. Sez. 5, Sentenza n. 8828 del 01/06/2012; id.
V sez. 12.9.2012 n. 15219).

1.4 La circostanza poi che gli acquisti in regime del margine venissero
effettuati da ADRIAUTO s.r.l. da fornitore residente in Italia, e non
direttamente da operatori comunitari residenti in altri Paesi membri, non
immuta le conclusioni raggiunte in ordine alla insufficienza dei requisiti
5
RG n. 16068/2008
tic. Ag.Entrate c/Adriauto s.r.l.

S

irrilevante, essendo comunque necessario il possesso di tale

formali del documento contabile, ove destituiti od inficiati di attendibilità, a
comprovare la esistenza dei presupposti applicativi del regime fiscale (tanto
in relazione alla cessione intracomunitaria originaria, quanto in relazione
alle successive cessioni nazionali), con conseguente onere della relativa
prova gravante sul soggetto cessionario.
Le successive cessioni, effettuate nell’ambito dello Stato membro, dei

esecuzione di operazioni di cessione intracomunitarie, non precludono
infatti alla Amministrazione finanziaria di contestare la indebita
applicazione del regime del margine anche in relazione alle cessioni
successive tra operatori residenti nello stesso Stato membro: una tale
preclusione non trova alcun fondamento normativo (l’art. 37 comma 2 DL n.
41/1995 dispone espressamente che “Gli acquisti dei beni di cui all’articolo 36,

assoggettati al regime ivi previsto nello Stato membro di provenienza, non sono
considerati acquisti intracomunitari. Per le cessioni degli stessi beni non si
applicano le disposizioni degli articoli 40, comma 3, 41 e 58, comma 1, del decretolegge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre
1993, n. 427”) e contrasta con i poteri di accertamento e controllo fiscale,

riservati a ciascuno Stato membro, sulle risorse proprie della Comunità:
appare del tutto evidente, infatti, come il diritto alla applicazione del regime
del margine d’utile -cui vengono assoggettate le cessioni a catena dei
medesimi autoveicoli usati- debba rispondere al medesimo presupposto di
legge secondo cui nessuno dei soggetti cedenti, intervenuto nella serie delle
diverse operazioni di cessione, deve aver portato in detrazione l’IVA (cfr.
da ultimo Corte di Giustizia III sez. del 19 luglio 2012, Bawaria Motors Sp. z
o.o., in causa C-160/11).

1.5 Errata deve dunque ritenersi la statuizione della sentenza della CTR
della Emilia-Romagna, che pertanto deve essere cassata, secondo cui la
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RG n. 16068/2008
ric. Ag.Entrate c/Adriauto s.r.l.

C
Stefan

est.
livieri

medesimi beni originariamente importati nel territorio di quello Stato in

ditta cessionaria dei veicoli usati non è onerata di ulteriori accertamenti
rispetto al controllo della regolarità formale e della completezza dei dati
indicati nella fattura emessa dal cedente.

impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del DL n.
41/1995 nonché degli arti. 2729 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360co n. 3)
c.p.c.
La parte ricorrente lamenta l’errore in cui è incorsa la CTR laddove ha
ritenuto di esaurire ogni obbligo di diligenza della ditta cessionaria nel
controllo della regolarità formale della fattura emessa dal cedente, ed ha
affermato che l’acquirente deve limitarsi a verificare che sia stata apposta
in fattura la indicazione del regime fiscale applicato, senza potere
esercitare alcun apprezzamento critico su quanto indicato nel documento.

2.1 n motivo è fondato.

2.2 La responsabilità del soggetto cessionario per l’obbligazione
tributaria derivante dal fatto illecito del cedente, o del terzo comunque
inseritosi nella catena delle cessioni del bene, rimane esclusa -secondo le
pronunce della Corte di Lussemburgo- dalla condizione essenziale che
detto contribuente “non aveva o non doveva avere conoscenza” della frode
(cfr. Corte giustizia CE sez. III, sent. 12.1.2006 in cause riunite C-354/03, C355/03 e C-484/03, Optigen Ltd, Fulcrum Electr. e Bond House): tuttavia la

stessa Corte di Giustizia ha precisato che la buona fede del cessionario può
essere riconosciuta soltanto agli “operatori che adottano tutte le misure
che si possono loro ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che
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RG n. 16068/2008
ric. Ag.Entrate c/Adriauto s.r.l.

§ 2. Con il secondo motivo la Agenzia fiscale censura la sentenza

le loro operazioni non facciano parte di una frode”, in quanto solo all’esito
di tali adempimenti può ravvisarsi un incolpevole affidamento sulla liceità
di tali operazioni. Diversamente un soggetto che “sapeva o avrebbe
dovuto sapere che con il proprio acquisto partecipava ad una operazione
che si iscriveva in frode all’IVA” non può allegare la propria buona fede a
garanzia dei diritti di detrazione o rimborso vantati in relazione alle

439/04 e C-440/04, Kittel e Recolta).

La applicazione del principio di buona fede a tutela del contribuente
ingannato dall’illecito commesso dalla parte con la quale ha realizzato la
operazione risultata imponibile, è stata affrontata dal Giudice comunitario
con specifico riferimento alle operazioni di cessione intracomunitarie per le
quali la eliminazione delle barriere doganali tra gli Stati membri ha
determinato la insorgenza della necessità di individuare procedure idonee a
consentire agli operatori di verificare “ex ante” la regolarità fiscale delle
operazioni che vanno a compiere, nonché la esigenza di definire i limiti di
riparto, tra contribuente e Fisco, del rischio tributario determinato dalla
condotta illecita del terzo (cfr. Corte giustizia 27.92007 causa C-409/04,
Teleos, punto 58; Corte giustizia 21.2.2008 causa C-271/06, Netto Supermarkt
GmbH, punto 28).

Il punto di equilibrio stato individuato dalla Corte di

giustizia nella duplice condizione: 1- della “buona fede” (che deve
desumersi non soltanto dalla oggettiva estraneità del soggetto alla frode fiscale ma
anche dalla ignoranza incolpevole delle intenzioni frodatorie attuate dall’acquirente o
da terzi) che rimane, invece, esclusa laddove, dalle circostanze concrete,

emergano indizi tali per cui il cedente, secondo una efficace sintesi verbale,
“sapeva o avrebbe dovuto sapere” che l’operazione intracomunitaria veniva
ad iscriversi in una frode fiscale (cfr. Corte giustizia 11.5.2006, causa C384/04, Federation of Technological Industries, punto 31-32 secondo cui la

dimostrazione che il soggetto “era a conoscenza del fatto, o aveva ragionevoli motivi
per sospettare che tutta o parte dell’imposta dovuta per tale cessione, ovvero per
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RG n. 16068/2008
ric. Ag.Entrate c/Adriauto s.r.l.

Cons. st.
Stefano ivieri

operazioni compiute (cfr. Corte giustizia CE, sent. 6.7.2006 in cause riunite C-

qualsiasi altra cessione precedente o successiva dei medesimi beni, non sarebbe
stata versata” può essere data anche mediante prove presuntive semplici -juris

tantum-, riversandosi in al caso sul contribuente l’onere della prova contraria; Corte
giustizia 21.6.2012 cause riunite C-80/11 e C-142/11, Mahageben kft e Peter
David, punto 50 e Corte giustizia 6.9.2012 causa C-324/11, Gabor Toth, punto 50-

51, che precisano come la prova presuntiva debba essere fondata su “elementi

quanto caratterizzata da irregolarità, anomalie, incompletezza informativa, imponeva
al soggetto passivo di esperire ulteriori verifiche in ordine alla regolarità fiscale del
operazione ); 2- della “preventiva” adozione da parte del contribuente di tutte

le misure ragionevolmente esigibili al fine di assicurarsi che l’operazione
che deve essere effettuata non lo conduca a partecipare ad un’evasione
tributaria (cfr. Corte giustizia 6.7.206, causa C-439/04 e C-44004, Kittel punto
51; Corte giustizia 21.6.2012 cause riunite C-80/11 e C-142/11, Mahageben kft e
Peter David, punto 54): tale secondo elemento è all’evidenza strumentale alla

dimostrazione della incolpevole ignoranza del fatto illecito altrui e non
coincide con il mero esatto adempimento degli obblighi formali di legge
richiesti dallo Stato membro per la regolare esecuzione della operazione
(come la emissione e ricezione di una fattura dotata dei prescritti requisiti formali o
le annotazioni nei registri contabili) che costituisce, invece, soltanto il

presupposto necessario (in quanto in difetto della regolarità formale della
operazione la condotta del terzo non riveste carattere decettivo) per procedere

all’accertamento della condotta diligente prestata nel caso concreto (cfr.
Corte giustizia 27.9.2007, causa C-409/07, Teleos , punti 65-66; Corte giustizia
16.12.2010, causa C- 430/09 Euro Tyre Holding BV, punto 38; Corte giustizia
6.9.2012 causa C-273/11, Mecsek Gabona Kft , punti 48-50).

2.3 La Commissione tributaria regionale, nella sentenza impugnata, non
si è attenuta alle coordinate tracciate dal Giudice comunitario (e recepite
dalla giurisprudenza di questa Corte: Sez. 5, Sentenza n. 5912 del 11/03/2010; id.
9
RG n. 16068/2008
ric. Ag.Entrate c/Adriauto s.r.l.

Co
Stefan

st.
livieri

oggettivi” e cioè indizi concludenti in ordine alla esistenza di una situazione che in

Sez. 5, Sentenza n. 23560 del 20/12/2012; id. Sez. 5, Sentenza n. 6229 del
13/03/2013) incorrendo nel vizio di legittimità denunciato, dovendo ritenersi

errata l’affermazione secondo cui non poteva, nel caso di specie, essere
trasferito sul contribuente l’onere di effettuare controlli che spettano alla
Amministrazione finanziaria: da un lato, infatti, occorre preliminarmente
distinguere la verifica amministrativa di competenza della PA -avente ad
informazioni necessarie ad accertare l’esatto adempimento degli obblighi tributari-

dal dovere di diligenza imposto invece al contribuente -che, se correttamente
osservato, consente al soggetto passivo di far valere la buona fede opponendo alla
pretesa fiscale il proprio legittimo affidamento nella regolarità della operazione-;

dall’altro è appena il caso di osservare, poi, che l’esame della regolarità
formale del documento di circolazione, attesi gli effetti giuridici connessi
alla continuità delle trascrizioni ed al possesso dello stesso documento,
rientra tra i compiti che un operatore commerciale minimamente avveduto è
tenuto a svolgere nell’esercizio dell’attività economica se intende evitare di
incorrere nella responsabilità contrattuale per inadempimento nei confronti
dei propri clienti acquirenti dei veicoli. La verifica dei dati risultanti dal
libretto di circolazione, in quanto strettamente inerente alla stessa attività
commerciale di compravendita dei veicoli, non può essere, pertanto, situata
nell’ambito dei controlli amministrativi demandati in via esclusiva alla
Amministrazione finanziaria, e neppure nell’ambito delle misure di
precauzione richieste alla ditta cessionaria laddove sussistano motivi di
sospetto in ordine alla evasione d’imposta, ma deve essere
cronologicamente collocata in un momento anteriore concernente la
normale verifica da parte dell’acquirente della corrispondenza della qualità
della merce a quella dedotta in contratto ed oggetto del programma
negoziale.

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est.
livieri

oggetto lo svolgimento di indagini volte alla ricerca dei documenti e delle

Ne consegue che proprio dalla agevole (non occorrendo avvalersi di
informazioni acquisite aliunde, nè della necessaria cooperazione di autorità
amministrative, nazionali od estere, né della cooperazione di soggetti terzi)

rilevazione -mediante esame dei dati dei libretti di circolazione che
accompagnavano i veicoli ceduti dal fornitore- delle originarie intestazioni
proprietarie a soggetti passivi (società di autonoleggio; società

l’IVA corrisposta “a monte” (al momento dell’acquisto dei veicoli), può
emergere, come nel caso di specie, quell’elemento oggettivo di natura
indiziaria che è richiesto dalla giurisprudenza comunitaria ai fini della
insorgenza del dovere imposto alla società cessionaria di adoperarsi con la
massima diligenza per verificare la correttezza fiscale della operazione
(nella specie per verificare la sussistenza del presupposto stesso al quale la legge
ricollega la applicabilità del regime speciale IVA del margine di utile).

2.4 Errata, pertanto, deve ritenersi anche la statuizione della sentenza di
appello secondo cui la verifica dei libretti di circolazione si risolverebbe
nell’imporre al cessionario un inesigibile sindacato di merito sulle
“valutazioni giuridiche” compiute dal cedente mediante la dichiarazione
apposta in fattura di essersi avvalso del regime del margine nel proprio
Paese membro. Nella specie non si tratta, infatti, di “qualificare
giuridicamente” in modo diverso una fattispecie concreta esattamente
definita e rilevata nei suoi elementi costitutivi (e dunque di operare un
giudizio di sussunzione di una determinata vicenda economica nella
fattispecie astratta descritta dalla norma che disciplina il regime fiscale
speciale), quanto piuttosto di verificare se alla formula enunciativa apposta
in fattura corrisponda effettivamente un fatto storico quale la mancata
detrazione dell’IVA all’acquisto da parte del soggetto-cedente.

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concessionarie della rivendita di auto) legittimati a portare in detrazione

§ 3. Con il terzo motivo la Agenzia censura la sentenza di appello per
vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione
all’art.360co1 n 5) c.p.c.

3.1 Il motivo è fondato.

della intestazione originaria dei veicoli a società commerciali legittimate a
detrarre l’IVA corrisposta per gli acquisiti a monte, ma aveva altresì
dimostrato evidenziato come dagli allegati ali P.V.C. in data 18.6.2002
relativi alle indagini eseguite dalla Guardia di Finanza sulle operazioni di
cessione effettuate dagli operatori comunitari al fornitore nazionale Pronto
Auto s.r.1., Ruote e Motori s.r.l. e Ideal Cars di Pirro Davide (che poi
avevano rivenduto i veicolo ad ADRIAUTO s.r.1.) era emerso che i
soggetti cedenti comunitari avevano realizzato ordinarie cessioni di beni
intracomunitarie, avendo effettivamente detratto l’IVA a monte.

3.3 In ogni caso, rileva il Collegio, che l’affermazione dei Giudici di
merito, giuridicamente corretta, secondo cui anche i soggetti passivi
d’imposta, quali le imprese di autonoleggio o di leasing di veicoli, possono
fruire del regime del margine laddove non abbiano portato in detrazione
l’IVA sull’acquisto degli autoveicoli, si esaurisce in un elenco di mere
ipotesi astratte e non è, pertanto, idonea a destituire di efficacia la
“praesumptio hominis”, fondata su normali criteri di economicità (cfr. Corte
cass. Sez. 5, Sentenza n. 3427 del 12/02/2010), secondo cui in tali casi l’IVA

viene comunemente detratta dai predetti soggetti passivi, trattandosi di beni
utilizzati per l’esercizio dell’impresa (con la conseguenza che non ricorre in tali
casi la condizione di applicabilità del predetto regime, consistente nella mancata
detrazione dell’IVA sull’acquisto da parte del cedente).
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ric. Ag.Entrate c/Adriauto s.r.l.

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est.
ivieri

3.2 L’Agenzia delle Entrate aveva, infatti, fornito la prova non soltanto

Il precedente della Corte di giustizia UE in data 8.12.2005, in causa C280/04, Jyske Finans A/S (secondo cui non può essere escluso in assoluto che
società di leasing di vetture possano acquistare -da privati o comunque in regime del
margine- senza poter detrarre l’IVA, veicoli per rivenderli successivamente a terzi senza impiegarli neppure temporaneamente nell’esercizio dell’attività locazione
oppure dopo averli impiegati nella attività d’impresa-, atteso che in mancanza della

cui intendeva provvedere la direttiva n. 94/5/CE del Consiglio in data 14.2.1994)

corrobora la fondatezza della predetta argomentazione presuntiva,
evidenziando come l’ipotesi considerata dal Giudice di Lussemburgo
costituisca per tali imprese una circostanza eccezionale rispetto “al normale
esercizio della loro attività”, come tale inidonea a fondare alcuna
presunzione basata sulla ripetitività dell’evento nonché ad inficiare la prova
presuntiva fondata, invece, sulla regolarità causale tra acquisto del bene
“inerente” alla attività d’impresa e detrazione della relativa imposta.
Occorre aggiungere, peraltro, che nel caso sottoposto all’esame della Corte
di giustizia sussisteva la prova diretta che la impresa di leasing non aveva
potuto portare in detrazione l’IVA al momento dell’acquisto della vettura
(sentenza Corte giustizia C-280/04, punto 38): diversamente nel caso oggetto

della presenta controversia, il Giudice di merito si è limitato a formulare
una mera ipotesi priva di alcun riscontro probatorio (ipotesi che -va rilevato
incidentalmente- doveva essere dimostrata dalla società contribuente, sia in
quanto la mancata detrazione dell’IVA a monte è, come già osservato,
elemento costitutivo del diritto a beneficiare del

“regime particolare

dell’IVA che deroga al sistema generale della sesta direttiva” -sent. C280/04, punto 35-, sia in quanto a fronte della prova presuntiva della

detrazione d’imposta fondata sulla regolarità causale tra acquisto di bene
inerente e detrazione dell’IVA, fornita dalla PA, spettava alla società
cessionaria offrire la prova contraria).
13
RG n. 16068/2008
ric. Ag.Entrate c/Adriauto s.r.l.

Stefan

est.
livieri

detrazione d’imposta ricorreva la stessa esigenza di evitare una doppia imposizione

ESENTE DA REGISTRAZIONE
I r:ìtg6
AI SENSI DEI. DP.
N. 131 TA.

1.. 3.

tti.

5

MAitaLk

§ 4. In conclusione il ricorso trova accoglimento con conseguente
cassazione della sentenza impugnata e, non occorrendo procedere ad
ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito con il
rigetto del ricorso introduttivo proposta dalla società contribuente che va
condannata alla rifusione delle spese del presente di lite come liquidate in

P.Q.M.

La Corte :
– accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito
rigetta il ricorso introduttivo proposto dalla società contribuente che
condanna alla rifusione delle spese del presenta giudizio, liquidate in €
2.500,00 per compensi oltre le spese prenotate a debito, dichiarate
interamente compensate tra le parti le spese relative ai gradi di merito.

Così deciso nella camera di consiglio 4.7.2013

dispositivo.

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