Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19778 del 25/07/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 19778 Anno 2018
Presidente: SCHIRO’ STEFANO
Relatore: IOFRIDA GIULIA

sul ricorso 17137/2014 proposto da:
Mazzini Giuseppe, Martini Fiorenza, elettivamente domiciliati in
Roma, Via Italo Carlo Falbo n.22, presso lo studio dell’avvocato
Colucci Angelo, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato
Franchi Giovanni, giusta procura a margine del ricorso;
-ricorrentì
contro

Data pubblicazione: 25/07/2018

Intesa San Paolo Personal Finance s.p.a., assegnataria del ramo
d’azienda di Neos Finance S.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Silvio Pellico
n.24, presso lo studio dell’avvocato Carello Cesare Romano, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato Bonetti Vittorio,

-controricorrente avverso la sentenza n. 785/2013 della CORTE D’APPELLO di
BOLOGNA, pubblicata il 30/05/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
22/05/2018 dal cons. IOFRIDA GIULIA;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto
Procuratore Generale CAPASSO LUCIO che ha chiesto il rigetto del
ricorso.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Bologna, con sentenza n. 785/2013, pronunciata in giudizio promosso da Giuseppe Mazzini e Fiorenza
Martini nei confronti della Greenblu srl e della Finemiro Stile spa, al
fine di sentire dichiarare la nullità, per indeterminatezza dell’oggetto,
o, in subordine, l’annullamento, per dolo, del contratto stipulato, nel
novembre 2001, presso la loro abitazione, con la Greenblu, avente
ad oggetto l’acquisto di un diritto di godimento a tempo parziale di
servizi alberghieri in località di vacanza, e la nullità o l’annullamento
o la risoluzione di diritto, ex art.8 d.lgs. 427/1998, del collegato
contratto di finanziamento, concluso con la Finemiro, con condanna
delle convenute alla restituzione degli importi di denaro loro versati, ha accolto solo in parte il gravame principale dei sig.ri Mazzini e
Ma rtin i.
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giusta procura in calce al controricorso;

La Corte d’appello, in parziale riforma della decisione di primo grado,
che aveva respinto tutte le domande attrici, condannando gli attori,
giusta domanda riconvenzionale della Finemiro, al pagamento di oltre
C 11.000,00 in forza del contratto di finanziamento, ha dichiarato la
nullità, per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto, del
contratto di vendita concluso con la Greenblu, ma ha confermato il

che il contratto di finanziamento, pur qualificabile come mutuo di
scopo, non poteva né essere risolto di diritto, ex art.8 della legge
invocata, né essere dichiarato nullo o annullato, a fronte della specifica
sottoscrizione, da parte dei mutuatari, della clausola 3 delle condizioni
generali del contratto di finanzàmento, implicante rinuncia degli stessi
ad opporre eccezioni relative a vizi del bene oggetto del distinto
contratto di vendita, idonea a rendere ««impermeabile» il rapporto di
mutuo rispetto al rapporto alla cui realizzazione il mutuo risulta
indissolubilmente concesso». La Corte distrettuale ha poi respinto

anche il gravame concernente la condanna della Finemíro alla
«restituzione» di importo percepito in acconto, per mancata prova del

relativo versamento.
Avverso la suddetta sentenza, Giuseppe Mazzini e Fiorenza Martini
propongono ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei
confronti della Neos Finance spa (che resiste con controricorso).
Il P.G. ha depositato conclusioni scritte.
I ricorrenti hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. I ricorrenti lamentano: 1) con il primo motivo, la violazione e falsa
applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., degli artt.1322 e 1362 c.c., per
non avere la Corte d’appello riconosciuto, dopo avere dichiarato nullo
il contratto di vendita con la Greenblu, il collegamento funzionale tra

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rigetto delle domande avanzate nei riguardi della Finemiro, deducendo

contratto di vendita e contratto di finanziamento; 2) con il secondo
motivo, sia la violazione e falsa applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c.,
degli artt. «1468» (rectius 1469) bis c.c., sia l’omesso esame, ex
art.360 n. 5 c.p.c., di fatto decisivo, per non avere la Corte d’appello
dichiarato, d’ufficio, vessatoria la clausola n. 3 delle condizioni generali
di contratto, implicante rinuncia dei contraenti ad opporre eccezioni

Greenblu; 3) con il terzo motivo l’omesso esame, ex art.360 n. 5
c.p.c., di fatto decisivo, rappresentato dalla tempestività del recesso
effettuato dai contraenti (ritenuto tardivo dal giudice di primo grado);
4) con il quarto motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art.360
n. 3 c.p.c., dell’arr.2696 c.c., in relazione alla statuizione con la quale
la Corte d’appello aveva ritenuto indimostrata la dazione di somma a
titolo di acconto, malgrado produzione documentale specifica (all.to n.
«3»).

2. Le prime due censure, da esaminare unitariamente, in quanto
connesse, sono fondate, con assorbimento delle restanti.
Va premesso che quanto dedotto dal P.G., nelle conclusioni scritte, in
ordine al difetto di autosufficienza del ricorso, per mancata
trascrizione del contenuto della clausola n. 3 delle condizioni generali
del contratto di finanziamento, non va condiviso, atteso che il
contenuto della clausola si evince, in ogni caso, dalla sentenza
impugnata (ed anche peraltro dal ricorso per cassazione). Detta
clausola, pacificamente sottoscritta dai contraenti, prevedeva la loro
rinuncia a qualunque eccezione, relativa alla destinazione dell’importo
di finanziamento concesso, a mancata o ritardata consegna del bene
o a vizi del bene stesso, e nel corpo della stessa si dava atto, altresì,
dell’inesistenza di un vincolo di esclusiva, per la concessione di credito,
tra Finemiro e l’impresa convenzionata.

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relative a vizi del bene oggetto del distinto contratto di vendita con

2. 1. Nel presente giudizio, la domanda relativa alla declaratoria di
nullità, per indeterminatezza dell’oggetto, dei contratto di vendita
(c.d. time sharing), che i ricorrenti assumono essere collegato al
contratto di finanziamento, è stata accolta in appello.
2.2. E’ evidente che la finalità della clausola 3 era quella di escludere
l’operatività, nella fattispecie, della disciplina dei crediti al consumo

vigente ratione temporis, che consentiva al consumatore, nei casi di
inadempimento del fornitore di beni e servizi, ove fosse stata
effettuata inutilmente la costituzione in mora, di agire direttamente
contro il finanziatore nei limiti del credito concesso, a condizione che
vi fosse un accordo che attribuiva al finanziatore l’esclusiva per la
concessione del credito ai clienti del fornitore (detto comma 4 0 è stato
abrogato con l’entrata in vigore del d.lgs. 206/2005, Codice del
Consumo, e trasposto nell’art.42 del Codice).
Ora, detta clausola, avendo finalità di escludere o limitare le azioni o’
i diritti del consumatore nei confronti del professionista o di altra parte
in caso di inadempienza, si presume vessatoria (in difetto di prova,
che avrebbe dovuto essere offerta dalla finanziatrice, di una seria e
specifica trattativa individuale in merito), con conseguente nullità (in
applicazione degli artt. 1469 bis c.c. e ss. (disposizioni, a tutela del
consumatore, introdotte nel 1996, operanti nella fattispecie, essendoé
la vicenda in oggetto anteriore all’entrata in vigore del codice del
Consumo, di cui al d.lgs. 206/2005) (in tema, cfr. Cass. 4208/2007).
Nel motivo viene denunciata non solo la violazione delle norme in tema
di vessatorietà delle clausole inserite nel contratto di finanziamento
del 2001, ma anche il fatto che il giudice di appello non abbia rilevato
d’ufficio la nullità contrattuale derivante dal predetto vizio.

3-

(artt. 121-126 T.U. 385/1993) ed in particolare dell’art.125, punto 4,

Come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con le coeve
sentenze n. 26242 e n. 26243 del 12 dicembre 2014, la rilevabilità
officiosa delle nullità negoziali deve estendersi anche a quelle
cosiddette di protezione (cfr. anche: Cass., 26 luglio 2016, n. 15408;
Cass. 923/2017). Nella pronuncia n. 26243 si è precisato che la
domanda di nullità, proposta per la prima volta in appello, è

possibilità per il giudice del gravame – obbligato comunque a rilevare
di ufficio ogni possibile causa di nullità, ferma la sua necessaria
indicazione alle parti ai sensi dell’art. 101, secondo comma, cod. proc.
civ. – di convertirla ed esaminarla come eccezione di nullità
legittimamente formulata dall’appellante, giusta il secondo comma del
citato art. 345 (e quindi ad es. come eccezione riconvenzionale, al fine
di contrastare la domanda riconvenzionale di condanna al pagamento,
contrapposta a quella principale di risoluzione, cfr. Cass. 11345/2010;
Cass.27516/2016).
Nella specie, per quanto risulta dal ricorso per cassazione, la questione
della vessatorietà della clausola non era stata sollevata in primo grado
dai contraenti mutuatari, ma, in ogni caso, avrebbe potuto essere
rilevata d’ufficio dalla Corte d’appello, sia pure come eccezione, in
relazione alla fondatezza della domanda riconvenzionale della
mutuante, e previo contraddittorio delle parti sul punto.
2.3. Peraltro, con riguardo alla disciplina del credito al consumo,
questa Corte, con la sentenza n. 20477/2014 (resa in fattispecie
relativa a collegamento, di fonte legale, tra un contratto di
compravendita di autoveicolo, dichiarato risolto per inadempimento
del fornitore, ed un contratto di finanziamento ovvero credito al
consumo), ha affermato che «ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 1993, n.

385, artt. 121 e 124, nel testo originario, applicabile ratione temporis,

inammissibile ex art. 345, primo comma, cod. proc. civ., salva la

tra i contratti di credito al consumo finalizzati all’acquisto di
determinati beni o servizi ed i contratti di acquisto dei medesimi
ricorre un collegamento negoziale di fonte legale, che prescinde dalla
sussistenza di una esclusiva del finanziatore per la concessione di
credito ai clienti dei fornitori», in conformità alia giurisprudenza della
Corte di Giustizia (sentenza del 23 aprile 2009 – nella causa C-

inadempimento del fornitore di beni e servizi, l’azione diretta del
consumatore contro il finanziatore, prevista dal D.Lgs. 1 settembre
1993, n. 385, art. 125, comma 4, nel testo originario, applicabile
ratione temporis, si aggiunge alle comuni azioni contrattuali per le
quali non vigono le condizioni stabilite da detta norma, spettando al
giudice, in applicazione dei principi generali, individuare gli effetti del
collegamento negoziale istituito per legge tra il contratto di
finanziamento e quello di vendita» (conf. Cass. 19522/2015, in
fattispecie relativa al collegamento, di fonte legale, tra compravendita
di una cabina-armadio, risolta per inadempimento del fornitore, e
contratto di finanziamento ovvero credito al consumo;
Cass.19000/2016, resa in fattispecie di collegamento, di fonte legale,
tra un contratto di compravendita di autoveicolo, dichiarato risolto per
inadempimento del fornitore, ed un contratto di finanziamento ovvero
credito al consumo; Cass. 19632/2016, resa in fattispecie del tutto
sovrapponibile a quella oggetto del presente giudizio, di collegamento
tra un contratto di vendita di un certificato di associazione in un
complesso turistico residenziale affiliato ad un circuito scambio,
contratto dichiarato nullo, ed un contratto di finanziamento).
2.4. In ogni caso, dunque detta clausola non è idonea ad escludere la
sussistenza di un collegamento funzionale tra i due contratti, il
contratto di fornitura del periodo di godimento della multiproprietà, da

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509/2007) e che «in tema di credito al consumo, nel caso di

un lato, ed il contratto di finanziamento del corrispettivo dovuto,
dall’altro lato.
Al contrario, proprio l’assunzione della clausola in questione come
centrale, nell’interpretazione dell’operazione economica posta in
essere tra le parti, ha indotto la Corte distrettuale a sottovalutare
eventuali indici di collegamento funzionale tra i due negozi, quali la

società finanziatrice direttamente alla società venditrice, fornitrice del
bene di consumo, con perfezionamento della vendita, la preindividuazione della società finanziatrice da parte della venditrice,
indipendentemente dall’esclusiva (cfr., in motivazione,
Cass.19632/2016).
Peraltro, come evidenziato dai ricorrenti nella parte finale del primo
motivo, nel presente giudizio, il contratto di compravendita non è
stato risolto per inadempimento del fornitore ma è stato addirittura
dichiarato nullo, per indeterminatezza dell’oggetto, cosicché la
clausola n. 3 non risulta, anche per tale ragione, decisiva nella
controversia in esame.
2.5. Dal nesso di interdipendenza fra i negozi, anche se non di fonte
legale, poteva derivare poi che le vicende dell’uno dovessero
ripercuotersi su quelle dell’altro, condizionandone la validità e
l’efficacia (in tema di collegamento negoziale, vedasi Cass 9388/91;
Cass.474/94; C.C.5966/2001; Cass.3589/2010; Cass.19899/20\5).
Nella specie, il contratto di compravendita è stato dichiarato nullo,
come sopra rammentato.
3. I giudice del rinvio dovrà quindi, in primo luogo, valutare se, nella
specie, si sia in presenza di una tipologia di contratto di credito al
consumo previsto dall’art. 124, comma 3 del T.U.B. nel testo originario
(trattandosi di contratti stipulati nel 2001), dovendo, in tal caso,
g

contestualità dei contratti, il versamento del finanziamento dalla

ravvisarsi un collegamento negoziale di fonte legale che prescinde dal
rapporto tra finanziatore e venditore, spesso presente nella forma
della convenzione non esclusiva, essendo sufficiente che l’operazione
di finanziamento risulti finalizzata all’acquisto di un bene (o di un
servizio) determinato, scelto dal consumatore prima di accedere al
finanziamento, e perciò individuato già nel contratto di finanziamento

Solo se il contratto per cui è causa non rientri in tale tipologia di credito
al consumo, la Corte di merito dovrà valutare l’esistenza dei’
collegamento negoziale sulla base della volontà delle parti, escludendo
rilievo, per quel che si è precisato, alla clausola limitativa della
opponibilità delle eccezioni al finanziatore (cfr. Cass. 19632/2016).
5. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del primo e del
secondo motivo del ricorso (assorbiti i restanti), va cassata la
sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Bologna, in
diversa composizione per nuovo esame. Il giudice del rinvio
provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di
legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso, assorbiti i ,
restanti, cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche in ordine alle
spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di
Bologna, in diversa composizione.
Così deciso, in Roma, il 22 maggio 2018.

Il I

e pagato direttamente dal finanziatore al fornitore.

2!’7

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