Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1978 del 04/02/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 1978 Anno 2015
Presidente: DI BLASI ANTONINO
Relatore: BOTTA RAFFAELE

ha pronunciato la seguente:

Ud. 02/12/14

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Comune di S.Agata di Puglia, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, viale Mazzini 25, presso l’avv. Massimo
Consolini, rappresentato e difeso dall’avv. Pio Giorgio di Leo, giusta delega in calce al ricorso;
– ricorrente —

Contro
Italian Vento Power Corporation S.r.l. (I.V.P.C.), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via
Quattro Fontane 161, presso l’avv. Maria Serpieri che la rappresenta e
difende, giusta procura speciale per atto Notaio Massimo des Loges in
Avellino del 20 novembre 2014, Rep. n. 163976.
– controricorrente e ricorrente incidentale

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia
(Bari — Sezione Staccata di Foggia), Sez. 25, n. 456/25/09 del 16 dicembre
2009, depositata il 21 dicembre 2009, non notificata;
Udita la relazione svolta nella Pubblica Udienza del 2 dicembre 2014 dal
Relatore Cons. Raffaele Botta;
Udito l’avv. Pio Giorgio di Leo per il Comune ricorrente e l’avv. Maria
Serpieri per la Società controricorrente e ricorrente incidentale;
Udito il P.M., nella persona del sostituto Procuratore Generale Dott. Paola Mastroberardino, che ha concluso per l’inammissibilità o il rigetto del
ricorso principale, e per il rigetto del ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La controversia concerne un accertamento ai fini ICI nei confronti della
società I.V.P.C. relativamente ad un impianto eolico classificato come
1

Oggetto:
Id. Accertamento
Pale eoliche. Determinazione rendita. Omessa dichiarazione. Omessi versamenti di imposta.
Notifica. Decadenza. Termine

Data pubblicazione: 04/02/2015

D/1 e la cui base imponibile in assenza di denuncia era determinata sulla
base dei valori contabili.
La commissione adita rigettava il ricorso e l’appello della società contribuente era parzialmente accolto, con la sentenza in epigrafe, la quale,
confermando la validità dell’azione accertatrice, annullava le sanzioni irrogate ritenendo sussistente nel caso una fattispecie di incertezza interpretativa in materia.
Avverso tale sentenza l’ente locale propone ricorso per cassazione con unico motivo. Resiste la società contribuente con controricorso, proponenmemoria depositata unitamente all’atto di rinuncia al mandato da parte
del difensore e all’atto di costituzione dei nuovi difensori.
MOTIVAZIONE

Preliminarmente va rilevata l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso principale per violazione dell’art. 366 cod. proc. civ. consistente nell’omissio-ne in narrativa dell’esposizione sommaria dei fatti di
causa, in quanto tale “esposizione” non può dirsi omessa o carente ed è
sufficiente a consentire di comprendere le ragioni e lo svolgimento della
controversia, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di
tutti i momenti nei quali la vicenda processuale s’è articolata. La narrativa della vicenda processuale trova, peraltro, immediati riscontri nella
sentenza oggetto di impugnazione, della quale, tuttavia, il ricorso non riproduce pedissequamente il contenuto (c.d. “descrizione copia-incolla”),
operando una sintesi del fatto sostanziale e processuale, funzionale alla
piena comprensione e valutazione delle censure. Non può dirsi conclusivamente che l’esposizione dei fatti nel ricorso renda particolarmente indaginosa la individuazione della materia del contendere.
Altrettanta infondata è l’eccezione di inammissibilità, sollevata sempre
da parte controricorrente per violazione dell’art. 360-bis, n. 1, cod. proc.
civ., consistente nell’aver il giudice di merito deciso in conformità con
l’orientamento della Corte di cassazione. Tale conformità è, tuttavia, argomentata dalla parte controricorrente sul piano generale e generico delle
enunciazioni di principio affermate dalla giurisprudenza della Corte, senza indicare alcun precedente specifico che possa costituire affidabile testimonianza del dedotto orientamento giurisprudenziale suppostamente
consolidato.
Assume valore decisivo il fatto che l’unico motivo di ricorso concerna la
legittimità dell’esclusione delle sanzioni operata dal giudice d’appello, ad
avviso dell’ente locale ricorrente in violazione e falsa applicazione dell’art
8 D.Lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 6, comma 2, D.Lgs. n. 472 del 1997 e
dell’art. 10, comma 3,1. n. 21 del 2000.
Tenuto conto del fatto che l’accertamento oggetto del giudizio concerne
gli anni dal 2001 al 2005, il motivo si rivela infondato.
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do con lo stesso atto ricorso incidentale con tre motivi, illustrato con

La questione relativa all’accatastamento e alla classificazione delle pale
eoliche era in quegli anni questione nuova: l’Agenzia del Territorio ha espresso la posizione dell’amministrazione sull’accatastamento e sulla classificazione delle pale eoliche una prima volta con la circolare n. 4 del 16
maggio 2006, precisando e confermando le proprie conclusioni con le successive circolari nn. 4 e 14, rispettivamente del 13 aprile e del 22 novembre 2007. Già la necessità della emanazione di tre circolari nel breve spazio di un anno rende chiara la difficoltà di individuazione di comportamenti condivisi anche all’interno della stessa amministrazione: nella cirstante i chiarimenti già resi disponibili con le direttive sopra richiamate
(cioè le circolare n. 4 del 2006 e n. 4 del 2007), in ordine alle nozioni di unità immobiliare urbana e di classamento, si registrano comportamenti
non uniformi da parte dei soggetti dichiaranti, ovvero situazioni di accertamento non omogenee da parte degli Uffici provinciali dell’Agenzia, per
cui si rende necessario fornire ulteriori indicazioni e disposizioni al riguardo».
Ancor maggior incertezza a quel tempo derivava dall’esistenza di un effettivo contrasto di giurisprudenza, che testimoniava la possibilità di più
opzioni interpretative, e non sussisteva un intervento da parte di questa
Corte, la quale si è sul punto espressa solo nell’anno 2012, pronunciando
su altre analoghe vertenze e affermando il seguente principio di diritto: «I
parchi eolici in quanto costituiscono una centrale elettrica sono accatastabili nella categoria D/1-Opificio e le pale eoliche debbono essere computate ai fini di determinazione della rendita come lo sono le turbine di
una centrale idroelettrica, poiché le prime, come le seconde, costituiscono
una componente strutturale ed essenziale della centrale stessa, sicché
questa senza quelle non potrebbe più essere qualificata tale, restando diminuita nella sua funzione complessiva e unitaria ed incompleta nella sua
struttura» (Cass. n. 4028 del 2012).
Volendo limitare il discorso alla sola questione della computabilità delle
turbine nella valutazione catastale, in quegli anni anche siffatta questione non registrava una uniformità di orientamento, al punto che, sulla base di un contrasto interno alla Sezione tributaria di questa Corte realizzatosi con le sentenze n. 17933 del 6 settembre 2004 e n. 21730 del 17 novembre 2004, la questione fu rimessa alle Sezioni Unite con ordinanza n.
23798 del 22 dicembre 2004. La decisione non si rese necessaria in ragione
del sopravvenuto intervento del legislatore in sede di interpretazione autentica dettata con l’art. 1-quinquies, D.L. 31 maggio 2005, n. 44 (convertito con L. n. 88 del 2005), la cui legittimità costituzionale è stata riconosciuta con la sentenza n. 162 del 2008 della Corte costituzionale.
Tale situazione vale da sé ad escludere che potesse dirsi inesistente nella
specie una incertezza interpretativa idonea ad escludere le sanzioni.
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colare n. 14 del 2007 scrive, infatti, l’Agenzia del Territorio che «nono-

Passando all’esame del ricorso incidentale deve essere valutata l’eccepita
violazione dell’art. 7 D.Lgs. n. 504 del 1992 e della Direttiva comunitaria
2001/77/CE in ordine alla classificabilità delle “pale coliche” nella categoria “D” invece che nella categoria “E”.
Questa Corte, occupandosi peraltro di una pretesa esenzione dall’ICI per
un parco eolico, ha avuto modo di precisare che: «La direttiva comunitaria 2001/77/CE attuata con la L. n. 387 del 2003 è stata superata ed abrogata dalla direttiva comunitaria 2009/28/CE attuata con D.Lgs. n. 28 del
2011, il quale prevede un regime di sostegno per lo sviluppo della produnon emerge alcuna previsione di una specificità dell’ac-catastamento degli impianti o di esenzioni o riduzioni in materia di ICI (previsioni queste
che nemmeno emergono dalla L. n. 387 del 2003). Infine la norma prevista al D.L. n. 112 del 2008, art. 81, comma 16 (convertito con L. n. 133
del 2008), cui la parte ricorrente attribuisce addirittura “valore di interpretazione autentica”, giusta la quale sarebbe esclusa l’addizionale IRES
per i “soggetti che producono energia elettrica mediante l’impiego prevalente di biomasse e di fonte solare-fotovoltaica o eolica” è stata abrogata
dal D.L. n. 138 del 2011, art. 7, comma 1, lett. e) (convertito con L. n.
148 del 2011), in una prospettiva di considerazione unitaria dell’attività
di produzione dell’energia elettrica» (Cass. n. 4028 del 2012 in motivazione).
Nella medesima sentenza questa Corte ha, come già prima ricordato, affermato il seguente principio: «I parchi eolici in quanto costituiscono una
centrale elettrica sono accatastabili nella categoria D/1-Opificio e le pale
coliche debbono essere computate ai fini di determinazione della rendita
come lo sono le turbine di una centrale idroelettrica, poiché le prime, come le seconde, costituiscono una componente strutturale ed essenziale
della centrale stessa, sicché questa senza quelle non potrebbe più essere
qualificata tale, restando diminuita nella sua funzione complessiva e unitaria ed incompleta nella sua struttura» (Cass. n. 4028 del 2012).
La Corte ha anche precisato le ragioni per le quali i parchi eolici non sono
classificabili nella categoria “E”:
a) irrilevanza del «richiamo alla L. n. 387 del 2003, art. 12, il cui
comma 1 dichiara di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti le
opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili
alla costruzione e all’esercizio degli stessi impianti: si tratta di
norma che non ha alcuna influenza sulla classificazione catastale
dei predetti impianti, essendo essa dettata al fine — come dice la
stessa rubrica dell’articolo (“Razionalizzazione e semplifica procedure necessarie per la concreta realizzazione degli impianti medesimi»;
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zione di energia elettrica da fonti rinnovabili, nel cui quadro normativo

b) il D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 40 (convertito con L. n. 286
del 2006), dispone espressamente che “nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9
non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero
ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e
reddituale”: la norma stabilisce una sorta di intrinseca incompatibilità tra la destinazione ad uso commerciale o industriale di un
immobile e la possibile classificabilità in categoria “E”, fino al
compreso in una più ampia unità immobiliare in detta categoria
classificata, l’immobile de quo, che abbia una propria autonomia
funzionale e reddituale, debba essere necessariamente classificato
in un diverso gruppo».
Quanto al preteso valore da attribuirsi nella specie al principio dell’affidamento presidiato dall’art. 10, 1. n. 212 del 2000, immeritevole di censura è sul punto la motivazione del giudice di merito il quale esclude che
possa condividersi un appello alla buona fede della società, che operando
a livello nazionale non avrebbe potuto, se non per propria responsabilità,
ignorare le controversie promosse da molti enti locali in materia di classificazione dei parchi eolici e dell’applicazione ai medesimi della normativa
ICI. Peraltro deve dirsi che, se il principio di affidamento trova sicura
forza giustificativa di fronte ad un comportamento positivo dell’amministrazione, altrettanto non può dirsi se il comportamento sia meramente
omissivo: il fatto che il pagamento di una determinata imposta non sia,
per qualche anno, richiesto, non vuol dire, e non può in alcun caso voler
dire, che tale imposta non è dovuta, in quanto il debito tributario nasce
dalla legge. Il mancato esercizio del potere impositivo può determinarne
la decadenza o la prescrizione della pretesa tributaria, ma non può legittimare l’inadempimento del contribuente ai propri obblighi.
Infine, la censura relativa alla determinazione della base imponibile in
violazione dell’art. 5, D.Lgs. n. 504 del 1992 deve essere valutata sotto un
duplice aspetto. Il primo è quello che concerne la ritenuta improponibilità dell’eccezione perché sollevata solo in grado di appello: sul punto il ricorrente incidentale precisa che fin dal primo grado tale eccezione era stata proposta, sia pure in forma generica, deducendo l’erroneità dei criteri
utilizzati dall’ente locale per la determinazione della base imponibile, sicché il riferimento alla violazione dell’art. 5, D.Lgs. n. 504 del 1992 costituirebbe solo una specificazione di quella prima deduzione, uno sviluppo
argomentativo della medesima eccezione, e non una questione nuova vietata dall’art. 57 D.Lgs. n. 546 del 1992.
Se tanto può ritenersi in un certo senso in linea con l’orientamento espresso da questa Corte in ordine al significato e ai limiti del divieto di
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punto di prevedere che se un immobile a tale uso destinato sia ri-

nuove eccezioni in appello, occorre dire che l’eccezione è nel merito non
fondata, in quanto la società contribuente non indica e non dimostra che
nelle specie gli “immobili” oggetto dell’accertamento fossero distintamente contabilizzati in bilancio. In tal caso questa Corte ha affermato il seguente principio: «In tema di imposta comunale sugli immobili (I.C.I.),
per la determinazione del valore degli immobili classificati in cat. D non
iscritti e privi di rendita (nella specie, campo di golf con sovrastante fabbricato), la mancanza della “distinta contabilizzazione in bilancio” non
permette il calcolo del valore secondo la previsione di cui all’art. 5, terzo
regola residuale ivi contenuta nell’art. 5, quarto comma, secondo la quale
il valore ai fini I.C.I. deve essere stabilito con riferimento a fabbricati
“similari” già iscritti in catasto» (Cass. n. 6609 del 2013). Sicché non può
dirsi illegittima una determinazione del valore dei beni oggetto dell’accertamento mediante comparazione con beni similari.
Conclusivamente pertanto devono essere rigettati sia il ricorso principale
che il ricorso incidentale. La soccombenza reciproca giustifica la compensazione delle spese della presenta fase del giudizio.

P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale. Co i ensa le spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 2

mbre 2014.

comma, del d.lgs. n. 504 del 1992, ma consente solo l’applicazione della

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