Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1978 del 29/01/2020

Cassazione civile sez. trib., 29/01/2020, (ud. 09/10/2019, dep. 29/01/2020), n.1978

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. DI PAOLA Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13437-2C15 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

EUROPEENNE DE NEGOCE ANDRE SAS, elettivamente domiciliato in ROMA

VIALE CASTRO PRETORIO 122, presso lo studio dell’avvocato RUSSO

ANDREA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato DI

IACOVO TONIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6424/2014 della COMM. TRIB. REG. della

LOMBARDIA, depositata il 04/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/10/2019 dal Consigliere Dott. DI PAOLA LUIGI.

Fatto

RILEVATO

Che:

con la sentenza impugnata è stata riformata la sentenza di primo grado con cui era stata rigettata l’impugnativa proposta dalla Società avverso il silenzio rifiuto tenuto dall’Amministrazione fiscale in relazione all’istanza di rimborso IRES (per l’importo di Euro 67.371,00), relativa al periodo 1.9.2006-31.8.2007;

per la cassazione della decisione ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate, affidato ad un unico motivo;

Europeenne De Negoce Andre s.a.s. si è costituita con controricorso ed ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con l’unico motivo, l’Agenzia delle Entrate – denunciando violazione o falsa applicazione del combinato disposto del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 95, comma 1, art. 100, u.c., art. 107, comma 4, e art. 109, comma 1, nonchè del D.Lgs. n. 218 del 1997, artt. 1 e ss., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – si duole che il giudice del gravame, affermando la ammissibilità del trasferimento della deducibilità di un componente negativo di reddito (i.e.: indennità di buonuscita a titolo di liberalità a favore di un dipendente) dall’annualità nella quale sia stato erroneamente esposto, mediante accantonamento al Fondo anzianità convenzionale, a quello di effettiva competenza, abbia finito per ritenere deducibile lo stesso costo, in contrasto con la normativa di riferimento (i.e.: i citati artt. 95, comma 1 – ove è previsto che “Le spese per prestazioni di lavoro dipendente deducibili nella determinazione del reddito comprendono anche quelle sostenute a titolo di liberalità a favore dei lavoratori, salvo il disposto del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 100, comma 1” -, e 100, comma 4 – ove è previsto che “le erogazioni liberali diverse da quelle considerate nei commi precedenti e nel D.P.R. n. 917 del 1986, art. 95, comma 1, non sono ammesse in deduzione” -, TUIR).

RITENUTO:

Che:

il motivo pecca in autosufficienza, non essendo stati adeguatamente riportati il contenuto dell’atto impositivo e, soprattutto, dell’accertamento con adesione sulla base del quale, come affermato nella sentenza impugnata, la società contribuente ha potuto avanzare la propria istanza di rimborso -, onde valutare se le parti avessero escluso in radice, come si legge in ricorso (a p. 10: “Con l’atto di adesione si è poi cristallizzata la qualificazione del costo così come effettuata nell’avviso di accertamento – nel senso dell’indeducibilità, “tout cou5′, appunto -“), la deducibilità stessa dell’indennità di buonuscita, come tale rientrante, invece, tra le spese per prestazioni di lavoro dipendente (non essendo plausibile l’interpretazione riduttiva che, operando una distinzione tra spese effettuate nel corso del rapporto di lavoro e quelle affrontate al momento di cessazione di esso, riconduce a queste ultime la predetta indennità) ed è, pertanto, ai sensi dell’art. 95 TUIR, comma 1, deducibile, anche ove corrisposta a titolo di liberalità, risolvendosi la salvezza di cui al disposto dell’art. 100, comma 1 (che limita la deducibilità, entro una certa misura, alle spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti sostenute per determinate finalità), in una deroga, in chiave restrittiva, del principio generale, operante nel caso.

Il ricorso va, quindi, dichiarato inammissibile, prima che infondato, e l’Agenzia delle Entrate condannata al pagamento delle spese di lite, liquidate come in dispositivo.

Non essendo tenuta l’amministrazione pubblica ricorrente al versamento del contributo unificato, deve darsi atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 4.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi e rimborso spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis,

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2020

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